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FISIOPATOLOGIA, SEMEIOTICA E METODOLOGIA CLINICA

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Presentazione sul tema: "FISIOPATOLOGIA, SEMEIOTICA E METODOLOGIA CLINICA"— Transcript della presentazione:

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2 FISIOPATOLOGIA, SEMEIOTICA E METODOLOGIA CLINICA
CORSO INTEGRATO DI: FISIOPATOLOGIA, SEMEIOTICA E METODOLOGIA CLINICA Anno accademico 2006/2007 Prof.Claudio Borghi Dip.Medicina clinica e Biotecnologia Applicata “D.Campanacci”

3 Presentazione del Corso
Docenti del corso Medicina Prof.Claudio Borghi Prof.ssa Carla Garutti Prof.Vincenzo Tomassetti Dott.Enrico Strocchi Dott.ssa Maddalena Veronesi Chirurgia Prof.Giovanni Fuga Prof.Roberto Giardino Dott.GF Morrone

4 Presentazione del Corso
Finalità del corso Insegnare in maniera efficace e propedeutica al futuro Integrare la materia con la logica del corso di laurea Promuovere la collaborazione docenti/studenti Sollecitare il livello di interazione pratica iniziative spontanee relative al corso Ottenere il massimo profitto da parte di entrambi Elaborare ogni suggerimento relativo alla didattica

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8 FISIOPATOLOGIA, SEMEIOTICA E METODOLOGIA CLINICA
Corso integrato di FISIOPATOLOGIA, SEMEIOTICA E METODOLOGIA CLINICA anno 2006/2007 Prof.Claudio Borghi Dip.Medicina clinica e Biotecnologia Applicata “D.Campanacci”

9 Metodologia Clinica in Medicina Interna

10 Metodologia clinica Premessa
Una buona attività clinica dipende dalla applicazione di un insieme di principi e di regole che indicano al medico la condotta da tenere nelle varie circostanze che si presentano.

11 Metodologia clinica Cenni storici
La necessità di regole precise nella attività clinica era già nota agli antichi Greci. Il metodo scientifico come tale è stato tuttavia sviluppato a partire dal XVII secolo ad opera degli studiosi del mondo inorganico ed adottato dai medici attraverso regole di operatività derivate dallo stesso metodo scientifico. Il ruolo della metodologia si è complicato nel XIX e XX secolo con la consapevolezza della unicità dei pazienti e ha poi raggiunto il livello attuale di applicazione metodologica dell’azione applicata al singolo paziente.

12 Metodologia clinica Metodologia vs. Semeiotica
Le due discipline sono spesso erroneamente confuse. La metodologia studia le modalità attraverso le quali arrivare a formulare una ipotesi conoscitiva ed eventualmente risolutiva. La semeiotica studia le metodiche, le procedure e gli indizi spontanei o provocati che possono essere utilizzati per supportare il ragionamento metodologico. La metodologia detta le regole dei procedimenti da seguire, la semeiotica osserva ed interpreta fenomeni tipici della malattia ed entrambe sono fondamentali per la diagnosi.

13 Metodologia clinica Principi generali Solide conoscenze e preparazione
Intuizione e vivacità mentale Ideazione di un piano di lavoro Identificazione di una strategia investigativa

14 Metodologia clinica Possibili strategia investigative
Valorizzazione del dato anamnestico Nero Wolfe Indagine a tappeto delle ipotesi diagnostiche possibili Comissario Maigret Esclusione delle ipotesi più ovvie Sherlock Holmes Valorizzazione delle incongruenze Tenente Colombo

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16 Metodologia clinica Elementi di procedura
Identificare il problema che appare più rilevante per il paziente (es.febbre, vomito, cefalea, ecc) Integrare la identificazione con la osservazione del paziente (come è la febbre? Ed il vomito?) Iniziare una indagine sistematica sulla condizione clinica generale del soggetto (anamnesi, es.obbiettivo, ecc). Elaborare uno o più complessi sindromici costituiti da segni e sintomi collegati tra di loro da un nesso fisiopatologico.

17 Difficoltà respiratorie
Metodologia clinica Cefalea Ca polmonare Tosse S.Influenzale In paz.artrosico In trattamento Ca-antagonista Difficoltà respiratorie Cirrosi epatica Diarrea Sciatalgia Scompenso cardiaco Edemi declivi

18 Metodologia clinica Elementi di procedura-2
Procedere alla verifica della ipotesi diagnostica formulata (indagini strumentali, biochimiche, ecc.) Eliminare alcune delle ipotesi diagnostiche prospettate, ma non sostenibili Perseguire in maniera più accurata i sospetti diagnostici più probabili (es.TAC, RMN, PET,…) Considerare la possibilità di fattori di confusione (altre patologie, effetti collaterali di farmaci, ecc.) Formulare la diagnosi più verosimile considerandone la natura sempre probabilistica

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24 Metodologia clinica Elementi a supporto
Segni e sintomi: possiedono una loro valore e possono segnalare la presenza di una malattia, ma essere comuni ad altre forme morbose o essere presenti nel soggetto sano. Probabilità diagnostica: dipende dalla probabilità con la quale un segno o un sintomo si presentano nella popolazione malata ed in quella sana. La separazione è in generale ottenuta mediante valori discriminanti. Indirizzo clinico: risulta dalla combinazione tra la corretta valorizzazione di segni e sintomi ed il grado di probabilità che siano associati ad una condizione clinica specifica e diagnosticabile

25 Metodologia clinica Strategia della diagnosi
La finalità della metodologia clinica è giungere ad una diagnosi corretta nel paziente affetto La correttezza della diagnosi dipende dalla adeguatezza delle fasi precedenti di acquisizione delle evidenze cliniche e strumentali. La diagnosi si avvale del potere informativo medio di ogni test utilizzato La probabilità di giungere ad una diagnosi corretta dipende dalla conoscenza (cultura) e dalla esperienza (riscontri precedenti) del medico. Ogni diagnosi per quanto probabile deve essere confrontata con altre diagnosi analoghe (diagnostica differenziale)

26 Metodologia clinica La spiegazione della malattia: la fisiopatologia
Il procedimento clinico non si limita alla diagnosi e quindi ad un processo sterile di collocazione entro una categoria nosografica, ma si propone di spiegarne le ragioni attraverso un approccio fisiopatologico. Secondo la metodologia clinica, la spiegazione scientifica è la deduzione attraverso la quale un fatto viene spiegato sulla base di una o più leggi della natura (es.invecchiamento) o da una o più condizioni iniziali (es.predisposizione genetica). La interpretazione fisiopatologica di una malattia rappresenta l’elemento che contribuisce a formularne la prognosi clinica

27 Metodologia clinica La prognosi clinica
Rappresenta un elemento essenziale della metodologia clinica e individua le evoluzione futura della malattia. Dipende strettamente dalla correttezza diagnostica in termini di entità nosografica e/o meccanismi fisiopatologici. La prognosi può basarsi sulla diagnosi nosografica che identifica la malattia (es.infarto miocardico e sopravvivenza). La prognosi può basarsi sulla natura del meccanismo fisiopatologico in causa (es.infarto miocardico e scompenso cardiaco) Spesso i due elementi generano un unico giudizio prognostico

28 Metodologia clinica Paziente Anamnesi, esame obiettivo Segni e sintomi
Ipotesi diagnostiche plausibili Interpretazione fisiopatologica Indagini ulteriori Diagnosi finale Prognosi clinica Terapia

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30 FISIOPATOLOGIA, SEMEIOTICA E METODOLOGIA CLINICA
Corso integrato di FISIOPATOLOGIA, SEMEIOTICA E METODOLOGIA CLINICA Anno accademico 2006/07 Prof.Claudio Borghi Dipartimento di Medicina clinica e Biotecnologia Applicata “D.Campanacci”

31 Approccio al paziente e raccolta della anamnesi

32 Approccio al paziente e anamnesi
Definizione L’anamnesi è il racconto, da parte del paziente, della malattia, delle invalidità e delle alterazioni rispetto alle condizioni normali di salute.

33 Approccio al paziente e anamnesi
Il ruolo del medico Il ruolo del medico è quello di guidare il paziente nella descrizione dei dettagli della malattia e dello stato di salute senza modificarne la loro presentazione

34 Approccio al paziente e anamnesi
Organizzazione della anamnesi Descrizione del sintomo principale Anamnesi familiare Anamnesi fisiologica Anamnesi patologica remota Anamnesi patologica prossima

35 Approccio al paziente e anamnesi
Sintomo principale Rappresenta il motivo che ha condotto il paziente dal medico. Non necessariamente corrisponde ad una malattia già nota Deve essere individuato rispetto agli altri sintomi Rappresenta l’indizio di base della ricerca che porterà alla diagnosi

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37 Approccio al paziente e anamnesi
Anamnesi e ragionamento poliziesco Modalità di approccio Nero Wolfe Commissario Maigret Sherlock Holmes Tenente Colombo

38 Approccio al paziente e anamnesi
Dottore, da un paio di giorni ho il raffreddore ed uno strano dolore allo stomaco

39 Approccio al paziente e anamnesi
Anamnesi familiare Valuta le condizione di salute dei parenti Nonni, genitori, fratelli, figli In caso di soggetti molto anziani meglio valutare i discendenti Informazioni utili su ciascun familiare: Salute attuale ed eventuali malattie Eventuale data e causa di morte Eventuali malattie ereditarie anche presunte (es. diabete, ipertensione, Alzheimer)

40 Rischio CV e familiarità per malattie CV
Ipertensione PAS 195 mmHg x 3,0 Dislipidemia CT 6,1 mmol/L (235 mg/dL) x 1,7 x 5,3 x 5,2 x 2,9 x 8,7 Storia familiare di infarto miocardico Precoce (< 55 anni) L’interazione di molteplici fattori di rischio può determinare aumenti moltiplicativi, piuttosto che additivi, di rischio CV. Questi diagrammi di Venn mostrano gli aumenti del rischio associati alla presenza di molteplici fattori di rischio CV in 2 ipotetici pazienti di sesso maschile di 40 anni, in confronto al rischio CVD di un uomo di 40 anni non fumatore con CT 185 mg/dL e PAS 120 mmHg, non intollerante al glucosio e che non presenta LVH. Il diagramma sulla sinistra illustra l’interazione dei fattori di rischio in un paziente con livelli moderatamente elevati di CT (5,4 mmol/L [210 mg/dL]), ipertensione (PAS 165 mmHg), e intolleranza al glucosio. Mentre ciascun fattore di rischio risulta in un aumento compreso tra 1,3 e 1,9 volte del rischio CVD, l’interazione di tutti i 3 fattori di rischio determina un aumento di 4,5 volte del rischio CVD. Il diagramma sulla destra mostra l’interazione dei fattori di rischio in un paziente con elevati livelli di CT (6,1 mmol/L [235 mg/dL]) e grave ipertensione (PAS 195 mmHg), fumatore. Ciascun fattore di rischio determina un aumento compreso tra 1,7 e 3,0 volte del rischio CVD. Tuttavia, la presenza di tutti i 3 fattori di rischio determina un aumento del rischio di 8,7 volte. Kannel WB. In: Genest J et al, eds. Hypertension: Physiopathology and Treatment. New York, NY: McGraw Hill, 1977;

41 Approccio al paziente e anamnesi
Dottore, da un paio di giorni ho il raffreddore ed uno strano dolore allo stomaco

42 Approccio al paziente e anamnesi
Anamnesi fisiologica Descrizione di quelle caratteristiche dello stile di vita importanti sotto il profilo medico. E’ utile per identificare elementi della vita comune con significato patologico o che possono permettere di interpretare come patologico un comportamento apparentemente normale (es. modificazioni dell’alvo)

43 Approccio al paziente e anamnesi
Anamnesi fisiologica-2 Gli aspetti rilevanti sono: Scolarità Occupazione lavorativa (a rischio) Struttura della famiglia Attività fisica (tipo e frequenza) Fumo Dieta Alcolici e stupefacenti Alvo e diuresi Sviluppo psico-fisico Gravidanze e parti

44 Approccio al paziente e anamnesi
Dottore, da un paio di giorni ho il raffreddore ed uno strano dolore allo stomaco

45 Approccio al paziente e anamnesi
Anamnesi patologica remota Elenco e classificazione di gravità delle principali malattie sofferte in passato dal paziente. E’ utile per inquadrare la storia clinica del paziente e permette di attribuire il sintomo principale ad una malattia già presente (riacutizzazione o recidiva) o ad una malattia di nuova insorgenza.

46 Approccio al paziente e anamnesi
Dottore, da un paio di giorni ho il raffreddore ed uno strano dolore allo stomaco

47 Approccio al paziente e anamnesi
Anamnesi patologica remota I punti che dovrebbero sempre essere discussi sono: Malattie infantili con sequelae (parotite, varicella, ecc.) Presenza di malattie croniche e che possono recidivare (es. TBC, Linfomi, ecc.) Pregressi interventi chirurgici (indagare i particolari) Altri ricoveri ospedalieri (indagare dettagli) Traumi maggiori Terapie farmacologiche (durata, efficacia, effetti collaterali) Terapia non farmacologiche o presunte tali (!!!) (ASA, lassativi) Allergie (indagare stagionalità, clinica, gravità) Gravidanze e parti (complicanze)

48 Approccio al paziente e anamnesi
Dottore, da un paio di giorni ho il raffreddore ed uno strano dolore allo stomaco

49 Approccio al paziente e anamnesi
Anamnesi patologica recente E’ la esposizione in forma narrativa del problema medico che ha condotto al ricovero. E’ indispensabile per definire la entità dei sintomi ed i parametri di presentazione e gravità soggettiva della malattia.

50 Approccio al paziente e anamnesi
Anamnesi patologica recente I punti che dovrebbero sempre essere chiariti sono: Esordio (quando, come, ecc.) Sequenza temporale (Cosa è successo prima?, Dopo?, E’ frequente?, Quanto?, ecc.) Tipologia del sintomo (Caratteristiche, Sede, Irradiazione, Somiglianza) Intensità del sintomo (es. da 1 a 10) Fattori scatenanti, aggravanti e allevianti Sintomi associati

51 Approccio al paziente e anamnesi
Dottore, da un paio di giorni ho il raffreddore ed uno strano dolore allo stomaco

52 Approccio al paziente e anamnesi
Linee guida per una efficace raccolta anamnestica Incoraggiare la descrizione Spiegare perché e come si intende procedere Riassumere e puntualizzare periodicamente Indirizzare la domande sulla base del sintomo presentato Utilizzare in maniera bilanciata le domande generiche e quelle specifiche Incoraggiare la curiosità e la partecipazione del paziente

53 Approccio al paziente e anamnesi
?

54 Il fondamento dell’arte medica resta, secondo la mia convinzione, l’essere padrone del metodo di indagine. Ippocrate, V secolo a.C.

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56 FISIOPATOLOGIA, SEMEIOTICA E METODOLOGIA CLINICA
CORSO INTEGRATO DI: FISIOPATOLOGIA, SEMEIOTICA E METODOLOGIA CLINICA Anno accademico 2006/2007 Prof.Claudio Borghi Dip.Medicina clinica e Biotecnologia Applicata “D.Campanacci”

57 L’esame obiettivo generale

58 il medico solitario di fronte ai suoi limiti come dipinto da Sir
... il medico solitario di fronte ai suoi limiti come dipinto da Sir. Luke Fildes in the doctor

59 Le modificazioni cliniche di una condizione morbosa si distinguono in:
Sintomi: descrizione da parte del paziente degli accadimenti morbosi del proprio corpo (ANAMNESI) Segni: dati oggettivi, verificabili ed inequivocabili (ESAME OBIETTIVO)

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61 Aspetti generali

62 Esame obiettivo generale-1
Dovrebbe essere eseguito metodicamente e completamente, "dalla punta dei capelli alle dita dei piedi" Dovrebbe essere eseguito in modo sistematico al fine di non dimenticare parti importanti Occorre sempre tenere nel dovuto conto il comfort ed il pudore del paziente Occorre estrema attenzione a qualsiasi anomalia riguardo ad una normalità fisiologica (diversa a varie età) Osservare, palpare, percuotere, auscultare sono la base di un buon esame obiettivo

63 Esame obiettivo generale-2
Sequenza dell’esame obiettivo: Ispezione: Osservazione del paziente, inizia durante la raccolta della anamnesi, decubito, facies, sensorio, frequenza respiratoria, ecc. Palpazione: Palpazione leggera: valutazione delal cute, strutture superficiali, temperatura, idratazione, stato di nutrizione, polso, ecc. Palapazione profonda: valutazione organi interni Percussione: Creare una vibrazione colpendo la superficie corporea: valutazione della struttura, densità e contenuto corporeo Ascoltazione: Con il fonendoscopio: valutazione del movimento dei gas, liquidi ed organi nei diversi compartimenti corporei

64 Martelletto per riflessi con puntale
Strumenti di comune uso nell’esame obiettivo Lampadina elettrica Fonendoscopio Sfigmomanometro Abbassalingua Oftalmoscopio Martelletto per riflessi con puntale Diapason Otoscopio

65 Lo stetoscopio è stato inventato in maniera fortuita da Theophile Hyacinthe Laennec nel 1816

66 Aspetto fisico

67 Facies Definizione: aspetto del volto nel suo insieme
Dipende da razza, costituzione, sesso, età, grado di coscienza, cenestesi (benessere, sofferenza, dolore), atteggiamento psichico Quando non svela alterazioni di natura fisica e/o psichica si parla di facies composita Alterazioni della facies: tessuti superficiali e del colorito: Es.poliglobulica, mitralica, cachettica, lunaris, mixedematosa, addisoniana scheletriche: Adenoidea, acromegalica, pagetiana muscolari: Parkinsoniana, miastenica oculari: basedowiana

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69 Ipertiroidismo Ipotiroidismo

70 Conformazione somatica
Costituzione corporea o abitus morfologico: Definizione: insieme dei caratteri costituzionali: sviluppo dello scheletro, dei muscoli e distribuzione del grasso sottocutaneo È condizionato da fattori genetici, familiari, razziali e da fattori fenotipici (alimentazione, clima, mallatie debilitanti, ecc.) Tipi di costituzione corporea: Logitipo microsplancnico (di Viola) o longilineo o tipo astenico Normotipo normosplancnico (di Viola) Brachitipo megalosplanchico (di Viola) o tipo picnico

71 Conformazione somatica-2
Statura: A seconda che la statura sia normale o ridotta od in eccesso, rispetto alla media dello stesso gruppo etnico, si distingue in: soggetto normosomico (statura normale) soggetto iposomico (statura bassa) soggetto ipersomico (statura alta) Sulla base dello sviluppo somatico in rapporto alla statura, si distingue in: soggetto normosomico soggetto microsomico soggetto macrosomico

72 Cute ed annessi - Variazioni del colore:
Generalizzata: cianosi, ittero Localizzata: infiammazione, invecchiamento, alterazioni vascolari - Variazioni della distribuzione pilifera: Malattie endocrine (ipotiroidismo  sopracciglia) Malattie vascolari (arti inferiori) - Rash e lesioni: Tempo di insorgenza Modificazioni delle caratteristiche nel tempo Sintomi associati (prurito) Assunzione di farmaci Anamnesi occupazionale

73 Cute ed annessi Ispezione dei capelli e dei peli:
IPOTIROIDISMO  capelli secchi e spessi IPERTIROIDISMO  capelli molto sottili Alopecia  anemia cronica, intossicazione da metalli pesanti, ipopituitarismo, deficit nutrizionali Irsutismo  alterazioni endocrine (surrenali) Ispezione del letto ungueale: Linee di Beau  solchi trasversali (infezioni) Bande di Mees  bande biancastre (intossicazioni) Unghie di Lindsay  unghie a metà (ipoalbuminemia) Coilonichia  unghie a cucchiaio (anemia) Clubbing  ippocratismo digitale(insuff respir)

74 Cavo orale Ispezione delle labbra: Ispezione della lingua:
Colore  cianosi, anemia, teleangectasie, pigmentazioni Ispezione della lingua: Lingua a carta geografica Lingua nigra o villosa Lingua scrotale Glossite di Hunter (arrossata, disepitelizzata), di Plummer-Winson (atrofica) Grado di umidificazione Patologia  candidosi, leucoplachia, ulcerazioni, masse Ispezione dei denti Varianti

75 Decubito

76 Decubito Indifferente: in condizioni fisiologiche, l’individuo assume qualsiasi posizione senza trarne molestia Obbligato: Supino: coliche con interessamento peritoneale Prono: coliche senza interessamento peritoneale Laterale: Pleurite Paralisi emidiaframma Emotorace Bronchiectasie Colica Renale Semiseduto (ortopnoica)  mm. respiratori ausiliari Scompenso Cardiaco Asma Riduzione della superficie ventilatoria (polmonite, versamento pleurico, pneumotorace, epatomegalia, meteorismo, ascite, ecc)

77 Stato di nutrizione Bisogna, alla luce dell’elevatissima prevalenza della sindrome metabolica, educare già i nostri giovani ad una corretta alimentazione associata ad un adeguato esercizio fisico.

78 Stato di nutrizione Parametri da valutare:
Peso rapportato alla statura Pannicolo adiposo sottocutaneo Masse muscolari 1- Body Mass Index (B.M.I.) o Indice di Massa Corporea (I.M.C.) (muscolo): Sovrappeso > 25 Obesità > 30 Grande obesità > 40 2- Circonferenza addominale: (adipe addominale) < 102 cm maschi, < 88 cm femmine 50% del peso nell’uomo 36% del peso nella donna Peso corporeo in Kg (Altezza in m)2

79 Stato di nutrizione: calcolo BMI e circonferenza addominale

80 Il ruolo clinico della obesità addominale
Back Subcutaneous AT Visceral AT Unmet clinical need associated with abdominal obesity Abdominal obesity (measured by high waist circumference) represents a major health threat, as it often presents in association with a cluster of cardiometabolic risk factors. Indeed, 86% of abdominally obese subjects have one or more cardiovascular risk factors, and 24% have at least two additional cardiovascular risk factors that identify them as having the metabolic syndrome.1 Clearly, abdominal obesity signifies a marked increase in overall cardiovascular risk that is often driven by the progression of multiple risk factors. New approaches to the management of cardiovascular risk that address this complex pathophysiology are needed. 1. NHANES 1999– Data downloaded September 2004 using SAS software (Data on file)

81 Abdominal obesity and increased risk of cardiovascular events
The HOPE Study Tertile 1 Tertile 2 Tertile 3 Men Women <95 95–103 >103 <87 87–98 >98 Waist circ. (cm): 1.4 1.35 1.29 1.27 1.2 1.17 1.16 1.14 Adjusted relative risk 1 1 1 Abdominal obesity and increased risk of cardiovascular events This analysis from the Heart Outcomes Protection Evaluation (HOPE) study evaluated the effects of abdominal obesity (tertiles of waist circumference) on the risk of all-cause or cardiovascular death, or myocardial infarction in 6620 men and 2182 women followed for an average of 4.5 years. Results were adjusted for BMI, age, smoking, sex, previous MI, stroke, peripheral arterial disease, microalbuminuria, use of antiplatelet agents, diuretics, lipid-lowering agents, and anti-hypertensives, history of hypertension, diabetes, or total cholesterol >5.2 mmol/L, or HDL <0.9 mmol/L. The risk of cardiovascular death, MI, or death from any cause increased in line with increasing tertiles of waist circumference. These data from this major intervention study add to the growing database of evidence linking high waist circumference with a clinically significant increase in the risk of an adverse cardiovascular outcome. Dagenais GR, Yi Q, Mann JF, Bosch J, Pogue J, Yusuf S. Prognostic impact of body weight and abdominal obesity in women and men with cardiovascular disease. Am Heart J 2005;149:54-60. 1 0.8 CVD death MI All-cause deaths Adjusted for BMI, age, smoking, sex, CVD disease, DM, HDL-C, total-C Dagenais et al, Circulation 2005

82 Sistema linfoghiandolare superficiale

83 Generalità In condizioni normali i linfonodi superficiali non sono visibili nè palpabili Talora, nei soggetti molto magri, possono rendersi apprezzabili anche linfonodi superficiali, non patologici Nei bambini possono vedersi ed apprezzarsi linfonodi (soprattutto cervicali) non patologici

84 Sistema linfoghiandolare
Sedi anatomiche: Cervicale Ascellare Epitrocleare Inguinale Poplitea

85 Sistema linfoghiandolare
Linfonodi cervicali: Preauricolari e Retroauricolari: drenano viso, canale uditivo, cuoio capelluto Occipitali: drenano cuoio capelluto posteriormente Sottomadibolari: drenano viso ed cavo orale Sottomentonieri: drenano labbro inferiore, punta della lingua, pavimento bocca Cervicali anteriori: drenano cavo orale, tonsille, lingua, faringe e laringe Cervicali posteriori: drenano cuoio capelluto, orecchio, collo posteriormente Sopraclaveari: drenano torace (polmoni, mediastino) mammella, braccio, addome (stomaco, colecisti, rene, ovaie), testicolo

86 Proiezione superficiale delle catene linfonodali cervicali

87 Sistema linfoghiandolare
Linfonodi ascellari: Catena linfonodale ascellare anteriore, Drenano mammelle, braccio, avambraccio, mano Linfonodi epitrocleari: Apprezzabili tra il bicipite ed il tricipite ad avambraccio in posizione supina Infezione della mano, avambraccio, patologia linfonodale sistemica

88 Sistema linfoghiandolare
Linfonodi inguinali: Lungo il legamento inguinale inferomedialmente, in alto e medialmente rispetto alla vena femorale Frequente linfoadenopatia inguinale benigna, infezioni dei piedi, metastasi, linfomi Linfonodi poplitei: In profondità nel cavo popliteo Raramente apprezzabili, infezioni dei piedi

89 Sistema linfoghiandolare
Ispezione: Se molto voluminosi possono essere visibili nelle sedi anatomiche Cute sovrastante può essere arrossata Possono andare incontro a fenomeni di fluidificazione purulenta ed aprirsi all’esterno Possono essere sede di fistole o cicatrici

90 Sistema linfoghiandolare
Palpazione: Porre il malato nella posizione corretta Utilizzare i polpastrelli e le punte delle tre dita medie tenute a 45° gradi rispetto al piano cutaneo Mantenere costante il contatto con la cute (rende minimo il dolore e la sensazione di solletico) Eseguire piccoli movimenti concentrici delle dita lungo la catena linfonodale Procedere seguendo un ordine: collo, ascelle, epitroclea, inguine, poplite

91 Sistema linfoghiandolare
Posizione del paziente: Esame dei linfonodi cervicali: paziente seduto, braccia accanto al corpo, rilassate, capo eretto, rilassato Esame dei linfonodi ascellari: paziente seduto, braccia sollevate sopra la testa Esame dei linfonodi epitrocleari: paziente seduto o supino, avambraccio in posizione supina Esame dei linfonodi inguinali: paziente supino, arti inferiori distesi rilassati Esame dei linfonodi poplitei: paziente prono, arto inferiore flesso passivamente Posizione del medico: Esame dei linfonodi cervicali: di fronte al malato, talora di dietro, papazione contemporanea di entrambi i lati del collo Esame dei linfonodi ascellari: di fronte al malato, mano destra per palpare la ascella sinistra e viceversa Esame dei linfonodi epitrocleari: a lato destro Esame dei linfonodi inguinali: al lato destro del malato Esame dei linfonodi poplitei: dal lato destro del malato

92 Sistema linfoghiandolare
Palpazione: parametri da considerare Numero e grandezza (o volume) > di 1 cm, molto grandi se fusione di più linfonodi in pacchetti Forma (normalmente sono ovoidali) rotodeggiante, fusata, irregolare Superficie liscia, irregolare Consistenza parenchimatosa o elastica: flogosi molle: supporazione duro-elastica: linfomi, leucemie, lue duro-lignea: metastasi, TBC Dolorabilità dolenti nelle flogosi acute non dolorabili nelle metastasi, linfomi, lue Mobilità (mobilità rispetto alla cute e rispetto ai piani profondi) mobili linfomi, metastasi immobili nella TBC, metastasi avanzate

93 Sistema linfoghiandolare
Interpretazione: Linfonodi singoli o multpli in una unica sede anatomica: infezione locale, metastasi, neoplasia ematologica metastasi isolata sovraclaveare sinistra (linfonodo di Virchow-Troisier) da neoplasia dello stomaco, colecisti, rene, ovaio, testicolo Linfoadenopatia generalizzata: neoplasie ematologiche, malattie virali (virus di Epstain-Barr, citomegalovirus, HIV), toxoplasmosi, sarcoidosi, iatrogenica (difenilidantoina) Linfoadenopatia cervicale massiva: neoplasie ematologiche, iperplasia reattiva, HIV Linfonodi molli e fluttuanti: Infezione batterica, malattia da graffio di gatto, necrosi di metastasi Linfonodi adesi alla cute o ad altri tessuti: TBC, infezione rapidamente progressiva

94 Alterazioni della temperatura corporea (T.C.)

95 Generalità La T.C varia fisiologicamente in rapporto a:
Variazioni interindividuali Età del soggetto Riposo o attività fisica Stress emotivo Periodo del giorno Fase del ciclo mestruale Sede di misurazione: cavo orale, orecchio, ascella, retto

96 Modificazioni della TC
Elevazione della temperatura corporea Ipertermie: Periferiche: Da fattori ambientali: colpo di calore Da ipotermolisi: assenza di sudorazione Da ipertermogenesi muscolare: convulsioni, tossici (stricnina), tossine (tetano) Da ipertermogenesi cellulare: fattori endocrini, tossici Centrali: Nervose centrali reattivi riflesse: febbre Da arresto funzionale dei centri termolitici: neoplasie, traumi

97 Modificazioni della TC
Abbassamento della temperatura corporea Ipotermie: Periferica: Da perfrigerazione esogena: assideramento Da vasodilatazione paralitica: tossici, ustioni estese Da ipotermogenesi cellulare: tossica, endocrina, etc Centrale: Riflessi centrali, di origine colinergica: ipossia acuta, da fatica, convalescenza, fattori endocrini e tossici Da paralisi dei centri regolatori: coma, tossici, farmaci, cachessia)

98 Temperatura corporea Valori normali: Rettale: fino a 37,8°C
Orale: fino a 37,5°C Ascellare ed inguinale: fino a 37°C I valori della temperatura rettale ed orale sono più aderenti a alla temperaturra interna del corpo e risentono meno delle variazioni in rapporto a fattori esterni

99 Misurazione della temperatura corporea
Tecnica con termometro a mercurio (più accurata): Assicurarsi che la TC iniziale indicata dal termometro sia < 35° C (in caso contrario agitarlo per abbassare il valore) Sistemare correttamente il termometro nella zona del corpo prescelta (es. sotto la lingua nel caso del cavo) Assicurare una corretta posizione da parte del paziente (a riposo, non stringere il termometro tra i denti, braccio omolaterale alla misurazione passivamente addotto, cute asciutta, ecc) Rimuovere il termometro non prima di 4 min. (2 min. se misurata a livello rettale) evitando di scuoterlo

100 Misurazione della temperatura corporea nel bambino
Si consiglia di misurare la temperatura corporea per via rettale quando il bambino è piccolo e non riesce a stare tranquillo durante la misurazione per via esterna. Si deve utilizzare un termometro a mercurio, tenendo presente che il mercurio contenuto nell'estremità è tossico; è preferibile utilizzare un termometro prismatico, perché i termometri comuni hanno un'estremità più acuta e più fragile. Prima di iniziare la misurazione accertarsi che la temperatura indicata dal termometro sia inferiore a 36°C. Se si misura la temperatura rettale, il bambino deve essere steso sulla schiena o su un fianco, con le gambe piegate quasi ad angolo retto; il termometro va tenuto saldamente tra indice e medio e va inserito nel retto per 1-2 cm; le natiche devono essere tenute strette intorno al termometro; aspettare 1-2 minuti e dopo aver estratto il termometro, leggere la temperatura e scalare di mezzo grado. Se il bambino presenta dei disturbi intestinali è meglio evitare di misurare la temperatura rettale, per evitare di irritare l'intestino e perché la temperatura potrebbe risultare erroneamente superiore a quella reale a causa dell'infiammazione delle mucose

101 Classificazione della febbre
Normale: temperatura ascellare < 37° C Febbricola: 37,8-38° C Febbre moderata: > 38,5° C Febbre elevata: > 39,5 ° C Iperpiressia > 40° C In caso di febbre, registrare sistematicamente la TC nel corso delle 24 ore (ore 8, 12, 16, 20) Seguirne l’andamento nel corso dei giorni

102 Febbricola Temperatura che non supera i 37,8-38° C
Febbricola seròtina (serale)

103 Febbre Aspetti funzionali La entità della risposta febbrile varia
da individuo ad individuo dalla causa che la ha determinata La febbre è variabile per: modalità di insorgenza andamento nella fase di stato andamento nella fase di sfebbramento per lisi: abbassamento graduale fino alla nomalizazzione (es. tifo) per crisi: abbassamento brusco nell’arco di poche ore (polmonite) con profusa sudorazione La elevazione termica è spesso > nella prima infanzia La elevazione termica può essere < nell’anziano e nel soggetto debilitato (segno prognostico sfavorevole)

104 Febbre: classificazione
In base al decorso della curva termica nella fase di stato si distinguono: Febbre continua: costante, le oscillazioni nelle 24 ore non superano il grado Febbre remittente: le oscillazioni nelle 24 ore superano il grado senza raggiungere lo sfebbramento Febbre intermittente: le oscillazioni nelle 24 ore scendono al di sotto di 37° Febbre ricorrente: alternanza di periodi febbre elevata, della durata di alcuni giorni, con periodi di apiressia Febbre ondulante: periodi di giorni di febbre con graduali ascese e discese

105 Febbre continua Febbre costante, le oscillazioni nelle 24 ore non superano il grado

106 Febbre: classificazione
In base al decorso della curva termica nella fase di stato si distinguono: Febbre continua: costante, le oscillazioni nelle 24 ore non superano il grado Febbre remittente: le oscillazioni nelle 24 ore superano il grado senza raggiungere lo sfebbramento Febbre intermittente: le oscillazioni nelle 24 ore scendono al di sotto di 37° Febbre ricorrente: alternanza di periodi febbre elevata, della durata di alcuni giorni, con periodi di apiressia Febbre ondulante: periodi di giorni di febbre con graduali ascese e discese

107 Febbre remittente le oscillazioni nelle 24 ore superano il grado senza raggiungere lo sfebbramento

108 Febbre: classificazione
In base al decorso della curva termica nella fase di stato si distinguono: Febbre continua: costante, le oscillazioni nelle 24 ore non superano il grado Febbre remittente: le oscillazioni nelle 24 ore superano il grado senza raggiungere lo sfebbramento Febbre intermittente: le oscillazioni nelle 24 ore scendono al di sotto di 37° Febbre ricorrente: alternanza di periodi febbre elevata, della durata di alcuni giorni, con periodi di apiressia Febbre ondulante: periodi di giorni di febbre con graduali ascese e discese

109 Febbre intermittente le oscillazioni nelle 24 ore scendono al di sotto di 37°

110 Febbre: classificazione
In base al decorso della curva termica nella fase di stato si distinguono: Febbre continua: costante, le oscillazioni nelle 24 ore non superano il grado Febbre remittente: le oscillazioni nelle 24 ore superano il grado senza raggiungere lo sfebbramento Febbre intermittente: le oscillazioni nelle 24 ore scendono al di sotto di 37° Febbre ricorrente: alternanza di periodi febbre elevata, della durata di alcuni giorni, con periodi di apiressia Febbre ondulante: periodi di giorni di febbre con graduali ascese e discese

111 Febbre ricorrente alternanza di periodi febbre elevata, della durata di alcuni giorni, con periodi di apiressia

112 Febbre: classificazione
In base al decorso della curva termica nella fase di stato si distinguono: Febbre continua: costante, le oscillazioni nelle 24 ore non superano il grado Febbre remittente: le oscillazioni nelle 24 ore superano il grado senza raggiungere lo sfebbramento Febbre intermittente: le oscillazioni nelle 24 ore scendono al di sotto di 37° Febbre ricorrente: alternanza di periodi febbre elevata, della durata di alcuni giorni, con periodi di apiressia Febbre ondulante: periodi di giorni di febbre con graduali ascese e discese

113 Febbre ondulante periodi di giorni di febbre con graduali ascese e discese

114 Manifestazioni associate alla febbre
Sintomi: astenia, cefalea, malessere generale, brividi (spesso prima della comparsa della febbre) dolori osteo-muscolari anoressia, disturbi digestivi Segni: aumento della frequenza cardiaca e respiratoria arrosamento della cute sudorazione più o meno profusa sonnolenza o agitazione delirio, stupore, coma convulsioni (neonati o bambini)

115 Cause di febbre Malattie infettive e batteriche Parassitosi Emopatie
Tifo, salmonella, brucella, TBC, virus, mononucleosi, epatiti, leptospiria, processi supporativi profondi, pielonefrite, malattia reumatica, ecc Parassitosi Malaria, tripanosomiasi, leishmania Emopatie Linfomi, mieloma, leucemie Tumori Tutti soprattutto apparato digerente e rene Altre Malattie endocrine Trombosi venose Collagenopatie Lesioni traumatiche dei tessuti con stravasi di sangue Necrosi tessutale da iscemia Emolisi Affezioni cerebrali Simulazione

116 Cartella clinica

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121 FISIOPATOLOGIA, SEMEIOTICA E METODOLOGIA CLINICA
Corso integrato di FISIOPATOLOGIA, SEMEIOTICA E METODOLOGIA CLINICA anno 2006/2007 Prof.Claudio Borghi Dip.Medicina clinica e Biotecnologia Applicata “D.Campanacci”

122 Dispepsia, nausea e Vomito

123 Josè Perez “The internist”

124 Dispepsia

125 Dispepsia Con il termine dispepsia si intende una serie di manifestazioni cliniche (distensione epigastrica, pirosi, rigurgito, nausea, ecc) riferibili a disfunzioni digestive a vario livello, ma prevalentemente attribuibili ad una alterata funzione gastrica (secretiva e/o motoria).

126 Dispepsia: aspetti generali
Epidemiologia: 5% delle visite in medicina generale 50% delle visite specialistiche GE (USA)

127 Dispepsia: Classificazione
Dispepsia primitiva: gastrica Dispepsia secondaria: patologia digestiva extragastrica patologia extradigestiva Dispepsia con substrato morfologico Dispepsia senza substrato morfologico (forma“funzionale”) Dispesia semplice (pura) Dispesia complessa (plurideterminata)

128 Patogenesi della dispepsia
Inibizione motoria Stress Sensibilità aumentata Aumento degli stimoli afferenti Alterazione del SNA Alterazione della motilità Motilità alterata & Sensibilità aumentata DISPEPSIA Infiammazione di basso grado ± infezione da HP . 128

129 Cause di dispepsia-1 Dispepsia primitiva: “gastrica”:
Gastriti,duodeniti esofagiti ulcera neoplasie

130 Cause di dispepsia-2 Dispepsia secondaria: patologia digestiva:
epatopatie croniche colecistopatie croniche appendidicite cronica pancreatite cronica alterazioni flora batterica intestinale malassorbimento patologia extradigestiva: scompenso cardiaco congestizio insufficienza respiratoria cronica insufficienza renale cronica iatrogenica (farmaci) tabagismo alcolismo

131 Cause di Dispepsia-3 Dispepsia funzionale: Helicobacter pylori
Disordini della motilità gastrointestinale Diete incongrue Fattori psicologici e sociali Reflussi biliari entero-gastrici

132 % di pazienti con dispepsia
Cause di Dispepsia Williams 1988 Stanghellini 1996 Heikkinen (n=1386) (n=1057) (n=766) % di pazienti con dispepsia Cancro gastrico Ulcera peptica Esofagite Dispepsia funzionale 132

133 Dispepsia: Cause Funzionali
Helicobacter pylori Causa di ulcera peptica Il ruolo nella dispepsia non ulcerosa è controverso. La prevalenza dell’infezione da HP nella dispepsia non ulcerosa è del 35-50%. La prevalenza dei sintomi dispeptici è superiore nei pazienti infettati rispetto alla popolazione non infetta. HP causa ipersecrezione acida gastrica. HP causa, secondo alcuni, un ritardato svuotamento gastrico. Alcuni pazienti HP+ traggono beneficio dalla terapia eradicante.

134 Dispepsia: cause funzionali
Disordini della motilità con ritardato svuotamento gastrico nel 50% dei pazienti con dispepsia funzionale (anche in assenza di infezioni da HP). <Non correlazione con la tipologia dei sintomi Reflusso biliare duodeno-gastrico Caratterizzato dalla presenza di bile nello stomaco gastrite da reflusso Conseguente all’assunzione di farmaci antiinfiammatori non steroidei Fattori Psicologici e rapporto con eventi stressanti Substrato ansioso-depressivo Patofobia Dieta Fumo, alcol, grassi (rapporti non ben definiti, importanza della suscettibilità individuale). Allergie alimentari (?)

135 Dispepsia: sintomi generali
Sintomi di accompagnamento: Sensazione di digestione prolungata Bocca amara, lingua impaniata Epigastralgia, eruttazioni Vomito Turbe dell’alvo: Flatulenza o metorismo Dolore addominale Alterazione dei caratteri delle feci Torpore o sonnolenza (soprattutto post-prandiale) Cefalea Aritmie cardiache

136 Dispepsia: sintomi e tipologie
Tipologie cliniche: ulcer-like dyspepsia: sintomi tipici dell’ulcera dolore e bruciore epigastrico, prevalentemente a digiuno, ad andamento periodico, alleviato dal pasto o da antiacidi, eventualmente associato a nausea e vomito. reflux-like dyspepsia: sovrapponibili ai sintomi del reflusso gastroesofageo dolore e bruciore epigastrico e retrosternale peggiorato dall’assunzione di pasti grassi e alcol, associato a rigurgiti. dysmotility-like dyspepsia: eruttazioni, sazietà precoce, nausea, distensione addominale, a volte vomito post-prandiale. non specific dyspepsia: sintomi variabili nel tempo e non inquadrabili in nessuno dei sottogruppi precedenti.

137 Nausea e Vomito

138 Nausea e vomito Nausea: Conati di vomito: Vomito
sensazione di “disgusto per il cibo” e, talora, di vomito imminente; è associata ad ipomotilità gastrica ed ipertono vagale Conati di vomito: tentativi abortiti di vomito, a glottide chiusa, che precedono l’atto del vomito Vomito espulsione forzata del contenuto gastrointestinale attraverso la bocca è un importante meccanismo di difesa nei confronti di sostanze nocive introdotte nel canale alimentare ma, spesso, è espressione di una malattia del canale alimentare o di altri organi od apparati

139 Nausea: inquadramento
Sintomi di accompagnamento scialorrea sudorazione tachicardia ipotensione ipertono vagale Cause psicogene organiche (malattie TD, terapia radiante, farmaci, malattie epato-biliari, insufficienza renale)

140 Cause di vomito-1 Cause gastroenterologiche:
Gastroenteriti infettive e tossiche Malattie infiammatorie intraperitoneali: Ostruzione meccanica gastrointestinale: pilorica del piccolo intestino Disordini motori gastrointestinali: gastroparesi diabetica neuropatie e miopatie viscerali pseudo-ostruzione intestinale amiloidosi ileo paralitico

141 Cause di vomito-2 Cause non gastroenterologiche Cause iatrogeniche:
farmaci interventi chirurgici Cause endocrino – metaboliche: gravidanza uremia diabete, etc Cause neurologiche o psichiche: ipertensione endocranica emicrania emozioni, ansia disordini del comportamento alimentare labirintiti Cause varie: alcolismo IMA affezioni della faringe, tosse

142 Vomito: aspetti semeiologici
Distinguere da rigurgito e ruminazione. Valutare il rapporto con i pasti: se post-prandiale la causa è più spesso gastrointestinale. I vomiti metabolici e neurologici non hanno rapporti. Valutare i sintomi di accompagnamento da ipertono vagale. Il vomito da ipertensione endocranica non è associato a nausea, scialorrea, sudorazione. Caratteristiche del vomito: “esplosivo”, colore (sangue!). Insorgenza acuta o preceduta da sintomi gastrointestinali.

143 Fisiopatologia vomito-1
Potente contrazione intestinale che si trasmette in senso retrogrado dal digiuno all’antro gastrico con reflusso del contenuti alimentari e delle secrezioni bilio-pancreatiche dall’intestino allo stomaco Rilasciamento del fondo gastrico con spostamento del contenuto gastrico in prossimità dello sfintere esofageo inferiore Contrazione contemporanea dei muscoli addominali e del diaframma Contrazione del piloro e rilasciamento dello sfintere esofageo inferiore che si sposta dalla posizione intra-addominale e passa nella cavità toracica (temporanea ernia iatale) e favorisce il passaggio del materiale gastrico nell’esofago Il corpo esofageo si comporta passivamente consentendo la risalita fino alla bocca che si apre e consente la loro emissione all’esterno

144 Fisiopatologia vomito-2
Muscoli addominali ed il diaframma si rilasciano Residui alimentari, acido cloridrico e dagli atti deglutitivi inducono la comparsa di contrazione peristaltiche esofagee che consentono l’allontanamento di sostanze irritanti Contrazioni peristaltiche di grande ampiezza e frequenza a livello dell’antro gastrico e dell’intestino tenue consentono il trasporto nelle porzioni più distali dell’intestino delle secrezioni gastriche, biliari, pancreatiche ed enteriche residue

145 Meccanismi coinvolti nel riflesso del vomito
Il centro del vomito (sostanza reticolare del midollo allungato) coordina gli impulsi afferenti da diverse aree recettoriali e gli impulsi emetogeni ai muscoli coinvolti nel riflesso emetico L’area conatogena (CTZ, chemorec. trigger zone, area postrema pavimento IV ventricolo) rileva la presenza di sostanze emetogene (es. chemioterapici, digitale, apomorfina, dopamina) e trasmette l’informazione al centro del vomito

146 NAUSEA E VOMITO: indagine semeiologica
Caratteristiche associati a stimoli come alimenti specifici, odori, attività o particolari momenti della giornata ? e’ presente prima o dopo l’assunzione di cibo ? quante volte al giorno compare il vomito ? quale è il colore, l’odore, e la consistenza del vomito? Fattori associati: c’è febbre, cefalea, astenia o diarrea ? calo ponderale ? Anamnesi generale Pregresse patologie del tratto GI, ulcera, neoplasie, patologie colecistiche ?

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149 FISIOPATOLOGIA, SEMEIOTICA E METODOLOGIA CLINICA
Corso integrato di FISIOPATOLOGIA, SEMEIOTICA E METODOLOGIA CLINICA anno 2006/2007 Prof.Claudio Borghi Dip.Medicina clinica e Biotecnologia Applicata “D.Campanacci”

150 Diarrea e stipsi

151 Diarrea

152 Definizione Quadro clinico caratterizzato dall’aumento della quantità di massa fecale eliminata giornalmente Può esprimersi come: Incremento della frequenza delle scariche giornaliere (> 3/die) Aumento del contenuto fecale in toto (> 200 g/die) Eliminazione di feci con eccessivo contenuto di liquidi La diagnosi dipende dalla definizione di normalità (sia in senso qualitativo che quantitativo) che è molto variabile! Valori normali: Emissioni: 1,5 volte/die Massa: g/die Contenuto idrico: 60-75% della massa fecale

153 Diarrea: fisiopatologia
Fisiologia del trasporto e dell’assorbimento dei liquidi intestinali Liquidi intestinali = 9 l/die Secrezione salivare gastrica, pancreatica biliare, intestinale 7 l/die Cibi e bevande assunti per os 2 l/die

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157 Diarrea: caratteristiche
Acuta dura da meno di 4 settimane: Infezioni o parassitosi Intossicazioni alimentari, intolleranze, allergie Cronica dura da più di 4 settimane: Infiammatorie: Es. colite ulcerosa, morbo di Crohn Non infiammatorie Es. colon irritabile

158 Diarrea acuta Fisiopatologia
Aumentata secrezione intestinale (enterotossine, mediatori infiammazione, neurotrasmettitori Diminuito assorbimento intestinale (distruzione epitelio intestinale e atrofia villosa, infiammazione mucosa colica) Aumentata secrezione e diminuito assorbimento (tossina colerica aumentata secrezione intestinale e diminuito assorbimento colico)

159 Diarrea cronica Fisiopatologia
Presenza di soluti non assorbibili e osmoticamente attivi nel lume intestinale (diarrea osmotica) Aumentata secrezione attiva intestinale da cause tossiche (es.colera) o infiammatorie acute o croniche (diarrea secretoria o essudativa) Alterazioni della parete intestinale e perdita della superficie assorbente (m.infiammatorie croniche intestinali o neoplasie) Alterata motilità intestinale (es.neuropatia intestinale o s.colon irritabile) (diarrea motoria)

160 Diarrea osmotica Deficit primitivi od acquisiti di enzimi (es.disaccaridi) Ingestione di sostanze osmoticamente attive (mannitolo, sorbitolo, lattulosio, ecc) Malassorbimento generalizzato di vari nutrienti (osmoticamente attivi) Campieri ed Al, Manuale di Fisiopatologia Medica

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162 Diarrea secretoria Sostanze che agiscono a livello endoluminale attivando modo improprio i mediatori intracellulari di pompa ionica (tossina colerica, inappropriata secrezione di VIP, sindrome di Zollinger Ellison, s. da carcinoide) Meccanismi infiammatori generali (azione sui meccanismi di trasporto cellulare da parte di alcuni mediatori della infiammazione) Campieri ed Al, Manuale di Fisiopatologia Medica

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165 Diarrea essudativa Qualunque meccanismo che venga a ledere la mucosa intestinale (lesioni di tipo macroscopico o microscopico) : Malattie infiammatorie croniche intestinali Infezioni da microrganismi invasivi Tumori Campieri ed Al, Manuale di Fisiopatologia Medica

166 Diarrea da alterata motilità
Qualunque meccanismo che interagisca con la fisiologica funzione motoria del tubo digerente Malattie endocrine Malattie del sistema nervoso centrale Danno diretto dei plessi nervosi intraparietali Diabete con neuropatia S.da colon irritabile Campieri ed Al, Manuale di Fisiopatologia Medica

167 Diarrea: sintomi associati
Febbre Nausea e vomito Dolori addominali Distensione addominale Flatulenza Urgenza dell’evacuazione Tenesmo anale Sangue evidente Muco

168 Diarrea: approccio anamnestico
Da quanto tempo è insorta la diarrea ? Rappresenta un cambiamento nelle abitudini dell’alvo ? E’ presente diarrea notturna ? Cosa peggiora o migliora la diarrea ? C’è stato calo ponderale ? Il paziente ha assunto antibiotici ? Il paziente ha di recente effettuato viaggi in paesi stranieri ? (Messico, Sud America, Africa, e Asia sono paesi con elevato rischio di diarrea del viaggiatore). Il paziente vive un momento di particolare stress o ansietà?

169 Diarrea cronica Intestino irritabile
causa di visita medica nel 50% dei pazienti con problemi intestinali diagnosi per esclusione prevalenza nel sesso femminile (20-40 anni) storia di lunga durata diarrea notturna assente sintomi e segni sistemici assenti aumento frequenza defecazioni con volume giornaliero < 200 g negli anziani escludere problemi di incontinenza fecale

170 Diarrea: approccio semeiologico
Determinare la frequenza delle evacuazioni, la consistenza, il colore, la quantità, l’odore delle feci. Valutare l’eventuale presenza nelle feci di muco pus materiale indigerito

171

172

173 Stipsi

174 Stipsi: Generalità Il termine stipsi viene utilizzato per indicare vari disturbi: Evacuazione rara, infrequente Difficoltà alla espulsione delle feci Emissione di feci dure e/o scarse Sensazione di incompletezza e/o persistente gonfiore addominale al termine dell’evacuazione Combinazione di questi disturbi

175 Stipsi: definizione ed epidemiologia
La stipsi o stitichezza (“constipation”) non è una malattia, ma un sintomo di svariate alterazioni organiche o funzionali dell’intestino o, talvolta, di malattie extraintestinali. Definizione: < 2 evacuazioni settimanali feci caprine o nastriformi in almeno il 25% delle evacuazioni tenesmo e sensazione di incompleto svuotamento in almeno il 25% delle evacuazioni Epidemiologia: 2,5 milioni di visite annuali negli USA aumentata frequenza negli anziani, nel sesso femminile, nelle classi sociali meno agiate

176 Stipsi:Fisiologia della defecazione
Fattori determinanti la fisiologia della defecazione adeguato volume e normale consistenza delle feci normale riflesso rettale di svuotamento normale motilità intestinale normale sensibilità ano-rettale

177 Stipsi: Aspetti fisiopatologici
Alterazioni funzionali della motilità del colon e della motilità ano-rettale Stipsi colica Stipsi rettale o espulsiva Stipsi atonica Stipsi spastica

178 Stipsi: Cause Alimentari: Inadeguato apporto di fibre e di acqua
Funzionali: colon irritabile Endocrine: ipotiroidismo, iperparatiroidismo, diabete mellito Psicologiche Squilibrio idro-elettrolitici Iatrogene: (abuso di lassativi, anticolinergici, oppiacei) Neuropatie intestinali: (malattia di Chagas, malattia di Hirschsprung) Neuromuscolari: (paralisi, lesioni spinali o sacrali, sclerosi multipla) Patologie anorettali: (emorroidi, ragadi, cancro, ascessi, fistole) Ostruzione meccanica: cancro, infiammazione cronica, ischemia cronica, endometriosi, ernie e volvolo, neoplasie della cavità addomino-pelvica (es.ovaie)

179 Stipsi: inquadramento obiettivo
Aspetti clinici - Anamnesi Anamnesi generale e richiesta al paziente su che cosa intenda esattamente quando riferisce la stipsi stabilire la tipologia della stipsi insorgenza acuta variazioni di una stipsi cronica o recente stipsi cronica stabile

180 Stipsi: approccio anamnestico
Anamnesi: Familiarità per CCR (cancro colorettale) Caratteristiche: Frequenza delle evacuazioni, consistenza e colore delle feci? C’è stata una modificazione nelle abitudini dell’alvo? Se sì, è stata graduale o improvvisa? Ci sono stati cambiamenti nella dieta o nei comportamenti? Il paziente è stressato? C’è stata una modificazione nell’attività fisica? L’orario della defecazione è cambiato? Il paziente usa farmaci? Ci sono sangue o muco tra o sulle feci? E’ presente dolore addominale?

181 Stipsi: inquadramento obiettivo
Aspetti clinici - Anamnesi Anamnesi generale e richiesta al paziente su che cosa intenda esattamente quando riferisce la stipsi stabilire la tipologia della stipsi insorgenza acuta variazioni di una stipsi cronica o recente stipsi cronica stabile

182 Stipsi: inquadramento obiettivo
Rapporto tra sintomi e meccanismi patogenetici distensione (dolore) addominale feci dure e piccole assenza dello stimolo alla defecazione stenosi organica o rallentato transito feci sottili o nastriformi sensazione di resistenza, sensazione di svuotamento incompleto, dolore durante la defecazione, svuotamento “digitale”, tenesmo patologia ano-rettale feci piccole dolore risolto dalla defecazione stipsi alternata a diarrea sensazione di incompleto svuotamento colon irritabile

183 Stipsi: Obiettività delle feci
Sangue nelle feci che indica una patologia causa di sanguinamento intestinale. tratto digestivo superiore: nero catrame (melena) tratto digestivo inferiore: sangue rosso vivo (rettorragia, ematochezia) sanguinamento colico: sangue frammisto alle feci sanguinamento rettale o anale: striature di sangue sulle feci o sulla carta igienica . Steatorrea: feci malformate: untuose, grasse, dal cattivo odore, che si attaccano al water (mal.pancreatiche, biliari) Feci acoliche (cretacee): Ostruzione biliare Presenza di muco o pus: colite ulcerosa, coliti infettive, tumori villosi Piccole, secche, dure: ostruzione e disidratazione Ad aspetto simil marmoreo: sindrome del colon irritabile

184 Stipsi: esame obiettivo
Semeiotica fisica distensione addominale peristalsi visibile ragadi prolasso perineale prolasso rettale diminuita mobilità del perineo Ispezione ipertimpanismo massa addominale dolorabilità addominale “corda colica” Palpazione stenosi ano-rettale ipertono a riposo o durante ponzamento dolore massa rettale presenza di sangue Esplorazione rettale

185 Occlusione intestinale da neoplasia della flessura splenica

186 Stipsi e neoplasie intestinali
Sintomi “allarme”: recente insorgenza insorgenza all’età > 40 anni variazione di stipsi cronica dimagramento ematochezia, anemia, sanguinamento occulto massa palpabile familiarità per tumore del colon fallimento dei trattamento convenzionali


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