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PubblicatoBaldassare De rosa Modificato 11 anni fa
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Gusti e preferenze Il gusto all’incrocio tra fisiologia e cultura
Neuromarketing Gusti e preferenze Il gusto all’incrocio tra fisiologia e cultura
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Domande Diciamo che un prodotto è buono. Ma che cosa significa buono?
Come si formano i nostri gusti?
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Che cosa significa “gusto”
Con il termine alludiamo sia alle nostre opzioni sia alla dimensione della percezione. La spiegazione sociologica dei gusti mette l’accento sulle influenze sociali nella formazione dei gusti (Bourdieu, 1983) I gusti non sarebbero che abitudini socialmente condizionate, cioè strettamente correlate all’origine sociale. La neurofisiologia spiega i meccanismi dei recettori e la trasmissione degli stimoli (Hofley) La spiegazione delle neuroscienze mette l’accento su come le attese influenzano le nostre percezioni Il gusto nasce dall’esperienza (e dalla memoria)
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Il gusto è un fatto sociale
I gusti, mescolano sapore (d. sensoriale) e sapere (d. cognitiva). Il gusto inteso come sapore, è un’esperienza per definizione soggettiva, inteso come sapere è un’esperienza culturale e, perciò, comunicabile. Il gusto è frutto di tradizioni e di abitudini, quindi è un fatto sociale condiviso. La condivisione è un modo per esprimere un gusto. Questo spiega i siti che raccontano esperienze di cibo, che condividono gusti, scambiano esperienze e generano “saperi”. 4
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Il gusto è un fatto culturale
Antropologia. Gusti e disgusti nelle abitudini alimentari cambiano profondamente tra i popoli (Harris) Sociologia. I gusti sono socialmente condizionati dall’appartenenza ad un contesto che crea una sorta di habitus (Bourdieu, 1983) Neuroscienze: il gusto è condizionato dalle attese di gratificazione e ad esempio, dalle immagini della marca.
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Una percezione complessa
Il gusto è una percezione complessa sviluppata dal nostro cervello, formata da sapore, odore, consistenza, temperatura e dalle aspettative riportate alla luce della memoria. E’ un complesso mix di informazioni che include le informazioni che ci propone la marca. Persino le descrizioni verbali di ricette o la lettura di un invitante menu fungono da “delega di ricompensa” tanto da produrre l’effetto che nel linguaggio corrente viene descritto come “acquolina in bocca” alla vista o al pensiero dei cibi che gusteremo.
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Perché l’estetica del cibo influisce sul gusto?
Legame molto forte tra i sensi del gusto e dell’olfatto e dimensioni estetiche Relazione tra piacere e desiderio: cibo come ricompensa o come rinforzo Maura Franchi 7
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I fattori culturali La cultura rappresenta un deposito di elaborazioni cognitive, è una sorta di memoria collettiva che influenza il comportamento individuale. La marca è una traccia di cultura, per il contenuto simbolico che in essa è contenuto. Per questo la marca è un segnale così forte da influenzare l’esperienza di fruizione del bene. Le marche generano aspettative circa l’esperienza che sarà trasmessa dal bene. Queste attese ne compongono il valore. Si tratta di un valore che assomma più dimensioni: le componenti immateriali contribuiscono a definire i benefici che il consumatore ne ricava.
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Le preferenze Le preferenze non sono solo espressione di gusti individuali, ma di influenze del contesto sociale (pensiamo al valore di fattori come imitazione e identificazione), di pratiche quotidiane, di abitudini che convergono nel farci considerare alcuni beni più desiderabili di altri.
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Intreccio tra percezione e cultura
Alcuni celebri esperimenti hanno indicato che ciò che gustiamo è prima di tutto un’idea e le nostre sensazioni sono influenzate dal contesto e dalle attese.
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Perché la percezione è influenzata dall’esperienza?
Le papille vivono solo una decina di giorni, quindi sono soggette a un continuo ricambio. Il loro compito è quello di analizzare la natura delle varie sostanze presenti nel cibo dopo che sono state disciolte nella saliva. Il contatto con differenti sostanze genera impulsi differenti che raggiungono il cervello, dove vengono percepiti e riconosciuti i sapori. La nostra sensibilità gustativa ci permette di percepire: dolce, amaro, acido, umami e salato. A ognuno di questi sapori corrisponde un'area specializzata sulla lingua.
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Un’etichetta può alterare la percezione
Ma, una semplice etichetta con un messaggio verbale può alterare la percezione. Ad esempio se ad un individuo viene fatta annusare aria inodore dicendo che profuma di fontina le sue aree olfattive trasmetteranno un impulso di fame. Al contrario, se l’etichetta indica un cattivo odore, i soggetti spengono involontariamente le aree olfattive del cervello Quel che gustiamo dipende solo in parte dal boccone di materia che abbiamo messo in bocca. Altrettanto importante è l’insieme delle esperienze passate catalogate nel nostro cervello che compongono ciò che noi riteniamo sia frutto della nostra sensazione
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Esperimenti vini: descrizione degli attributi (Frédéric Brochet 2001, Università di Bordeaux)
Nel primo, esperti di vino furono invitati ad esprimere un parere su un vino bianco e su uno rosso. Il vino era lo stesso, ma in un caso era stato tinto con un colorante per alimenti. I partecipanti del bianco sentenziavano le qualità tipiche associate ai bianchi, come miele, pompelmo, burro. Nel rosso invece notavano la violetta, il cacao, il tabacco, e addirittura un sentore di animale. I degustatori - studenti della facoltà di Enologia - non sapevano che bianco e rosso erano uguali. il bianco era stato tinto di rosso e nei due bicchieri c' era lo stesso vino, un bianco del 1966, vitigni Sémillon e Sauvignon. In sintesi: è il colore a produrre l' illusione, soprattutto quella olfattiva. Ogni odore ha il suo colore: il vino rosso rimanda sempre a metafore scure, mentre il bianco, sempre a metafore chiare.
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Esperimento vino: sulla valutazione della qualità in rapporto all’etichetta
Nel secondo sperimento fu scelto un bordeaux di media qualità che fu diviso in due bottiglie diverse. Una era etichettata Gran Cru, l’altra come un normale vino da tavola. Pur bevendo lo stesso vino gli esperti diedero valutazioni opposte. Il Gran Cru era gradevole, legnoso, complesso, equilibrato, rotondo, mentre il vino da tavola era fiacco, corto, leggero, piatto e difettoso. La degustazione è un' illusione doppiamente orale. Il vino viene assaporato dalla lingua, ma la lingua è anche parola.
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Esperimenti vini: rapporto qualità prezzo
Esperimento sul gradimento della qualità in relazione al prezzo Ciò che questi esperimenti evidenziano è l’onnipresenza della soggettività. Se siamo convinti che un vino sia dozzinale, saprà di vino dozzinale. Così etichette e prezzi rappresentano un indicatore della qualità che influenza la qualità percepita.
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Il gusto è l’esito delle attese e dell’esperienza
Quando sentiamo qualcosa quella sensazione viene analizzata in base alle esperienze precedenti. Queste ci aiutano a decifrare le informazioni ricevute da lingua e naso. Quindi non c’è una oggettività della sensazione che prescinde dall’insieme delle rappresentazioni, delle idee e delle attese che un determinato bene porta con sé. L’esperienza è l’interpretazione delle sensazioni da parte del cervello soggettivo che vi apporta tutto il suo archivio di ricordi personali e desideri peculiari. (Leher, 2008, p. 62)
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Il gusto è anche esito di apprendimento
Il gusto è anche soggetto ad apprendimento, nuovi cibi possono essere introdotti nelle nostre abitudini proprio per effetto della plasticità del gusto. La corteccia olfattiva umana (la parte del cervello che interpreta le informazioni provenienti da lingua e naso) è plastica (si adatta al contenuto delle nostre esperienze individuali). I sensi dell’olfatto e del gusto presentano un forte ricambio neuronale. Sopravvivono solo le cellule che reagiscono agli odori e ai sapori a cui siamo esposti, le altre si atrofizzano. Così i nostri cervelli rispecchiano ciò che mangiamo.
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Il gusto è fatto di memoria e di apprendimento
La nostra sensibilità ai sapori varia da un individuo all’altro, soprattutto è influenzata dalla nostra mente. Quando gustiamo un sorso di vino, gustiamo tutto insieme, il colore, ciò che ne sappiamo e anche il costo, i nostri sensi analizzano le suggestioni in base a tutte le informazioni che riusciamo a raccogliere. L’esperienza è il risultato di sensazioni + archivio di ricordi personali e desideri.
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Il nome della marca migliora il gusto
In un esperimento i soggetti dovevano scegliere fra tre vasetti di burro di arachidi (Hoyer, Brown, 1990). In una prova preliminare una marca era stata classificata di qualità superiore e in un esame cieco i soggetti erano riusciti a identificare questo prodotto di alta qualità il 59% delle volte. In una prova di assaggio, con un altro gruppo, fu chiesto ai soggetti di confrontare il burro di arachidi di alta qualità in vasetti senza il nome della marca con del burro di bassa qualità messo in un vasetto con l’etichetta di una marca conosciuta.
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L’etichetta è più importante del sapore
I ricercatori misero delle etichette sui vasetti, una era una marca molto nota e pubblicizzata a livello nazionale, riconosciuta da tutti, mentre delle altre due marche non avevano mai sentito parlare. Il burro di alta qualità fu messo in uno dei vasetti con le etichette poco note. Stavolta il 73% scelse il burro di bassa qualità con l’etichetta ben conosciuta e solo il 20% preferì il prodotto di alta qualità. Il riconoscimento della marca è fra le ragioni delle scelte dei consumatori.
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L’etichetta è più importante del sapore
In un’altra prova di assaggio lo stesso burro di arachidi è stato messo in tre vasetti diversi, uno dei quali aveva l’etichetta di una marca conosciuta a livello nazionale. Anche in questo caso il 75% scelse il vasetto con la marca. Si può quindi concludere che quando i consumatori possono capire la differenza fra più prodotti in concorrenza fra loro solo guardando l’etichetta, il riconoscimento e la fama della marca diventano un sostituto della preferenza genuina per un prodotto (Hoyer, Brown, 1990).
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Esperimento birra Varie prove di assaggio hanno dimostrato che i consumatori non sono in grado di individuare la marca preferita. In un esperimento con bevitori di birra (Allison, Uhl, 1964) circa trecento soggetti che consumavano birra almeno tre volte la settimana, assaggiarono cinque marche nazionali e regionali, assegnarono alla loro marca un voto superiore finché sulla bottiglia c’era l’etichetta, ma quando l’assaggio era cieco, nessuno di quelli che preferiva una certa marca la giudicava superiore. Quindi la differenza percepita passa attraverso il riconoscimento e attraverso il nome.
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