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TRASFER PRICING
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IL TRASFER PRICING, DEFINIZIONE E RATIO DELLA NORMA (INTERNA E CONVENZIONALE), IL CRITERIO DEL VALORE NOMINALE Quando una società residente stabilisce un corrispettivo (prezzo di trasferimento) di beni ceduti e servizi prestati alle altre società dell’impresa multinazionale di gruppo, a cui essa appartiene, maggiore o minore rispetto al valore normale di mercato di quei beni e/o servizi, si verifica un correlato aumento (o diminuzione) di ricavi (o spese) che modifica la base imponibile di reddito tra cui intercorrono i suddetti rapporti di cessione di beni o prestazioni di servizi (operazioni infragruppo) ciò determina l’imputazione di reddito a diverse società del gruppo situate in stati con diverse pressioni fiscali. In particolare nel caso di cessione di beni o prestazioni di servizi, sia il corrispettivo percepito dal cedente o prestatore è superiore al valore normale di mercato del bene/servizio si determina, per tale eccedenza un reddito tassabile più elevato nello stato di residenza di detto cedente o prestatore e correlativamente, un minor reddito tassabile nello stato della residenza del cessionario o committente, ove viene fiscalmente dedotto un costo correlativo
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Si attua così un’operazione tra le società del gruppo, un trasferimento di utili da uno stato all’altro con la conseguenza che se l’aliquota è minore nello stato del cessionario, il gruppo globalmente inteso sconta una minore imposta globale e il vantaggio è tanto maggiore quanto sia comparativamente più elevata l’aliquota dello stato del cedente nel quale il ricavo è sottratta alla base imponibile è quindi detassata.
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Perché si abbia transfer price occorre:
l’autonoma residenza fiscale dei soggetti l’appartenenza dei soggetti alla stessa impresa multinazionale il discostarsi del prezzo da quello praticato nel mercato. Concorrono a generare transfer price anche la pattuizione di interessi superiori al tasso medio e la corresponsione di royalty superiori all’effettivo valore del trasferimento di tecnologia. La disciplina dei prezzi di trasferimento è stata sviluppata dalle organizzazioni internazionali ma anche dai singoli ordinamenti tributari
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Questo proposito la maggior parte dei paesi industrializzati è concorde nell’affermare che nelle operazioni tra soggetti facenti parte del medesimo gruppo siano rispettate le regole del libero mercato e che il valore attribuito a dette operazioni non differisca da quello che si sarebbe pattuito in un rapporto tra soggetti indipendenti. Si è venuto così a delineare il concetto di valore normale basato sul principio di libera concorrenza.
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NORMA CONVENZIONALE Il principio dell’arm’s length (cosiddetto prezzo di libera concorrenza) è stato recepito dal modello OCSE all’art. 9 laddove è esplicitamente previsto che “allorché due imprese associate nelle loro relazioni commerciali o finanziarie siano vincolate da condizioni accettate o imposte diverse da quelle che sarebbero state convenute da imprese indipendenti, gli utili in mancanza di tali condizioni sarebbero stati realizzati da una delle imprese, ma che a causa di dette condizioni non lo sono stati possono essere inclusi negli utili di questa impresa e tassati di conseguenza”. In sostanza il prezzo di libera concorrenza deve intendersi come il valore normale o di mercato dei beni.
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Sulla base del differenziale tra il prezzo pattuito in una transazione infragruppo e il valore normale di un bene le amministrazione finanziarie degli stati possono effettuare aggiustamenti al valore delle transazioni al fine di aumentare i redditi imponibili delle imprese verificate. Le amministrazioni finanziarie nazionali devono prendere come punto di riferimento per i propri aggiustamenti i prezzi che sarebbero stati convenuti tra imprese indipendenti per transazioni identiche o similari effettuate sul libero mercato
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Il principio di libera concorrenza è un criterio tanto importante quanto indeterminato in quanto le operazioni infragruppo, proprio per le loro caratteristiche peculiari, spesso non sono suscettibili a essere raffrontate ad un’operazione identica o similare tra imprese indipendenti. Altre difficoltà nell’applicazione dell’arm’ s length principle derivano inoltre dalle particolari condizioni del mercato internazionale dove difficilmente si verificano situazioni di concorrenza perfetta.
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NORMA INTERNA PER VALORE NORMALE
L’art. 110 del TUIR prevede la determinazione del valore normale dei beni e dei servizi così come stabilito dall’art. 9. Quest’ultimo dispone che per valore normale si intende il prezzo o corrispettivo mediamente praticato per i beni e servizi della stessa specie o similari, in condizioni di libera concorrenza e al medesimo stadio di commercializzazione, nel tempo e nel luogo in cui i beni e servizi sono stati acquistati o prestati, e in mancanza nel tempo e nel luogo più prossimi. Sempre in base all’art. 9 per la determinazione del valore normale si fa riferimento in quanto possibile, ai listini o tariffe del soggetto che ha fornito i beni o servizi o in mancanza ai listini delle camere di commercio alle tariffe professionali tenendo conto degli sconti d’uso.
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L’amministrazione finanziaria ha il potere di rideterminare il valore dell’operazione in verifica riferendosi al valore di un’operazione campione a condizione che: siano determinati i requisiti soggettivi (è compresa la stabile organizzazione e le vendite effettuate da soggetti non residenti) che il soggetto residente ed il soggetto non residente abbiano un nesso di collegamento che indichi che entrambi facciano parte del gruppo specificatamente inteso ai fini dei prezzi di trasferimento (controllo diretto,- maggioranza dei voti in assemblea ordinaria o influenza dominante in assemblea ordinaria-, indiretto, -partecipazione detenute attraverso un’altra società-, e di fatto, cioè influenza economica, - joint venture, membri comuni del CdA, relazioni di famiglia tra le parti, dipendenza finanziaria, vendita esclusiva di prodotti) si verifichino determinati requisiti oggettivi e specificatamente che l’operazione in verifica sia considerata un’operazione soggetta a prezzi di trasferimento (operazioni infragruppo che originano prezzi di trasferimento: cessione di beni materiali, prestazione di servizi, trasferimento di beni immateriali, operazioni di finanziamento). Queste tre condizioni permettono di individuare il perimetro di applicazione dei prezzi di trasferimento.
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METODI DI AGGIUSTAMENTO DEI PREZZI DI TRASFERIMENTO (3 PRINCIPALI E 2 ALTERNATIVI, GENERALE DESCRIZIONE) I rapporti OCSE individuano due categorie di determinazione dei prezzi di trasferimento: i metodi tradizionali e i metodi basati sul profitto. I metodi tradizionali si basano sulla comparazione del prezzo o dei margini di utile lordo conseguiti nelle operazioni di verifica e nelle operazioni comparabili. Nei metodi basati sul profitto l’oggetto della comparazione è il margine di utile netto ottenuto nelle operazioni in verifica e nelle operazioni comparabili. La diffusione dei secondi sono diffusi negli USA.
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I metodi tradizionali sono tre:
metodo del confronto del prezzo metodo del prezzo di rivendita metodo del costo maggiorato
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METODO DEL CONFRONTO DEL PREZZO
Il metodo del confronto del prezzo è il metodo a cui si ricorre per primo nell’applicazione del principio di libera concorrenza. In base ad esso, per determinare il valore normale è necessario porre a confronto il prezzo praticato nell’operazione in verifica con quello desunto da un’operazione comparabile a quelle in verifica, che sia intervenuta tra un soggetto appartenente al gruppo ed un soggetto indipendente (confronto interno) ovvero tra soggetti indipendenti (confronto esterno).
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Un’operazione campione (avvenuta sul libero mercato) è dunque comparabile ad un’operazione in verifica (avvenuta tra imprese associate) se nessuna delle differenze tra le operazioni confrontate possa influenzare in modo rilevante il prezzo di libero mercato, oppure qualora si possano opportare aggiustamenti sufficientemente accurati allo scopo di eliminare gli effetti essenziali di dette differenze. Il metodo del cup (comparable uncontrolled price) è preferibile agli altri metodi e come tale deve essere applicato quando possibile, tuttavia l’oggettiva difficoltà di individuare transazioni comparabili porta molte volte all’applicazione degli altri metodi.
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CUP INTERNO Tale metodo è preferito dall’amministrazione finanziaria in quanto l’art. 9 del TUIR lo predilige mediante il riferimento a listini e tariffe dell’impresa che ha fornito i beni e servizi, anteponendolo al confronto esterno realizzato mediante il riferimento ai listini delle camere di commercio. Di opinione diversa la dottrina secondo cui il confronto esterno assicura l’obbiettività delle condizioni contrattuali dell’operazione campione. Un caso tipico di cup interno si verifica quando l’impresa vende lo stesso prodotto sia ad un’impresa del gruppo che ad un’impresa esterna.
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CUP ESTERNO Per l’applicazione di tale metodo è necessaria la completa identità tra i prodotti oggetto delle due transazioni in quanto anche lievi differenze nella qualità e nelle caratteristiche dei prodotti possono avere un impatto rilevante sui prezzi. Pertanto tale metodo è da evitare tra prodotti di marche differenti (es. NIKE e SUPERGA). Al contrario tale metodo può trovare applicazione nelle transazioni che hanno per oggetto materie prime o altri prodotti base
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L’analisi della comparabilità deve riguardare le caratteristiche dei beni e servizi (similarità), le condizioni generali (condizioni del mercato), condizioni particolari( condizione dell’operazione stipulata tra le parti, ad esempio prezzi di trasporto, imballaggio, pubblicità…), condizioni soggettive(relative alla gestione dell’impresa, ad esempio la penetrazione in nuovi mercati può portare a ridurre i prezzi per essere più competitivi) e nel mercato rilevante.
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METODO DEL PREZZO DI RIVENDITA
Nei casi in cui il metodo del cup non può essere utilizzato si utilizza il metodo del prezzo di rivendita (resale price). Secondo tale metodo il valore normale equivale al prezzo al quale i beni o servizi che sono stati acquistati da un soggetto appartenente al gruppo (il rivenditore), sono da esso rivenduti ad un soggetto indipendente, diminuito di un margine di utile lordo nel quale vanno compresi, oltre all’utile netto del rivenditore i costi inerenti alla vendita.
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Il metodo del prezzo di rivendita si applica quando un prodotto viene acquistato da un’impresa associata e successivamente rivenduto ad un terzo. Il prezzo di trasferimento viene determinato sottraendo al prezzo di rivendita concordato con un soggetto terzo il margine lordo che permette al rivenditore di coprire le proprie spese di vendita e le altre spese di gestione e di ricavare un utile appropriato.
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PREZZO DI RIVENDITA INTERNO
Il prezzo di rivendita interno è il prezzo praticato dal rivenditore ad un terzo indipendente per la vendita del bene acquistato dal rivenditore stesso da una società del suo stesso gruppo. Qualora il rivenditore ceda il bene ad un acquirente del suo stesso gruppo è ancora possibile utilizzare il metodo del prezzo di rivendita purché alla fine della serie dei trasferimenti il bene sia rivenduto ad un operatore indipendente. In questi casi il valore normale è costituito dal prezzo di rivendita praticato all’ultimo acquirente appartenente al gruppo per la vendita ad un soggetto indipendente diminuito di un margine di utile comprensivo dei singoli margini di utile imputabili alle vendite intermedie.
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PREZZO DI RIVENDITA ESTERNO
Nel caso in cui il bene venga rivenduto ad un soggetto facente parte del medesimo gruppo, per la determinazione del prezzo di rivendita si prende riferimento il corrispettivo pattuito tra due soggetti indipendenti nella rivendita di beni similari a quelli dell’operazione in verifica. La possibilità di effettuare un confronto esterno richiede la comparabilità del prodotto oggetto di rivendita, delle funzioni, esercitate dal rivenditore e del mercato in cui le funzioni sono svolte anche in relazione alle politiche commerciali delle imprese.
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METODO DEL COSTO MAGGIORATO (cost plus)
Il metodo del costo maggiorato è applicato qualora non si possa procedere all’applicazione del cup e del prezzo di rivendita. Secondo tale metodo il valore normale è determinato dal costo di produzione del bene oggetto delle operazioni in verifica aumentato di un margine di utile lordo (criterio opposto al prezzo di rivendita). I casi tipici a cui è applicabile sono quelli in cui un soggetto produttore vende i propri prodotti ad un soggetto acquirente appartenente al suo stesso gruppo, il quale ne aumenti il valore attraverso attività di trasformazione.
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