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UN PARADIGMA NON SEMPRE COSì SCONTATO:
LA SORVEGLIANZA CLINICA DEL POST-INFARTO Dott.ssa Antonella Allori medico di MG Simg Sezione di Pistoia
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CASO CLINICO Il signor S. A. di 67 anni, è un paziente conosciuto da molti anni; soffre di diabete mellito tipo II, in compenso metabolico, per il quale è in terapia con antidiabetici orali. Soffre inoltre di ipertensione arteriosa, con valori medi, in terapia, di 128/70 mmHg-
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Dodici anni fa ha avuto di infarto miocardico acuto, in quell’occasione fu sottoposto a coronarografia, ma non fu posta indicazione per un intervento di rivascolarizzazione: dopo l’evento acuto fu sottoposto a riabilitazione ambulatoriale.
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Il paziente è in terapia con ACE-inibitori a dosaggio pieno, ASA, statina (non al massimo dosaggio approvato), antidiabetici orali. Gli esami ematochimici sono nella norma, colesterolo LDL 110 mg/dl con HDL DI 65; un ECG di un anno fa riferisce “esiti di infarto miocardico settale”. Poiché è scaduta l’esenzione per patologia si invia il signor S.A. dal cardiologo per il rinnovo …..
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Il paziente ritorna con una breve relazione nella quale il cardiologo propone di introdurre in terapia un beta-bloccante, PUFA omega-3 e di aumentare il dosaggio della statina; invita a richiedere: ecodoppler cardiaco, test ergometrico, ECG secondo Holter e sottolinea la necessità di controlli semestrali.
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La relazione del cardiologo ha portato alla nostra attenzione alcuni punti critici:
Utilità del test ergometrico (il paziente è stabile e asintomatico da anni): è un esame davvero utile? Lo stesso dicasi per l’ecodoppler cardiaco e l’Holter. Qualche perplessità emerge anche per l’uso del beta-bloccante: si è sempre ritenuto controindicato in presenza di diabete mellito. Anche l’aumento del dosaggio della statina sembra incongruo, visto il livello di LDL.
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Nei pazienti con cardiopatia ischemica PREVENZIONE A LUNGO TERMINE
Obiettivi: 1) prevenzione del rimodellamento 2) prevenzione delle recidive ischemiche 3) controllo dei fattori di rischio
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Nei giorni successivi andiamo a rivedere le linee guida riguardo alle nostre perplessità.
Per quanto riguarda il test ergometrico non ci sono raccomandazioni circa la ripetizione periodica dopo l’infarto. E’ possibile comunque che la coronaropatia sia evoluta anche in assenza di segni clinici.
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Per quanto riguarda l’ecodoppler cardiaco, secondo le linee guida è necessario nella valutazione post evento acuto; nel caso specifico l’informazione su un’eventuale disfunzione del ventricolo sinistro potrebbe essere utile per rafforzare l’indicazione all’uso del beta-bloccante. Per quanto riguarda l’Holter le linee guida riportano la sua possibile utilità dopo l’evento acuto, ma, in assenza di sintomatologia, non ci sono motivi per richiederlo.
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Verifichiamo che il diabete non rappresenti una controindicazione assoluta all’uso del beta-bloccante, che può rivelarsi molto utile nella prevenzione secondaria; l’attenzione nei pazienti diabetici riguarda il possibile “mascheramento” da parte del beta-bloccante della reazione adrenergica in caso di ipoglicemia.
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I betabloccanti I Beta-bloccanti riducono la mortalità ed i sintomi in pazienti con Cardiopatia Ischemica Cronica. Questi farmaci devono essere considerati la prima scelta, sia in presenza, che in assenza di sintomi. Il Diabete Mellito non rappresenta una controindicazione al loro impiego. La BPCO non è una controindicazione all’impiego, a meno della presenza di una rilevante componente asmatica. Appaiono però sottoutilizzati ACP Clinical Guideline, ACC/AHA Guideline
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Una meta-analisi di 24 trials su 23
Una meta-analisi di 24 trials su pazienti circa effettuata da Yusuf evidenzia che la somministrazione a lungo termine dei betabloccanti (Timololo, Propranololo, Atenololo e Metoprololo) nei pazienti con esiti di infarto comporta i seguenti effetti favorevoli: riduzione della mortalità totale dal 10,0 al 7,9% (OR 0,77; CI: 0,70-0,85) riduzione della mortalità improvvisa dal 5,2 al 3,6% (0R 0,70; CI 0,60-0,80) riduzione del reinfarto non fatale dal 7,5 al 5,7% (OR 0,74; CI 0,68-0,83). Yusuf S, Phil D, Sleight P. et Al: Beta blockade during and after myocardial infarction: an overview of the randomized trial. Progr. Cardiovasc. Dis. 1985; 27: ).
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Nello studio Studio CAPRICORN 1
Nello studio Studio CAPRICORN pazienti con IMA recente e FE ≤40% sono stati assegnati in un disegno random in doppio cieco alla somministrazione di Carvedilolo (da 6.25 a 25 mg x 2/die) vs Placebo. In un follow-up di 2.5 anni la mortalità totale si è abbassata del 23%; l’incidenza di infarto miocardico fatale del 26%; quella di infarto miocardico non fatale del 41%. (Lancet 2001; 357: 1385)
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Classe di raccomandazione
Livello di evidenza ACE-inibitori nei pz con IMA recente o pregresso, indipendentemente dalla FE I A Beta-bloccanti nei pz con IMA recente indipendentemente dalla FE Beta-bloccanti nei pz con IMA pregresso e FE ridotta B ACE-inibitori nei pz con coronaropatia accertata, indipendentemente dalla storia di IMA Misure generali di prevenzione secondaria nella cardiopatia ischemica Controllo dell’ipertensione arteriosa, della dislipidemia e, in generale, dei fattori di rischio
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Per quanto riguarda l’aumento del dosaggio della statina, le raccomandazioni dell’ATP III indicano l’obiettivo di LDL<100mg/dl e, in caso di rischio molto elevato, <70mg/dl, per cui appare giustificato anche l’incremento del dosaggio della statina. Si decide d’introdurre in terapia il beta-bloccante, si aumenta il dosaggio della statina e si introduce l’uso dei PUFA omega-3.
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GRAZIE PER L'ATTENZIONE
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