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Corso di Psicologia Generale /11
Definizione di motivazione Livelli della motivazione Esempio di motivazione primaria: la fame Principali punti di vista sulla motivazione Analisi di alcune motivazioni secondarie Slide tratte da: Anolli, L., Legrenzi, P. (2006). Psicologia generale. Bologna: Il Mulino.
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Definizione di motivazione
Il comportamento di ogni essere vivente è motivato (spiegato) da una serie di cause ed è orientato alla realizzazione di determinati scopi, nonché alla soddisfazione di specifici bisogni mediante singole azioni o una serie di attività fra loro coordinate. Si può definire la motivazione come un processo di attivazione dell’organismo finalizzata alla realizzazione di un determinato scopo in relazione alle condizioni ambientali. Da tale processo dipende l’avvio, la direzione, l’intensità, la durata e la cessazione di una condotta da parte del soggetto. In che modo può essere definita la motivazione? è un processo di attivazione dell’organismo finalizzato alla realizzazione di un determinato scopo in relazione alle condizioni sperimentali è un processo di disattivazione dell’organismo finalizzato alla realizzazione di un determinato scopo in relazione alle condizioni ambientali è un processo di attivazione dell’organismo finalizzato alla realizzazione di un determinato scopo in relazione alle condizioni ambientali è un processo di attivazione dell’organismo non finalizzato alla realizzazione di un determinato scopo in relazione alle condizioni ambientali
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I livelli della motivazione I riflessi
I riflessi rappresentano il sistema più semplice di risposta da parte dell’organismo come reazione a stimoli esterni o interni sono risposte innate, automatiche e involontarie, determinate e regolate da meccanismi neurofisiologici su base genetica. Essi svolgono una funzione di difesa (bisogno di protezione) nei riguardi di stimoli nocivi (come il ritrarre rapidamente la mano dopo aver toccato qualcosa di bollente – riflesso di ritrazione – oppure il chiudere gli occhi all’avvicinarsi fulmineo e improvviso di un corpo estraneo) o una funzione di regolazione per riportare l’organismo al suo equilibrio. In quest’ultimo caso si parla di omeostasi, cioè l’insieme dei processi per conservare nel tempo uno stato di equilibrio interno, o per ripristinarlo in caso di squilibrio momentaneo. Per esempio, l’attività delle ghiandole sudoripare serve a mantenere costante in maniera automatica e involontaria la temperatura del corpo. Che cosa è un riflesso? è una risposta innata, automatica e involontaria, determinata e regolata da meccanismi neurofisiologici su base genetica è una risposta innata, automatica e involontaria, determinata e regolata da meccanismi psicologici su base genetica è una risposta innata, automatica e volontaria, determinata e regolata da meccanismi neurofisiologici su base genetica è una risposta innata, non automatica e involontaria, determinata e regolata da meccanismi neurofisiologici su base genetica
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I livelli della motivazione Gli istinti
costituiscono sequenze congenite, fisse e stereotipate di comportamenti specie-specifici su base genetica in relazione a determinate sollecitazioni ambientali. L’istinto nella prospettiva evoluzionistica di Darwin rappresenta lo schema di comportamento che assicura le maggiori probabilità di sopravvivenza degli individui di una specie. Che cosa rappresenta l’istinto nella prospettiva evoluzionista di Darwin? lo schema di comportamento che non assicura le maggiori probabilità di sopravvivenza degli individui di una specie lo schema di comportamento che assicura le maggiori probabilità di riproduzione degli individui di una specie lo schema di comportamento che riduce la probabilità di sopravvivenza degli individui di una specie lo schema di comportamento che assicura le maggiori probabilità di sopravvivenza degli individui di una specie
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I livelli della motivazione Gli istinti – La psicologia ormica
McDougall (1900) – Psicologia ormica Gli istinti sono attività primarie che spingono l’organismo a prestare attenzione a determinate categorie di stimoli ambientali, ad attivarsi di conseguenza e ad agire coerentemente in un certo modo, al fine di soddisfare le proprie esigenze (ormico, dal greco «ormao» che significa «spingere»). Gli istinti costituiscono dei reali propulsori di ogni condotta psichica in quanto capacità congenite di agire intenzionalmente. McDougall descrisse una mappa degli istinti Attorno al 1920, furono contati oltre istinti. In questo modo il concetto di istinto si svuotava di significato, in quanto emergeva la sua provvisorietà e precarietà, nonché la sua aleatorietà (non si comprende per quali ragioni determinate propensioni siano considerate istinto e altre no). Si rendeva tautologico il concetto stesso di istinto: dire che una certa azione è motivata da un istinto non contribuiva in alcun modo a comprenderla e a spiegarla sul piano scientifico; si tratta di una spiegazione circolare.
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I livelli della motivazione Gli istinti – L’etologia
L’etologia (1950) si orientò più propriamente alle predisposizioni istintive condotte specie-specifiche, regolate da uno schema fisso di azione. Non si tratta di un comportamento intelligente (flessibile e differenziato in funzione delle variabili soggettive e ambientali), bensì stereotipato, senza consapevolezza. Lorenz elaborò il concetto di imprinting predisposizione istintiva del neonato a seguire, subito dopo la nascita, qualsiasi oggetto in movimento che emetta un determinato richiamo (comportamento di attaccamento). Il periodo dell’imprinting è piuttosto ristretto e limitato. Si tratta di un periodo critico (o sensibile), esclusivamente nel quale si viene a creare il legame fra lo stimolo e la condotta istintiva dell’animale. In seguito non è più possibile attivare ogni forma di imprinting. Tale legame rimane stabile e immodificabile per tutta la vita. Nella teoria etologica, la nozione di istinto si articola come processo complesso che, pur avendo una base genetica fondamentale, può essere modulato dalle condizioni ambientali e dalle esperienze dell’individuo. Che cosa sono le predisposizioni istintive? condotte specie-specifiche regolate da uno schema libero di azione condotte specie-specifiche regolate da uno schema fisso di azione condotte specie-specifiche indipendenti da uno schema fisso di azione condotte specie-specifiche regolate da uno schema fisso di pensiero
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I livelli della motivazione I bisogni e le pulsioni
Distinguiamo tra: bisogno condizione fisiologica di carenza e di necessità; pulsione dimensione psicologica del bisogno ed esprime uno stato di disagio e di tensione interna. Si può avere un bisogno senza pulsione se si è esposti al diossido di carbonio, il bisogno di ossigeno non genera una corrispettiva pulsione. Si può avvertire una pulsione senza avere il bisogno le persone obese riferiscono di avere voglia di cibo anche senza avere fame. Quale differenza esiste tra bisogno e pulsione? è un meccanismo di regolazione in base al quale l’elaborazione precedente peggiora (priming positivo) o facilita (priming negativo) la prestazione successiva il primo indica una dimensione psicologica del bisogno, la seconda è intesa come una condizione fisiologica di carenza e necessità il primo indica una condizione fisiologica di carenza e necessità, la seconda è intesa come una dimensione psicologica del bisogno il primo indica una condizione sociale di carenza e necessità, la seconda è intesa come una dimensione psicologica del bisogno
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I livelli della motivazione Le pulsioni, gli incentivi e i rinforzi
Distinguiamo tra: pulsioni fattori interni all’organismo; incentivi stimoli ed eventi esterni; hanno la funzione di rinforzo con la qualità della ricompensa. rinforzi primari indipendenti dall’apprendimento e si fondano prevalentemente su processi fisiologici (il sapore dolce di un cibo costituisce un incentivo immediato per riattivare la ripetizione della sua esperienza). rinforzi secondari sono appresi e si basano sull’appartenenza a una determinata cultura (per esempio, il denaro, il successo, l’affermazione di sé sono importanti incentivi culturali nel mondo occidentale). In che cosa differiscono fra loro i rinforzi primari e i rinforzi secondari? i primi sono indipendenti dall’apprendimento e si fondano su processi fisiologici, i secondi sono appresi e si basano sull’appartenenza a una determinata cultura i primi sono indipendenti dall’apprendimento e si fondano su processi psicologici, i secondi sono appresi e si basano sull’appartenenza a una determinata cultura i primi dipendono dall’apprendimento e si fondano su processi fisiologici, i secondi sono appresi e si basano sull’appartenenza a una determinata cultura i primi sono indipendenti dall’apprendimento e si fondano su processi cognitivi, i secondi sono appresi e si basano sull’appartenenza a una determinata cultura
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I livelli della motivazione Motivazioni primarie e secondarie
Distinguiamo, sebbene la distinzione non va intesa in maniera rigida e dicotomica, fra: motivazioni primarie collegate con i bisogni fisiologici (biologiche). Risultano in buona parte influenzate dall’esperienza personale e, per diversi aspetti, sono regolate da processi mentali. È sufficiente pensare in che modo siamo in grado di monitorare e di gestire le situazioni connesse al cibo o alla sete. motivazioni secondarie connesse con i processi di apprendimento culturale (psicologiche). Anche se più propriamente psicologiche, assumono importanza specifici fattori biologici nei processi di ricompensa o di rigetto di determinate situazioni.
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I livelli della motivazione Autonomia funzionale dei bisogni
L’autonomia funzionale dei bisogni È il fenomeno legato al passaggio da una motivazione primaria ad una motivazione secondaria per esempio, da pescare per il cibo a pescare per il piacere di pescare. Da motivazioni primarie possono derivare nuove motivazioni secondarie, che con il tempo assumono una propria autonomia e che diventano particolarmente rilevanti per alcuni individui.
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I livelli della motivazione Il sistema dei desideri
Corrisponde alla strutturazione soggettiva delle motivazioni primarie e secondarie di un individuo. Il desiderio è voler possedere ciò che piace o che è ritenuto utile per se stessi. Esso nasce dalla rottura di una situazione di equilibrio o da una condizione di incompletezza e, al limite, di carenza. È connesso strettamente con il sistema delle credenze e il sistema dei valori. Il sistema dei desideri è strettamente associato al sistema dei valori, in quanto questi ultimi qualificano un oggetto o un evento come importante e rilevante se è in grado di venire incontro a un determinato desiderio dell’individuo. Tra il sistema dei desideri e il sistema dei valori esiste una interdipendenza ricorsiva.
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I livelli della motivazione Maslow – La gerarchia delle motivazioni
Il concetto della gerarchia delle motivazioni e dei bisogni secondo il pensiero di Maslow: i bisogni fisiologici i bisogni di sicurezza i bisogni di appartenenza e di attaccamento i bisogni di stima i bisogni di autorealizzazione A questi 5 livelli motivazionali si potrebbero aggiungere i bisogni di trascendenza, intesi come tendenza ad andare oltre se stessi per sentirsi parte di una realtà più vasta, cosmica o divina. I bisogni dei primi gradini della piramide sono bisogni di carenza, in quanto scompaiono soltanto con il loro appagamento; per contro i bisogni dei gradini successivi sono bisogni di crescita, che continuano a svilupparsi mano a mano che sono soddisfatti. Secondo la gerarchia dei bisogni di Maslow, qual è la differenza tra bisogni di carenza e bisogni di crescita? i primi sono ai primi gradini della piramide e scompaiono solo se appagati, i secondi sono su gradini successivi e sono soddisfatti mano a mano che si sviluppano i primi sono ai primi gradini della piramide e scompaiono solo se appagati, i secondi sono su gradini successivi e si sviluppano con l’età i primi sono ai primi gradini della piramide e riappaiono solo se appagati, i secondi sono su gradini successivi e si sviluppano mano a mano che sono soddisfatti i primi sono ai primi gradini della piramide e scompaiono solo se appagati, i secondi sono su gradini successivi e si sviluppano mano a mano che sono soddisfatti
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Una motivazione primaria: la fame L’unità corpo-mente
L’analisi della fame evidenzia che anche i bisogni strettamente fisiologici sono influenzati in larga misura dai processi squisitamente psicologici e culturali. L’unità corpo-mente che caratterizza la persona umana, superando: il riduzionismo biologistico la mente non sarebbe altro che un epifenomeno e un derivato secondario dell’attività neurofisiologica del cervello e del sistema nervoso. il riduzionismo psicologistico ogni fenomeno e ogni processo umano potrebbero essere spiegati in termini puramente psicologici, come se il corpo non esistesse. La psicosomatica, da tempo, ha fatto propria questa impostazione integrale dell’essere umano. Secondo la teoria degli incentivi, da che cosa dipende la fame? da carenze energetiche e non dall’esperienza gratificante del cibo dall’esperienza gratificante del cibo e non da carenze energetiche dall’esperienza gratificante del cibo e da carenze vitaminiche dall’esperienza gratificante del cibo o da carenze energetiche
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Una motivazione primaria: la fame Teoria del valore di riferimento
La teoria del valore di riferimento È opinione comune che l’assunzione del cibo dipenda da un deficit energetico e che essa consenta di ripristinare i livelli energetici dell’organismo a un livello ottimale (mantenimento dell’omeostasi). Richiede 3 elementi: la definizione del valore di riferimento; un meccanismo di segnalazione della deviazione rispetto a tale valore; e un meccanismo in grado di correggere tale deviazione, per ripristinare il valore di riferimento. Teoria glucostatica Attorno agli anni ’50 si riteneva che l’alimentazione fosse regolata da un sistema volto a conservare il glucosio ematico a un determinato valore di riferimento. Teoria lipostatica In modo complementare, si pensava che l’assunzione di cibo servisse a mantenere costante nel lungo termine la quantità dei lipidi corporei. Limiti delle teoria Riduce l’essere umano ad un automa che in modo meccanicistico e deterministico compie il rifornimento energetico non appena si presenta una deviazione da parametri prefissati. In realtà esistono rilevanti variazioni individuali e culturali nell’assunzione del cibo che non possono essere esclusivamente spiegate dalla presenza di semplici meccanismi biologici, anche se questi ultimi sono necessari.
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Una motivazione primaria: la fame Teoria degli incentivi
La fame dipenderebbe dal valore incentivante che il cibo ha in quel momento per un determinato soggetto. L’importanza degli stimoli esterni per suscitare il bisogno della fame Un individuo non mangia per mangiare, ma per provare piacere e per soddisfare i suoi desideri. Il fenomeno dell’alliestesia anticipare i sapori e i gusti con la mente. Secondo la teoria degli incentivi, da che cosa dipende la fame? da carenze energetiche e non dall’esperienza gratificante del cibo dall’esperienza gratificante del cibo e non da carenze energetiche dall’esperienza gratificante del cibo e da carenze vitaminiche dall’esperienza gratificante del cibo o da carenze energetiche
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Una motivazione primaria: la fame Teoria del valore di assestamento
intende essere una sintesi fra la teoria del valore di riferimento e la teoria degli incentivi. L’assunzione del cibo è motivata dall’esigenza di mantenere il peso corporeo attorno a un valore personale di assestamento. Il fenomeno della termogenesi alimentare quando si ingrassa, si ha un innalzamento della temperatura corporea che richiede un ulteriore costo energetico. Il modello della teoria del valore di assestamento prende in considerazione una molteplicità di aspetti (biologici, psicologici, culturali) in relazione alla propria immagine e al proprio sistema di credenze. Mentre la teoria del valore di riferimento si basa su parametri astratti e fissi, la teoria del valore di assestamento focalizza l’attenzione in modo empirico all’evolversi del peso corporeo di ciascun soggetto. A che cosa è finalizzata l’assunzione del cibo secondo la teoria del valore di assestamento? all’allontanamento del peso corporeo da un valore di assestamento alla conservazione del grasso corporeo attorno a un valore di assestamento alla conservazione del peso corporeo lontano da un valore di assestamento alla conservazione del peso corporeo attorno a un valore di assestamento
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Una motivazione primaria: la fame
Una motivazione primaria: la fame Meccanismi neurofisiologici dell’alimentazione /1 Il metabolismo energetico è regolato secondo 3 fasi preparatoria (cefalica) nella quale l’individuo, a seguito delle stimolazioni della fame, inizia a pensare, a odorare e a vedere il cibo da consumare; di assorbimento nella quale le sostanze nutrienti sono assorbite nel circolo ematico e utilizzate per i bisogni energetici immediati; di digiuno che consiste nell’impiego dell’energia accumulata. Secondo l’opinione corrente, le persone mangiano perché dopo una fase di digiuno avvertono contrazioni allo stomaco (buco allo stomaco) e una sensazione di vuoto (languorino). In realtà, questi fenomeni non sono la causa della fame, bensì l’effetto di processi nervosi assai più complessi, in quanto la fame costituisce l’esito di un sistema di elaborazione delle informazioni provenienti da diversi ambiti. Quali fasi regolano il metabolismo energetico? a) fase cefalica, b) fase di rilassamento, c) fase di digiuno a) fase cefalica, b) fase assorbimento, c) fase di eliminazione a) fase cefalica, b) fase di assorbimento, c) fase di digiuno a) fase cefalica, b) fase di digestione, c) fase di assorbimento
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Una motivazione primaria: la fame
Una motivazione primaria: la fame Meccanismi neurofisiologici dell’alimentazione /2 Il metabolismo energetico è regolato da diversi fattori fra loro concorrenti e sinergici: centri ipotalamici Il centro della sazietà Una sua lesione conduce a iperfagia e a obesità. Il centro della fame Una sua lesione conduce ad afagia e adipsia. Pur trattandosi di scoperte rilevanti, i concetti dei centri della fame e della sazietà come spiegazione della regolazione dell’alimentazione appaiono oggi troppo semplici e riduttivi. Occorre collegare questi centri nervosi con i processi di lipogenesi (produzione di grassi) e lipolisi (trasformazione dei grassi in energia); e alla funzione dei centri paraventricolari dell’ipotalamo nella regolazione dell’assunzione del cibo.
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Figura dell’ipotalamo
L’ipotalamo è una struttura di piccole dimensioni, ma d’importanza straordinaria. La sua funzione principale consiste nel prender parte alla regolazione dell’ambiente interno del corpo, funzione che esso svolge agendo sull’attività del sistema nervoso autonomo, controllando il rilascio di certi ormoni (di cui parleremo tra poco) e influenzando alcune pulsioni fondamentali, come la fame e la sete. partecipando alla regolazione degli stati emotivi, come la paura e la rabbia. Se rinunciassimo anche solo ad un millimetro cubo (uno spicchio minuscolo) dell’ipotalamo, a seconda del punto da cui provenisse il minuscolo spicchio, potremmo rimanere privi: di una o più pulsioni fondamentali, oppure non avere più un ciclo normale veglia-sonno o, il nostro corpo potrebbe perdere la capacità di regolare il proprio metabolismo.
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Una motivazione primaria: la fame
Una motivazione primaria: la fame Meccanismi neurofisiologici dell’alimentazione /3 Esistono numerosi centri regolatori dei processi della fame e della sazietà. Dopamina Lesioni al fascio di assoni che contengono dopamina fanno cessare l’alimentazione. In modo simile la somministrazione di amfetamine genera una sospensione nell’assunzione di cibo. Per questo motivo diversi farmaci dietetici contengono sostanze chimicamente simili alle amfetamine, in quanto inibiscono l’appetito. Peptidi intestinali Il cibo ingerito attiva i neurorecettori situati nella parete del tratto gastrointestinale – in modo specifico, nel duodeno, non nello stomaco – e determina il rilascio di peptidi. I soggetti che hanno subito la resezione gastrica, continuano a riferire le sensazioni di fame e di sazietà. La colecistochinina favorisce la digestione ed è un segnale di sazietà. La insulina fornisce al cervello informazioni sull’adiposità. La glicemia l’abbassamento della glicemia ematica è un chiaro segnale di fame. In che modo la colecistochinina e l’insulina partecipano alla regolazione dell’alimentazione? la prima favorisce la digestione ed è un segnale di sazietà, la seconda fornisce al cervello informazioni sull’adiposità la prima favorisce la digestione ed è un segnale di sazietà, la seconda fornisce al cervello informazioni sulla fame la prima impedisce l’indigestione ed è un segnale di sazietà, la seconda fornisce al cervello informazioni sull’adiposità la prima favorisce la digestione ed è un segnale di sazietà, la seconda fornisce allo stomaco informazioni sull’adiposità
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Una motivazione primaria: la fame Il buon mangiare
La motivazione primaria alla fame non è regolata soltanto dai processi neurofisiologici qui menzionati. Essi sono una condizione necessaria, ma non sufficiente per spiegare il comportamento alimentare degli individui. Possiamo mangiare e digerire di tutto, anche se abbiamo difficoltà con consistenti quantità di cellulosa. Eppure ciascuno di noi non mangia di tutto, ma fa riferimento a una dieta specifica, che, pur essendo variegata e differenziata, è comunque limitata. Genesi delle preferenze e delle avversioni alimentari, in base al principio quello che è buono da mangiare è anche buono da pensare (psicologia alimentare). La teoria dell’ottimizzazione del foraggiamento. Al pari degli altri animali, l’uomo sceglie gli alimenti più convenienti nel rapporto costi benefici e quelli che sono più facili da ottenere rispetto al territorio praticato per la loro abbondanza e per le loro dimensioni. Secondo la teoria del foraggiamento, quali sono i cibi scelti dall’uomo? quelli più convenienti nel rapporto costi/benefici e quelli più buoni da mangiare quelli più convenienti nel rapporto costi/benefici e quelli più facili da ottenere quelli più convenienti nel rapporto costi/sacrifici e quelli più facili da ottenere quelli più convenienti nel rapporto costi/benefici e quelli più facili da cucinare
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Una motivazione primaria: la fame Psicopatologia dell’alimentazione
Obesità Il peso corporeo supera del 30% il livello standard di un individuo. Concorrono fattori genetici, psicologici e culturali; gli obesi sono più sensibili ai fattori esterni che ai fattori interni per regolarsi nell’assunzione di cibo; negli obesi assumono particolare importanza gli aspetti emotivi; per superare l’obesità occorre modificare il comportamento alimentare nel lungo tempo (più che prendere farmaci o fare diete). Anoressia nervosa Rifiuto intenzionale e ostinato del cibo, con conseguente perdita di peso fino alla morte. L’anoressia ha radici psicologiche e culturali; colpisce soprattutto le donne fra i 12 e i 25 anni. Bulimia Assunzione smodata di cibo seguita da vomito indotto. Presente maggiormente fra le giovani donne. In che cosa consiste l’anoressia nervosa? si tratta di una involontaria perdita di peso, che può addirittura portare alla morte si tratta di una contenuta e intenzionale perdita di peso, che può addirittura portare alla morte si tratta di una estrema e intenzionale perdita di peso, che può addirittura portare alla morte si tratta di una contenuta perdita di peso, che raramente può portare alla morte
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Principali punti di vista sulla motivazione La teoria biologica
Evidenzia l’importanza dei centri neurobiologici implicati nei processi motivazionali dell’individuo Il concetto di omeostasi esigenza di conservare in maniera stabile nel tempo i livelli di equilibrio per il funzionamento dell’organismo. In realtà, i fattori biologici sono condizioni necessarie, ma non sufficienti, per spiegare gli aspetti motivazionali del soggetto In che cosa consiste l’omeostasi? nel conservare in maniera stabile nel tempo i livelli di glucosio per il funzionamento dell’organismo nel conservare in maniera instabile nel tempo i livelli di equilibrio per il funzionamento dell’organismo nel conservare in maniera stabile nel tempo i livelli di equilibrio per il funzionamento del cervello nel conservare in maniera stabile nel tempo i livelli di equilibrio per il funzionamento dell’organismo
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Principali punti di vista sulla motivazione
Principali punti di vista sulla motivazione La concezione comportamentista La concezione comportamentista Propose un modello esplicativo dei bisogni dell’essere umano fondato sull’interazione fra pulsione e abitudine. La pulsione nasce da una condizione di carenza per la comparsa di un bisogno, fornisce la spinta energetica e determina una condizione di attivazione nell’organismo. Quest’ultima serve a mantenere un livello ottimale di stimolazione per rispondere in maniera efficiente agli stimoli: raggiungere una certa meta (oggetto del bisogno) o evitare una condizione frustrante (fonte di spiacevolezza). L’abitudine È frutto dell’associazione ripetuta fra pulsione e risposta che serve a dare direzione al comportamento e che rende prevedibile la condotta opportuna per soddisfare o per ridurre il bisogno in oggetto. Le abitudini o pulsioni secondarie sono conseguenza dell’apprendimento grazie all’associazione (condizionamento classico e operante) delle proprie esperienze di soddisfazione (piacevolezza) o di insoddisfazione (spiacevolezza) Per esempio, se poniamo dei ratti in una gabbia bianca dal fondo metallico e se facciamo passare della corrente elettrica sul fondo, osserviamo che gli animali si riparano immediatamente in una gabbia nera attigua. Dopo alcune volte, i ratti esibiscono un comportamento di evitamento della gabbia bianca anche se non è più elettrificata.
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La prospettiva cognitivista
Principali punti di vista sulla motivazione La prospettiva cognitivista /1 La prospettiva cognitivista Ribalta il punto di vista behaviorista, sottolineando fin da subito che le motivazioni e i bisogni cambiano in rapporto alla quantità e alla qualità delle informazioni provenienti dall’ambiente che l’organismo è in grado di elaborare focalizzando l’attenzione sui processi cognitivi e sul sistema delle credenze per l’elaborazione delle motivazioni; ponendo particolare enfasi sul fatto di perseguire degli scopi e sul concetto di meta (o traguardo). sottolineando i processi mentali necessari per arrivare alla meta (successo) e per superare gli ostacoli (evitamento dell’insuccesso).
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Principali punti di vista sulla motivazione
Principali punti di vista sulla motivazione La prospettiva cognitivista /2 Il punto di partenza della prospettiva cognitivista consiste nel sottolineare che gli individui agiscono in modo da ottimizzare non il valore (o utilità) in termini oggettivi, bensì l’utilità soggettivamente attesa. In questo ambito giocano un ruolo fondamentale le aspettative che definiscono non soltanto il valore dell’oggetto (o evento) ma anche il valore del suo conseguimento. Atkinson e la tendenza al successo è data dall’interazione fra la motivazione stessa al successo, l’incentivo rappresentato dall’ottenimento del successo e la probabilità di ottenerlo. Parlando di probabilità e in base al livello di aspirazione del soggetto, viene ad assumere rilevanza anche la tendenza a evitare l’insuccesso. É emerso dalle ricerche che l’individuo con una elevata motivazione a evitare il fallimento si orienti o verso mete altamente probabili (condizione perfettamente comprensibile) o verso mete il cui perseguimento risulta altamente improbabile (condizione paradossale). L’insuccesso in compiti molto difficili è meno frustrante e risulta in qualche modo giustificato, in quanto esperienza condivisa da molti altri individui. Pone attenzione alla dimensione temporale come orizzonte motivazionale Condotte che in passato sono state associate a esperienze di successo (o di insuccesso) diventano elementi fondamentali per la definizione delle mete del presente e del futuro rispetto alle proprie aspettative. Questa prospettiva, pertanto, riesce a spiegare l’induzione di bisogni nuovi nell’essere umano. A questo riguardo è sufficiente osservare in che modo il progresso tecnologico crea in continuazione nuovi bisogni per rispondere a standard di vita sempre più elevati.
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Principali punti di vista sulla motivazione
Principali punti di vista sulla motivazione Il punto di vista scopistico /1 Il punto di vista scopistico Miller, Galanter e Pribram (l960) avevano introdotto la nozione di comportamento guidato da scopi attraverso l’unità TOTE (Test, Operate, Test, Exit) Ogni azione è diretta verso uno scopo e ogni volta che un individuo vuol compiere un’azione, deve formulare un piano di azione per ottenere lo scopo prestabilito. Alla verifica iniziale della situazione segue l’azione, che viene, a sua volta, controllata; se il test è favorevole, l’azione è conclusa; in caso contrario, si effettua una nuova operazione fino al raggiungimento dello scopo prefissato. Castelfranchi e Parisi (1980) pongono in evidenza che le motivazioni vanno concepite come sistemi gerarchici di scopi e come sistemi di vigilanza e di controllo sul perseguimento degli scopi medesimi Vi è uno scopo generale che si articola e si scompone in diversi livelli di sottoscopi fino a raggiungere le singole azioni.
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Principali punti di vista sulla motivazione
Principali punti di vista sulla motivazione Il punto di vista scopistico /2 Locus of control Nella definizione degli scopi e delle strategie per raggiungerli svolge un ruolo importante lo stile attribuzionale dell’individuo: la tendenza ad attribuire la causalità degli eventi a fattori esterni (da lui indipendenti) oppure a fattori interni (da lui dipendenti). Nella determinazione di questa sede del controllo (locus of control), se le cause del successo sono attribuite alle abilità del soggetto, egli si sentirà competente e capace. Se le cause dell’insuccesso possono essere da lui attribuite a fattori esterni, egli ha la possibilità di mantenere integro il livello dell’autostima. Se le cause dell’insuccesso sono attribuite a sé e alle proprie debolezze, egli probabilmente entrerà in uno stato di impotenza appresa e di depressione. Selfefficacy Illustra la connessione fra motivazioni e immagine di sé Chi ha una buona immagine di sé, tende ad avere scopi elevati e possiede un buon livello di autoefficacia (self-efficacy). Quest’ultima consiste nella valutazione della probabilità di portare a compimento con successo un determinato compito e di raggiungere uno specifico obiettivo. Quale relazione esiste tra motivazione e immagine di sé? chi ha una buona immagine di sé, tende ad avere scopi elevati e possiede un buon livello di autoefficacia chi ha una buona immagine di sé, tende ad avere scopi elevati e possiede un buon livello di autonomia chi ha una buona immagine di sé, tende a perseguire scopi irraggiungibili anche se possiede un buon livello di autoefficacia chi ha una buona immagine di sé, tende ad avere scopi elevati e possiede un basso livello di autoefficacia
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Principali punti di vista sulla motivazione
Principali punti di vista sulla motivazione Il punto di vista interazionista Il punto di vista interazionista Pone in evidenza che le motivazioni sono regolate dai processi relazionali (giochi relazionali). Ogni individuo è portato ad agire in una certa maniera piuttosto che in un’altra in funzione della rete relazionale in cui è inserito. Le motivazioni primarie, come la fame e la sessualità, i rapporti interpersonali assumono un ruolo fondamentale nell’orientare la loro manifestazione e il loro soddisfacimento. Le motivazioni secondarie, quali l’affiliazione e l’attaccamento, il potere, la competizione, la dominanza o il successo, sono sostenute e governate dai giochi relazionali che si creano all’interno di una determinata comunità. Nelle società occidentali l’affermazione individuale rappresenta una motivazione psicologica importante e scontata per le proprie scelte e condotte; per contro, nelle società orientali l’affermazione individuale è fortemente scoraggiata, in quanto segnale di egoismo e di immaturità sociale. In quali culture è più diffuso il bisogno di affiliazione? nelle culture orientali (di natura collettivistica) rispetto alle culture occidentali (orientate all’individualismo) nelle culture orientali (di natura individualistica) rispetto alle culture occidentali (orientate al collettivismo) nelle culture orientali (di natura collettivistica) e nelle culture occidentali (orientate all’individualismo) nelle culture africane (di natura collettivistica) rispetto alle culture europee (orientate all’individualismo)
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Analisi di alcune motivazioni secondarie:
Analisi di alcune motivazioni secondarie: McClelland – Le costellazioni di motivazioni secondarie McClelland (1985) individua 3 grandi costellazioni di motivazioni secondarie (o psicologiche) che caratterizzano l’esistenza dell’essere umano: il bisogno di affiliazione, il bisogno di successo e il bisogno di potere. Sono qui in gioco disposizioni personali che orientano le strategie generali di condotta dell’individuo nei confronti dell’ambiente e che delineano precisi profili di personalità (come la personalità affiliativa, quella dominante ecc.).
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Analisi di alcune motivazioni secondarie: Il bisogno di affiliazione
Il bisogno di affiliazione consiste nel ricercare la presenza degli altri per la gratificazione intrinseca che deriva dalla loro compagnia e dalla sensazione di fare parte di un gruppo. I soggetti riservano una quota rilevante di risorse psichiche per la cura delle relazioni sociali. Sono propensi a evitare le critiche e le situazioni di conflitto. Ricercano profondi legami di intimità e di amicizia e, per mantenerli, sono disposti ad assumere posizioni stabili di accondiscendenza e di acquiescenza. Nel gruppo sono inclini a occupare una posizione gregaria di dipendenza e di collaborazione; si attivano per rafforzare il senso di unità e il livello di consenso. Privilegiano e prediligono le emozioni dell’armonia, dell’intesa e della cordialità. Il loro ideale è poter stare insieme nella condivisione pacifica e serena degli eventi della vita. Il bisogno di affiliazione è assai più forte e diffuso nelle culture orientali (di natura collettivistica) rispetto alle culture occidentali (nettamente orientate all’individualismo). Nelle culture orientali vale in maniera incontrastata il principio dell’interdipendenza, inteso come senso di reciprocità e di appartenenza, come predominio del gruppo (e dell’organizzazione) sull’individuo, come definizione della propria identità attraverso l’identità del gruppo. In quali culture è più diffuso il bisogno di affiliazione? nelle culture orientali (di natura collettivistica) rispetto alle culture occidentali (orientate all’individualismo) nelle culture orientali (di natura individualistica) rispetto alle culture occidentali (orientate al collettivismo) nelle culture orientali (di natura collettivistica) e nelle culture occidentali (orientate all’individualismo) nelle culture africane (di natura collettivistica) rispetto alle culture europee (orientate all’individualismo)
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Analisi di alcune motivazioni secondarie:
Analisi di alcune motivazioni secondarie: Il bisogno di affiliazione: l’attaccamento Una delle radici della condotta affiliativa è da attribuire alla relazione di attaccamento che il bambino piccolo sviluppa con la figura di accudimento (di norma, la madre) nel corso della prima infanzia. Bowlby (1969; 1973; 1980) la relazione di attaccamento è definita da la ricerca della vicinanza (fisica e psicologica) alla figura preferita; la funzione di base sicura svolta dalla figura preferita, in quanto disponibile e pronta a rispondere, a incoraggiare, a dare aiuto e assistenza, fonte di sicurezza per il bambino piccolo e base per la sua curiosità, attività di esplorazione dell’ambiente e della sua successiva autonomia, fino al distacco dalla figura di accudimento nel corso dell’adolescenza e della giovinezza; la protesta per la separazione, in caso di allontanamento della figura preferita, il bambino piccolo reagisce con pianto, urla, proteste, morsi e calci per la minaccia della rottura del legame.
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Analisi di alcune motivazioni secondarie:
Analisi di alcune motivazioni secondarie: Il bisogno di affiliazione: il comportamento prosociale Il comportamento prosociale è alla base della relazione di aiuto, della cooperazione e della condivisione delle esperienze. I bambini già nel secondo anno di vita mostrano una precisa sensibilità nei confronti dei coetanei che soffrono, cercano di offrire loro protezione e aiuto nella condivisione e nella partecipazione della sofferenza, si mostrano attivi nel consolarli e nell’alleviare il loro disagio. Nel medesimo periodo il bambino sviluppa anche la competenza di far soffrire gli altri, di provocare loro intenzionalmente disagio e danno. Nell’adulto si manifesta nella capacità di collaborazione, nella ricerca di compagnia, nella relazione di aiuto e di supporto verso altri, nello stabilire e mantenere buoni rapporti di amicizia, nonché nella condivisione di esperienze e di prospettive di vita con altri. Tale comportamento implica altresì la capacità di assumere il punto di vista altrui, in modo da comprenderne credenze, aspettative e desideri.
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Analisi di alcune motivazioni secondarie:
Analisi di alcune motivazioni secondarie: Il bisogno di affiliazione: la relazione d’amore Il bisogno di affiliazione e i modelli di attaccamento si manifestano in modo elettivo negli adulti attraverso la relazione di amore. In essa le componenti biologiche di attrazione sessuale si intrecciano strettamente con quelle sociali quali: l’attaccamento, la cura e la protezione reciproca, l’accoppiamento e la condivisione profonda di ideali, di credenze e di scopi. Esistono varie forme amorose, come eros (amore passionale), ludus (amore giocoso), mania (amore possessivo) e agape (amore altruistico). In funzione degli stili di attaccamento, i soggetti sicuri tendono a credere nell’amore duraturo e a scegliersi come partner un altro soggetto sicuro. Per contro, i soggetti insicuri tendono a scegliersi un partner insicuro ma con uno stile di attaccamento diverso dal proprio, in modo da confermare la percezione di sé e degli altri. La relazione di amore si costruisce, pertanto, sulla base delle precedenti esperienze personali ed è definita da un gioco psicologico a due, nel quale occorre negoziare e individuare la vicinanza interpersonale ottimale: né troppo vicini né troppo distanti.
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Analisi di alcune motivazioni secondarie: Il bisogno di successo
Consiste nella motivazione a fare le cose al meglio per un intrinseco bisogno di affermazione e di eccellenza. In questo processo contano: l’ottimizzazione delle risorse la buona conoscenza di sé l’esigenza di ottenere il massimo Il bisogno di successo trova affermazione soprattutto nelle culture occidentali che privilegiano i valori dell’indipendenza e dell’autonomia, l’affermazione di sé e dell’individualismo. Esso riceve la sua massima espressione nei modelli familiari che seguono l’etica protestante. Nelle culture orientali appare assai più attenuato, a favore dei bisogni di affiliazione, di armonia e di appartenenza. In certe comunità polinesiane il bisogno di successo è persino sanzionato nei bambini, in quanto inteso come espressione di egoismo e di ostilità nei confronti degli altri. La genesi del bisogno di successo è legata alla natura e all’estensione delle aspettative che le figure parentali nutrono nei confronti del bambino. I bambini e i giovani con un’elevata motivazione al successo hanno, di norma, genitori che li incoraggiano maggiormente all’indipendenza, a risolvere i problemi da soli, a impegnarsi per raggiungere l’obiettivo prefissato. Inoltre, sono genitori pronti a premiare le buone prestazioni del figlio con manifestazioni di affetto. Nella cultura occidentale i bambini con un modesto bisogno di successo hanno, di solito, genitori critici e svalutanti, che fanno spesso ricorso alla colpevolizzazione e al biasimo, che interrompono maggiormente le attività del figlio, che si intromettono di più e che si irritano maggiormente se egli trova difficoltà in un compito. In che modo si comporta chi ha un elevato bisogno di successo? ha una buona conoscenza degli altri e assegna loro scopi impegnativi ma realistici ha una buona conoscenza dei propri limiti e non si assegna mai scopi impegnativi ha una buona conoscenza delle proprie capacità e si assegna scopi poco impegnativi ma facilmente raggiungibili ha una buona conoscenza delle proprie capacità e si assegna scopi impegnativi ma realistici
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Analisi di alcune motivazioni secondarie: Il bisogno di potere
Il bisogno di potere consiste nell’esigenza di esercitare la propria influenza e il proprio controllo sulla condotta di altre persone. Chi ha un forte bisogno di potere, cerca di occupare posizioni di comando, a concentrare l’attenzione altrui su di sé, a non temere il confronto né la competizione, a non esitare di fronte a quelle situazioni, spesso rischiose, da cui può risultare un aumento del proprio potere e prestigio. Si manifesta con un atteggiamento positivo nei confronti dei mezzi che favoriscono la manipolazione e il controllo delle decisioni dell’altro. Tale bisogno nascerebbe, quindi, da uno stato di disagio e di insicurezza interiore che si placa soltanto attraverso la strumentalizzazione degli altri, al fine di dimostrare pubblicamente la propria capacità di dominio sociale.
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Analisi di alcune motivazioni secondarie: Il bisogno di potere: la relazione di potere Il potere può anche essere concepito come una relazione fra A e B, definita dalla presenza di alcuni aspetti: le risorse possedute da A; l’asimmetria (nel senso di A maggiore di B); la sfera del potere (di solito, il potere di A su B riguarda determinati ambiti dell’esistenza); la creazione di aspettative (A ha potere su B, se B si aspetta che, adeguandosi ad A, ottenga dei vantaggi; oppure che, rifiutando le indicazioni di A, vada incontro a sanzioni). Il potere è una relazione asimmetrica; caratterizzata da bidirezionalità; frutto di un processo di percezione sociale; caratterizzata da una forma intrinseca di instabilità; è polemica. Il potere è concepito come una relazione tra A e B definita dalla presenza di alcuni fattori: a) le risorse possedute, b) la simmetria, c) la creazione di aspettative a) le risorse possedute, b) l’asimmetria, c) la creazione di aspettative a) le relazioni interpersonali, b) l’asimmetria, c) la creazione di aspettative a) le risorse possedute, b) l’asimmetria, c) la creazione di relazioni interpersonali
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Analisi di alcune motivazioni secondarie: Il bisogno di potere: potere e leadership La leadership, attività di comando, prevede di occupare una posizione sociale in grado di prendere decisioni nei confronti degli altri e di dirigere le loro azioni verso un determinato traguardo. Si è soliti distinguere fra diversi stili di leadership: autoritario (accentratore e verticistico), democratico (partecipativo e condiviso) e permissivo (laissez faire, di delega totale). La leadership non va considerata in astratto e fuori da ogni contesto, ma va sempre riferita a una determinata situazione e al grado di maturazione psicologica e professionale dei collaboratori (concetto di leadership situazionale). Si è proceduto alla distinzione fra 2 profili di leader: il leader funzionale centrato sul raggiungimento degli obiettivi e sulla realizzazione dei compiti; è attivo e dinamico; possiede idee e strategie per la soluzione dei problemi e per il successo del gruppo. il leader socioemotivo impegnato a mantenere la coesione del gruppo; si impegna a favorire i rapporti interpersonali; propone soluzioni di conciliazione in caso di conflitto ed è pronto alla negoziazione e a rafforzare il senso di appartenenza del gruppo. Che cosa si intende per leadership? la capacità di prendere decisioni nei confronti degli altri e dirigere le loro azioni verso un obiettivo la capacità di dare ordini agli altri e dirigere le loro azioni verso un obiettivo la capacità di prendere ordini dagli altri per dirigere le proprie azioni verso un obiettivo la capacità di decidere e agire per il raggiungimento di un obiettivo
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Analisi di alcune motivazioni secondarie: Competenza, motivazione intrinseca e interessi Il concetto di competenza di base Esiste un livello motivazionale di base che consiste nell’esigenza intrinseca di funzionare per il funzionamento medesimo. Il fare una serie di attività è gratificante di per sé, in quanto in tal modo si possono dimostrare la propria competenza e la fiducia nelle proprie risorse. Possiamo distinguere fra: motivazione intrinseca fare qualcosa perché è gratificante per se stesso. motivazione estrinseca fare qualcosa per conseguire qualcosa d’altro. I premi e le ricompense, che costituiscono motivazioni estrinseche, possono ridurre, anziché aumentare, l’originaria motivazione intrinseca. I premi costituiscono uno spostamento dell’attenzione e dell’interesse da pane dei soggetti e possono diventare fuorvianti. Nel comportamento prosociale del volontariato, le persone che erano pagate per aiutare altri, in seguito li aiutavano meno volentieri rispetto alle persone che non ricevevano nessuna forma di compenso. Quale differenza esiste tra motivazione intrinseca e motivazione estrinseca? la prima consiste nello svolgere un’attività gratificante per se stessa, la seconda consiste nel compiere un’azione per conseguire qualcos’altro la prima consiste nello svolgere un’attività poco gratificante, la seconda consiste nel compiere un’azione per conseguire qualcos’altro la prima consiste nello svolgere un’attività gratificante per se stessi, la seconda consiste nel compiere un’azione per conseguire qualcos’altro la prima consiste nello svolgere un’attività gratificante per se stessa, la seconda consiste nel compiere un’azione per assecondare qualcun altro
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