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a.a. 2010\2011 Prof. Vincenzo Romania
Max Weber ( ) a.a. 2010\2011 Prof. Vincenzo Romania
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Il contesto Max Weber, pur vivendo praticamente negli stessi anni di Durkheim, opera intellettualmente in un contesto molto diverso. I due in effetti non si influenzano, malgrado Durkheim avesse studiato in Germania nella sua gioventù, ciò avviene per diversi motivi: Weber rigetta le tesi di quelli che chiama dei “socialisti della cattedra”; è influenzato dall'evoluzione sociopolitica della Germania; non produce soprattutto lavori teorici ma da subito produce ricerche socio-storiche. Ancora una volta dobbiamo collocare anche Weber all'incrocio fra diverse discipline: storia, giurisprudenza, economia, sociologia e filosofia.
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Capitalismo Anche nelle opere giovanili di Max Weber il problema principale è quello di comprendere le origini del capitalismo. A differenza di Marx, però, la sua analisi è più attenta alle dinamiche del diritto e, nell'analisi in particolare della storia romana, si propone per la prima volta un approccio multidimensionale ai problemi sociali. Rifiuta anche l'approccio evoluzionistico: il livello di benessere della società romana era simile a quello post-feudale in Europa.
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Lo studio sull'agricoltura in Germania
Nel 1892 propone uno studio sul sistema agricolo tedesco, dividendo l'area settentrionale della Germania in due zone: quella ad est e quella ad ovest del fiume Elba. Secondo Weber, ad ovest del fiume la maggior parte dei contadini erano agricoltori indipendenti; ad est gli Junker controllavano grandi proprietà di impostazione tipicamente fedualistica.
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Lo studio sull'agricoltura in Germania (2)
I contadini della parte est dell'Elba, a loro volta potevano essere distinti fra coloro che erano pagati dal datore di lavoro tramite un contratto annuale e coloro che invece ricevevano un compenso giornaliero, e che avevano perciò una condizione simile a quella degli operai salariati del proletariato industriale. Secondo Weber, i secondi avrebbero progressivamente sostituito i primi e ciò avrebbe modificato profondamente il mondo del lavoro, trasformando l'agricoltura in senso mercantilistico e cancellando il rapporto organico tipico dei contratti annuali. Ciò sarebbe accaduto per una ricerca di maggiore “libertà” in termini di flessibilità dei contadini annuali; il risultato a lungo termine sarebbe stato, tuttavia, una riduzione del salario e dei diritti.
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L'etica protestante e lo spirito del capitalismo (1905)
Già in questi primi studi ci accorgiamo quindi di come Weber sia più moderno di Marx, indagando dinamiche specifiche del mondo lavorativo. Il contrasto fra condizioni di vita e visione del mondo dei contadini annuali è in effetti un primo tentativo di spiegare l'importanza dei valori e dell'etica nel produrre impegno lavorativo, produzione, profitto, crescita economica; tutti temi che torneranno nell'Etica (1905). Weber afferma infatti la necessità di guardare al contenuto specifico delle dottrine protestanti per spiegare il rapporto fra protestantesimo e razionalità economica.
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L'etica protestante e lo spirito del capitalismo (2)
Weber non è certo originale nell'indicare l'esistenza di un rapporto fra protestantesimo e capitalismo. Egli tuttavia riesce, in maniera originale, a indicare un effetto della religione sulla vita quotidiana. Se infatti Marx credeva che il protestantesimo fosse un riflesso dell'individualismo economico tipico del capitalismo; e l'economia politica credeva altresì che non potesse esistere un rapporto fra la religione, che mira al bene spirituale ed il capitalista che mira all'accumulo materiale; Weber dimostra come il protestantesimo abbia avuto una influenza diretta sullo sviluppo del capitalismo in alcune nazioni rispetto ad altre.
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L'etica protestante e lo spirito del capitalismo (3)
A differenza del cattolicesimo infatti, il protestantesimo richiedeva una disciplina quotidiana molto più rigida, immettendo di fatto un fattore religioso in tutte le sfere del credente e combattendo in particolare il lassismo. Per comprendere però a pieno questo rapporto, secondo W. Bisogna analizzare i caratteri propri del capitalismo moderno e dell'etica protestante.
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Capitalismi Quello che si afferma in Europa, secondo Weber, è un tipo di capitalismo moderno completamente differente da altre forme di capitalismo, tipiche di società caratterizzate da “tradizionalismo economico”. In questi casi, modelli occupazionali tipici del capitalismo moderno, quali il cottimo, sarebbero destinati a fallire per motivi culturali: “L'uomo “per natura” non vuole guadagnare denaro e sempre più denaro, ma semplicemente vivere, vivere secondo le sue abitudini e guadagnare quel tanto che è a ciò necessario” (Weber, EP, p. 116).
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Capitalismi (2) Dal capitalismo tradizionale non manca l'avidità, ma questa spesso viene accostata a metodi illegali o non etici di guadagno. Il capitalismo moderno è invece caratterizzato da uno specifico spirito: “il guadagno di denaro e di sempre più denaro, è così spoglio da ogni fine eudemonistico o semplicemente edonistico, e pensato in tanta purezza come scopo a se stesso, che di fronte alla felicità ed all'utilità del singolo individuo appare come qualche cosa di interamente trascendente e perfino d'irrazionale. Il guadagno è considerato come lo scopo della vita dell'uomo, e non più come mezzo per soddisfare i suoi bisogni materiali. Questa inversione del rapporto naturale, che è addirittura priva di senso per il modo di sentire comune, è manifestamente un motivo fondamentale del capitalismo così come è estranero all'uomo non tocco dal suo soffio” (Ep, p. 105)
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Il guadagno come professione
Lo spirito del capitalismo moderno è quindi la specifica combinazione di dedizione al guadagno e astinenza dall'uso di questo per il godimento personale. La realizzazione efficiente della professione (beruf) rappresenta quindi sia un dovere che una virtù. Tale modello è organizzato attorno ad una razionalità “sulla base di un calcolo strettamente aritmetico”. Scopo dell'EP è quindi quello di scoprire “di quale spirito fosse figlio quel modo concreto di pensare e di vivere razionalmente, da cui si è svolta quell'idea di “vocazione professionale” e quella dedizione al lavoro professionale”
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Beruf Il centro della riflessione di Weber sta proprio nel concetto di beruf o vocazione professionale, un concetto che si afferma solo grazie alla Riforma protestante e che riporta gli affari terreni della vita quotidiana entro una sfera d'influenza religiosa che tutto ricomprende in sé. In particolare, un ruolo importante lo hanno giocato le correnti più ascetiche del Protestantesimo: Calvinismo, Metodismo, Pietismo e le sètte battiste. Weber si concentra soprattutto sui capisaldi del calvinismo.
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I 3 capisaldi del calvinismo
Il mondo è stato creato per magnificare la gloria di Dio: “Non Dio è per l'uomo; ma l'uomo è per Dio” (EP, p. 176) Gli scopi di Dio sono imperscrutabili all'uomo. Ogni uomo è predestinato. Soltanto pochi, sin dalla loro creazione, sono eletti alla vita eterna. Tale predestinazione si “rivela” in terra, ma l'uomo non può cambiare il suo destino, tramite il proprio comportamento.
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Il disincantamento del mondo
L'uomo entra quindi in un rapporto diretto, individuale, con la divinità che lo predestina. Rispetto al cristianesimo, ciò vuol dire che la chiesa non ha un ruolo di mediazione rispetto ai destini individuali. In tal senso, il calvinismo spinge all'ascesi intramondana e “disincanta” il mondo agli individui.
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Il disincantamento del mondo
“Non c'era alcun mezzo, non solo magico, ma di nessun'altra natura per far discendere la grazia divina su colui al quale Dio aveva decretato di negarla. Collegata con l'aspra dottrina dell'assoluta lontananza da Dio e della mancanza di valore di ciò che è puramente umano, questo interno isolamento dell'uomo racchiude in sé il presupposto della posizione assolutamente negativa del puritaneismo di fronte a tutti gli elementi indulgenti ai sensi e ai sentimenti nella civiltà e nella religione – poiché essi sono inutili per la salvezza e sono fomento di illusioni sentimentali e di superstizioni che divinizzano le creature – e perciostesso il ripudio di ogni civiltà che riconosca l'esigenza dei sensi” (EP, p. 179).
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Angoscia o stakanovismo?
Si potrebbe supporre che non avendo coscienza del proprio destino i seguaci della dottrina siano portati all'angoscia, invece secondo i calvinisti non essendoci alcuna distinzione evidente fra eletti e reprobi, ognuno ha il dovere di sentirsi eletto. Per conservare questa fiducia, il mezzo più appropriato è una “intensa attività nel mondo”: “non si dice ancora, come dirà Franklin, “il tempo è denaro”; ma questa sentenza vale, per così dire, in senso spirituale: esso è infinitamente prezioso, perché ogni ora perduta è tolta al servizio della gloria di Dio” (EP, p.263) Il punto fondamentale è che il lavoro ed il possesso non vanno contro il volere di Dio, a differenza di alcuni dettami tipicamente cattolici.
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I saggi metodologici di Weber
Successivamente all'Etica, Weber si occupa in un insieme di saggi della metodologia delle scienze sociali, dando contributi fondamentali su questa materia fino a quel momento ancora molto fragile e poco affrontata dalla sociologia francese. Egli rifiuta sia la posizione di Comte che voleva assegnare alla sociologica gli stessi metodi delle scienze naturali; che le posizioni di chi vorrebbe creare delle metodologie del tutto separate e incomparabili con le prime. Propone quindi di ragionare sull'uso scientifico delle generalizzazioni e dei casi unici.
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Soggettività e oggettività
Il punto di partenza della sua riflesisone è che le scienze sociali si occupano di fenomeni spirituali o ideali, di natura estranea quindi alle scienze naturali. Ciò, sostiene, non implica una rinuncia alla oggettività conoscitiva delle scienze sociali. Fondamentale, dice, è riconoscere la natura pragmatica delle scienze sociali e separare nettamente i giudizi normativi su “ciò che dovrebbe essere” da quelli analitici sulla realtà studiata.
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Fra problemi sociali e sociologici
Uno dei problemi principali per i classici, come abbiamo visto, è quello del ruolo che deve avere il sociologo. Weber, in aperta polemica con i socialisti rivoluzionari suoi contemporanei, rifiuta l'idea di scienziati sociali che indicano vie utopiche e ontologiche e indica due modi in cui lo scienziato può agire sui problemi pratici: Analizzandone la coerenza dei presupposti generali; Indicando realizzabilità ed effetti collaterali di ogni scelta politica
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La responsabilità dei professori
L’opinione di Weber è che il modo migliore per organizzare un’università moderna sia nella direzione della specializzazione professionale degli insegnanti, in particolar modo in quelle materie che hanno qualche pretesa di scientificità. In tal modo si darebbe meno spazio alle concezioni del mondo del docente: «Ciò che oggi lo studente dovrebbe soprattutto imparare nell’aula accademica dal suo professore è la capacità: (1) di svolgere in maniera compiuta un certo compito; (2) di riconoscere anzitutto i fatti, anche e in primo luogo i fatti personalmente scomodi, e quindi di distinguere la loro constatazione dalla presa di posizione valutativa; (3) di posporre la propria persona alle cose, e quindi di reprime il bisogno dell’esibizione importuna del suo gusto personale degli altri suoi sentimenti (MSS, p. 316).
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La responsabilità dei professori
Più in generale, i professori dovrebbero essere capaci di organizzare dibattiti attorno a dati empirici ed alla loro interpretazione, evitando di sfruttare il vantaggio di ruolo che egli ha nell’influenzare la platea dei suoi studenti ed evitando, in particolare, di nascondere dietro una falsa oggettività scientifica le proprie convinzioni politiche.
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L'obiettività delle scienze sociali
La scienza è una forma di conoscenza cosmica comunque limitata. Essa può operare analiticamente senza decidere sui conflitti etici. Nella politica, esistono un “etica della convinzione” ed una “etica della responsabilità”, basata quest'ultima sulla analisi delle conseguenze delle proprie scelte. Lo scienzato deve fuggire dalle etiche della convenzione, non eliminando ma aumentando la coscienza dei propri valori. In tal modo svilupperà una avalutatività oggettiva.
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La conoscenza come selezione
La realtà consiste di un'immensa quantità di elementi indefinitamente analizzabili. Qualsiasi forma di ricerca scientifica comporta una scelta entro questa infinità. Ciò rende particolarmente inadatta per le scienze sociali la formulazione di leggi. Weber indica quindi la necessità di concentrarsi soprattutto su un approccio ideografico, ovvero sulla descrizione delle condizioni che hanno fatto sì che una determinata realtà, un determinato fenomeno o caso studio si sia rivelato nella sua unicità. Ciò tuttavia non implica una completa rinuncia alle leggi (approccio nomotetico): per spiegare un caso si parte da esso e si imputano relazione fra cause, senza estendere queste a tutta la realtà sociale.
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La costruzione degli idealtipi
Lo scienziato risolve il conflitto fra unicità e generalizzazioni tramite la costruzione degli idealtipi o tipi ideali di una determina realtà studiata. Possiamo pensare a tipi ideali di personalità, di ruoli, di fenomeni, di tendenze culturali o etiche quali l’ «etica calvinista». In quanto astrazione, un’idealtipo non può mai essere rintracciato empiricamente nella realtà. Piuttosto, nel formulare un tipo ideale, lo studioso cercherà di indicare le caratteristiche più significative del fenomeno che studia, a partire dai dati empirici a disposizione.
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Economia e società (1922) È un testo monumentale in cui viene ancora una volta utilizzato il metodo storico-comparativo applicato alla storia dei fenomeni giuridici, economici, religiosi di una molteplicità di società. In uno dei primi saggi in esso ricompreso, Weber spiega la funzione della sociologia che in quanto scienza dei fatti «spirituali» deve essere capace di rendere intellegibile il senso soggettivo dell’azione sociale: «nelle scienze sociali siamo di fronte alla cooperazione dei processi spirituali, e che [sostiene Weber] «intendere» rivivendoli questi processi costituisce un compito di tipo specificamente diverso da quello implicito nella soluzione delle formule della conoscenza esatta della natura in genere» .
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Interpretazione e sociologia comprendente
Scopo della sociologia è quindi non solo comprendere gli effetti macrosociali dei fenomeni strutturali – come abbiamo visto in Durkheim e Marx – ma anche interpretare l’agire degli individui dotato di senso: «La sociologia (nel senso qui inteso di questo termine, impiegato in maniera così equivoca) deve designare una scienza la quale si propone di intendere in virtù di un procedimento interpretativo l’agire sociale, e quindi di spiegarlo causalmente nel suo corso e nei suoi effetti» (ES, vol. I, p.4).
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Che cosa vuol dire «intendere»?
Weber introduce questo concetto di sociologia comprendente, indicando da una parte una capacità o sensibilità «simpatetica» da parte del ricercatore; dall’altro, la costruzione «razionale» ovvero logica di tipi ideali di comportamento. Una volta fatto ciò, per comprendere il comportamento individuale si può interpretare l’agire o tramite «comprensione diretta» per quelle azioni nelle quali riusciamo immediatamente a rintracciare un senso; o tramite quello che chiama «l’intendere esplicativo» che sta nell’individuazione di una motivazione dietro ad un comportamento.
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L’agire sociale Per agire sociale, Weber intende quel tipo di comportamento individuale il cui se3nso è riferito ad un altro agente o ad un gruppo di agenti. Ogni azione può essere studiato per il senso pratico assegnatogli da un singolo agente o per un senso idealtipico generale. Secondo Weber non tutte le azioni sono dotate di senso, alcune sono semplicemente ripetute in senso tradizionale. Anche nelle azioni dotate di senso, comunque, resta una parte non interpretabile.
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I quattro tipi di azione sociale
Weber distingue quattro tipi di azione sociale: L’agire «determinato in modo razionale rispetto allo scopo» è quello nel quale l’individuo calcola razionalmente gli esiti di una data azione in termini di mezzi e fini. Sceglie quindi, fra tutti i mezzi disponibili al proprio fine, quelli che comportano meno costi e permettono maggiori vantaggi. L’agire «determinato in modo razionale rispetto al valore» è invece quello diretto verso un valore incondizionato che esclude ogni altra considerazione. È tipico del sentire religioso o di coloro che indirizzano il proprio agire a dei «valori ultimi» quali il dovere, l’onore, la dedizione ad una causa.
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I quattro tipi di azione sociale
L’agire «determinato affettivamente» è quello che si sviluppa sotto l’influenza di un qualche tipo di statoe emotivo e che orienta l’azione ad un valore ultimo, indipendentemente dalla sua razionalità. L’agire «tradizionale» è quello determinato dalle abitudini. Secondo Weber è quello più ricorrente nell’agire quotidiano, è un tipo di agire su cui l’individuo non riflette ma ripete quasi inconsapevolmente. Come si può intuire, questi non sono concetti descrittivi ma tipi ideali: ogni azione reale differisce o combina i 4 tipi.
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I rapporti sociali Una regolarità dell’agire sociale, secondo Weber, si può considerare un «uso» se: «la probabilità della sua sussistenza entro un ambito di uomini è data in virtù di una consuetudine di fatto». Quando l’uso si estende nel tempo, secondo Weber si viene a consolidare un costume. I costumi non sono socialmente sanzionati, ma richiedono il consenso di chi vi partecipa. Essi diventano ancora più stabili, invece, quando vengono sostenuti da un ordinamento legittimo.
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Un ordinamento legittimo: esempio
«Quando un rivenditore visita in determinati giorni del mese o della settimana una determinata clientela, ciò rappresenta o un costume acquisito o appunto il prodotto della sua situazione di interessi (cioè il turno del suo mestiere). Ma quando un funzionario appare quotidianamente in ufficio, ad un’ora stabilita, ciò non è condizionato soltanto (per quanto lo sia pure) da una abitudine acquisita (dal costume), e neppure soltanto (per quanto lo sia pure) dalla propria situazione di interessi, a cui egli potrebbe, o meno, conformarsi a suo arbitrio: tale comportamento è condizionato…dalla validità dell’ordinamento…che riveste carattere imperativo e la cui infrazione non soltanto gli arrecherebbe danni, ma è pure, di solito, aborrita per motivi raizonali rispetto al valore…dal suo «sentimento di dovere» .
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Dagli usi e costumi allo Stato
Usi e costumi vengono tradotti in legge, e la loro obbligatorietà viene così rinforzata. Perché un gruppo regolato da un ordinamento sociale si trasformi invece in uno stato è necessario che «la sua sussistensa e la validità dei suoi ordinamenti entro un dato territorio con determinati limiti geografici vengono garantite continuativamente mediante l’0impiego e la minaccia di una coercizione fisica da parte dell’apparato amministrativo». Quindi una amministrazione diventa stato quando è in grado di esercitare con successo il monopolio della coercizione fisica legittima entro un dato territorio.
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Potenza e potere Per comprendere ancora meglio come funzionano gli stati moderni, Weber introduce altri due idealtipi: Il concetto di potenza, indica la possibilità che un agente sia in grado di realizzare i propri obiettivi all’interno di una relazione sociale, anche trovandosi di fronte ad una opposizione. In qualche modo, tale definizione è così generica da includere ogni relazione. Il concetto di potere è invece più specifico e indivca quei casi in cui la potenza si esercita come obbedienza da parte di un attore a un comando specifico emesso da un altro. Questa obbedienza può comportare dei vantaggi economici e di onorabilità sociale ma è supportata, soprattutto, da una convinzione nella legittimità della propria subordinazione.
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Tre tipi ideali di potere legittimo
Il potere tradizionale fonda la propria legittimità su «antichi ordinamenti» e poteri di signoria». Nelle forme più semplici non si basa su di un apparato amministrativo, si verifica ad es. nella gerontocrazia, nel patriarcalismo, nella legge di clan, nei sistemi tirannici. Il potere legale è quello che si fonda su norme impesonali stabilite razionalmente in rapporto a valori o scopi: si obbedisce alle norme non al signore: «il tipico detentore del potere3 legale – il «superiore» – mentre dispone e insieme comanda, da parte sua obbesdisce all’ordinamento impersonale in base al quale orienta le sue prescrizioni».
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Tre tipi ideali di potere legittimo
Il potere carismatico è radicalmente diverso dagli altri due. È un potere straordinario, legato alla personalità del detentore. Il carisma è definito come «una qualità considerata straordinaria, che viene attribuita a una persona. Pertanto, questa viene considerata come dotata di forze e proprietà soprannaturali o sovraumane, o almeno eccezionali in modo specifico. Il potere carismatico si legittima sulla base di una «missione» a cui egli e i suoi sostenitori credono. La «prova» di qusta missione sta nei miracoli compiuti dalla figura carismatica. I membri dell’apparato non vengono scelti in base alle proprie capacità ma in base a legami privilegiati di dipendenza personali: i seguaci partecipano del carisma del superiore.
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Cosa lasciamo fuori Il tipo ideale della burocrazia (che tratteremo parlando di organizzazioni) La teoria della stratificazione sociale; La sociologia della religione di Weber.
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