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PubblicatoNerezza Campana Modificato 10 anni fa
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Pianta infestante: una specie che, non rivestendo alcuna funzione utile per l'uomo, va a danneggiare le produzioni agricole entrando in competizione o parassitizzando queste ultime. In senso più ampio il concetto può essere esteso, oltre che alle piante infestanti i campi coltivati, anche alle piante che, crescendo in città in maniera incontrollata, accentuano il problema delle allergie o fanno percepire come "sporco" o degradato il luogo ove crescono. Non esiste un vero e proprio elenco di piante infestante: alcune piante utili o coltivate possono divenire infestanti nel momento in cui cessa la loro funzione di utilità per l'uomo.
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Le infestanti possono essere:
piante perenni, che si riproducono in modo vegetativo, oppure che permangono nel terreno per diversi anni: gramigna, vilucchio, cardo; piante annuali, più spesso, che si riproducono da seme, spesso con un forte potenziale riproduttivo: amaranto, papavero, avena selvatica, veronica , stellaria, ecc.. Le infestanti sono caratterizzata da: una grande longevità, dipendente da una forte resistenza al disseccamento e all’assenza di ossigeno anche in caso di interramento profondo, grazie all'impermeabilità all'acqua e all'aria del loro tegumento; la presenza nel suolo in grandi quantità, da 20 a 400 milioni di semi per ettaro a una profondità tra 10 e 15 cm.: la flora di superficie sarebbe costituita dal 5 al 10% di questo stock.
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E’ indispensabile conoscere il ciclo biologico della pianta in modo da scegliere la strategia di controllo più efficace ed economica, ed il momento ottimale di attuazione. In un'area di produzione determinata, il numero delle principali specie di infestanti da conoscere si aggira attorno alla trentina. Alcune specie sono spesso associate a determinate colture: chenopodio e amaranto alle barbabietole, veronica ai cereali, ecc. Il riconoscimento è ancor più importante nel caso che il controllo sia effettuato evitando l'utilizzo di mezzi chimici, ad esempio in agricoltura biologica.
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Erbicidi Totali: distruggono tutte le specie; Selettivi: distruggono le piante dannose per diversi meccanismi di assorbimento, traslocazione e attivazione della molecola erbicida; Fogliari: assorbiti da foglie e parti verdi della pianta; Residuali: assorbiti attraverso radici, ipocotile; Fogliali e residuali:
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La nocività delle infestanti:
concorrenza per la radiazione solare, l'acqua e i nutrienti: le infestanti si alimentano a danno delle colture. Il peso di questa concorrenza è in funzione della natura delle infestanti, della loro densità, dell'influenza della concimazione e delle condizioni climatiche favorevoli al loro sviluppo. deprezzamento della raccolta, in presenza di frammenti di infestanti che diminuiscono la qualità della produzione, o di chicchi di infestanti, come la morella o la carie, che possono alterarne il sapore o indurre effetti tossici. La presenza di ranuncoli, di equiseto, di felci, di colchico nelle specie erbacee stoccate o raccolte a secco e non sono consumate fresche dagli animali, può provocare incidenti. Il chenopodio può creare intasamenti nelle macchine al momento della raccolta delle barbabietole Lo sviluppo di parassiti e di malattie può essere favorito dal microclima creato da infestanti invasive, o dal fatto che esse costituiscono un serbatoio o un rifugio per virus, batteri, funghi, acari o insetti.
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L'uso sconsiderato di erbicidi per controllare lo sviluppo delle infestanti ha portato a casi di inquinamento delle acque di superficie e di quelle sotterranee da parte delle sostanze chimiche in essi contenute, in particolare quelle appartenenti alla famiglia delle triazine (per questa ragione, gli erbicidi appartenenti a questo gruppo sono vietati, in Francia). La possibilità di sviluppo di colture di mais transgenico resistente ad alcuni erbicidi suscita interrogativi. Impiegati nel rispetto delle buone pratiche agricole, questi OGM possono ridurre l'impatto ambientale grazie all'utilizzo di erbicidi molto meno tossici. Tuttavia un utilizzo non ragionato dei diserbanti può indurre ulteriore inquinamento delle acque. I diserbanti sono sostanze utilizzate per il controllo delle piante infestanti. Gli erbicidi più comuni sono composti chimici di sintesi, spesso xenobiotici ossia chimicamente estranei, disaffini, ai composti naturalmente presenti negli esseri viventi. È in questi termini che si pone il problema dell'impatto ambientale dell'utilizzo di erbicidi in agricoltura, ma non solo: erbicidi sono impiegati per uso civile, e addirittura se ne può citare l'uso militare
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L'evoluzione degli erbicidi è partita da sostanze chimiche ad azione diserbante grossolana (ad es. sali d'arsenico, acido perclorico, clorato di sodio e acido solforico), il cui impiego non si è - fortunatamente - mai diffuso vista anche l'epoca interessata (primo dopoguerra). Negli anni si sono prodotte molecole sempre più selettive ed efficaci (i primi erbicidi di sintesi nel 1941, nati in Inghilterra per uso bellico: 2,4-D l'acido-2,4,5-triclorofenossiacetico, miscela conosciuta come agente arancio, ed MCPA), la cui continua ricerca è stata ed è incrementata anche e soprattutto dall’insorgere di fenomeni indesiderati di inquinamento e di selezione di una flora infestante resistente.
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Alcuni di questi composti hanno una struttura tale da poter essere degradati più o meno velocemente: questo si spiega con la similarità di queste molecole con quelle di composti naturali (che ne garantisce quindi una trasformazione metabolica principalmente da parte di microrganismi) o con la loro instabilità chimica o fotochimica nell'ambiente. In relazione alla loro recalcitranza alla degradazione e alla loro dinamica nell'ecosistema si può andare incontro a fenomeni di accumulo negli esseri viventi, o a deriva ambientale per volatilizzazione, dilavamento, percolamento. Un caso esplicativo può essere quello dell’atrazina, principio attivo erbicida in uso dalla seconda metà 50 ai 60 a supporto del vertiginoso aumento delle rese agricole conseguito in quegli anni.
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Le triazine sono composti eterociclici azotati, formati da un anello esa-atomico con alternanza di atomi di carbonio e azoto con gruppi sostituenti in posizione 2 (un atomo di cloro, un gruppo S-CH3, OH oppure O-CH3) e in posizione 4 e 6 con gruppi alchilici (etilammina, isopropilammina, terbutilammina). Uno dei composti cloro-triazinici più pericolosi è l’Atrazina, introdotta nel 1958 come erbicida per il controllo di infestanti appartenenti al gruppo delle dicotiledoni e utilizzata prevalentemente nelle coltivazioni di mais, sorgo e canna da zucchero. E' un erbicida ad adsorbimento radicale e, in misura minore, fogliare. Viene trasportato per via xilematica e agisce a livello del fotosistema II, inibendo il trasporto di elettroni. Il suo impiego è stato vietato su tutto il territorio nazionale dal 1992 (con Decreto del Ministero della Sanità del 18 marzo 1992, n.705/910) dopo diversi episodi di contaminazione di falde idriche, ma viene ancora prodotta ed utilizzata in molti paesi Europei e negli Stati Uniti (più di 38 milioni di Kg venduti ogni anno).
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La fitotossicità può esplicarsi sull'organo a diretto contatto con l'erbicida o sui diversi organi, grazie alla capacità che certi composti hanno di traslocarsi con il flusso xilematico e/o floematico. Altra classificazione divide gli erbicidi in composti antigerminello, che impediscono la germinazione delle infestanti; di pre-emergenza, che colpiscono l'infestante allo stadio di plantula annullandone di fatto lo sviluppo prima che possa competere con la specie coltivata; di post-emergenza, che eliminano l'infestante già sviluppata. Gli erbicidi di pre-emergenza, proprio in virtù del compito a loro richiesto, tendono ad essere tutti composti residuali, caratteristica svantaggiosa per l'ambiente.
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I meccanismi di azione sono classificati in funzione dell'enzima o del passaggio biochimico che viene alterato dall'erbicida: - Inibitori dell' ACCasi, enzima attivo nella produzione dei lipidi di membrana, agiscono sul sistema meristematico. - Inibitori dell' enzima ALS, responsabile della produzione di aminoacidi quali valina, leucina e isoleucina, agiscono sul sistema meristematico. - Inibitori degli enzimi ESPs, attivi nella produzione degli aminoacidi triptofano, fenilalanina, tirosina, agiscono sull'intera pianta. - Inibitori del Fotosistema II, riducono il flusso di elettroni dall'acqua al NADPH durante la fotosintesi legando il sito per la Qb sulla proteina D2, impedendone il legame e favorendo l'accumulo di elettroni sulla clorofilla producendo reazioni di ossidazione che danneggiano la pianta. - Auxine sintetiche, interferiscono sui naturali regolatori della crescita della pianta.
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L’atrazina viene prodotta industrialmente mediante reazioni successive del cloruro di cianurile con isopropilammina e del composto intermedio con monoetilammina. Il principio attivo è una polvere incolore poco solubile in acqua (28 mg/L a 20°C), viene venduto in preparati commerciali contenenti il 50-80% del principio miscelato con altre polveri inerti. Il prodotto commerciale viene impiegato come dispersione acquosa e agisce come diserbante in pre- e post-emergenza. Nonostante la sua solubilità non sia molto elevata, l'atrazina ha dimostrato avere una elevata persistenza ambientale con conseguente inquinamento sia di acque superficiali che di falda. Questo è dovuto sia alle elevate dosi con cui viene impiegata (1,5-2 Kg per ettaro per ogni applicazione) sia alla capacità di stabilire dei legami forti con i colloidi organici presenti nella frazione argillosa del terreno. Ciò determina il lento e continuo rilascio della sostanza e il suo rinvenimento nelle acque anche a distanza di anni dal suo impiego.
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Un altro motivo che contribuisce ad aumentare la persistenza ambientale sia dell'atrazina, sia delle altre clorotriazine è dovuto alla difficoltà degli organismi biodecompositori nel metabolizzare queste sostanze. L'atrazina è una sostanza pericolosa per la salute umana. Attualmente non è ritenuta essere una sostanza cancerogena, ma sono stati pubblicati alcuni studi che hanno evidenziato l'insorgere di danni all'ovario di criceti, mentre altri studi sugli anfibi hanno evidenziato come questa molecola produca interferenze sull'equilibrio degli ormoni sessuali determinando un effetto femminilizzante.
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Il controllo si può attuare con l'ausilio di pratiche agronomiche, lavorazioni meccaniche, interventi con mezzi fisici, chimici, biologici o attraverso l'azione combinata di quelli citati. Esistono due metodi, per controllare le infestanti: quello diretto e quello indiretto. Quello indiretto (preventivo), consiste nell'evitare che i semi delle infestanti possano entrare nel campo coltivato, la disseminazione, quindi, si può evitare, mediante: Il controllo degli incolti, ad esempio carraie o fossi. Diminuire l'utilizzo dei letami Curare la pulizia delle macchine. Controllare sempre la purezza della semente, che non sia contaminata da semi o frammenti di piante infestanti.
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Tra gli erbicidi più utilizzati oggi nel mondo ci sono:
- Glifosati, non selettivi, utilizzati in colture resistenti modificate geneticamente per resistere ai suoi effetti, sono inibitori degli ESPs; 2,4-D appartenente al gruppo dei fenossiacidi è attualmente il più usato nel mondo. Impiegato nelle colture di cereali miscelato con altri erbicidi, non selettivo, agisce come auxine sintetiche; Imazapyr, non selettivo, usato per il controllo di una vasta gamma di infestanti e Imazapic, selettivo, usato in pre e post-emergenza, agiscono inibendo la produzione di alcuni aminoacidi ramificati necessari per la crescita della pianta; Clopyradil, Picoram (della famiglia delle piridine) e Dicamba agiscono su infestanti a foglia larga, sono delle auxine sintetiche; - Metolachlor, utilizzato in pre-emergenza nelle colture di sorgo e cereali in sostituzione dell'atrazina; - Paraquat, erbicida molto tossico impiegato per la distruzione delle piantagioni di marijuana e coca. L'Agente Orange fu invece una potente miscela di erbicidi ad effetto defoliante, impiegato dall'esercito degli Stati Uniti durante la guerra in Vietnam (2,4,5-T, 2,4-D, picloram) con effetti tossici causati probabilmente dalla contaminazione da diossine.
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Pethoxamide è attualmente inserita in Annex I e risulta registrata in numerosi Paesi Europei sulle principali colture estensive (mais, soia, girasole). Pethoxamide agisce come le altre sostanze attive appartenenti alla stessa famiglia (cloroacetamidi), inibendo la biosintesi degli acidi grassi e delle proteine, interrompendo così la divisione cellulare e l’allungamento dei tessuti. Pethoxamide risulta molto efficace sulle principali infestanti graminacee (Digitaria spp., Echinochloa crus-galli, Poa annua, Setaria spp., Sorghum halepense, Panicum miliaceum, Panicum spp.) e su numerose dicotiledoni (Galinsoga parviflora, Lamium spp., Matricaria spp., Amaranthus spp., Ambrosia spp., Chenopodium spp., Datura stramonium, Solanum nigrum, Stellaria media, Polygonum spp., Portulaca oleracea, Abuthilon theophrasti, Papaver rhoeas, Poligonum aviculare)
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La ricerca oggi mira a ridurre l'uso di questi composti, sintetizzandone di nuovi più rispettosi dell'ambiente; studiando nuove formulazioni e coadiuvanti; sperimentando bioerbicidi (come ad esempio l'aceto di vino o alcuni funghi parassiti delle infestanti); promuovendo buone pratiche agricole che mirino ad un uso corretto dei composti erbicidi ammessi, a prevenirne il più possibile l'uso o a sostituirli con pratiche alternative (ad es. pirodiserbo)
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