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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI “G

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Presentazione sul tema: "UNIVERSITÀ DEGLI STUDI “G"— Transcript della presentazione:

1 UNIVERSITÀ DEGLI STUDI “G
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI “G. d’ANNUNZIO” CHIETI – PESCARA Facoltà di Psicologia Memoria dei volti & testimonianza oculare Dottoranda: Rosanna Parente Anno Accademico 2009/2010

2 La percezione dei volti
La percezione dei volti è eseguita da moduli specializzati solo per l’elaborazione delle facce? O le facce sono percepite da meccanismi dominio-generali che possono anche operare su stimoli che non siano facce? DOMINIO – SPECIFICO 1 neuroimaging neuropsicologici Studi comportamentali - giro fusiforme prosopagnosia Vantaggio olistico - Il riconoscimento dei volti è disturbato dall’inversione

3 GIRO FUSIFORME LATERALE
Studi di fMRI e PET Percezione facce vs. oggetti GIRO FUSIFORME LATERALE emisfero destro Kanwisher, 1997; McCarthy, 1997 FUSIFORM FACE AREA

4 Studi sui primati non umani neuroni selettivi per i volti nei STP e IT
Facce reali, immagini semplificate, disegni di facce, inoltre la dimensione, la posizione, l’orientamento e l’illuminazione della faccia NON alterava le risposte dei neuroni CONFIGURAZIONE CANONICA

5 NEURONI che manifestano una maggiore SELETTIVITA’
presentazione frontale delle facce; presentazione di profilo; porzione della faccia contenente gli occhi; espressioni facciali; esclusivamente ad una specifica identità: Grandmother cells

6 2 Prosopagnosia Inabilità nel riconoscimento dei volti dopo un danno a specifiche regioni del cervello: lesioni nella corteccia occipito-temporale ventrale. I prosopagnosici non riescono a riconoscere le persone soltanto dai loro visi, e per farlo devono affidarsi ad altri indizi come la loro voce, il modo di vestire o il loro taglio di capelli Il paziente riesce ad accoppiare fotografie della stessa persona… …ma non sa dire chi è questa persona In un caso, il paziente riusciva a distinguere i volti familiari da quelli non familiari, ma non riusciva poi a riconoscerli Paziente W.J.

7 Processo “olistico” del riconoscimento del volto.
3 Processo “olistico” del riconoscimento del volto. Per il riconoscimento degli oggetti si analizzano varie proprietà degli elementi che compongono l’immagine dell’oggetto. Nel caso dei volti si utilizzano molto anche le relazioni spaziali tra i componenti principali del volto (bocca, occhi etc.). Questo rende il riconoscimento del volto molto sensibile all’effetto di inversione.

8 Effetto inversione dei volti (FIE)
Yin 1969 “Looking at upside-down faces”

9 Effetto inversione dei volti (FIE)
Yin 1969 “Looking at upside-down faces” Fenomeno che si manifesta in una minor accuratezza e in una maggior lentezza dei soggetti nel riconoscere facce capovolte (ruotate di 180°) rispetto a facce presentate nell’orientamento canonico. COSA RENDE IL RICONOSCIMENTO DEI VOLTI MOLTO SENSIBILE ALL’ORIENTAMENTO? Il FIE è attribuito anche alla nostra esperienza con una classe altamente omogenea di stimoli visti in una sola orientazione nella vita quotidiana.

10 SINISTRO: facce invertite
Le facce invertite sono processate preferenzialmente dai sistemi specifici per gli oggetti? Studi di neuroimaging: (Haxby et al 1999; Aguirre et al 1999; vs. Watanabe et al 2003; Loftus et al 2004) DESTRO: facce diritte EMISFERO SINISTRO: facce invertite Tuttavia questo processo è presente per tutti gli oggetti di cui siamo esperti conoscitori. Es. allevatori di cani sono sensibili all’inversione delle immagini dei loro animali.

11 Caratteristiche utilizzate per il riconoscimento delle facce
Analisi degli elementi principali Analisi del contorno Analisi della relazione tra gli elementi fondamentali (analisi di secondo ordine)

12 Bruce & Young (1986) Diversi moduli nel cervello che elaborano indipendentemente le informazioni circa il volto umano.

13 1) il codice pittorico, che dà le informazioni sulle caratteristiche statiche del volto (es. la grana, l’illuminazione, i difetti della foto, la posa, ecc..); 2) il codice strutturale, che fornisce i dati sulla struttura del volto senza tener conto del contesto dell’immagine, dell’espressione facciale e della frequenza spaziale (non riesce tra le altre cose a identificare il volto dalla sua caricatura); 3) il codice del mimica facciale, correlato ai movimenti delle labbra e della lingua durante il parlato; 4) il codice dell’espressione, che codifica l’informazione sull’espressione emotiva facciale; 5) il codice semantico derivato visivamente, per esempio codifica l’informazione sul sesso e sul livello d’intelligenza stimato; 6) il codice semantico specifico dell’identità, codifica le informazioni aggiuntive (per esempio le informazioni sul lavoro, sugli amici, sul luogo dove vive, ecc.) che aiutano a stabilire l’identità della persona che ha quel volto. 7) il codice del nome, recupera le informazioni legate al nome della persona riconosciuta.

14 Modello cognitivo per la percezione dei volti (Haxby, Hoffmann e Gobbini, 2000)
SISTEMA ESTESO: altre elaborazioni in accordo ad altri sistemi neurali SOLCO INTRAPARIETALE: Dirige l’attenzione spaziale SISTEMA PRINCIPALE: analisi visive SOLCO TEMPORALE SUPERIORE: Aspetti variabili dei volti – percezione della direzione dello sguardo, dell’espressione e dei movimenti delle labbra CORTECCIA UDITIVA: Percezione del linguaggio prelessicale GIRO OCCIPITALE INFERIORE: Prima percezione delle caratteristiche facciali AMIGDALA, INSULA, SISTEMA LIMBICO: emozione GIRO FUSIFORME LATERALE: Aspetti invariabili dei volti – percezione della sola identità LOBO TEMPORALE ANTERIORE: Identità, nome e informazioni biografiche

15 La memoria Encoding – Fase di acquisizione e codificazione
Le informazioni e gli stimoli che arrivano al Sistema Nervoso Centrale vengono selezionati ed etichettati secondo classi di caratteristiche (sensoriali, percettive, emozionali, etc.). Un ulteriore processo di codificazione, più lento del precedente, è l’elaborazione, che consiste nel collegare il nuovo segnale con altre informazioni già presenti. Storage – Fase di ritenzione ed immagazzinamento Le informazioni acquisite in memoria tendono ad essere stabilizzate nel tempo. Maggiore sarà l’intervallo tra la fase iniziale e quella finale di recupero, maggiore sarà la possibilità di avere un ricordo meno accurato dell’evento. Retrieval – Fase di recupero Consiste nel risultato operativo dei processi di acquisizione e ritenzione e comprende quei meccanismi in grado di far riemergere le informazioni “archiviate” in memoria.

16 l’approccio cognitivista concepisce la memoria come un processo plurimodulare:
Il modulo 1 registra molte informazioni ma in maniera limitata. Prende nomi diversi a seconda delle teorie cognitiviste che l'hanno studiato ma fa prevalentemente riferimento alla memoria sensoriale. Il modulo 2 trattiene i dati per un periodo di tempo maggiore, ma ha capacità più limitata e si identifica nelle sue numerose accezioni come memoria a breve termine. Il modulo 3 ha capacità di ritenzione illimitata, ma i suoi contenuti sono di difficile recupero: è definita come memoria a lungo termine.

17 Modello “Face-Space” (Valentine 1991)
Il sistema di memoria Area multidimensionale Facce rappresentate come punti nello spazio Tipici distintivi (centro) (periferia) Prototipo (densità di rappresentazioni di volti)

18 Distinctiveness = Particolarità
Wickam et al. (2005): riconoscimento di volti familiari Tra i vari fattori la particolarità viene associata ad un buon ricordo quindi i volti atipici, distinti dalla media sono ricordati più velocemente. “Von Restorff Effect” (Hunt 1995): Eventi ed oggetti inusuali o atipici vengono ricordati meglio rispetto a quelli più comuni

19 Attractiveness = Bellezza
Cross et al. (1991): ci ricordiamo in modo più accurato le facce attraenti. Shepherd & Ellis (1973): anche le facce non attraenti possono essere ricordate meglio rispetto a volti medi. Light et al. (1981): correlazione negativa tra bellezza ed accuratezza del ricordo Volti attraenti sono tali in quanto tipici, ed essendo poco distintivi sarebbero ricordati con più difficoltà.

20 Aree cerebrali coinvolte nella memoria dei volti
Sung, Ogawa (2008) Differenze tra PERCEZIONE e MEMORIA di volti VOLTI FFA (fusiform face area) percezione OFC (corteccia orbito frontale) memoria

21 Corteccia prefrontale
Dissociazioni neurali tra la codifica e il riconoscimento di nuove facce Haxby & Ungerleider (1995) CODIFICA no riconoscimento Regione nell’ippocampo destro e adiacente corteccia (sindrome amnesica anterograda) Corteccia prefrontale sinistra destra CODIFICA RICONOSCIMENTO

22 Differenze sessuali nella memoria dei volti
FEMMINE memoria episodica materiale verbale riconoscimento di pitture astratte MASCHI materiale visuo-spaziale riconoscimento di oggetti riconoscimento di volti, in particolare del proprio sesso migliore memoria sociale

23 La memoria e i suoi inganni
Errori di monitoraggio della fonte Quando il meccanismo di monitoraggio della fonte è danneggiato, un’informazione, un nome in questo caso, viene ricordata, ma viene perduto il ricordo di dove e come l’informazione è stata acquisita. Poiché la sensazione di familiarità è percepibile, i soggetti sono indotti a incorporare nella memoria questa informazione attribuendole connotati che non le sono propri (Peters M.J., Horselenberg R., Jelicic M., Merckelbach H., 2007). Suggestione post-evento Questo errore è stato studiato da Loftus e Palmer (1974) tramite una serie di esperimenti volti a dimostrare l’effetto del tipo di informazioni fornite ai soggetti sulla rievocazione del ricordo. Le parole scelte per formulare la medesima domanda influenzavano l’elaborazione del ricordo. Errori di congiunzione mnesica Due ricordi, spesso uno episodico e uno semantico, si miscelano formando un altro ricordo.

24 Errori di traslazione inconsci Si ha quando un testimone riconosce un volto familiare e per questo lo assegna erroneamente all’autore del crimine. Errori di correzione del passato Il ricordo di esperienze passate è influenzato dalle nostre conoscenze attuali, dagli schemi attuali e dagli stereotipi consolidati. Spesso quindi siamo portati a correggere eventi passati in base ad esigenze di coerenza e semplificazione. Errori dovuti a pregiudizi In un esperimento classico, dovendo riconoscere da una vignetta vista in precedenza chi aveva l’arma in mano durante una lite nel metrò, oltre metà delle persone ricordava di aver visto l’arma in mano all’uomo con la pelle scura, mentre nella scena era il bianco ad impugnarla.

25 La testimonianza Stern (1939) definisce la testimonianza come la riproduzione verbale o scritta di contenuti mnemonici, che fanno riferimento ad una particolare esperienza o ad un certo evento esperito. - testimonianza diretta, nel caso in cui l’individuo ha assistito al fatto in prima persona - testimonianza indiretta, quando, invece, l’individuo è venuto a conoscenza del fatto in un secondo momento tramite il racconto di altri.

26 In entrambi i casi comunque la testimonianza riporta sia una parte di verità oggettiva sia una costruzione soggettiva dei fatti … Operazioni di questo tipo possono portare il testimone oculare a fornire involontariamente una deposizione diversa dal reale svolgimento dei fatti, in quanto possono avere alterato la percezione dell’evento e dei fatti accaduti da renderli diversi da ciò che accadde effettivamente (Loftus, 1999; Gulotta 1987; De Cataldo, 1988; Cavedon, 1992; Mazzoni, 1997; Mazzoni, 2000).

27 andrebbero esaminati:
i fattori che intercorrono prima dell’evento, durante le fasi del processo mnestico ed, infine, le azioni ed i processi che accadono dopo l’evento e che potrebbero alterarne la ritenzione ed il recupero (Petruccelli, Petruccelli, 2004). - la modalità di acquisizione del materiale può influenzare la rappresentazione delle conoscenze nella memoria episodica: vi è differenza, infatti, quando un ricordo è intenzionale e quando invece è accidentale (Mazzoni, 2003).

28 Testimonianza oculare
Errori dovuti a: Condizioni visive (il testimone vede il crimine in circostanze visive povere, ad es. poca luminosità, troppa distanza) Informazioni post-evento (il testimone viene esposto a delle informazioni post-evento suggestive che potrebbero falsificare il suo ricordo, ad es. procedure d’identificazione)

29 2 procedure d’identificazione: showup
Gary Wells 2 procedure d’identificazione: showup (al testimone viene presentato un singolo sospettato alla volta) lineup (il sospettato viene presentato con altri 5 “fillers”)

30 In un esperimento, Loftus (1979) ha presentato a due gruppi di volontari due scene ambientate in un fast-food: nella prima il cliente si avvicinava al cassiere con una pistola, nell’altra, invece, aveva in mano un assegno. Dalle registrazioni dei movimenti oculari è stato possibile osservare che le persone fissavano la pistola più a lungo dell’assegno ed erano talmente attirati dalla pistola da non ricordare gli altri particolari della scena. “effetto arma”.

31 Fattori percettivi Diversi fattori:
Il tempo: la durata della visione dell’accaduto, condizioni di luminosità, il grado dell’attenzione focalizzata. Effetto cross-raziale: in media le persone sono meno abili ad identificare persone di un’altra razza che della propria. La distanza: come ogni sistema di elaborazione d’immagine, il sistema filtra cosa vede, cioè rimuove i dettagli (ad es. di una faccia). La quantità di dettagli rimossi è proporzionale alla distanza della faccia dal testimone.

32 Lo scopo principale della psicologia della testimonianza è quello di “stabilire criteri esatti e certi così da rendere possibile sulla base delle testimonianze la ricostruzione obiettiva dei fatti o degli accadimenti reali” (Musatti, 1991). a partire dagli anni ’80, diversi autori hanno sviluppato delle tecniche innovative di intervista volte al recupero delle informazioni tramite l’utilizzo di metodi che tengono conto delle caratteristiche del soggetto e della situazione testimoniale, della relazione intervistatore e testimone e dei possibili errori nei quali può incorrere la memoria.

33 L’intervista cognitiva Ed Geiselman e Ron Fisher (1987)
si basa su quattro tecniche cognitive fondamentali La ricostruzione ambientale del contesto e dello stato psicologico vissuto al momento dell’evento. Tale strategia si basa sul principio della specifica di codifica di Tulving e Thomson (1973), secondo il quale, nel momento in cui si codifica l’informazione relativa ad un certo evento si viene a formare una traccia unica che comprende anche l’informazione che riguarda il contesto oggettivo e soggettivo in cui tale evento ha avuto luogo. Il riferimento di qualsiasi dettaglio il soggetto ricordi dell’evento. In questo modo l’individuo può essere facilitato nel ricordare dettagli importanti in associazione con dettagli considerati insignificanti, ma che potrebbero invece risultare molto utili se accostati a dettagli riportati da altri testimoni presenti allo stesso evento.

34 La rievocazione libera dell’evento partendo da momenti temporali diversi.
tendenza a compensare le lacune mnesiche : la tendenza ad utilizzare schemi di conoscenza per compensare la perdita di dettagli, basandosi nella ricostruzione su eventi simili a lui familiari. Il cambiamento di prospettiva. Ad esempio, si può chiedere al testimone di assumere il punto di vista della vittima o di un altro testimone e di riportare quello che questi ultimi avrebbero potuto vedere. In questo modo si può ampliare la quantità di dettagli, anche vi è il rischio di incorrere in ricordi fittizi.

35 II contenuto della deposizione
“come qualcosa che non può mai essere pura riproduzione fotografica di un fatto obiettivo, ma è sempre il prodotto di una molteplicità di coefficienti: in parte soltanto dati dagli elementi di quel fatto obiettivo, ma in parte costituiti dalla natura stessa della personalità psichica del testimone, e da tutti gli elementi esteriori che hanno agito nel passato e che attualmente agiscono sul testimone stesso” (Musatti, 1931).

36 Plv.unich.it


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