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TORQUATO TASSO
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4 gli elementi caratterizzanti secondo il Getto:
CORTE ACCADEMIA VIAGGIO PAZZIA
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dal mito alla deprecazione La REAZIONE alla delusione
CORTE Punto di riferimento ideale, percepita come luogo di ideali nobili, norma e prestigio sociale DELUSIONE: dal mito alla deprecazione La REAZIONE alla delusione origina il VIAGGIO
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VIAGGIO Da cui però il Tasso fa ritorno, rientrando nella CORTE, essendo “NATO ED ALLEVATO IN CORTE”
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PAZZIA Scoppi d’ira improvvisi e furiosi
Allucinazioni (colloqui con il folletto) convinzione di essere stato “ammaliato” (stregato) “Io sono frenetico, e quasi sempre perturbato da vari fantasmi, e pieno di maninconia infinita” UMORE NERO (eccesso che perturba lo spirito) Senso di inappagamento, delusione
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ACCADEMIA Sancisce la NORMA LETTERARIA, regola i rapporti fra gli intellettuali OSSESSIONE DELLE REGOLE
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…e la CHIESA? Sancisce le NORME MORALI E RELIGIOSE(ossequio, scrupoli angosciosi per l’ortodossia di pensieri e parole) …ma anche sensualità voluttuosa (che si scontra con il senso del peccato) OSSESSIONE DELLE REGOLE
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CONTRADDIZIONI PENDOLARITA’ INSTABILITA’ BIFRONTISMO
Fascino valori terreni Volontà di aderire alle norme religiose controriformiste PENDOLARITA’ INSTABILITA’ BIFRONTISMO
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La vita
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Torquato Tasso nacque a Sorrento nel 1544.
La madre, Porzia de’ Rossi, era una nobildonna toscana, ed il padre, Bernardo, di nobile famiglia bergamasca, era gentiluomo di corte e poeta, autore di un poema cavalleresco, l’Amadigi -1560
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Le peregrinazioni al seguito del padre
Dopo aver studiato a Napoli presso i gesuiti, Torquato raggiunse il padre a Roma nel 1554, e nel 1557 si trasferì con lui alla corte dei della Rovere ad Urbino, dove venne a contatto con l’ambiente cortigiano che era destinato a occupare un posto determinante nella sua esperienza successiva.
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Il Gierusalemme (1559-61) Nel ‘59 seguì il padre a Venezia
lì, per suggestione dell’ambiente della città, impegnata nel conflitto contro i Turchi, a soli 15 anni iniziò un poema epico sulla prima crociata, il Gierusalemme, lasciandolo interrotto.
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Giovanissimo, Tasso aveva già esperienza di varie corti italiane, Urbino, Mantova, Ferrara, e si era inserito in quel mondo di eleganza mondana e di raffinata cultura. LA CORTE
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L’ACCADEMIA Nel secondo Cinquecento divenne il centro per eccellenza dell’attività intellettuale: a Padova fu in rapporto con l’Accademia degli Infiammati, poi fu ammesso in quella degli Eterei.
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FERRARA Nel 1565 fu assunto al servizio del cardinale Luigi d’Este, e si trasferì a Ferrara. La città, in festa per le nozze del duca Alfonso II, gli apparve «una meravigliosa e non più veduta scena dipinta e luminosa, piena di mille forme e di mille apparenze», e lo lasciò affascinato.
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Quella di Ferrara era una delle corti più splendide d’Italia, per una lunga tradizione che risaliva al Quattrocento . Il poeta si inserì nei rituali cortigiani e fu apprezzato da gentiluomini e dame per le sue doti poetiche e per l’eleganza mondana.
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La corte ferrarese era luogo deputato della letteratura cavalleresca dai tempi di Boiardo e Ariosto
Tasso fu stimolato a lavorare al poema epico sulla crociata, che già aveva ripreso nel 1565. Nell’estate del 1575 lesse il poema completo, con il titolo di GOFFREDO, al duca Alfonso.
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L’AMINTA Nel ‘73, per gli ozi festosi della corte aveva composto un dramma pastorale, l’Aminta, e aveva anche tentata la tragedia con Galealto re di Norvegia, lasciato però interrotto.
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Le RIME Ne compose oltre 2000
Il suo LIRISMO (esprimere sentimenti ed esperienze soggettivi in forme musicali) è presente anche negli altri suoi generi Modelli: Petrarca e Bembo Nei MADRIGALI è innovatore e sarà imitato TEMI: amore (topoi petrarcheschi con maggior sensualità), complimento galante, ricordo, encomio, riflessione religiosa e morale (inquietudini, timori) Le RIME
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Finito il poema….. Alla sua opera egli guardava con inquietudine e insoddisfazione ed era tormentato dallo scrupolo di renderla perfettamente aderente alle norme letterarie e religiose vigenti.
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Fu assalito da dubbi maniacali sulla propria ortodossia nella fede cattolica, e nel 1577 si sottopose spontaneamente all’Inquisizione.
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La mania di persecuzione
Un giorno, ritenendosi spiato da un servo, gli scagliò contro un coltello. Il duca lo fece rinchiudere nel convento di San Francesco, ma egli ne fuggì. Giunto sino a Sorrento, si presentò alla sorella Cornelia sotto mentite spoglie, annunciandole la propria morte per mettere alla prova il suo amore; la sorella svenne.
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la follia Dopo peregrinazioni e soggiorni in varie corti tornò a Ferrara nel 1579, mentre si celebravano le terze nozze del duca. Non trovando l’accoglienza calorosa che si aspettava, diede in escandescenze, tanto che il duca lo fece rinchiudere come pazzo furioso nell’ospedale di Sant’ Anna, dove rimase ben sette anni, sino al 1586.
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La prigionia in manicomio
Si è cercato di individuare il motivo che induceva il duca a tenere prigioniero un uomo di tale fama. Forse Alfonso, in urto con la curia pontificia, voleva evitare che sulla sua corte vi fosse un qualunque sospetto di eresia; tanto più che sua madre,Renata di Francia, era incline ai protestanti, e per questo già era stata allontanata dal ducato.
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Negli anni in cui il poeta era rinchiuso a Sant’Anna la “Gerusalemme liberata” fu pubblicata senza il suo assenso, in un’edizione incompleta e scorretta
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Il dibattito sul poema eroico
nonostante il grande successo di pubblico, il poema di Tasso scatenò una violenta polemica tra i suoi sostenitori e quelli che ritenevano superiore il Furioso.
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Tasso morì nell’aprile del 1595
Egli dopo avere riottenuto la libertà si concentrò sul rifacimento del poema, per renderlo conforme alle norme religiose e letterarie, e lo ripubblicò nel 1593 col titolo di Gerusalemme conquistata. Tasso morì nell’aprile del 1595
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La poetica. dominava una concezione normativa e precettistica della letteratura e si affermavano rigide codificazioni Tasso accompagnò costantemente la creazione poetica con la riflessione teorica.
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Tasso fin dal 1565 aveva elaborato tre Discorsi dell’arte poetica
Più tardi li riprese, rimaneggiandoli e ampliandoli con un maggior peso di dottrina aristotelica, e li pubblicò nel 1594 come Discorsi del poema eroico.
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Partendo da Aristotele
Tasso afferma che mentre la storiografia tratta del vero, di ciò che è realmente avvenuto, la poesia tratta del verisimile, di ciò che sarebbe potuto avvenire.
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Il poema epico, per ottenere l’effetto del verisimile, deve trarre materia dalla storia,
ma per distinguersi dalla storiografia, deve riservarsi un margine di finzione.
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FONTI ESCLUSE: * una materia troppo vicina, che impedirebbe l’intervento creativo del poeta, *una materia troppo remota, che risulterebbe estranea al lettore * temi biblici, perché inalterabili TEMA PRESCELTO: >>>>LA CROCIATA, materia “istorica e cristiana”<<<<
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…purchè il diletto assicuri il giovamento, in prospettiva cristiana
la poesia non può essere separata dal diletto, come già affermavano le poetiche edonistiche del pieno Rinascimento. …purchè il diletto assicuri il giovamento, in prospettiva cristiana
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Il diletto è assicurato dal meraviglioso.
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Tasso tuttavia respinge il meraviglioso fiabesco e fantastico (la MAGIA) del romanzo cavalleresco, poiché comprometterebbe irreparabilmente il verisimile.
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il meraviglioso cristiano:
gli interventi soprannaturali di Dio, degli angeli, ma anche delle potenze infernali, appaiono verisimili al lettore in quanto fanno parte delle verità della fede.
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Costruzione formale del poema eroico
cade la molteplicità di azioni, personaggi, filoni del modello ariostesco; Tasso riconosce che la varietà è indispensabile al diletto, ma va inserita in una struttura organica: NARRAZIONE ORDINATA E COERENTE CON CHIARO CENTRO SPAZIALE, TEMATICO, TEMPORALE> UNITA’ ARISTOTELICA
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In un passo famoso paragona il poema al mondo, che al suo interno presenta un’infinita e mirabile varietà di aspetti, ma reca l’impronta della mente ordinatrice e unificatrice di Dio.
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IL PROBLEMA DELL’ELOCUZIONE, DELLO STILE.
Dei tre livelli indicati dalla tradizione retorica classica, sublime, mediocre e umile, quello che conviene al poema eroico è quello sublime.
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Lo stile deve avere «lo splendore di una meravigliosa maestà».
I concetti devono riguardare le cose più grandi, Dio, gli eroi, le gesta straordinarie. Le parole devono essere «peregrine», lontane dall’uso comune, pur senza cadere nell’oscurità. La sintassi «avrà del magnifico se saranno lunghi i periodi e lunghi i membri de’ quali il periodo è composto». Fonte di magnificenza dello stile è anche l’« asprezza», ottenuta col «parlar disgiunto», spezzature e pause all’interno del verso, enjambements, scontri di consonanti e vocali.
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L’argomento, il genere e l’organizzazione della materia.
La materia storica è relativa alla I CROCIATA, bandita dal papa Urbano II nel 1095 per la conquista del Santo Sepolcro, guidata da Goffredo di Buglione tra 1096 e Dopo un mese di assedio Gerusalemme fu tolta ai Turchi che la occupavano dal 1070 (intolleranti verso i cristiani a differenza degli Arabi)
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Tasso visitò la tomba di Urbano II a
La necessità di una nuova crociata si era affacciata nella cultura occidentale sin dalla conquista turca di Costantinopoli (1453); era diventata attuale con l’avanzata dei Turchi nel Mediterraneo nel secondo ‘500, e soprattutto con la battaglia di Lepanto (1571) 1558: scorreria turca a Sorrento> Cornelia si salvò per miracolo Tasso visitò la tomba di Urbano II a Cava dei Tirreni (movente dell’ispirazione)
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Il modello Anziché ai poemi moderni Tasso si ispira ai poemi epici classici, l’Iliade, l’Eneide.
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il poema eroico è imitazione «d’azione illustre, grande e perfetta tutta; narrando con altissimo verso, a fine di muovere gli animi con la meraviglia, e di giovare in questa guisa».
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Il poema abbandona quindi il tono “medio” del Furioso e punta decisamente verso il sublime, nell’argomento come nello stile
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Le bellezze poetiche, i «molli versi» e le affascinanti invenzioni, afferma il poeta nell’esordio, servono solo ad allettare chi legge e a disporlo ad assimilare agevolmente la lezione morale di cui il testo è veicolo, come i «soavi licor» di cui si cospargono gli orli del vaso per indurre il fanciullo malato a bere l’amara medicina
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una struttura formale molto diversa da quella del “romanzo” cavalleresco.
Questo era caratterizzato da una pluralità di eroi e di azioni, che si alternavano e si intrecciavano fra di loro dando origine ad una struttura narrativa aperta
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Tasso invece mira ad una rigorosa unità
non vi è molteplicità di azioni, ma un’azione unica (assedio di Gerusalemme e conquista del Santo Sepolcro) e un eroe centrale (Goffredo). A lui si affiancano molti altri eroi, spinti da forze centrifughe (l’amore, la gloria individuale) ad allontanarsi dall’impresa; ma Goffredo riesce a contrastare queste tendenze disgregatrici e garantisce l’unità del campo cristiano
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L’intreccio del poema. 49
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La materia del poema è distribuita in venti canti, in ottave, il metro tradizionale della poesia epico-narrativa italiana.
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trama Vedi le note Al sesto anno di guerra Dio, volgendo lo sguardo dall’alto dei cieli all’esercito crociato, vede i vari principi dimentichi del loro sacro obiettivo e impegnati solo a inseguire fini personali; manda quindi l’arcangelo Gabriele da Goffredo di Buglione, l’eroe più puro, l’unico rimasto fedele alla sua missione, perché spinga i compagni al compimento dell’impresa. Su proposta di Pier l’Eremita Goffredo viene eletto dai crociati capo supremo dell’esercito. I crociati muovono verso Gerusalemme e, giunti sotto le mura, dispongono l’assedio intorno alla. città. Nascono i primi scontri, in cui si segnalano tra i cristiani Tancredi e Rinaldo, e tra i pagani la vergine guerriera Clorinda e il feroce Argante. Dall’alto delle mura la principessa Erminia, figlia del re di Antiochia spodestato dai crociati, mostra ad Aladino, re di Gerusalemme, i più forti guerrieri cristiani. La fanciulla è segretamente innamorata di Tancredi, ma questi ignora il suo sentimento, ed ama a sua volta, non riamato, la pagana Clorinda. Satana vuole contrastare l’impresa dei crociati e manda in aiuto dei pagani le sue schiere di demoni. Strumento dei piani del demonio è anche la bellissima maga Armida, che, presentatasi nel campo cristiano, fa innamorare di sé i vari guerrieri, fingendosi un’infelice perseguitata. Dieci di essi sono estratti a sorte per riportarla sul trono di Damasco, da cui si dice scacciata, ma altri nottetempo lasciano il campo per seguirla. Armida li imprigiona tutti in un suo castello fatato sulle rive del Mar Morto. Nel frattempo anche Rinaldo deve lasciare l’esercito crociato perché in un diverbio ha ucciso Gernando, che lo aveva calunniato. Argante, impaziente degli indugi dell’assedio, vuol risolvere con un duello le sorti della guerra, e sfida i cristiani. Ad affrontarlo è prescelto Tancredi; il duello è accanito, ma viene sospeso e rinviato per lo scendere delle tenebre. Erminia vi ha assistito dall’alto delle mura e, angosciata per le ferite riportate dall’uomo amato, decide di portargli soccorso. Esce da Gerusalemme travestita con le armi di Clorinda ma, giunta già in vista delle tende cristiane, è sorpresa da una pattuglia di crociati ed è costretta alla fuga. All’alba seguente si risveglia in uno scenario idillico, e, incontrati alcuni pastori, decide di rifugiarsi tra di essi, fuggendo dalla guerra. Intanto Tancredi lascia il campo per inseguire quella che crede Clorinda, mentre è Erminia che ha indossato l’armatura della guerriera. Giunge anch’egli al castello di Armida e viene fatto prigioniero. In tal modo il campo cristiano si trova privato di tutti i suoi più validi guerrieri. Al giorno fissato per la ripresa del duello con Argante Tancredi non si può ripresentare ed in sua vece entra in campo il vecchio Raimondo di Tolosa, aiutato da un angelo. I demoni intervengono a sostenere Argante, trasformando il duello in un combattimento generale e scatenando una furiosa tempesta. Giunge al campo cristiano Carlo e narra che il re danese Sveno, che doveva giungere in soccorso con il suo esercito, è stato ucciso dal sultano dei Turchi Solimano, che, cacciato dal suo regno dai cristiani, ha raccolto una schiera di predoni arabi. Si diffonde nel campo cristiano anche la notizia del ritrovamento del cadavere di Rinaldo. Incitato dalla furia Aletto, Argillano accusa Goffredo di aver fatto uccidere l’eroe. Scoppia nell’esercito un tumulto, che però Goffredo con la sua pacata autorevolezza e con l’aiuto divino riesce a sedare. Solimano con i suoi Arabi assalta notte-tempo il campo cristiano, e dalla città gli danno man forte Clorinda e Argante; però le sorti della battaglia sono rovesciate dall’arrivo dei guerrieri cristiani prigionieri di Armida, tra cui Tancredi, che sono stati liberati da Rinaldo, erroneamente creduto morto per un inganno dei pagani.L’arcangelo Michele interviene a ricacciare i demoni nell’inferno. I cristiani, per propiziarsi l’aiuto del cielo, fanno una processione al Monte Oliveto, poi scatenano l’assalto contro Gerusalemme, con l’aiuto di una grande torre mobile. La battaglia è interrotta dalle tenebre. Il vecchio tutore Arsete rivela a Clorinda le sue origini cristiane. L’eroina e Argante escono nottetempo dalle mura per incendiare la torre, che costituisce una serie minaccia per la città assediata. Compiuta l’impresa, Argante riesce a ricoverarsi entro le mura, mentre Clorinda ne rimane esclusa. Tancredi, senza riconoscerla perché non indossa la consueta armatura, la insegue e la sfida a duello. Clorinda, ferita a morte, chiede di essere battezzata. Tancredi, toltole l’elmo, scopre di avere ucciso la donna che ama. La disperazione lo conduce quasi alla morte, ma lo salva l’apparizione in sogno di Clorinda, ormai in cielo. Il mago Ismeno getta un incantesimo sulla selva di Saron, per impedire ai cristiani di fornirsi di legna e di costruire un’altra torre. I crociati che vi si avventurano sono fermati da terrificanti visioni. Anche Tancredi non riesce nell’impresa: colpito un albero con la spada, vede uscire da esso del sangue e ode la voce di Clorinda che lo rimprovera di straziarla ancora; come fuori di sé, fugge.Dio decide che è giunto il momento che le sorti della guerra debbano rovesciarsi in favore dei cristiani, e manda a Goffredo una visione, incitandolo a richiamare Rinaldo, l’unico guerriero che sia in grado di vincere l’incanto della selva. Vengono inviati alla sua ricerca Carlo e Ubaldo. Essi apprendono dal mago cristiano di Ascalona dove si trovi Rinaldo: sulla nave della Fortuna varcano il Mediterraneo e giungono alle isole Fortunate, nel mezzo dell’Oceano; qui, sulla cima di un impervio monte, sorge il palazzo incantato di Armida, dove Rinaldo è tenuto prigioniero. Carlo e Ubaldo vi penetrano, dopo aver vinto mostri e insidie dei sensi, e scoprono Rinaldo ridotto a schiavo d’amore di Armida. Gli mostrano la sua immagine riflessa in un terso scudo e l’eroe, vergognoso della sua degradazione, si allontana dal giardino incantato. Armida, che si è innamorata di lui ed è disperata per essere stata abbandonata, per vendicarsi raggiunge l’ esercito egiziano, che si è raccolto a Gaza preparandosi a sferrare l’attacco decisivo contro i crociati. Rinaldo sale all’alba sul monte Oliveto per purificarsi dalle sue colpe, poi rompe l’incantesimo della selva. Con l’aiuto di nuove macchine, comincia l’assalto finale a Gerusalemme. I crociati riescono a penetrare oltre le mura, e Solimano ed Aladino si rifugiano nella torre di David. Tancredi e Argante ingaggiano il loro duello decisivo in un luogo appartato, lontano dalla battaglia. La lotta è feroce: Argante è ucciso, ma anche Tancredi è quasi morente per le ferite. Viene trovato da Erminia, che lo cura e lo salva. L’esercito egiziano giunge sotto Gerusalemme, e ha inizio la battaglia finale. Solimano esce dalla torre e si getta nella battaglia, ma è ucciso da Rinaldo. Rinaldo ritrova Armida, che prima vuole ucciderlo, poi fugge e tenta il suicidio. L’eroe glielo impedisce. Goffredo uccide il capo dell’esercito egiziano, Emireno, e la battaglia ha termine. Goffredo può piantare il vessillo colla croce sulla città conquistata e sciogliere il voto adorando il Santo Sepolcro. 51
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Con il suo poema, carico di intenti pedagogici, edificanti e morali, Tasso si presenta come il perfetto poeta cristiano, il cantore degli ideali della Controriforma che dominano la sua epoca. 52
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La realtà rappresentata
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le scenografie fastose e magnifiche
episodi in cui il potere si mostra in tutta la sua pompa> parate militari, movimenti grandiosi degli eserciti, la solenne e pomposa eloquenza di Goffredo, l’immagine finale del vessillo crociato piantato sulle mura della città conquistata, certe cerimonie liturgiche. Nei termini della scenografia fastosa del potere si presentano anche Dio e Satana, visti come grandi sovrani contornati dalle loro corti. 54
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il gusto della tecnica e della regola
i duelli descritti sulla base di un’attenta conoscenza delle leggi della cavalleria e della scherma ( nel Seicento la Gerusalemme assumerà l’autorità di un vero e proprio codice in materia), le battaglie rappresentate con la precisione dei trattati di tattica e di strategia negli schieramenti, nei movimenti, nell’uso delle macchine belliche, i discorsi costruiti secondo le norme della retorica.
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In Tasso appare una volontà conformistica, di totale adeguazione ai codici dominanti nella sua epoca. Ma la realtà effettiva del poema, che ne ha determinato il successo, è qualcosa di diverso e più complesso.
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ambivalenza nei confronti della corte
Tasso è attratto dalla corte come sede del potere regale, luogo di magnificenza e di fasto, un’accolta di spiriti eletti, remota dal «vulgo»; dall’altro lato prova insofferenza per quanto in essa vi è di rigido e artificioso, il peso dell’autorità, il rispetto della gerarchia, i rituali dell’etichetta, gli intrighi, le invidie
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si rifugia nel sogno idillico di un mondo pastorale remoto dalla storia e conforme solo a natura, libero, semplice e autentico. (AMINTA- e Gerusal. VI-VII)
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L’attrazione per l’amore sessuale
si oppone all’intento di costruire un’opera ispirata ad un rigoroso didascalismo moraleggiante, che esalti il sacrificio eroico dei guerrieri tesi al loro santo fine. Questa tendenza è rappresentata dall’episodio del giardino di Armida, dove si avverte nostalgia per l’edonismo naturalistico rinascimentale,impossibile nel clima austero della Controriforma.
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In altri casi invece l’amore si presenta come sofferenza
è il caso degli amori impossibili e infelici di Erminia per Tancredi, di Tancredi per Clorinda, di Armida per Rinaldo. Amori tra cristiani e pagane o viceversa
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ambivalenza sulla guerra
all’esaltazione della guerra come manifestazione di eroismo e di forza, si contrappone una considerazione più grave e dolorosa, che vede nella lotta e nella strage una necessità inevitabile, ma anche qualcosa di atroce e disumano, che genera sofferenza e lutto.
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pietà per i vinti.
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Altre contraddizioni si manifestano sull’altro versante fondamentale del poema, quello religioso.
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Alla religione fondata su verità razionalmente definite dalla teologia e su riti consacrati si contrappone l’attrazione per un sovrannaturale magico e demoniaco
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