Scaricare la presentazione
La presentazione è in caricamento. Aspetta per favore
PubblicatoCalvino Cocco Modificato 11 anni fa
1
Processore Centrale - Attenzione - Apprendimento Specifico (Lettura)
Relatore: Prof. Francesco Benso Docente di PSICOBIOLOGIA e di Psicologia Dell’Attenzione presso l’Università di Genova
2
DIPARTIMENTO DI SCIENZE ANTROPOLOGICHE UNIVERSITÀ DI GENOVA Polo di ricerca e intervento sui disturbi del linguaggio e dell’apprendimento “Maria Teresa Bozzo”
3
I Sistemi Centrali, l’Attenzione e gli Apprendimenti (lettura)
I Sistemi Centrali, l’Attenzione e gli Apprendimenti (lettura). Normalità e Patologia Francesco Benso Docente di Psicobiologia e di Psicologia dell’Attenzione Università di Genova Polo Universitario di ricerca e intervento sui disturbi del linguaggio e dell’apprendimento “M.T. Bozzo”
4
Disturbi di Apprendimento
Il disturbo di lettura
5
Disturbo specifico di lettura: diagnosi
La caratteristica fondamentale del Disturbo della lettura è data dal fatto che il livello raggiunto, in precisione, velocità o comprensione della lettura si situa sostanzialmente al di sotto di quanto ci si aspetterebbe data l’età cronologica del soggetto, mentre la valutazione psicometrica dell’intelligenza e l’istruzione risultano adeguate all’età. Tale disturbo, inoltre, deve interferire in modo significativo con l’apprendimento scolastico o con le attività della vita quotidiana che richiedono capacità di lettura.
6
Diagnosi criteri di inclusione
Essi sono: Livello di lettura di due deviazioni standard inferiore alla media per l’età e per la classe frequentata in uno o più parametri quali rapidità e accuratezza. Nel parametro rapidità si conteggiano le sillabe per unità di tempo, nel parametro accuratezza si conteggiano gli errori prodotti nella lettura di un testo. Quoziente intellettivo (QI) nella norma, quindi il bambino dislessico può avere un livello intellettivo normale, al pari dei suoi coetanei. Il QI è considerato nella media anche quando è inferiore alla media di una deviazione standard.
7
Diagnosi criteri di inclusione
Assenza di cause neurologiche e/o sensoriali; I bambini dislessici hanno difficoltà nella lettura per motivi non legati a deficit neurologici o visivi, occorre quindi accertarsi che le difficoltà di lettura non siano dovute a una incapacità di vedere le lettere. Interferenza significativa con l’apprendimento scolastico e con le attività della vita quotidiana che richiedono capacità di lettura Persistenza del disturbo nonostante l’istruzione
8
Pertanto la dislessia è un disturbo da non confondere con le abilità intellettive, ma comunque un disturbo con basi neuronali che non può essere ricuperato con tecniche o metodi solo di tipo scolastico. Per il trattamento sono necessari (anche e soprattutto) interventi mirati sulle abilità sottostanti: memorie, percezione visiva, linguaggio e per i diversi tipi di attenzione. I risultati ottenuti utilizzando questi metodi cominciano a divenire confortanti (vedi dopo nostra casistica e Dislessia maggio 2007 due articoli Ripamonti et altri…; Wolf)
9
Diagnosi in Italia In base a recenti evidenze sperimentali (Stella Biancardi, 1996) è stato dimostrato che i bambini diagnosticati come dislessici in base alla loro lentezza nella lettura necessitano di maggior tempo per il recupero riabilitativo rispetto a coloro che risultano dislessici in base al numero di errori commessi. Esiste quindi una differenza nel grado di disabilità in base al tipo di indicatori diagnostici utilizzati: gli errori o i tempi di lettura.
10
Diagnosi in Italia Va osservato che la diagnosi di dislessia cambia da paese a paese, cambiano infatti la lingua e le sue strutture ortografiche e fonetiche. In una lingua “trasparente” come l’italiano, dove a una certa serie di lettere corrisponde abbastanza univocamente un certo suono, la diagnosi di dislessia non va eseguita sulla base degli errori commessi, ma in base al tempo di lettura.
11
Diagnosi in Italia Recenti osservazioni di Wimmer (1993) con bambini austriaci, di Stella (2000), di Stella, di Blasi, Giorgetti e Savelli, (2003) e di Tressoldi (1998) con bambini italiani, hanno confermato l’importanza critica della verifica dei tempi per la diagnosi dei disturbi di lettura.
12
Prime Riflessioni E’ molto importante allora conoscere le sillabe al secondo (velocità di lettura) del singolo soggetto. Le sill/s. DOVREBBERO APPARIRE IN CHIARO SU OGNI CARTELLA DIAGNOSTICA. Ciò faciliterebbe la comprensione della vera difficoltà che deve sostenere il Bambino..
13
La lettura si trova pienamente nell’area patologica essendo al di sotto della media di ben 3 deviazioni. La bambina legge come si può vedere dai dati in chiaro 0,41 sillabe al secondo mentre i pari età sono già oltre alle 3 sillabe al secondo.
14
Ciò fa immediatamente comprendere come il soggetto in questione necessiti di più di 6 volte del tempo utilizzato dai pari età ed abbia bisogno di una “contestualizzazione” orale o di una pre lettura del materiale che dovrà leggere.
15
Sempre per quanto riguarda la lettura bisogna valutare che, senza opportuna e costante stimolazione, i soggetti con difficoltà possono guadagnare 0,29 sillabe al secondo l’anno; Mentre i normolettori guadagnano circa 0,5 sillabe al secondo all’anno (Stella Faggella Tressoldi, 2001).
16
Bisogna, inoltre, tener conto dell’inevitabile basso livello di autostima prodotto da questi bambini che vivono questi disagi. Vanno sostenuti attraverso approcci delicati e pacati e soprattutto attraverso il consolidamento delle abilità (operazione assolutamente necessaria per raggiungere l’autoefficacia e quindi il potenziamento della motivazione e dell’autostima; vedi De Beni 2006). NEL SENSO CHE L’AUTOSTIMA AUMENTA CON IL POTENZIAMENTO DIRETTO DELLE ABILITA’ CARENTI E NON CON SOSTEGNI CHE NEL TEMPO DIVENTANO POCO CREDIBILI PER IL SOGGETTO
17
In questo quadro si innesta la debolezza delle risorse attentive non sufficienti per “alimentare” i processi più complessi. Tali risorse non sono ricuperabili attraverso la volontà, ma solo attraverso l’esercizio specifico, spesso tralasciato (non è compito facile misurare e stimolare l’attenzione per chi non se ne occupa direttamente. Vedi protocollo Benso, 2004).
18
Secondo punto collegato alla necessità di conoscere la velocità di lettura:
<< Attenzione alle etichette diagnostiche>>. Sono fonte di errori metodologici anche nella ricerca Creano il rischio di generare spiegazioni circolari, modelli tautologici e stereotipi insostenibili dal punto di vista scientifico. Possono fuorviare le conclusioni e gli interventi
19
Area di diagnosi della dislessia
Numero di casi Valore medio - 2 - 1 + 2 Area di diagnosi della dislessia + 1 Velocità di lettura (Sillabe per unità di tempo) Deviazione standard Numero di errori
22
Calcolo punto z valore ottenuto dal sog. – media
deviazione standard
23
Calcolo punto z Esempio terza elementare. 3 – 3
0,76
24
Area di diagnosi della dislessia
Numero di casi Valore medio - 2 - 1 + 2 Area di diagnosi della dislessia + 1 Velocità di lettura (Sillabe per unità di tempo) Deviazione standard Numero di errori
25
Es. Bambino di terza elementare media in sillabe al secondo = 3 deviazione St. = .76
3 – (0,8 x2) = 3-1,6 = 1,4 valore della media meno due deviazioni. TUTTI i VALORI < o = a 1,4 cadono nella patologia, Ma un Bambino che legge ad 1,8 sill/s. che per la convenzione (DSM4 ICD 10) dei manuali diagnostici statistici non cade nell’area patologica obiettivamente come dovrebbe essere trattato a scuola e a casa se legge praticamente anche lui con un tempo doppio dei pari età ?.. Torniamo all’importanza delle sillabe a secondo IN CHIARO
26
Il problema delle cause sottostanti
Pur riscontrando un certo accordo tra i ricercatori in merito ai criteri di inclusione ed esclusione per la diagnosi della dislessia, per quanto riguarda le cause a livello cognitivo sono emerse linee di pensiero molto diverse e, spesso, in contrasto tra loro. Solo di recente emergono modelli che portano ad una certa uniformità.
27
Per capire di più dobbiamo valutare cosa è e come funziona un modulo (sistema specifico) e come intervengono i sistemi centrali sul modulo stesso
28
ESEMPIO DI UN PROCESSORE CHE SUPERVISIONA UN MODULO ASSEMBLATO
PROCESSORE CENTRALE MODULO ESEMPIO DI UN PROCESSORE CHE SUPERVISIONA UN MODULO ASSEMBLATO
29
Lobo Frontale Processore Centrale MODULI LETTURA SCRITTURA LINGUAGGIO
30
Attenzione Spiegare cosa è l’attenzione non è facile perché è un termine molto utilizzato e quindi ognuno presume di conoscerla. L’attenzione è un processo di filtro e selezione delle numerose informazioni che “bombardano” i sistemi sensoriali.E’ altresì un sistema che deve fornire risorse che sono limitate per svolgere compiti che richiedono concentrazione, vigilanza, allerta….. Ognuna di questi aspetti è valutabile e misurabile con strumenti relativamente poco costosi, ma tecnicamente molto sofisticati e soprattutto è allenabile
31
Quando le risorse attentive sono poche il soggetto ha difficoltà a concentrarsi ad essere pronto a svolgere compiti protratti nel tempo e soprattutto a richiamere volontariamente l’attenzione. Dire: <<stai attento !>> ad un soggetto debole nelle risorse attentive è paradossale come dire: <<dormi!>> a chi soffre di insonnia. In questi casi l’attenzione può essere richiamata dall’esterno, ma deve e può essere sviluppata con specifici training. Vedi Benso (2004) Neuropsicologia dell’Attenzione.
32
L’attenzione è implicata nella dislessia come in qualsiasi tipo apprendimento se si sa misurare si trova sempre un aspetto attentivo collegato. Questo implica che per trattare i disturbi oltre che lavorare direttamente sui tipi di apprendimenti sofferenti è necessario stimolare l’intero sistema attentivo. Il modello di Moscovitch e Umiltà fornisce copertura teorica a quanto affermato (vedi dopo) Così come confermano i risultati da noi ottenuti nei traumatizzati adulti(e pubblicati) nel recupero della memoria, delle funzioni linguistiche e percettive, e NEI SOGGETTI DISLESSICI (vedi )
33
PROCESSORE CENTRALE o Sistema Esecutivo o Sistema Attentivo Supervisore (SAS; Shallice, 1989), si colloca come substrato anatomico prevalentemente nei lobi frontali, nei gangli della base e nel cervelletto;è multicomponenziale.
34
Esso è deputato a: fornire risorse attentive (che sono a capacità limitata); a sostenere l’attenzione; alle funzioni di controllo del pensiero e dell’azione; ad inibire i distrattori; all’organizzazione, alla pianificazione; a mantenere la concentrazione sullo scopo; alla modularizzazione delle funzioni specifiche (es. apprendimento motorio); a fornire le risorse attentive ai processi di memorizzazione in genere.
35
Il modello del SAS Shallice (1988)
36
Multicomponenzialità del sistema esecutivo.
Da queste osservazioni si comincia a comprendere che il SAS è multicomponenziale e diventa necessario ampliare la batteria testistica per riuscire a fornire prove oggettive della caduta dell’esecutivo (per non limitare la diagnosi all’osservazione inevitabilmente soggettiva attraverso questionari).
37
Multicomponenzialità del sistema esecutivo.
In questo momento vi è un grosso fermento scientifico per analizzare e far risalire all’esecutivo molte patologie, ad esempio, Ozonoff e Jensen (1999) osservano diversi profili dell’esecutivo in sindromi diverse. Nella sindrome di Tourette, i pazienti cadono nell’inibizione di impulsi prepotenti; nell’autismo, cadono nella flessibilità e pianificazione; nel DDA/I, cadono nell’attenzione sostenuta e nell’inibizione. E’ appunto ciò che sostengo nella teoria dei trattamenti: che l’esecutivo è sottostante a tutte le abilità,
38
Benso e Usai 2002
39
BREVE EXCURSUS TEORICO
Teoria modulare di FODOR (1976) Shallice (1990) afferma sulla teoria di Fodor che: << .. per gli scopi della neuropsicologia, i criteri che egli suggerisce potrebbero risultare troppo specifici e i sistemi ai quali si potrebbero applicare troppo limitati.>>. Sempre Shallice (1990) per ridefinire il concetto di “modulo” cita: Marr (1982; sistemi relativamente isolabili), Posner (1978; sottosistemi isolabili) e propone la definizione di “sottosistema funzionale”. Quando la funzione è almeno parzialmente governata da principi diversi utilizza il termine “modulare”.
40
BREVE EXCURSUS TEORICO
Nel frattempo: In età dello sviluppo si innesta la critica di KARMILOFF-SMITH (1992). I sistemi si modularizzano nell’arco dello sviluppo.Questa tesi tempera innatismo fodoriano e costruttivismo piagetiano. Poco prima viene pubblicata la teoria modulare di MOSCOVITCH e UMILTÀ (1990) che negando soprattutto uno dei principi “forti” di Fodor, la “non assemblabilità” attraverso esempi ed osservazioni di casi e patologie in “doppia dissociazione” costruisce una gerarchia tra i moduli.
41
BREVE EXCURSUS TEORICO
Semplificando; per Fodor sono moduli solo i sistemi di input percettivi e il linguaggio. Per la neuropsicologia cognitiva sono definiti moduli tutti i sistemi funzionalmente separabili e quindi lo sono anche tutti i tipi di apprendimento dopo che è avvenuto il processo di modularizzazione come direbbe KARMILOFF-SMITH (1992).
42
BREVE EXCURSUS TEORICO
La distanza che attualmente intercorre con la “rigida” teoria di Fodor la si può valutare da una definizione molto recente di Sternberg (2006): I moduli sono parti in un certo modo indipendenti che hanno funzioni differenti (contro l’incapsulamento rigido di Fodor). Un modulo può esso stesso essere composto da moduli (contro la non assemblabilità di Fodor).
43
Output significativo e profondo che può accedere alla coscienza
SISTEMI CENTRALI Output periferico, deve essere interpretato dai sistemi centrali MODULI Trasduttori
44
TEORIA MODULARE DI FODOR (1976)
MODULI: Veloci Automatizzati Dominio-specifici Dal funzionamento obbligato Insensibili a finalità cognitive centrali Architettura neurale fissa Geneticamente determinati Informazionalmente incapsulati Non assemblabili
45
TEORIA MODULARE DI MOSCOVITCH E UMILTÀ (1990)
Esistono 3 tipi di moduli: Moduli di 1° tipo, “alla Fodor”: non assemblati e con una specificità funzionale, Ad esempio, sarebbero moduli di primo tipo la percezione dei colori, delle frequenze acustiche, della localizzazione del suono e visiva, della profondità, dei visi
46
TEORIA MODULARE DI MOSCOVITCH E UMILTÀ (1990)
Moduli di 2° tipo, assemblati su base innata, con l’input integrato da un elaboratore centrale, che sembra distaccare risorse per dedicarle definitivamente al modulo (processore dedicato). Esempi di moduli di secondo tipo sono le abilità linguistiche e il riconoscimento degli oggetti.
47
Posner e Di Girolamo (2000) citano un lavoro con bambini di 18 mesi
Posner e Di Girolamo (2000) citano un lavoro con bambini di 18 mesi. I risultati portano alla conclusione che lo sviluppo del Sistema Attentivo Supervisore è importante per l’apprendimento di strutture complesse e per il controllo del linguaggio durante il secondo anno di vita. Anche e Clohessy, Posner, Rothbart (2001) trovano risultati sui bambini di 18 mesi coerenti con quanto detto da Posner e Di Girolamo.
48
TEORIA MODULARE DI MOSCOVITCH E UMILTÀ (1990) TEORIA MODULARE DI MOSCOVITCH E UMILTÀ (1990)
I moduli di “terzo tipo”, infine, sono quelli assemblati su base esperenziale (es. lettura e capacità motorie); in questo caso il processore è fortemente implicato attraverso un atto consapevole, cosciente e volitivo.
49
Camminare e parlare: moduli di secondo tipo Sciare e leggere: moduli di terzo tipo. L’attività motoria complessa può essere utile per aumentare le risorse del processore centrale, poi comunque va stimolato anche in modo specifico il modulo che non funziona. Questi due interventi (sviluppo delle risorse attentive e stimolazione mirata del modulo) sono ASSOLUTAMENTE NECESSARI in un protocollo preventivo, rieducativo, riabilitativo.
50
Risorse attentive implicite PROCESSORE DEDICATO
Percezione di configurazioni semplici. MODULO I tipo Percezione di suoni elementari Coordinamento delle unità percepite Coordinamento fonatorio Risorse attentive implicite PROCESSORE DEDICATO Risorse attentive esplicite PROCESSORE CENTRALE Mod. II tipo PERCEZIONE VISIVA Mod. II tipo LINGUAGGIO LETTURA Mod. III tipo Percezione di configurazioni Semplici. MODULO I tipo Percezione di suoni elementari Coordinamento delle unità percepite Coordinamento fonatorio Risorse attentive implicite PROCESSORE DEDICATO Risorse attentive esplicite PROCESSORE CENTRALE Mod. II tipo PERCEZIONE VISIVA Mod. II tipo LINGUAGGIO LETTURA Mod. III tipo
51
Se si riporta questa osservazione sul modello di figura si può capire come sia possibile tanta varietà di interpretazioni. Dal modello possiamo dire che il disturbo di lettura può dipendere da un iposviluppo o danno di una o più delle diverse sotto-componenti.
52
Un modulo di terzo tipo come quello della lettura, fonde l’aspetto linguistico fonologico a quello percettivo attraverso le risorse fornite dal processore centrale. Ciò implica che per fare prevenzione o per predire bisogna valutare le seguenti aree: Metafonologia:es. Fusione, segmentazione ritmi, rime (Baddeley 1986). Educazione all’immagine ed esplorazione visiva: copia, descrizione, confronto( Farah 1994). Attenzione più modulare: oggetti, spazio, attentional template (Benso 2004) Sistema Attentivo Supervisore (processore centrale): Attenzione sostenuta, doppi compiti, gestione dell’ interferenza, controllo, gestione della frustrazione, costruire, pianificare organizzare.
53
Le cose in realtà sono ancora più complesse se si pensa all’architettura funzionale completa della lettura, mi riferisco al modello a due vie (vedi ad es. Shallice 1988). Il solo sistema di conversione grafico /fonologico è già un modulo di terzo tipo !
55
Riprendendo sulle cause sottostanti
In base a quanto osservato con un tentativo di sintesi, Benso, Stella, Zanzurino e Chiorri (2005) (pubblicato su “Dislessia” ed.Erickson) hanno cercato di individuare nella letteratura le conclusioni comuni sulle cause del fenomeno.
56
Dal loro articolo è emerso che i modelli e le cause della dislessia sembrerebbero tante e variegate, ma possiamo ridurre il tutto a tre grandi categorie: deficit a livello di linguaggio, percezione e attenzione.
57
Gli autori propongono anche un modello unificatore derivato da Moscovitch e Umiltà 1990 e da Benso (2007) in grado di considerare i tre fattori cognitivi più rilevanti per la dislessia, divenendo quindi uno strumento utile ed operativo per suggerire nuove prove di valutazione e di intervento.
58
ppt_BENSOdisu.ppt
60
Il locus di non funzionamento potrebbe essere uno o più delle numerosissime combinazioni del modulo complesso, del processore dedicato e di alcuni aspetti delle diverse componenti del sistema esecutivo
61
Pertanto, pur inserendo i dislessici sotto una stessa etichetta diagnostica che si valuta con prove di lettura, di memoria e di intelligenza se si vanno ad indagare le strutture più sottostanti è raro incontrare un dislessico uguale ad un altro. L’unico punto fermo per qualsiasi disturbo di apprendimento è che vi è sempre e comunque un disturbo attentivo.
62
altre componenti moltiplicano le possibilità in quanto influiscono molto sul processore centrale e quindi sui moduli di terzo tipo… MOTIVAZIONE ED EMOZIONI (Damasio 1994)
63
Pertanto bisogna: favorire una stimolazione preventiva sia del modulo che dell’esecutivo (sempre); poter assemblare una testistica appropriata; costruire protocolli di riabilitazione coerenti e mirati sui veri problemi.
64
La nuova complessità nasce dal fatto che non si può trattare il modulo e l’esecutivo come due sistemi separati. Un esecutivo debole non favorirà un buon sviluppo modulare (un aspetto centrale debole non favorisce la periferia) Un modulo debole non favorirà il sistema esecutivo specialmente nell’aspetto di sviluppo delle funzioni e del processore a lui dedicato (un aspetto periferico debole non “nutre” i sistemi centrali)
65
Come una debolezza di risorse cognitive penalizza inevitabilmente anche l’attività di sviluppo modulare, così il mancato o parziale sviluppo di un modulo indebolirà la parte di esecutivo a quel modulo dedicata. Non solo l’aspetto centrale influisce sulla periferia, ma anche la periferia fa risalire le sue influenze fino ai sistemi centrali. Come le scoperte sulla plasticità cerebrale insegnano vedi Merzenich e coll. (1983) Ciò comporta che a qualsiasi livello del circuito sia il problema, comunque si evidenzieranno cadute sia del modulo sia del processore centrale ed ogni soggetto sarà diverso. La letteratura è ricca di evidenze in proposito ed alcuni nostri lavori di controllo del modello vanno verso la conferma.
66
LA TEORIA DEL CONTINUUM
I trattamenti riabilitativi pertanto devono riguardare sia la struttura specificamente deficitaria sia il sistema esecutivo. Con questo metodo integrato Si sono ottenuti interessanti risultati nel recupero mnestico da trauma cranico e nei disturbi di apprendimento (Benso, 2004 G.I.D.). Per fornire un parametro quantitativo misurabile si possono citare i risultati ottenuti su soggetti dislessici. Alcuni Centri che attuano il metodo integrato ottengono miglioramenti di 0,9 sillabe al secondo nella lettura in pochi mesi (quando è noto che i buoni lettori guadagnano circa 0,5 sillabe/sec all’anno; Stella, Faggella e Tressoldi)
67
Tressoldi Faggella e Stella.
Dati relativi alla progressione della velocità di lettura di parole e nonparole dei normolettori e dei dislessici: 0,5 1 1,5 2 2,5 3 3,5 4 4,5 5 6 7 8 parole nonparole par_norm npar_norm - parole: normolettori [ ,53] dislessici [,29] - nonparole : normolettori [,28], dislessici [,14]
68
PROGETTO “LE TRACCE” COMUNE DI LOANO Progetto “ Le Tracce” Assessorato ai Servizi Sociali del Comune di Loano Direzione Didattica Scuola Valerga
69
Effetto dei trattamenti nei Centri di Neuropsichiatria Infantile del VCO Rilevamento dopo un anno. Guadagno di circa 1 sillaba al secondo contro le 0,3 previste
70
Dati sommati di diversi centri italiani che utilizzano il metodo “Benso (2004)”. Torino, Milano, La Spezia, Biella, Domodossola, Gravellona, Genova. Media del tempo 1 anno e 4 mesi con interruzioni in diverse realtà durante la pausa estiva. Prossima pubblicazione su “Dislessia”. Risultati Recuperi medi s/s BRANO PAROLE NON PAROLE Gruppo 1,375 1, 0,721429 Dislessici 1,445 1,181667 1,03 In difficoltà 1,3225 1,07 0,49
71
Risultati Il grafico illustra chiaramente lo spostamento dei risultati nella velocità di lettura di parole, non parole e brano prima e dopo il trattamento. Le linee orizzontali stanno a indicare l’entità del cambiamento naturale atteso (dopo due anni) in soggetti dislessici in assenza di trattamento (Tressoldi, Stella e Fagella, 2001) .
72
Una “veloce” considerazione sulla riabilitazione
Una “veloce” considerazione sulla riabilitazione. Un esempio che vale per molti altri aspetti. Soffermiamoci un attimo sui movimenti oculari..
73
MOVIMENTI OCULARI DI UN NORMOLETTORE
MOVIMENTI OCULARI DI UN DISLESSICO
74
Tra parentesi ( questo fa parte della teoria della riabilitazione)
Importanza di raggiungere i 200 ms. (tempo minimo di programmazione di una saccade) di esposizione con il Tachistoscopio per centrare il movimento oculare e favorire la lettura attraverso la via “lessicale” Quindi iniziare con parole bisillabe piane (mare, cane, topo) per cercare di facilitare per scendere appena possibile sotto i 200 ms di esposizione, piuttosto che con: gnomo, consiglio, giglio…; lette per ore di (inutile) training a 800 / 1000 ms.di esposizione. Osservazione: se non si conoscono i meccanismi fisiologici, funzionali e neuropsicologici cognitivi che sottendono il processo di lettura gli strumenti riabilitativi vengono mal utilizzati. Il tachistoscopio è uno strumento utile solo se adoperato secondo certi criteri (ciò vale per tutti gli strumenti di questo genere). Esercitarsi per mesi con il tachistoscopio tutti i giorni sopra i 200 ms. di esposizione serve a poco, così come lasciare imparare le liste di parole a memoria diventa una perdita di tempo e altro….. (vedi Benso, 2004)
75
Prime conclusioni La lettura è un modulo complesso formato da aspetti percettivi, linguistici, attentivi (attenzione intesa come processo prima e poi come sistema che forniscono risorse). Per stimolare meglio il modulo (l’apprendimento automatizzato) bisogna occuparsi anche dell’attenzione. Il disturbo di apprendimento in quanto tale è l’emergere di disfunzioni anche lievi a livello neuronale che non sono recuperabili più con interventi prettamente scolastici (sicuramente utili come rifinitura e contorno delle riabilitazioni dei processi sottostanti: percezione memorie e sistemi attentivi)
76
Il clinico, l’insegnante e il genitore devono conoscere i dati delle diagnosi e soprattutto nella dislessia le sillabe al secondo. I protocolli per i trattamenti devono avere basi neuroscientifiche solide e modelli di guida validati scientificamente in modo che si possano sfruttare al meglio gli strumenti proposti. I nostri lavori di ricerca (centro di Neuroscienze e Polo Bozzo) stanno progredendo, siamo in grado di fornire protocolli per la diagnosi e i trattamenti a diverse realtà italiane.
77
Diversamente dai trattamenti la testistica che vuole misurare le funzioni attentive ed esecutive deve poter sottrarre l’influenza del modulo collegato nel continuum
79
Ad esempio: il test delle campanelle misura veramente ciò che afferma di misurare ? Quanto è valido ? Chi può dire, in particolari casi, se invece dell’attenzione selettiva non misuri la lentezza motoria a cancellare la campanella bersaglio ?
80
Valutazione del modulo:tempo visuo-motorio
TEST DI CANCELLAZIONE Test di ricerca visiva e coordinazione visuo-motoria.
81
TEST DI CANCELLAZIONE | TEST DI CANCELLAZIONE Test di ricerca visiva e coordinazione visuo-motoria.
82
TEST DI NUMERAZIONE AVANTI E INDIETRO
Conteggio da 1 a 100 progressivo e regressivo Formula di compensazione tempo/errori Sottrazione della componente “modulo” (1/100) alla parte “modulo + esecutivo” (100/1) per ottenere una misura pura dell’esecutivo.
83
SWITCH DI CALCOLO Articolazione del test: due pagine contenenti ciascuna 65 operazioni semplici con cifre non superiori al 5. Prima pagina: operazioni raggruppate. Seconda pagina: operazioni random. Formula di compensazione tempo/errori. 2° pagina – 1° pagina = prestazione nel cambiamento di compito (mod+esec) – modulo = esecutivo
84
Switch aritmetico Foglio A
3x5= 4x4= 4x5= 2x3= 2x4= 3x1= 1x3= 3x3= 2x5= 2x2= 5+1= 2+4= 4+3= 4+1= 5+5= 1+1= 5+4= 5+3= 2+1= 3-1= 4-2= 3-2= 5-3= 2-1= 1-1=
85
Switch aritmetico Foglio B
2+4= 4x4= 4x5= 4-2= 2+1= 3x1= 2-1= 3x3= 2x5= 2x2= 5+1= 3x5= 4+3= 4+1= 1-1= 1+1= 5+4= 5+3= 2x4= 3-1= 2x3= 3-2= 5-3= 1x3= 5+5=
86
NAVON Il test è qui utilizzato per valutare l’efficienza dell’attenzione selettiva.
87
Benso Usai Alcetti Berriolo in press
88
RISULTATI E DISCUSSIONE
89
1) AA BB DD EE NN TT VV Uguali Maiuscole (Visivo)
2) FF MM ZZ OO PP GG UU “” “” 3) ii ff gg aa ee vv zz Uguali Minuscole (Visivo) 4) cc ff aa ii vv tt rr “” “” 5) uv un bd pq qd tf ae Diverse visiv. Simili (Visivo) 6) ai oi fo zi de vr mi Diverse visivamente diverse (Visivo) 7) AB BF DM EG HO NB TN Diverse Maiuscole (Visivo) 8) Db Td Vf Mn Pb Cg Lr Diverse Fon.. Simili (Fonetico) 9) Ab Bf De Gr Mo Ns Pi Diverse Fon. diverse (Fonetico) 10) Aa Bb Dd Ee Nn Tt Vv Uguali Foneticamente (Fonetico)
90
Benso F. e Stella G.
92
Attentional Blink
93
I pre-requisiti dell'apprendimento nella scuola dell’infanzia
I pre-requisiti dell'apprendimento sono le abilità “trasversali” che servono per regolare qualsiasi apprendimento che non sia una procedura da automatizzare, e le abilità o aspetti del pensiero che incidono sulla motivazione all'apprendimento stesso. Il modello del modulo lettura di Moscovitch e Umiltà ha già dato indicazioni sui sootosistemi implicati e da valutare. Riflettiamo ora sulla abilità di denominazione veloce di numeri, oggetti e colori, che sembrano prove altamente predittive per l’apprendimento della lettura. Vi sono indubbiamente dei fattori linguistici importanti ma vi può essere anche un deficit delle funzioni esecutive e della memoria associativa che sono necessarie anche per la ricerca visiva complessa. In questo caso non si formano attentional template (memoria del target da rilevare in mezzo ai distrattori, ad esempio quadrato rosso piccolo)
94
I pre-requisiti dell'apprendimento nella scuola dell’infanzia
In particolare la disponibilità di risorse attentive e mnestiche sufficienti, garantita da un corretto funzionamento del Sistema Esecutivo permette il consolidamento delle informazioni in memoria, e la configurazione di un attentional template efficace, che costituisce un presupposto fondamentale per la ricerca visiva volontaria e strategica e molto probabilmente un pre-requisito dell'abilità di lettura (Benso, 2004).
98
Test n.1: lettura dei numeri IPDA Foglio A
99
Test 1: riconoscimento numeri IPDA Foglio B
100
Test di nominazione veloce dei numeri (Benso, Marinelli, Zanzurino, 2005)
101
Test di nominazione veloce dei colori (Benso e Viganò, 2006).
102
Test di Nominazione Veloce di Oggetti RAN (Materiali IPDA, Tretti et al.2002)
103
Analisi dei Dati - I Sono stati sottoposti alla batteria di prove 52 soggetti, di cui 6 non hanno terminato una o più prove, e sono pertanto stati esclusi dal campione definitivo (listwise deletion). Il campione effettivo sottoposto a tutte le prove risulta essere di 46 soggetti, ma 3 soggetti hanno mostrato prestazioni anomale (outliers). Il campione definitivo risulta composto da 43 soggetti, di cui 16 maschi e 27 femmine.
104
Discussione dei Risultati - I
Le corrrelazioni ottenute (r di Pearson) fra le tre diverse prove, anche se non particolarmente elevate, sono comunque sufficienti (r2 ≥ 0,10), e sostengono l’ipotesi che le prove utilizzate possano servire a misurare aspetti dello stesso costrutto. Ciò conferma la possibilità di utilizzare anche il test di nominazione veloce dei colori come eventuale predittore di disturbi di apprendimento, e quindi l'opportunità di proseguire la ricerca.
105
Discussione dei Risultati - II
E’ stato inoltre eseguito un confronto fra le medie del campione normativo (n = 443) dei dati IPDA e il campione osservato nel presente studio (n = 43), che non è risultato statisticamente significativo (test t per campioni indipendenti, t484 = 0.339, p = .735). La nostra ricerca è stata realizzata nell'ultimo trimestre del 2005, e nel confronto sono stati congruentemente utilizzati i dati normativi IPDA relativi ai mesi di novembre-dicembre; con il presente lavoro abbiamo pertanto riconfermato relativamente al RAN i dati presentati nell' IPDA di Tretti et al; relativamente alla denominazione veloce di numeri, i dati IPDA erano già stati riconfermati nel lavoro presentato da Benso, Marinelli e Zanzurino al congresso AIRIPA 2005.
106
Regard et al. (1982)
107
Five Point
108
Prova 1
110
Prova 2
112
Prova 3
114
Prova 4
116
Test Umiltà rivisto da Turatto e Benso
Presentazioni simili
© 2024 SlidePlayer.it Inc.
All rights reserved.