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PubblicatoFabrizio Carnevale Modificato 11 anni fa
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L’Italia industriale e le trasformazioni della società
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Tempo libero, turismo e sport
Il tempo libero e le sue articolazioni sono fenomeni che si impongono nel lungo periodo Sono fenomeni del tutto collegati alla trasformazione della società ed allo sviluppo Non sono fenomeni da poter analizzare in forma separata da quelli che sono i parametri propri della storia economica, sociale e politica Vanno quindi contestualizzati Separarli significa perderne il senso storico, la portata sociale, le connessioni con fatti ed avvenimenti Sotto questo punto di vista l’arco che consideriamo rappresenta il processo di trasformazione industriale e sociale della storia italiana del ‘900
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- Una proposta di partizione -
Abbiamo tre grandi partizioni: La formazione del sistema industriale nel corso dei primi cinquanta anni dal 1870 al 1920 con l’apice collocato al 1911 L’espansione del ruolo dello Stato dal 1922 al 1961; in questo periodo nasce il cosiddetto capitalismo misto fra stato e privati Nuova geografia Industriale ( ) dove sorge un nuovo paradigma in seguito al crollo progressivo del sistema taylorisyta/fordista Tra gli anni 20 e gli anni 60 si afferma si dispiega ed entra in una lunga crisi la società taylorista/fordista
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La formazione del sistema
Tra il 1900 ed il 1920 nasce la “grande fabbrica” nelle aree di Torino, Milano, Genova Abbiamo due fenomeni: la transizione demografica e l’urbanizzazione Questi due elementi si sommano a: Scelta protezionistica ( ) Conflitto sociale ( ) Sviluppo del comparto manufatturiero ( )
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Lavoro salariato (1) Lungo due secoli (XIX-XX; dalla 1^ alla 2^ rivoluzione industriale) si afferma e si diffonde il lavoro salariato attivando un rapporto contrattuale di scambio fra chi ha le braccia e chi i mezzi di produzione Nel 900 questo sistema diviene di massa attraverso la trasformazione industriale dell’Europa e la rivoluzione dei trasporti Si sgretola il settore tessile fino ad allora centrale nel quadro degli equilibri familiari e del lavoro a domicilio Con la gerarchizzazione del lavoro salariato in fabbrica si giunge alla seconda rivoluzione industriale: meccanizzazione, standardizzazione del processo produttivo, divisione e ripetitività standardizzata del lavoro
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Lavoro salariato (2) Nella prima metà del 900 la caratteristica principale del lavoro è la sua precarietà Simultaneamente si propone la questione della nazionalizzazione del lavoro: nella grande guerra la questione è centrale nel conflitto e nella ricostruzione provocando una frattura degli equilibri fino ad allora esistenti La prima guerra rende utilizzabile la massa del lavoro in funzione nazionale Il lavoro fra le due guerre è il fulcro degli stati “forti”: la rivoluzione o/e i totalitarismi sottolineano con le proprie caratteristiche la centralità del lavoro stesso
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Espansione del ruolo dello Stato
L’ulteriore crescita demografica postbellica L’affermarsi della grande impresa (Mirafiori) Lo sviluppo delle città La diffusione e l’affermarsi del tempo libero dello sport e del turismo/viaggio/vacanza I processi di modernizzazione (1950) Il piano Marshall ( ) Questi elementi combinati al quadro delle vicende italiane dal 1922 al 1961 contribuiscono al primo mutamento radicale che si esprime nell’affermarsi di un capitalismo misto. Il 1961 è l’apice del boom economico ma anche il punto di approdo di questa fase: l’Italia è trasformata
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Nuova geografia industriale
Tra il 1961 ed il 1990 con la crisi del modello di sviluppo fordista intervengono nuovi elementi: Aumentano gli investimenti immateriali Ristrutturazione e smagrimento delle imprese Nascita della III Italia delle piccole e medie imprese A fronte di una crescita del reddito si assiste ad un crollo delle nascite Crisi del lavoro industriale Processi non più arrestabili di integrazione economica
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Nuova geografia industriale (2) Tra la fine degli anni 60 e l’inizio degli anni 70 il modello fordista va in crisi a causa di fattori strutturali e congiunturali Strutturali: Saturazione dei beni e dei consumi di massa nei paesi ricchi Scambi internazionali e integrazione dei paesi emergenti producono un più basso costo del lavoro Spostamento della produzione verso altri stati Nei paesi sviluppati la produzione viene diversificata e innalzata di qualità per reggere il confronto con i paesi emergenti Delocalizzazione ed esternalizzazione del lavoro Congiunturali: Crisi petrolifera (1973) Guerra del Kippur (ottobre 1973) che rientra nel conflitto arabo-israeliano e segue la guerra dei 6 giorni del 1967 con la quale era stato occupato il Sinai Crisi dell’età dell’oro: la fine del più grande ciclo di sviluppo Crollo di Bretton Woods (convertibilità dollaro/oro) Conflittualità sociale in Europa ( )
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Influenza sul tempo libero
Tutti questi fattori hanno una grande incidenza sui comportamenti di massa e – di conseguenza – sulla fruizione, sugli spazi e sulla differenziazione del tempo libero Si allarga la base della piramide della fruibilità del tempo libero Tra il 1920 ed il 1960, il tempo libero, lo sport (dilettantistico e popolare) e il turismo (viaggio/vacanza) sempre più si collegano alla diffusione dei caratteri di una società di massa, senza ancora raggiungere le dimensioni che caratterizzeranno i decenni seguenti Dopo le precondizioni per l’esistenza di “un tempo libero” definite tra 800 e 900, la sua diffusione (come modi, atteggiamenti mentali, organizzazioni, partecipazione) si sviluppa in questo arco di tempo, creando, a sua volta, le premesse della sua massificazione e diversificazione Sempre più divengono e sono riconosciuti elementi propri della società contemporanea e – come tali – di interesse dello Stato che avvia politiche di intervento allorquando li riconosce come componenti del settore economico produttivo in forma diretta (il turismo), in forma indiretta (gli spazi del tempo libero), con obbiettivi funzionali (il consenso e l’organizzazione) e di controllo della società.
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La nuova geografia del tempo libero
In 40 anni cambia in modo evidente e definitivo la geografia economica ma anche quella del tempo libero, dei suoi spazi e delle sue attività Potremmo parlare di una “democratizzazione del tempo libero”: formula contraddittoria rispetto alle dittature ed alla guerra, ma rispondente rispetto all’estensione, anche forzata e strumentale, della fruibilità sociale della piramide del tempo libero specie, per l’Europa, nel decennio postbellico di ricostruzione (45-55) In forme complesse e seguendo strade anche diverse, lo sport, la vacanza, il viaggio si rendono visibili e disponibili come modifica di comportamenti sociali. In 40 anni quindi lo sport e il turismo si affermano come fenomeno sociale ma si differenziano all’interno del tempo libero riproponendo, in molti casi, le gerarchie sociali, le aspirazioni ad una nuova vita, le diverse possibilità economiche degli italiani. Se da una parte aumenta chi va in vacanza o usufruisce di attività sportive, dall’altra permangono o si diffondono comportamenti che segnano proprio queste diversità: la vacanza di elites, le nuove mete dei borghesi, le aspirazioni del proletariato industriale non coincidono e non vanno intese in modo uniforme e massificato
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La nuova geografia del tempo libero
Si assiste ad una diversificazione dei consumi di tempo libero ma non ad una loro piena disponibilità Anche in questo caso il fenomeno continua a concentrarsi nelle città e nelle aree più sviluppate, lasciando fuori il sud e la campagna. Dobbiamo quindi considerare lo spartiacque del primo conflitto mondiale come un punto di assoluto rilievo: prima esisteva un tipo di tempo libero, dopo – in modo sempre più evidente – il tempo libero assume i connotati della contemporaneità subendo effetti politici, congiunture economiche, mutamenti del costume e delle mentalità. In ritardo rispetto ad altri stati, gli italiani scoprono le diversità dei tempi in una società di massa ed il modo di impiegarli Il punto di approdo di questa trasformazione, quindi il termine di questa fase, è la massificazione e poi la frammentazione del tempo che si intreccia con la crisi fordista e del modello di sviluppo industriale che trova a sua volta un’evidente espressione a metà degli settanta, come prima conseguenza della crisi del 1973
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Le premesse del turismo di massa
Stratificazione sociale più complessa e più mobile Espansione del ceto medio: crescita dei lavoratori autonomi e dei dipendenti pubblici e privati che si collocano a metà strada fra la borghesia ed il proletariato ottocenteschi, subendo la precarietà salariale dei secondi, ma facendo propri i valori dell’individualismo, della proprietà, della gerarchia, del risparmio e del patrimonio appartenenti alla borghesia; conseguente instabilità dei ceti medi come caratteristica della società italiana Riduzione dell’analfabetismo Diffusione della stampa e della radio I caratteri economici del 1920/1960 gettano le basi del turismo di massa “democratizzandone” le strutture e quegli elementi elitari non consoni agli obbiettivi politici della dittatura fascista Il turismo diviene in tutto e per tutto un settore economico influenzato dagli eventi (ad esempio le guerre mondiali e le instabilità politiche), dalle congiunture economiche (1929), ma anche caratterizzato, per l’Italia, dall’intervento dello Stato attraverso ENIT, Aziende di Soggiorno. Come elemento di valutazione, comunque, occorre tener presente che il processo di formazione di una società di massa durò più di mezzo secolo ed ogni paese industrializzato seguì percorsi e dinamiche socio-politiche proprie ed originali. Di conseguenza il quadro non è generalizzabile, ma va considerato in modo specifico per le singole realtà economiche e statuali.
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Le premesse dello sport di massa
La rivoluzione del tempo libero successiva alla prima guerra, fece sì che in molti guardassero a quegli spazi prima sconosciuti. In Europa era poco più che un sogno, negli Usa i processi e le trasformazioni tecnologiche avevano creato una stabile condizione per la riduzione generalizzata degli orari di lavoro Il nuovo approccio culturale alla fisicità ed al corpo, la liberalizzazione dei costumi, l’emancipazione femminile, la diffusione e la partecipazione diretta e indiretta alle grandi manifestazioni sportive (anche grazie alla stampa, alla radio ed alla diminuzione dell’analfabetismo), rompono quegli steccati formali e sostanziali che avevano trattenuto lo sport in generale dal diventare un fenomeno ed una pratica condivisa e accettata. Lo stesso nel superamento delle preclusioni ideologiche all’attività sportiva ed al tempo del riposo Eventi come le Olimpiadi, i Campionati mondiali di Calcio, il Tour de France, il Giro d’Italia, l’automobilismo divengono oggetto di interesse comune, stimolando forme di emulazione e – di fatto – creando i presupposti di una lo generalizzazione e quindi di un impiego del tempo libero. Ancora una volta si conferma come il livello di sviluppo e di trasformazione condiziona il tempo libero e quindi lo sport praticato o seguito
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Lo sport dalla dittatura alla democrazia: il caso italiano
L’Italia fascista e del dopoguerra è sotto molti punti di vista un caso di studio molto particolare. Il fascismo ha prodotto, in virtù delle sue caratteristiche, un allargamento della base dei praticanti e delle attività del tempo libero legate all’attività fisica. Questo avviene – è necessario tenerlo bene a mente – in un regime dittatoriale in cui consenso, strumenti di repressione, miti nazionalisti, politiche di trasformazione culturale soggiacciono ad altri obbiettivi e divengono strumentali ad essi. Il governo fascista avviò sin dall’inizio un’opera di potenziamento, facendo fronte a una domanda sociale che si dilatava ma in un quadro di politicizzazione e di propaganda. Nel dopoguerra non si scorge un disegno organico di interventi per l’inserimento dello sport in una concreta ipotesi di sviluppo. Tutto viene progressivamente concentrando sul CONI che si trova a sostenere un compito esorbitante. Si torna così al problema dello sviluppo irregolare e socialmente contraddittorio delle attività dilettantistiche. Ci si lega cioè al tempo libero, cioè al modo in cui, un accresciuto benessere spinge alla ricerca di un impiego del tempo a disposizione in attività di tipo sportivo. Si moltiplica in questo modo uno sviluppo diseguale, parcellizzato, frammentario e incostante ben lontano dall’essere il risultato di una programmazione. Dopo gli anni Ottanta i quasi ottomila comuni italiani si dotano di qualcosa che non sia un campo di calcio (spesso un prato con due porte agli estremi) ma la memoria delle attività sportive giovanili, ancora a quella data, rimangono molto spesso i calci dati ad un pallone e, per converso, la passione per lo spettacolo sportivo, un modo differente e statico di impiegare il tempo libero. Lo stesso per la provenienza sociale dei campioni, degli appassionati e dei dilettanti: per almeno tre decenni della storia repubblicana, la divisione in classi rispecchiava la scelta di un tipo di attività e viceversa.
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