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Giovanni pascoli LA VITA
Pascoli, Giovanni (San Mauro di Romagna, Forlì Bologna 1912), poeta italiano. Un tragico evento toccò la sua infanzia: nel 1867 il padre fu assassinato in circostanze mai chiarite. L'episodio segnò indelebilmente la sensibilità del piccolo Giovanni, che perdette in breve tempo altri familiari: la madre, la sorella maggiore, i fratelli Luigi e Giacomo. Avvicinatosi agli ideali socialisti, Pascoli aderì all'Internazionale e frequentò Andrea Costa. Nel 1879 fu arrestato per aver partecipato a una manifestazione di protesta, ma dopo tre mesi di prigione, e dopo che anche Giosuè Carducci si era schierato a suo favore, fu assolto. Iscrittosi all'Università di Bologna grazie a una borsa di studio vinta al liceo, si laureò in letteratura greca nel Iniziò allora un‘ apprezzatissima attività di poeta in latino e vinse vari concorsi internazionali. Dopo aver insegnato latino e greco presso i licei di varie località (Matera, Massa, Livorno), acquistò la casa di Castelvecchio di Barga, in Garfagnana, dove trascorse gran parte della sua esistenza. Sua compagna nella vita domestica fu la sorella Maria, detta Mariù.Pascoli: da La mia sera Con questi versi si apre La mia sera, uno dei più famosi Canti di Castelvecchio: evocano la pace che subentra al "cupo tumulto" del temporale; ma al di là della rappresentazione naturale, annunciano il valore simbolico e autobiografico del testo: anche nella vita del Poeta una serena maturità subentra ai dolori e ai lutti dell'infanzia e della giovinezza.
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LA VITA Giovanni Pascoli Tra i protagonisti della letteratura italiana di fine Ottocento, parallelamente alla sua carriera di insegnante e docente universitario Pascoli condusse un’esistenza tutta consacrata alla poesia. I temi della sua poetica – che egli avrebbe delineato nella sua teoria "del fanciullino" e che avrebbero trovato la più alta espressione nelle raccolte di versi delle Myricae e dei Canti di Castelvecchio – trassero dalla contemplazione della natura, dalle piccole cose di ogni giorno, dagli affetti familiari, dalle memorie e dal dolore (dal dato quindi più scopertamente autobiografico, legato a un'infanzia segnata dai lutti e a una vita solitaria) la loro fonte d’ispirazione più fresca e diretta. Nel frattempo Pascoli sperimentava un nuovo linguaggio poetico che avrebbe avuto una grande influenza sulla poesia italiana del Novecento e che colloca il poeta a cavallo dei due secoli, conferendo alla sua opera una modernità che talvolta gli è stata disconosciuta: la critica pascoliana è infatti tradizionalmente oscillante tra un Pascoli che chiude il secolo romantico e un Pascoli che apre quello dell’innovazione e della sperimentazione poetica.
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APPROFONDIMENTO Pascoli: La mia sera
Le strofe di novenari chiuse da un senario che termina sempre con la parola rima “sera”, costruiscono una struttura metrico-prosodica che, nonostante l’apparente semplicità, rivela un’elaborata architettura formale. La mia sera, contenuta nella raccolta I canti di Castelvecchio, è una sorta di autoconfessione rappresentata dal punto di vista “vergine” del fanciullino, che reinterpreta l’evento naturale e “meteorologico” del temporale che ha sconvolto il giorno, ma che si placa a sera in un’atmosfera di affetti ed emozioni intime. Il tutto viene ricondotto al caldo e rassicurante alveo materno e quasi prenatale. Pascoli con la sorella Mariù Il poeta ritratto in un momento scherzoso di intimità domestica con la sorella Mariù, che gli visse accanto tutta la vita. Il mondo degli affetti familiari e quello della natura agreste sono due elementi costanti e primari fra le tematiche pascoliane.
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2 MYRICAE Pascoli: Lavandare La raccolta delle Myricae, apparsa in un primo tempo nel 1891 e in seguito ampliata e riedita, trae il titolo da un verso dell'egloga IV delle Bucoliche di Virgilio, alle quali il poeta si ispira non solo per il tono elegiaco e agreste, ma anche per una scelta stilistica. Le Myricae sono le poesie giovanili di Pascoli, bozzetti campestri, memorie d'infanzia, frammenti di impressioni, attimi di vita: un diario intimistico in cui si affermano tutti i motivi della poetica "del fanciullino", che fu il "manifesto" artistico di Pascoli. Anche il paesaggio rievocato nella poesia qui recitata è soffuso di una dolente memoria, di una malinconica ricerca del tempo perduto. L'opera di Pascoli si incentra su tre linee espressive: quella della poesia in italiano, quella della poesia in latino (nel complesso scrisse circa una ventina di poemetti) e quella dell'attività di critico e commentatore di Dante, confluita in vari volumi fra i quali Minerva oscura (1898) e Sotto il velame (1900). Nel 1905 succedette a Carducci alla cattedra di letteratura italiana all'Università di Bologna. In conformità alla sua idea di letteratura universale, Pascoli lavorò a testi latini, greci, neogreci e sanscriti, e nell'ambito della sua attività editoriale diresse una collana intitolata "Biblioteca dei popoli".
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Pascoli si rifece alla lezione dei classici ma guardò anche all'esperienza simbolista...
Nel 1891 fu pubblicata la raccolta Myricae, il cui titolo è una citazione dalla quarta egloga delle Bucoliche di Virgilio, testo classico che canta la pace della vita agreste. Con ciò Pascoli volle alludere a una lirica delle cose semplici, fatta di oggetti comuni presi soprattutto dalla campagna ("sono frulli d'uccelli, stormire di cipressi, lontano cantare di campane") e cantati con un lessico e un metro molto originali per la tradizione poetica italiana. Questo risultato fu ottenuto con grande perizia tecnica: Pascoli si rifece alla lezione dei classici (oltre appunto a Virgilio, anche Catullo e Orazio), ma guardò anche all'esperienza simbolista non solo francese. La sua poesia non è infatti descrittiva ma allusiva, e parte dalla convinzione che si possa cogliere l'ineffabile solo con mezzi formali rigorosi e grazie a una nuova lingua poetica, che attinge al latino, alla lingua parlata, al lessico tecnico. L'effetto complessivo dà voce a una sensibilità che intende cogliere soprattutto gli echi di morte e di lutto che la realtà racchiude in sé, in modo non sempre manifesto.
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3 LO SPERIMENTALISMO LINGUISTICO
I Primi poemetti (1904) e i Nuovi poemetti (1909) segnarono una diversa tendenza, basata sulla volontà di "raccontare". Oltre ai temi già sperimentati (il mondo della campagna, la contemplazione della natura, l'aspirazione a una vita semplice), risalta lo spazio dato alla rappresentazione delle vicende degli emigranti verso l'America: il lessico si fa particolarmente sperimentale, una commistione di italiano e inglese assolutamente estranea alla tradizione lirica italiana. Di alto livello sono anche i Canti di Castelvecchio (sette edizioni, l'ultima nel 1914), nei quali la ricerca pascoliana proseguì su una linea ormai ben definita. Nei Poemi conviviali (1904) l'attenzione si spostò sul mondo classico e sui suoi miti, anche in forma di riflessione, e con una precisa ricaduta sulle tecniche della versificazione, che ricalcano modelli antichi. Con Odi e inni (1906), l'ultima produzione pascoliana si avvicinò alle tematiche nazionalistiche, chiaramente sostenute in La grande Proletaria si è mossa (1911), discorso favorevole all'impresa coloniale in Libia.
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4 LA POETICA DEL FANCIULLINO
Pascoli: Il fanciullino e la poesia Apparso in una stesura parziale sulla rivista “Marzocco” nel 1897, poi pubblicato integralmente nei Miei pensieri di varia umanità nel 1903, Il fanciullino è il manifesto poetico di Giovanni Pascoli. In ognuno di noi, secondo Pascoli, c’è un fanciullino che rimane tale anche dopo la fine dell’infanzia, e che continua a guardare il mondo con lo stesso stupore, “con meraviglia, come per la prima volta”. È il fanciullino che dà il nome alle cose e quindi carica di valore simbolico la parola, con un linguaggio che trova tanto nella precisione quanto nella capacità evocativa la misura del proprio sentimento poetico. Di qui, già da queste poche considerazioni, discendono tre temi centrali della poetica pascoliana: il carattere intuitivo della lirica, che si nutre di meraviglia e incanto prima che di ragione; la concezione del poetare come percorso conoscitivo che scopre nella realtà, non nella fantasticheria, ciò che gli altri non vedono, aspetti sconosciuti delle cose inaccessibili ad altre forme di ricerca; infine, la visione universalistica dell’arte, che se viene praticata da pochi può tuttavia essere intesa da tutti, perché il fanciullino che dimora in noi, ascoltando la parola poetica, potrà sorridere ed esclamare: “anch’io vedo ora, ora sento ciò che tu dici e che era, certo, anche prima, fuori e dentro di me, e non lo sapeva io affatto o non così bene come ora!”.
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Le idee fondamentali di Pascoli sulla poesia si leggono in un testo molto importante intitolato Il fanciullino (apparso nel 1897 sulla rivista "Il Marzocco"). La poesia è una disposizione infantile a stupirsi, ed è dunque una qualità irrazionale dell'uomo; grazie a questa sensibilità è possibile cogliere analogie sottili e nascoste fra gli oggetti e le forme di vita più semplici: il poeta deve perciò calarsi in una situazione "infantile" per poter cantare, stupito, il mistero delle piccole cose. Grazie a questa poetica Pascoli allargò i confini della realtà degna di diventare soggetto di poesia e conferì nuova libertà al verso, trasformandolo in un luogo ricco di suggestioni sonore. Queste fonti forniscono ulteriori informazioni su Pascoli, Giovanni.
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carriera Giovanni Pascoli
Tra i protagonisti della letteratura italiana di fine Ottocento, parallelamente alla sua carriera di insegnante e docente universitario Pascoli condusse un’esistenza tutta consacrata alla poesia. I temi della sua poetica – che egli avrebbe delineato nella sua teoria "del fanciullino" e che avrebbero trovato la più alta espressione nelle raccolte di versi delle Myricae e dei Canti di Castelvecchio – trassero dalla contemplazione della natura, dalle piccole cose di ogni giorno, dagli affetti familiari, dalle memorie e dal dolore (dal dato quindi più scopertamente autobiografico, legato a un'infanzia segnata dai lutti e a una vita solitaria) la loro fonte d’ispirazione più fresca e diretta. Nel frattempo Pascoli sperimentava un nuovo linguaggio poetico che avrebbe avuto una grande influenza sulla poesia italiana del Novecento e che colloca il poeta a cavallo dei due secoli, conferendo alla sua opera una modernità che talvolta gli è stata disconosciuta: la critica pascoliana è infatti tradizionalmente oscillante tra un Pascoli che chiude il secolo romantico e un Pascoli che apre quello dell’innovazione e della sperimentazione.
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