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IL PROTOCOLLO DI KYOTO SUI CAMBIAMENTI CLIMATICI:

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Presentazione sul tema: "IL PROTOCOLLO DI KYOTO SUI CAMBIAMENTI CLIMATICI:"— Transcript della presentazione:

1 IL PROTOCOLLO DI KYOTO SUI CAMBIAMENTI CLIMATICI:
STRUTTURA ISTITUZIONALE E RIFLESSI SULLE IMPRESE Prof. Massimiliano Montini (Università degli Studi di Siena)

2 Il cambiamento climatico
Il cambiamento climatico è un fenomeno supportato da evidenza scientifica (nell’ultimo secolo la temperatura media a livello mondiale è salita dello 0,6% ed aumenta mediamente di 0,2% ogni decade. In Italia, dati ISTAT mostrano un aumento delle temperature fino a 1,9° e degli eventi climatici estremi nell’ultimo trentennio.

3 L’effetto serra Una delle cause del cambiamento climatico è certamente l’effetto serra provocato da attività di origine antropica. Cos’è l’effetto serra ? L’aumento della concentrazione di gas serra nell’atmosfera. Quali sono le cause dell’effetto serra? La combustione di combustibili fossili.

4 Effetti del cambiamento climatico (I)
Il cambiamento climatico agisce attraverso l’alterazione dei seguenti parametri: Temperatura Precipitazioni Umidità del suolo Livello delle acque del mare e degli oceani

5 Effetti del cambiamento climatico (II)
L’alterazione di tali parametri può provocare impatti negativi su: agricoltura e foreste economia delle zone costiere salute turismo mobilità (emigrati e rifugiati ambientali)

6 Le possibili risposte Le risposte al fenomeno del cambiamento climatico possono consistere in: azioni di mitigazione azioni di adattamento In ogni caso sono necessarie specifiche politiche e misure climatiche a livello globale.

7 La risposta istituzionale
WMO e UNEP istituiscono l’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) L’IPCC ha elaborato fino ad ora 3 rapporti sul clima ( ) Convenzione Quadro sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC) (1992) Protocollo di Kyoto (PK) (1997)

8 La Convenzione Quadro (UNFCCC)
Convenzione Quadro sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC): firmata nell’ambito di UNCED (1992). Natura giuridica: trattato internazionale (Strumento vincolante solo per le Parti) Parti: 189 Stati (in pratica la totalità degli Stati) (Strumento di applicazione globale)

9 Il Protocollo di Kyoto (PK)
Protocollo di Kyoto: firmato nell’ambito di COP-3 (3°Conferenza delle Parti) (1997). Procedimento di formazione (4 fasi): Negoziazione (COP-3) (1997). Firma (84 firme, sessione per la firma ormai chiusa). Ratifica (158 ratifiche al 18/01/2006) (61,6% delle emissioni) (inclusa la Russia 17,4% delle emissioni). Deposito delle ratifiche (presso Segretariato UNFCCC). Entrata in vigore: 55 Parti / 55% emissioni totali di gas serra dei Paesi Annex I nel 1990). Grazie alla recente ratifica della Russia il PK è entrato in vigore il 16/02/2005.

10 Scopo del PK Scopo del Protocollo di Kyoto:
Strumento vincolante per la riduzione delle emissioni gas serra allo scopo di raggiungere una concentrazione di gas serra nell’atmosfera tale da prevenire dannose interferenze antropiche con il sistema climatico. Stabilizzazione e progressiva riduzione delle emissioni per alcuni Paesi.

11 Caratteristiche del PK
Caratteristiche del Protocollo di Kyoto: Riduzione globale delle emissioni di gas serra del 5% per i Paesi Annex I e per i Paesi PET. Obiettivi vincolanti ma differenziati di riduzione delle emissioni. Riduzione concertata emissioni (EU bubble). Aumento numero gas serra controllati. Contabilizzazione dell’assorbimento.

12 Riduzione globale emissioni
Riduzione globale delle emissioni di gas serra del 5% a livello mondiale. Destinatari: Paesi Annex I (Paesi industrializzati) Paesi PET (Paesi con economia in transizione) Baseline: livello di emissioni del 1990 Periodo di riferimento:

13 UNFCCC e PK: Paesi Annex I
Australia Austria Belarus Belgium Bulgaria Canada Croatia Czech Rep. Denmark Estonia Finland France Germany Greece Hungary Iceland Ireland Italy Japan Latvia Liechtenstein Lithuania Luxembourg Monaco Netherlands New Zealand Norway Poland Portugal Romania Russian Fed. Slovakia Slovenia Spain Sweden Switzerland Turkey Ukraine UK US

14 Obiettivi vincolanti ma differenziati
Obiettivi vincolanti ma differenziati di riduzione delle emissioni per i diversi Paesi. Riduzione: es. UE e PET (-8%),Giappone e Canada (-6%), USA (-7%). Stabilizzazione: es. Russia, Ucraina, NZ. Aumento controllato: es. Norvegia (+1%), Australia (+8%), Islanda (+10%).

15 La bolla UE (“EU bubble”)
La bolla UE: Riduzione concertata emissioni (Responsabilità comune ma differenziata: Burden Sharing Agreements) Riduzione: es. Lussemburgo (-28%), Germania e Danimarca (-21%), Austria (-13%), Regno Unito (-12,5%), Belgio (-7,5%), Italia (-6,5%), Paesi Bassi (-6%). Stabilizzazione: es. Francia e Finlandia. Aumento controllato: es. Svezia (+4%), Irlanda (+13%), Spagna (+15%), Grecia (+25%), Portogallo (+27%).

16 Aumento gas serra controllati
Con il PK aumentano i gas serra controllati: Dal I GRUPPO GAS SERRA (UNFCCC) Anidride carbonica (CO2) Metano (CH4) Protossido di azoto (N20) Al II GRUPPO GAS SERRA (PK) Idrofluorocarburi (HFC) Perfluorocarburi (PFC) Esafluoruro di zolfo (SF6)

17 Contabilizzazione assorbimento
IL PK prevede la contabilizzazione dell’assorbimento dei gas serra operato dalle foreste (sinks) Problema della base di calcolo: tutte le foreste o solo attività di afforestazione e riforestazione Problema dell’assenza di metodologie universali di calcolo del potenziale di assorbimento delle foreste

18 PK: non solo tutela ambientale
IL PK prevede interventi che hanno: - un fine ambientale globale (Prevenzione e riduzione del fenomeno del cambiamento climatico a livello mondiale), - un forte impatto sull’economia delle Parti (Molti sono i settori economici interessati).

19 Settori economici interessati
I settori economici interessati dal PK sono: Settore energetico Industria Trasporti Gestione dei rifiuti Agricoltura Foreste

20 Strumenti per l’attuazione del PK
Strumenti per la realizzazione degli impegni del Protocollo di Kyoto: politiche e misure domestiche (politiche climatiche nazionali delle Parti) utilizzo dei meccanismi di flessibilità (strumenti economici previsti dal PK per la diminuzione del costo marginale di riduzione delle emissioni di gas serra)

21 Meccanismi di flessibilità
Il PK prevede di 3 meccanismi di flessibilità: JOINT IMPLEMENTATION (JI) CLEAN DEVELOPMENT MECHANISM (CDM) INTERNATIONAL EMISSION TRADING SCHEME (IETS)

22 Joint Implementation JOINT IMPLEMENTATION:
Consiste nella realizzazione di progetti per la riduzione delle emissioni tra due Paesi Annex I. Si basa su progetti (project-based). Il Paese promotore e il Paese ospitante scontano il valore della riduzione di gas serra ottenuta con il progetto. Requisito della sostenibilità. Requisito della addizionalità: le riduzioni ottenute devono essere addizionali rispetto a quelle ottenute con azioni domestiche.

23 Clean Development Mechanism
Consiste nella realizzazione di progetti per la riduzione delle emissioni tra due Paesi, di cui il promotore è AnnexI e l’ospitante è non-Annex I Si basa su progetti (project-based). Il Paese promotore sconta il valore della riduzione di gas serra ottenuta con il progetto. Il Paese ospitante ha dei benefici ambientali ed economici (import di know-how). Requisito della sostenibilità. Requisito della addizionalità.

24 International Emission Trading (I)
Consiste nel commercio di unità di riduzione delle emissioni tra Paesi con obiettivi vincolanti di riduzione (Paesi Annex I). Non è basato su progetti (market-based). Non riduce direttamente le emissioni. Prevede la creazione di un mercato finanziario delle unità di riduzione delle emissioni.

25 International Emission Trading (II)
IL PK prevede la possibilità di instaurare un mercato mondiale delle unità di riduzione delle emissioni. Ma non esclude: Iniziative nazionali (es. Regno unito) Climate Change Levy agreement (2001) Iniziative sovranazionali (es. UE) Direttiva CE 2003/87 (ET) + direttiva linking (JI/CDM) CE 2004/101

26 Il cammino dopo Kyoto COP-4: Buenos Aires (1998)
Lancio del Buenos Aires Action Plan COP-5: Bonn (1999) Realizzazione del Buenos Aires Action Plan COP-6: The Hague (2000) Completamento del Buenos Aires Action Plan COP-7: Marrakech (2001) Conclusione degli Accordi di Marrakech COP-8: New Dehli (2002) Implementazione dei meccanismi flessibili: CDM e JI COP-9: Milano (2003) Implementazione dei meccanismi flessibili: IETS COP-10: Buenos Aires (2004) Preparazione dell’entrata in vigore del Protocollo COP-11: Montreal (2005)

27 COP-11 e COP/MOP1: Montreal (2005)
Adozione del programma quinquennale della SBSTA sugli impatti, la vulnerabilità e l’adattamento al cambiamento climatico Azioni di implementazione della Convenzione Meccanismi finanziari della Convenzione COP/MOP-1 Implementation Improvement Innovation

28 COP/MOP-1: Decisioni (I)
IMPLEMENTATION - adozione degli Accordi di Marrakech (2001) - adozione del sistema per la risoluzione delle controversie (compliance regime) (art. 18 KP) IMPROVEMENT - adozione di regole più dettagliate per i meccanismi flessibili (JI, CDM e ET)

29 COP/MOP-1: Decisioni (II)
INNOVATION Avvio di tre importanti processi: Art. 3.9 del PK (impegni futuri per i Paesi Annex I) Art. 9 del PK (riesame periodico del PK) Negoziazioni sulla base dell’UNFCCC (con gli USA) Avvio di altre iniziative sul post-2012: Asean Initiative Partnership (USA, Australia, Cina, India, Giappone, Corea del Sud)

30 La Politica Ambientale CE
I European Climate Change Programme (2000) Direttiva CE 2003/87 (Emission Trading) Direttiva CE 2004/101 (Linking Directive) II European Climate Change Programme (2005)

31 ECCP I ECCP I (prima fase): focus su energia, trasporti e industria.
Programma basato su 6 gruppi di lavoro: Energia Trasporti Industria Ricerca Meccanismi flessibili Agricoltura I Rapporto ECCP (2001): stato di attuazione e nuove misure. Piano di Azione per attuazione ECCP I: COM(2001)580. ECCP I (seconda Fase): focus su attuazione priorità prima fase, meccanismi flessibili, agricoltura e sinks. II Rapporto ECCP (2003): aggiornamento su stato di attuazione.

32 La Direttiva CE 2003/87 Tempi di attuazione del mercato: fase iniziale pre-Kyoto (2005/2007) e fase “Kyoto” (2008/2012). Principio del “learning by doing”. Criteri per l’allocazione: trasparenza, ruolo del pubblico, vigilanza e potere finale della Commissione. Criteri distintivi: commercializzazione della sola CO2, esclusione dei sinks. Quote fungibili con le “unità di riduzione” del PK: 1 quota = 1 t di CO2. Sanzioni: multe di 40 (fase 1) e 100 (fase 2) euro per ogni tonnellata di CO2 non dichiarata.

33 La Direttiva CE 2004/101 Modifica la Direttiva Emission Trading collegando (da qui il nome di Linking Directive); introduce la possibilità di utilizzare le riduzioni generate da progetti di CDM e JI nel mercato europeo delle emissioni (ETS). Le imprese potranno realizzare progetti di riduzione delle emissioni al di fuori dell’UE mediante i meccanismi flessibili, vedendosi riconoscere i crediti ottenuti che potranno essere riconvertiti in quote di emissione utilizzabili nel sistema europeo ETS.

34 ECCP II ECCP II in via di definizione, conterrà nuove ed ulteriori misure di mitigazione. Rapporto ECCP con proposte di nuove misure legislative (previsto per il 2006). Priorità: promozione di fonti rinnovabili, efficienza energetica e nuove tecnologie a basso impatto. Programma basato su 5 gruppi di lavoro: Revisione ECCP I Adattamento Trasporti aerei Trasporto stradale Sequestro e stoccaggio CO2

35 La posizione dell’Italia
La risposta istituzionale italiana al problema del cambiamento climatico dopo Kyoto: Seconda Comunicazione Nazionale alla UNFCCC (1997). Linee Guida CIPE (1998) = contengono il Piano Nazionale Italiano per la riduzione delle emissioni gas serra. Ratifica del PK con legge 120/2002 e Piano Nazionale Riduzione delle emissioni gas serra (2002). Decreto legge 273/2004 convertito in legge 316/2004 di attuazione della Direttiva CE 2003/87. Piano Nazionale di Assegnazione (integrazione presentata il 24/02/2005). Revisione PNA (28/11/2005- ad oggi ancora al vaglio della Commissione Europea).

36 I piani italiani per il clima
Piano Nazionale Italiano di riduzione delle emissioni di gas serra (1998): Obiettivo: riduzione delle emissioni di gas serra del 6,5% rispetto al 1990 entro il primo periodo di riferimento ( ). Piano Nazionale di Riduzione (PNR) (2004): Attuazione legge 120/2002. Piano Nazionale di Assegnazione (2005): Attuazione art. 9 della Direttiva CE 2003/87.

37 Piano nazionale per il clima (I)
Identificazione di 4 criteri di riferimento: Valorizzare il potenziale di riduzione e assorbimento di gas serra connesso agli interventi comunque necessari. Orientare l’ammodernamento del sistema energetico e industriale, delle infrastrutture e dei trasporti secondo il criterio dell’efficienza energetica. Favorire lo sviluppo di tecnologie innovative a basse emissioni, con particolare riferimento alle fonti rinnovabili. Favorire programmi di assorbimento del CO2.

38 Piano nazionale per il clima (II)
Identificazione di 6 azioni prioritarie: Aumento efficienza del sistema elettrico. Riduzione consumi energetici nei trasporti. Produzione energia da fonti rinnovabili. Riduzione consumi energetici nei settori industriale, abitativo e terziario. Riduzione delle emissioni dai settori non energetici. Assorbimento delle emissioni di CO2 dalle foreste.

39 Piano nazionale di riduzione (PNR)
I principali obiettivi del PNR sono: riduzione delle emissioni di gas serra nei settori dell’energia e dei trasporti, attraverso miglioramento efficienza economia italiana; promozione investimenti esteri (JI e CDM); crescita utilizzo fonti rinnovabili; espansione centrali a ciclo combinato.

40 Piano nazionale di assegnazione (I)
Il PNA italiano è stato elaborato sulla base della legge 120/2002 e del PNR (2002). Esso si fonda su tre presupposti principali: L’economia italiana si caratterizza per un alto standard di efficienza energetica che rende elevato il costo marginale di abbattimento delle emissioni dei gas serra. È necessario ottimizzare la capacità nazionale di assorbimento di CO2 (riforestazione). E’ opportuno promuovere l’utilizzazione di JI e CDM.

41 Piano nazionale di assegnazione (II)
Il PNA è stato “rinviato” nel dicembre 2004 dalla Commissione Europea per mancanza dell’elenco degli impianti soggetti alla direttiva e relative quantità di gas serra emesse. L’Italia ha presentato una integrazione al PNA contenente l’elenco degli impianti il 24/02/05 ed una revisione del PNA il 28/11/2005 contenente le quote per ogni impianto (la Commissione EU deve ora approvare il PNA).

42 Il futuro del PK (I) La ratifica della Russia, giunta nel 2004, dopo un lungo negoziato, ha permesso al PK di entrare in vigore finalmente nel 2005. Quali scenari si aprono adesso a livello internazionale? Quali sono i problemi e le prospettive per le negoziazioni relative al II periodo di riferimento ( )? Quale sarà la posizione degli USA?

43 Le due vie per la lotta al cambiamento climatico
La posizione UE (dentro il PK) Forte motivazione, ruolo predominante misure domestiche, rigore, rigidità. La posizione USA (fuori del PK) Incerta motivazione, ruolo predominante attività all’estero, volontarietà, flessibilità. E la posizione dell’ambiente globale???

44 Il futuro del PK (II) L’entrata in vigore del PK non risolverà tutti i problemi legati al cambiamento climatico: si tratta solo di un primo passo. Un accordo globale che non è globale. Il ruolo degli USA e della UE. Il ruolo dei Paesi non Annex I. Il ruolo dell’Italia.

45 I riflessi sulle imprese
Il PK creerà in ogni caso una nuova forma di competizione internazionale incentrata sull’efficienza energetica e le nuove tecnologie, nonché un mercato finanziario delle emissioni. Le imprese mondiali ed anche le imprese americane (attraverso le loro filiali estere) saranno protagoniste. Le imprese italiane sono pronte alla sfida? Quale è la posizione del Governo e di Confindustria ?

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