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Economia e politica del territorio

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Presentazione sul tema: "Economia e politica del territorio"— Transcript della presentazione:

1 Economia e politica del territorio
Facoltà di Scienze Economiche ed Aziendali (S.E.A.) Corso di Laurea Specialistica in Economia e Management Prof. Filippo Bencardino

2 Economia e politica del territorio
Le teorie della gerarchia e della localizzazione Individuare una regola che sia in grado di interpretare la gerarchia urbana Obiettivo Perché esiste una pluralità di città di diversa dimensione? Perché le città svolgono funzioni differenti? L’approccio geografico di Christaller L’approccio economico di Losch

3 Il settore terziario Per interpretare la distribuzione geografica dei servizi occorre tener conto del raggio geografico dell’utenza e sotto questo aspetto si possono distinguere tre categorie di servizi I servizi comuni: quelli ai quali accedono con frequenza giornaliera o settimanale buona parte delle famiglie e delle imprese. I servizi di livello medio: quelli ai quali si accede con frequenza da mensile ad annuale. I servizi rari: quelli ai quali si ricorre eccezionalmente. Le attività terziarie tendono a distribuirsi sul territorio secondo una logica gerarchica Centri che posseggono il maggior numero di attività del settore quaternario o i servizi del terziario superiore più specializzati e strategici (New York, Parigi…) Centri provvisti di un terziario comune (centri con meno di abitanti)

4 Il Modello di Christaller (1933)
Oggetto di analisi: L’organizzazione spaziale degli insediamenti nella Germania Meridionale Prodotto: Modello delle località centrali - spiega la distribuzione geografica dei centri in funzione dell’offerta di beni e servizi alla popolazione del territorio circostante Nel 1933 Christaller credette di aver scoperto le leggi che regolavano il rapporto tra dimensione, numero e distribuzione geografica dei centri. Mediante una applicazione delle “leggi dell’economia” derivate dalla teoria neoclassica dell’equilibrio di mercato in condizioni di concorrenza perfetta, egli costituì il modello delle località centrali, che individuava come la competizione per lo spazio faccia emergere un modello ottimale di insediamento.

5 Il Modello di Christaller (1933)
Il modello delle località centrali presuppone una serie di condizioni ideali: Lo spazio deve essere isotropico, uniforme: il territorio è uniformemente pianeggiante e la distribuzione della popolazione è omogenea; la facilità di trasporto è identica in ogni direzione e il costo degli spostamenti è proporzionale alla distanza fisica; Vi è di una distribuzione omogenea di potere d’acquisto (stesso reddito) e uguale è la loro domanda di beni e servizi; Tutte le zone di questa ipotetica pianura debbono essere servite da una località centrale, che provvede alla fornitura di beni, servizi e funzioni amministrative a beneficio del territorio circostante; I consumatori, che conoscono perfettamente il mercato, cercano di ridurre il più possibile le spese di trasporto, acquistando prodotti (o usufruendo di servizi) tassativamente nella località centrale più vicina; I fornitori cercano di massimizzare i profitti localizzandosi sul territorio in modo tale da disporre del mercato più vasto possibile e si pongono alla maggior distanza possibile l’uno dall’altro

6 Il Modello di Christaller (1933)
Dalle ipotesi iniziali derivano alcuni importanti concetti: Centralità: luoghi centrali (di ordine superiore o inferiore) che offrono beni e servizi per il territorio circostante che ne è privo Soglia: la distanza corrispondente al numero di utenti minimo necessario perché i fornitori di beni e servizi operino in modo da coprire i costi di vendita o di produzione e ottenere un normale margine di profitto Portata: distanza massima che un utente è disposto a percorrere per accedere ad un bene o servizio offerti da una località centrale, oppure, dal punto di vista del venditore, il raggio dell’area di mercato più grande all’interno della quale egli sarà in grado di attrarre i consumatori Prezzo effettivo: prezzo stabilito dal mercato più i costi di trasporto che il consumatore deve sostenere per recarsi nel punto di vendita

7 Lo schema di Walter Christaller applicato alle regioni della Germania del sud

8 Il Modello di Christaller (1933)
Teoricamente ogni località centrale dispone di un’area commerciale di forma circolare….. La tendenza nella distribuzione/fornitura dei vari servizi sarà secondo Christaller, quella di coprire il mercato il più possibile tanto che le varie aree di mercato finiranno con lo spartirsi ‘equamente’ spazi residui….

9 Il Modello di Christaller (1933)
….. di fatto la distribuzione delle località centrali e degli esercizi di vendita si presenta come un susseguirsi di coni di domanda, in forma esagonale “Struttura a favo”

10 Le critiche al Modello di Christaller (1933)
La teoria non è applicabile a tutti gli insediamenti perché prende in considerazione solo i centri di servizio e non tiene conto del ruolo sociale di altre attività come l’industria manifatturiera e l’agricoltura Non è realistico, là dove rappresenta i centri distribuiti in modo geograficamente equilibrato La teoria non tiene conto delle differenze rurali e storiche dei territori, né dell’evoluzione e delle trasformazioni socio-economiche dei territori Non è realistica l’assunzione che consumatori e fornitori abbiamo un comportamento da homo oeconomicus Non viene tenuta presente l’economia di agglomerazione e di urbanizzazione, fenomeni che attraverso processi cumulativi di crescita hanno accelerato lo sviluppo di determinati centri, a scapito di altri

11 Il Modello di Lösch (1940) ….. Si parte dalla stessa struttura esagonale ma considerando variabili economiche e non geografiche: Lo applica al territorio dell’IOWA negli Stati Uniti La competizione tra le imprese non permette la presenza di aree scoperte ed è la razionalità dei consumatori a spingerli verso il produttore che offre beni al prezzo più basso Rinnega però il concetto di proporzionalità costante lungo la gerarchia urbana

12 Il Modello di Lösch (1940) Si prende in considerazione che centri della stessa dimensione possano avere anche specializzazioni diverse Ogni centro può ospitare anche solo la funzione del suo ordine e non necessariamente tutte le funzioni di ordine inferiore come imposto da Christaller Il risultato complessivo del modello di Lösch si ottiene dalla sovrapposizione di una pluralità di reticoli esagonali aventi dimensioni e strutture diverse alle quali viene imposto un centro in comune. Fatti ruotare i reticoli, gli esagoni danno luogo ad una serie di settori circolari alternati.

13 I limiti dei due Modelli
Per quanto il modello di Lösch risulta più realistico del modello di Christaller, si registrano alcuni limiti nelle teorie delle localizzazioni centrali: Mancanza di un’analisi della domanda Mancanza di interdipendenza nelle scelte produttive e localizzative dei produttori Natura statica che limita la comprensione di forme di evoluzione e dinamica della gerarchia urbana L’ipotesi di una distribuzione omogenea è in contrasto con la concentrazione della produzione (e della popolazione) nei centri urbani Mancanza di interdipendenza localizzativa sul fronte dell’offerta

14 Sviluppi teorici recenti
Teorie più recenti Modelli più a carattere economico che geografico e che inseriscono, nell’equilibrio generale, gli aspetti della domanda Il modello di Beckmann e McPherson indica il numero di persone residenti nel centro di ordine n necessario per produrre il bene per tutta l’area di mercato Il modello di Beguin inserisce nel precedente modello due variabili importanti quali la produttività del lavoro e la struttura dei consumi individuali (e quindi la scomposizione della domanda complessiva in domanda di beni diversi nonché l’elasticità al reddito della domanda di beni diversi) Il modello di Long cerca di arricchire il modello Christaller con le Economie di agglomerazione Il modello di Parr tenta di comprendere l’evoluzione e la dinamica della struttura urbana

15 Evoluzione dei sistemi urbani Paradigma delle RETI DI CITTA’
Ed oggi? Evoluzione dei sistemi urbani Città di medie dimensioni hanno affrontato un percorso di sviluppo caratterizzato da forti interdipendenze tra centri dello stesso ordine, accentuata specializzazione e mancanza di rapporti gerarchici interni ai singoli sistemi urbani: - specializzazione urbana - presenza di servizi di rango elevato in centri di rango inferiore - legami orizzontali tra città che svolgono le medesime funzioni - legami di sinergia tra centri produttivi che svolgono funzioni di produzione avanzata e di servizi ……… Inadeguatezza delle teorie della localizzazione centrale nella spiegazione dell’organizzazione delle strutture urbane Paradigma delle RETI DI CITTA’

16 RETI DI COMPLEMENTARITA’
Ed oggi? Reti di città Nel sistema urbano esiste la possibilità di rapporti privilegiati tra centri, esistono relazioni verticali tra centri di ordine diverso e orizzontali tra centri dello stesso ordine RETI DI COMPLEMENTARITA’ Centri specializzati e complementari interconnessi attraverso un insieme di relazioni input-output (ad es. per il raggiungimento di economie di scala) RETI DI INNOVAZIONI Centri che cooperano su specifici progetti infrastrutturali o produttivi con l’obiettivo di raggiungere massa critica in termini di domanda e di offerta RETI DI SINERGIA Centri similari in rapporto di cooperazione (ad es. piazze finanziarie)

17 Paradigma delle reti di città: la novità
Ed oggi? Paradigma delle reti di città: la novità si abbandonano le logiche di efficienza economica dei modelli di gerarchia (minimizzazione dei costi, massimizzazione dell’area di mercato) si riconoscono nuove logiche di efficienza dei sistemi urbani che trovano origine nei positivi effetti ottenuti dalle attività complementari e cooperative I centri possono acquisire economie di scala urbane senza necessariamente essere obbligati ad una crescita in termini di dimensione fisica

18 Definizione del paradigma reticolare
Ed oggi? Definizione del paradigma reticolare Le reti di città sono un insieme di rapporti orizzontali, e non gerarchici, fra centri complementari o similari, rapporti che realizzano la formazione di economie o di esternalità rispettivamente di specializzazione/divisione del lavoro e di sinergia/cooperazione/innovazione


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