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Due paradigmi a confronto (cfr. Caffi, 2009:22)
Paradigma formale Una lingua è un insieme di frasi La funzione primaria della lingua è l’espressione del pensiero Il correlato psicologico di una lingua è la competenza La sintassi è autonoma rispetto alla semantica e entrambe sono autonome rispetto alla pragmatica Paradigma funzionale Una lingua è uno strumento della interazione sociale La funzione primaria della lingua è la comunicazione Il correlato psicologico di una lingua è la competenza comunicativa La pragmatica è la cornice al cui interno si collocano sintassi e semantica: la semantica è subordinata alla pragmatica e la sintassi alla semantica
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La Teoria degli atti linguistici Austin e Searle
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Performatività (da to perform)
La messa a fuoco della dimensione pragmatica del linguaggio umano si deve ai filosofi: Già Aristotele distingueva tra frasi apofantiche e frasi semantiche Nel Novecento la riflessione pragmatica si deve a: Wittgenstein, Austin, Searle, Grice La teoria degli atti linguistici distingue un livello proposizionale da un livello pragmatico: il significato di un enunciato non coincide con la sua rappresentazione semantica o con il suo contenuto proposizionale
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Cosa facciamo quando parliamo?
La lezione è cominciata alle 14,15 Chi vuole fare l’esame nel primo appello? Fate attenzione! Bene, promosso! Ti prometto che ne terrò conto Scommetto che ti darà la lode Ti consiglio di ripensarci Mi scuso per l’errore Battezzo questa nave Queen Elizabeth Vietato fumare Cane feroce
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I verbi performativi segnalano lo svolgimento
di un atto linguistico Asserire, stimare, ordinare, scommettere, giurare, dichiarare, domandare, salutare, licenziare, dimettersi, battezzare ecc. La loro presenza in un atto linguistico implica l’esecuzione dell’azione che evocano. Sono verbi che alla prima persona del presente indicativo fanno quello che dicono e dicono quello che fanno (Caffi, p. 37) Condizioni di funzionamento del performativo: prima persona singolare, tempo presente (necessità di ancoraggio al contesto di enunciazione: discorso, cfr. Benveniste)
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Forma canonica del performativo
Prima persona singolare, verbo in forma attiva, indicativo presente Esempi: Scommetto…, battezzo..., dono..., dichiaro..., prego… E però: vietato fumare!; I viaggiatori sono pregati di servirsi del sottopassaggio; Chiudi la porta! sono performativi pur non rispettando la forma canonica, mentre: Asserisco che c’è il sole, è in forma canonica ma non è un performativo.
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Teoria dell’azione comunicativa
Austin, Performativo e constatativo (1958) Con gli enunciati assertivi si dice qualcosa Con gli enunciati performativi (che contengono un verbo performativo) si fa qualcosa, o meglio si fa quello che si dice e si dice quello che si fa. Condizioni di buona/cattiva riuscita: Constatativo: verità/falsità Performativo: felicità/infelicità
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Condizioni di buona riuscita
A) Competenze relative alla procedura convenzionale accettata, che deve includere certe persone in certe circostanze, il loro atto di pronunciare certe parole e la loro rispettiva appropriatezza B) Rispetto della procedura, che deve essere eseguita in modo corretto e completo C) Stati interni del parlante coerenti con la procedura eseguita e comportamenti conseguenti coerenti
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Infelicità Invocazioni indebite (violazione della condizione A)
Rispetto all’oggetto o all’interlocutore: Invocazioni indebite (violazione della condizione A) Colpi a vuoto Atto preteso ma nullo Rispetto alla forma: Esecuzioni improprie (violazione della condizione B) Abusi Rispetto al parlante: Atto ostentato ma vacuo (Violazione della condizione C)
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Invocazioni indebite: una delle condizioni di proferimento non viene rispettata (persone, momento, procedure): ad esempio si battezza un pinguino; si scommette qualcosa senza che ci sia qualcuno che scommette il contrario Esecuzioni improprie: ad esempio un cerimoniale (matrimonio, giuramento) non realizzato completamente ma interrotto per qualche motivo esterno (esempio giuramento di Obama, ) Abuso: quando l’enunciato viene formulato senza sincerità (non si hanno sentimenti, pensieri, intenzioni corrispondenti), oppure non è seguito da un agire coerente: ad esempio: “mi congratulo!” quando non penso che sia un’azione lodevole; oppure “benvenuto!” e poi tratto la persona come un intruso.
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Anche gli assertivi rispondono a condizioni di felicità
Austin, How to do things with worlds (1962): Parlare comporta compiere azioni di tipo sociale, regolate da convenzioni spesso tacite. Tali convenzioni comprendono “condizioni di felicità”, che devono cioè essere soddisfatte dal contesto in cui l’enunciato è proferito. Anche l’atto linguistico assertivo risponde a condizioni di felicità che, se violate, possono decretarne il fallimento. Tra le condizioni di felicità di un atto assertivo c’è il riferimento, in assenza del quale l’atto assertivo non può avere un valore di verità.
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I livelli di descrizione dell’atto linguistico
Austin, How to do things with words (Come far cose con le parole), 1962 (postumo): dire qualcosa equivale a compiere tre atti simultanei: Locutorio: atto del dire qualcosa, equivale a pronunciare una certa frase con un certo significato (in senso tradizionale). Comprende l’atto di emettere certi suoni (fonetico), l’atto di proferire vocaboli appartenenti a un certo lessico e a una certa grammatica (fatico), l’atto di usare questi vocaboli con un senso e un riferimento più o meno definiti Illocutorio: atto nel dire, modo in cui deve essere interpretato ciò che si dice (forza); dimensione comunicativa convenzionale: la forza illocutoria è esplicitabile attraverso forme messe a disposizione da una lingua naturale. Perlocutorio: atto col dire, ciò che otteniamo o riusciamo a fare con le parole (dimensione non convenzionale). Distinzione tra obiettivo perlocutorio (connesso alla illocuzione) e seguiti perlocutori (non necessariamente legati alla illocuzione)
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un relatore può chiedere silenzio al suo uditorio:
Distinzione tra atto illocutorio e atto perlocutorio, tra intenzione illocutiva e forza illocutiva superficiale. Ciò che facciamo col dire può restare identico pur variando ciò che facciamo nel dire. Esempio un relatore può chiedere silenzio al suo uditorio: Non verbalmente, osservando con aria severa e seccata gli astanti Con una domanda: potete fare silenzio? Con una asserzione: sembra il mercato Con un’esortazione: facciamo silenzio! Con un ordine: fate silenzio! Con una esclamazione: che chiacchiera!
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Forza illocutoria Funzione comunicativa convenzionale e contestualizzata (es. domanda, ordine, promessa, consiglio, preghiera, ecc.) Elemento di novità introdotto da Austin. Mette a fuoco i diversi modi in cui il linguaggio è azione
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Significato letterale e forza
“Questo Paese deve essere unito, e se non l’unisce la persuasione lo farà la spada” (Convenzione Federale di Filadelfia, 1787, discussione sulla futura Costituzione degli Stati Uniti) Che tipo di atto è ? Constatazione oppure Avvertimento, minaccia Giuseppe ama i suoi libri come figli Asserzione Consiglio (restituire il libro al più presto)
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Indicatori di forza illocutoria
Indicatori lessicali Verbi illocutori Forme di intestazione: Convocazione, Nomina, Autorizzazione, Domanda, Avviso Espressioni frasali (per favore) Indicatori sintattici Modo verbale: imperativo e le sue funzioni: Giura di dire la verità (imperativo=direttivo) vs Tu giuri di dire la verità (indicativo=assertivo); augurio: divertiti!; offerta: prendilo pure!; istruzioni: prendete un Kg di farina…. Passivo: vietato fumare!; I viaggiatori sono pregati di servirsi del sottopassaggio; la seduta è tolta; Lei è licenziato! Forma impersonale: si prega di riagganciare; Con la presente la S.V. è convocata; si avverte che i trasgressori saranno puniti Tempo verbale: es.futuro (promessa: verrò); imperfetto (volevo solo chiedere..)
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Indicatori prosodici Tono della voce Enfasi Esempio: Vieni da noi
Può avere diverse forze: Ordine Domanda Richiesta gentile Esclamazione di stupore
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Austin: tipi di atti linguistici in relazione a verbi illocutivi
Verdettivi: emissione di un verdetto, un giudizio, una valutazione (giudicare, stimare, valutare, calcolare) Esercitivi: esercizio di poteri, diritti, influenza (ordinare, raccomandare, lasciare in eredità, licenziare, votare per, avvertire, consigliare) Commissivi: assumere un impegno (promettere, scommettere, avere intenzione di, proporre, giurare, opporsi, acconsentire) Comportativi: legati ad atteggiamenti e comportamenti sociali (scusarsi, congratularsi, sfidare, ringraziare, dare il benvenuto, augurare, benedire, maledire) Espositivi: usati nel discorso nella esposizione di un modo di vedere: illustrare opinioni, portare avanti discussioni, chiarificare usi e riferimenti (affermare, negare, rispondere, domandare, dedurre, definire, concludere).
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Atti linguistici e frame
In una prospettiva cognitiva complessa ciascun lessema può essere considerato come la manifestazione in superficie di sottostanti schemi concettuali e narrativi, scene prototipiche, che costituiscono il suo contesto standard di riferimento, cioè lo sfondo che permette di comprenderne il significato e regolarne l’uso. La più tradizionale analisi del lessico viene così riformulata saldando la singola forma linguistica ad un determinato frame, che a sua volta apre l’accesso ad un sottostante livello di natura non linguistica (scena), relativo a forme di organizzazione e strutturazione dell’esperienza con tratti di regolarità che possono essere descritti e in qualche modo previsti.
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Radici filosofiche, sociologiche e psicologiche del concetto di frame
L’idea che ogni comprensione dell’esperienza si inscriva in sistemi di riferimento categoriali o schemi mentali necessari per orientare il pensiero attraversa una lunga tradizione filosofica, da Aristotele a Kant, a Frege. Nella ricerca contemporanea la nozione di frame o schema ha cominciato a diffondersi a partire dagli anni Settanta in due diversi orizzonti di discussione, una sociologica, l’altra cognitivo-psicologica.
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Nell’indirizzo sociologico e antropologico il termine, introdotto da Gregory Bateson – e poi adottato da Dell Hymes e Erving Goffman e dall’etnografia del linguaggio – serve a individuare un livello metapragmatico, e cioè l’insieme dei segnali metacomunicativi che indicano in quale chiave vada interpretato un certo messaggio (dunque un’accezione interazionale). Qui il frame individua una scena di interazione prototipica derivata da strutture sociali e culturali
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Nell’indirizzo della psicologia cognitiva e dell’intelligenza artificiale (Marvin Minsky) la nozione di frame è assunta in riferimento a una molteplicità di dimensioni, relative al modo con cui la nostra conoscenza del mondo si struttura nella dimensione dello spazio: contesto di riferimento, partecipanti, attività mentali e sensomotorie. Schank e Abelson (1977) hanno poi introdotto il concetto di script, relativo invece alla dimensione temporale (sequenze temporali prototipiche di determinate situazioni).
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Linguistica del frame È con Charles Fillmore (Frame Semantics, in The Linguistic Society of Korea (ed.), Linguistics in the Morning Calm, Seoul, Hanshin, pp ) che il concetto viene adottato nella riflessione linguistica e sviluppato in una teoria semantica. Su questa base poi Lakoff ha sviluppato la riflessione sui frame in una direzione che va al di là della pura teoria cognitiva del linguaggio, mostrandone le possibili applicazioni a contesti politico-sociali e mediatici. Basti pensare ai due recenti testi di George Lakoff di taglio divulgativo su mente, linguaggio e politica: Non pensare all’elefante, Roma, Fusi orari 2006 (ed. or. 2004) e Pensiero politico e scienza della mente, Milano, Mondadori, 2009 (ed. or. 2008).
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Searle
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Influenza della linguistica chomskiana
Più chiara distinzione tra contenuto proposizionale e forza illocutoria: Una stessa forza può essere innestata su contenuti proposizionali diversi Forze illocutorie diverse possono avere lo stesso contenuto proposizionale Test della negazione: è possibile negare separatamente la forza o il contenuto proposizionale
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Chiamami alle otto (Ti chiedo (piano illocutivo) di chiamarmi alle otto (piano locutivo)) atto enunciativo (locutorio): sequenza fonica e atto proposizionale; atto illocutivo: forza illocutiva, intenzione del parlante: richiesta (direttivo) atto perlocutivo: effetto, comportamento conseguente dell’interlocutore. Possibilità di negare il livello locutivo (proposizionale) o illocutivo (la forza) Non ti chiedo di chiamarmi alle otto Ti chiedo di non chiamarmi alle otto
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Dimensioni fondamentali di variazione degli atti illocutori
Scopo dell’enunciato Indurre qualcuno a fare (credere/dire) qualcosa Impegnarsi in un’azione futura Rappresentare qualcosa Direzione del vettore di adattamento tra parole e mondo Adattamento delle parole al mondo (asserzioni) Adattamento del mondo alle parole (promesse, ordini) Stato psicologico del parlante Credenze del parlante (asserzioni) Intenzione di azione (promettere, minacciare) Desiderio di azione da parte del destinatario (richiesta, ordine)
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Energia o intensità con cui è presentato lo scopo illocutorio
Andiamo al cinema? Voglio andare al cinema Influenza delle differenze di status e posizione del parlante sulla forza illocutoria dell’enunciato Ruolo della simmetria/asimmetria tra parlanti in relazione ad un comando o a una richiesta Necessità o meno di determinate condizioni extra-linguistiche Sciogliere le camere laureare
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Tipi di atti linguistici
per Searle rappresentativi – Scopo: impegno del parlante nei confronti della verità della proposizione espressa (asserire, concludere ecc.). Stato psicologico: credenza. (=espositivi e verdittivi di Austin) direttivi – Scopo: il parlante tenta di indurre l’interlocutore a fare qualcosa (interrogare, richiedere, avvertire, ordinare, comandare, supplicare ecc.). Stato psicologico: volere o desiderio (= esercitivi di Austin). commissivi – Scopo: impegno del parlante a fare qualcosa nel futuro (promettere, minacciare, offrire ecc.). Stato psicologico: intenzione. (=commissivi di Austin) espressivi – Scopo: esprimere uno stato psicologico (ringraziare, scusarsi, salutare, lamentarsi, congratularsi ecc.). Stato psicologico: emozioni e stati intenzionali diversi (vedi i comportativi di Austin) dichiarativi – Scopo: provocare cambiamenti immediati in uno stato di cose istituzionale, far sì che una cosa avvenga dichiarando che essa avviene (scomunicare, licenziare, battezzare, dichiarare guerra ecc.). La performatività torna ad essere un tratto specifico di alcuni verbi, cfr. Benveniste, verbi dichiarativi
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Funzioni di status e atti dichiarativi
Secondo Searle (Creare il mondo sociale. La struttura della civiltà umana, Cortina, 2010), tutti i fatti istituzionali e dunque le funzioni di status (che Barack Obama sia il presidente degli Stati Uniti, aggiornare una seduta, ecc.) sono creati da atti linguistici dichiarativi.
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Direzione di adattamento
Atti rappresentativi Parole mondo Il test più semplice per sapere se un atto linguistico ha direzione di Adattamento parola-a-mondo è chiedersi se sia vero o falso.
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Direzione di adattamento
Atti direttivi Parole mondo
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Direzione di adattamento
Atti commissivi parole mondo
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Direzione di adattamento
Atti dichiarativi parole mondo J. A. Searle, Mind, Language and Society, 1998; trad. it. Mente, Linguaggio, società, Cortina, 2000.
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Atti dichiarativi Combinano la direzione di adattamento parola-a-mondo con quella mondo-a-parola. Sono i casi in cui modifichiamo la realtà per farla corrispondere al contenuto proposizionale dell’atto linguistico e, in tal modo, otteniamo la direzione di adattamento parola-a-mondo. Ma, questa è la parte straordinaria, riusciamo a fare ciò perché rappresentiamo la realtà come cambiata. Le dichiarazioni cambiano il mondo dichiarando che uno stato di cose esiste, e nel dichiararlo, costituiscono quello stesso stato di cose”. (Searle, Creare il mondo sociale, Cortina 2010 (ed. or. 2010), p. 12-3)
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Con l’eccezione importantissima del linguaggio, tutta la realtà istituzionale – dunque in un certo senso l’intera civiltà umana – è creata da atti linguistici che hanno la stessa forma logica delle dichiarazioni. La tesi di Searle è che tutta la realtà istituzionale è creata e mantenuta in esistenza da (certe rappresentazioni che hanno la stessa forma logica delle) dichiarazioni di funzione di status, inclusi i casi in cui non ci sono atti linguistici con la forma esplicita delle dichiarazioni. Le regole costitutive sono dichiarazioni permanenti (ivi, pp.13-4)
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Regole costitutive e regole regolative
La maggior parte delle regole regolano comportamenti preesistenti: “guidare sul lato destro della strada” stabilisce come si guida negli Stati Uniti, ma l’attività di guidare un auto esiste indipendentemente da tale regola. La forma caratteristica di queste regole è “fai X”. Alcune regole non solo regolano ma creano la possibilità stessa del comportamento: ad esempio le regole degli scacchi costituiscono il gioco. La forma caratteristica di queste regole è “X ha valore di Y nel contesto C”. Perché un pezzo di carta (X) abbia valore di banconota (Y) sono necessarie regole costitutive, in primo luogo regole costitutive sull’aver valore di banconota; in secondo luogo regole costitutive sulla validità delle banconote.
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Corrispondenza tra atti linguistici e stati intenzionali
I primi quattro tipi di atti linguistici hanno analoghi esatti tra gli stati intenzionali: agli assertivi corrispondono le credenze ai direttivi i desideri ai commissivi le intenzioni agli espressivi l’intera gamma di emozioni e gli stati intenzionali in cui l’adattamento presupposto è dato per scontato. Ma non ci sono entità prelinguistiche analoghe alle dichiarazioni. Gli stati intenzionali prelinguistici non possono creare fatti nel mondo rappresentando questi fatti come già esistenti. Questo tratto degno di nota richiede il linguaggio (Searle 2010:90).
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Atti linguistici indiretti
Atti in cui la funzione non corrisponde alla forma. Un atto illocutorio viene eseguito indirettamente attraverso l’esecuzione di un altro atto linguistico. Ad esempio la funzione del direttivo è svolta da una forma affermativa, propria dell’atto rappresentativo. Es. Credo che il treno stia partendo Direttivo (ti consiglio di andare) in forma di rappresentativo (con verbo di atteggiamento con funzione attenuativa) (mitigazione, cfr. Benveniste: verbi di atteggiamento proposizionale) Quante volte v’ho detto, all’uno e all’altro, che i frati bisogna lasciarli cuocere nel loro brodo? I Promessi Sposi, cap. XVII Affermazione (rappresentativo/verdettivo) nella forma di domanda (retorica) Le strutture superficiali di un tipo di forza illocutiva sono utilizzate per raggiungere scopi direttamente legati ad un altro tipo di forza. Negli atti linguistici indiretti il parlante comunica all’ascoltatore più di quanto effettivamente non dica. Logica della cortesia
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Gli atti linguistici indiretti lasciano al destinatario la scelta del modo di intendere l’enunciato, tramite una implicatura conversazionale, e sono meno impositivi. Viene perciò privilegiato l’essere indiretti a scapito della chiarezza, perché offre delle alternative e non pone il destinatario in una posizione di inferiorità. Quando due persone interagiscono linguisticamente negoziano non solo il significato di ciò che si dicono ma anche la loro relazione
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Critiche e prospettive
Attenzione centrata prevalentemente sulle intenzioni del parlante. Occorre indagare la relazione tra gli atti linguistici e i loro effetti (trasformazioni del contesto) (Gazdar e Sbisà). Molte ricerche si sono mosse sul terreno degli scopi perlocutori (far credere, far fare, far dire). Il modello searliano è a un posto: c’è solo un parlante che ha intenzione di compiere un certo atto linguistico e in esso si esprime. L’ascoltatore resta in una posizione puramente recettiva. Necessità di una riflessione sugli aspetti interazionali dell’uso del linguaggio (negoziazione tra parlante e ascoltatore)
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Necessità di una contestualizzazione della nozione di forza illocutoria nell’indagine di vari tipi di comportamento sociale e culturale: indagini che si occupano del problema delle somiglianze e delle differenze tra lingue e culture diverse. Ricerche di pragmatica interculturale e contrastiva (cfr. Gumperz, Il sapere socioculturale nell’inferenza conversazionale)
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Prospettive di indagine
logiche : in che modo una teoria linguistica può essere connessa a una teoria dell’azione? etiche : quali diverse responsabilità comporta la presa di parola ? socioetnologiche : in quali atti linguistici una data comunità si riconosce tipologico-testuali : quali atti linguistici sono costitutivi di quali tipi di testo. Il testo, nella sua unità ed eterogeneità, può essere considerato come una macro-illocuzione. Gli atti linguistici possono essere realizzati da sequenze più ampie della frase.
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Grice
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Cosa vuol dire comunicare?
Produrre intenzionalmente certi effetti (credenze e azioni) su qualche altro essere umano, e far sì che il destinatario riconosca le intenzioni comunicative dell’emittente. E’ essenziale che l’intenzione del parlante sia riconosciuta dall’interlocutore: raggiungere lo stato di conoscenza reciproca di una intenzione comunicativa è essere riusciti a comunicare (Bazzanella 2005:171) La comunicazione è per Grice essenzialmente la produzione intenzionale, razionale e trasparente da parte di un emittente di credenze e azioni in un destinatario (Cosenza 1997: 12)
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Logica della conversazione (Grice, Logic and conversation, 1967)
Intenzione riflessiva Parlante A Ascoltatore B Comprensione: riconoscimento delle intenzioni di A
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Significato e intenzionalità
Significato del parlante (Snn): BY AX Con l’espressione x A intende indurre in B la credenza y attraverso il riconoscimento da parte di B della intenzione di A
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Significato dell’enunciato e significato del parlante
Codificazione del collegamento tra specifiche espressioni linguistiche e certe intenzioni comunicative Usi ironici, metaforici, atti linguistici indiretti: allontanamento dalla norma codificata. Il parlante vuole fare intendere altro da quanto dice esplicitamente
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Significato letterale e non letterale
Analisi dell’implicito, del non-detto: come si può calcolare il significato del parlante e di ciò che si vuole intendere quando non coincide con il significato dell’enunciato e con ciò che si dice? Come si possono riconoscere le intenzioni del parlante in un quadro di razionalità?
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Principio di cooperazione
Conforma il tuo contributo conversazionale a quanto è richiesto, nel momento in cui avviene, dall’intento comune accettato o dalla direzione dello scambio verbale in cui sei impegnato. Presupposto: condivisione di uno scopo La conversazione è un’attività sociale razionale regolata, basata sul principio di cooperazione e il possesso di uno scopo comune (Grice, Logica e conversazione. Saggi su intenzione, significato e comunicazione, il Mulino, 1993; ed. or. 1989)
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Massime conversazionali
Quantità Dai un contributo tanto informativo quanto è richiesto Non dare un contributo più informativo di quanto è richiesto Qualità Tenta di dare un contributo che sia vero Non dire ciò che credi falso Non dire ciò di cui non hai prove adeguate Relazione Sii pertinente Modo Sii perspicuo: Evita l’oscurità di espressione Evita le ambiguità Sii breve Sii ordinato nell’esposizione
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Il significato delle massime
Non vogliono essere una sorta di galateo linguistico, così come il principio di cooperazione non è un principio etico, ma tentano di descrivere i requisiti ideali di un uso efficace della lingua negli scambi comunicativi e nell’insieme esprimono un principio di cooperazione generale.
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Pragmatica e retorica Nelle massime si ritrovano le nozioni proposte dalla retorica classica come requisiti di una comunicazione efficace: la prima è l’equivalente del quantum opus est e del quantum satis est; la seconda allude alla verosimiglianza della retorica classica; la terza era stata sviluppata dalla retorica classica nelle casistiche relative alla narrazione e alla argomentazione: non divagare (anche se le digressioni sono parte delle strategie retoriche centrate sul mantenimento dell’attenzione) relativamente alla quarta, gli accostamenti sono molti: la perspicuitas era considerata una delle virtù dell’eloquenza, così la brevitas (figura di pensiero); sull’ambiguità gli antichi retori hanno molto discusso (Mortara Garavelli, Manuale di Retorica, il Mulino, 1994, pp ). Su pragmatica e retorica: F. Venier, Il potere del discorso, Retorica e pragmatica linguistica, Carocci, 2008
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Punti di orientamento in una interazione cooperativa e razionale
1. Quantità: ci si aspetta un contributo alla interazione commisurato alla richiesta (né più né meno); 2. Qualità: ci si aspetta un contributo autentico, non falso, menzognero; 3. Relazione, connessa al grado di congruenza fra i contributi: ci si aspetta un contributo pertinente alla fase della interazione; 4. Modalità: ci si aspetta che il contributo sia esplicito, eviti ambiguità, confusioni.
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Possibili violazioni delle massime
Non esplicita (intenzione di ingannare) Uscita esplicita dal raggio di azione della massima e del principio di cooperazione (es. “questo è tutto quello che posso dire”: reticenza) Conflitto tra il rispetto di una massima (ad es. della Quantità) e quello di un’altra (ad es. del Modo): tra richiesta di esaustività e criterio di economicità Ostentazione della violazione: implicatura conversazionale, tipo di inferenza intenzionale, esterna al contenuto semantico dell’enunciato.
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Il problema degli impliciti
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Dire senza dire L’efficacia della comunicazione consiste spesso nel lasciare una certa quantità di informazione nell’implicito: sia nel rappresentare che nello stabilire relazioni tra gli interlocutori non tutto viene linguisticamente esplicitato (Ducrot, Dire et ne pas dire, 1972): Atti linguistici indiretti, implicature, presupposizioni, linguaggio figurato, tempi verbali. In questione non è la componente proposizionale del discorso ma il senso che il ricevente è chiamato a ricostruire --> possibili effetti di manipolazione ideologica.
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Implicatura Concetto centrale in pragmatica
Spiegazione di come sia possibile intendere più di quanto effettivamente si dice Inferenza dipendente dalle attese dei partecipanti alla interazione
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Violazione delle massime e implicature
Quando il parlante viola una massima, l’interlocutore cerca, sulla base del principio di cooperazione, di giustificare tale violazione attraverso una implicatura che consiste nell’inferire da un enunciato credenze/pensieri/affermazioni non esplicitati dal parlante.
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Implicatura convenzionale
Legata all’impiego di certe parole, dotate di più significati (es.: “e”, con valore di congiunzione e di avversativo: E proprio tu me lo dici? E sai che sforzo! Implicatura conversazionale Occasionale, legata al contesto di enunciazione Ha origine nei principi generali che regolano l’interazione comunicativa Minimalismo semantico
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Implicature convenzionali
Possono derivare da un’implicatura conversazionale ripetuta nel tempo. Esempio: l’uso avversativo della congiunzione e scaturisce dal fatto di utilizzarla laddove sarebbe sufficiente la semplice enunciazione in sequenza di due eventi. Se sottolineo con un elemento linguistico la concomitanza temporale è perché ho lo scopo di metterla in risalto. Vedi anche il caso di mentre (dal valore temporale al valore avversativo) Sta piovendo e non ho l’ombrello E le stelle stanno a guardare
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Ma con funzione controargomentativa (Ducrot 1972): ciò che viene dopo il ma va in una direzione opposta a quella che ci si aspetta: Es. Caffi: La ragazza di Marco è bella ma intelligente Giulio è ricco ma generoso Senza esplicitarlo il ma implica nel primo caso che le ragazze belle sono stupide, nel secondo che i ricchi sono avari
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E e Ma all’inizio del titolo
E quella notte scomparve l’Urss Ma la Borsa argentina vola (La Repubblica ) Ma i falchi del Cavaliere ora agitano lo spettro del ‘94 (la Repubblica, ) E lunedì scioperano i bancari E adesso si salvi chi può (Il manifesto ) E in Italia vacilla il secondo pilastro (La Repubblica, Affari e finanza ) Ma in questa crisi ha fallito lo Stato
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Implicatura generalizzata
Tra la quantificazione universale (tutti) e quella esistenziale (alcuni, certi) più informativa è la prima: Se è vero che Sono tutti bravi E’ vero anche che Alcuni sono bravi Tuttavia il ricorso al quantificatore esistenziale implica la negazione della prima Alcuni sono bravi Dunque: non tutti sono bravi (implicatura generalizzata)
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Implicature conversazionali
Inferenze prodotte dagli interlocutori a partire dal presupposto del rispetto del principio di cooperazione e delle massime conversazionali: quando le massime non vengono rispettate, gli ascoltatori ricercano un livello più profondo sulla cui base, con un procedimento inferenziale, poter calcolare il significato inteso dal parlante (significato occasionale).
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B.C’è una VW gialla davanti alla casa di Anna (Levinson 1985:114)
Es. A.Dov’è Carlo? B.C’è una VW gialla davanti alla casa di Anna (Levinson 1985:114) La risposta di B è apparentemente incoerente (violazione della massima della relazione), ma segnala un intento cooperativo: rispondere pur non possedendo informazioni sufficienti. Una donna è una donna, è una donna, è una donna (pubblicità di un profumo) Violazione della massima della quantità e suggerimento di un senso diverso Lettera di presentazione redatta da un docente per uno studente, con ridotto contenuto informativo (violazione della massima di quantità: reticenza)
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Implicature e figure retoriche
La riflessione sul detto non-detto consente di spiegare anche la figuralità come ostentazione di un non dire, mette in luce cioè la funzionalità argomentativa delle figure Tautologia, ironia, metafora, litote, eufemismo, e iperbole (tutte tropi, cioè trasferimenti di significato da un elemento a un altro) possono essere rilette in termini di implicatura.
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Implicature connesse alla massima di Quantità
1. Rendi il tuo contributo tanto informativo quanto è richiesto 2. Non rendere il tuo contributo più informativo di quanto è richiesto
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G. Ferrara, Il Giornale, Di Rosa Russo Jervolino so poco. So quanto basta Davide Boni, intervistato a Radio 24, , h 8,20 D: Speranze di vittoria, ci sono? R: Guardi, noi abbiamo l’indicazione di portare la partita fino in fondo
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Tautologia La tautologia (“la guerra è guerra”) è totalmente non informativa, perciò è una evidente violazione della massima della Quantità. È dunque informativa a livello di ciò che si implica, e il fatto che l’ascoltatore identifichi il loro contenuto informativo a questo livello dipende dalla sua abilità di spiegare il fatto che il parlante abbia selezionato questa particolare tautologia. R. Zaccaria, U, Poi le elezioni sono andate come sono andate.
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Litote La litote è violazione sia della massima della Quantità che della massima della Qualità. Già Fontanier (Le figure del discorso, ) descriveva la litote come “l’arte di mostrare di attenuare, mediante l’espressione, un pensiero di cui si vuole conservare tutta la forza. Si dice meno di ciò che si pensa; ma si farà intendere più di quanto si dica”. La forza di cui parla Fontanier è l’eccedenza di senso, il plusvalore comunicativo, che caratterizza il livello retorico dell’enunciazione. (Mortara Garavelli, Manuale di retorica, il Mulino, p. 179). L’esempio di Grice è “Sapendo che un tale ha spaccato tutti i mobili, dire di lui “Era un po’ brillo” In questo caso si può però parlare di eufemismo
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Belpietro, Libero, Il governo non attraversa uno dei suoi periodi migliori, come sempre accade ad un esecutivo a metà legislatura, quando è esaurita la luna di miele e gli elettori ancora non vedono gli effetti delle decisioni prese (Litote+presupposizioni). Paolo Rodari, Il Foglio, , p. 5 La notizia non è di poco conto . La comunità cistercense, infatti, è una presenza storica a Roma (implicatura convenzionale) […] +Tematizzazione esplicita della violazione della massima della Quantità: […]C’è un dispaccio vaticano che parla di «problemi nella conduzione della comunità». Mentre diverse voci anonime riferiscono di rapporti di amicizia «non del tutto ortodossi» tra alcuni monaci. Che può significare tanto ma anche nulla
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2. Non rendere il tuo contributo più informativo di quanto è richiesto
2. Non rendere il tuo contributo più informativo di quanto è richiesto. La quantità di informazione fornita non deve essere eccessiva rispetto agli scopi della comunicazione: Il riferimento all’etnia nel caso di attori criminali può attivare l’implicatura che i cittadini provenienti da un certo paese siano tendenzialmente criminali
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Pleonasmo La massima della Quantità viene violata anche dal pleonasmo, ridondanza stilistica retoricamente marcata: distrae l’attenzione e complica il discorso con il rischio di renderlo equivoco (Se a me mi cambia l’editore, a me non me ne importa nulla: da un intervista televisiva a Montanelli, , cit. in Mortara Garavelli 1988:297) Analoga al pleonasmo è la perissologia: l’enunciazione sovrabbondante e superflua di informazioni già espresse o implicate dal senso di ciò che si sta dicendo, perifrasi che fa zavorra, ridondanza che disturba la comunicazione invece di favorirla. Come amplificazione stilisticamente e semanticamente giustificata, la perissologia si manifesta in figure della sinonimia e dell’accumulazione (Mortara Garavelli, 1988:121-2)
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Implicature secondo la Qualità
La massima della Qualità può essere violata in molti modi: Se l’informazione impartita non ha lo status di attendibilità che deriva dall’avere giustificazioni (prove o ragioni adducibili a sostegno) Se il contributo si presta a una interpretazione contraddittoria ed è impossibile costruire un quadro coerente della informazione fornita Se c’è il sospetto che il parlante non eviti con sufficiente rigore di dire cose che ritiene false La comprensione cooperativa legge cooperativamente le potenziali contraddizioni, in modo che non risultino tali.
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Delegare una enunciazione a un’altra fonte enunciativa implica una violazione della massima della Qualità. Ad esempio nelle recensioni di un libro, di un film, di uno spettacolo: “Al pubblico è piaciuto” (implicatura: “non del tutto a me”): il distanziamento dalla responsabilità enunciativa implica che non condivido pienamente il giudizio. Interpretabile anche come enallage: sganciamento dell’origine deittica dalle coordinate personali e spazio-temporali. Ma la violazione può essere interpretata anche come indicativa di una scarsa autoconsiderazione dell’enunciatore, che non ritenendosi sufficientemente competente, delega il parere a un esperto, al pubblico ecc.
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La metafora Si basa sullo sfruttamento della massima della qualità, in quanto comporta una falsità categoriale. Scalfari su RE, […] la fascinazione mediatica del Cavaliere di Arcore è ormai diventata una logora liturgia che non riesce più a sedurre i fedeli ormai in libera uscita.
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Paolo Rodari, Il Foglio, 21.5.2011, p. 5
Di certo c’è un fatto: non era tutto oro quello che brillava attorno a Simone Fioraso. Paradosso: una metafora viene annunciata come fatto certo
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L’ironia Grice colloca l’ironia tra le violazioni della massima della qualità Si tratta anche di una forma di disconferma, di svalutazione della parola altrui Va ricondotta al fenomeno della polifonia: presenza nello stesso enunciato di due voci, di cui una si oppone all’altra (Mizzau, L’ironia. La contraddizione consentita, Feltrinelli, 1984).
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Il Foglio, 3.5.2011, Andrea’s Version
Avranno anche restituito un po’ di orgoglio all’America, ridato ossigeno all’amor proprio, sollevato entusiasmi, avranno pure messo la parola fine a quello che dopo l’11 settembre sembrava un incubo inafferabile. Avranno forse dimostrato che le barbe finte della Cia sanno ancora combinare qualcosa e saranno riusciti, probabilmente, a convincere i più scettici che doveva pur esistere qualche motivo, se nemmeno Obama aveva accettato di chiudere Guantanamo. Potrà avere talune ragioni anche Hillary Clinton, a dire che Bin Laden era altresì un mortale nemico dell’Islam, e a sostenere che la storia dovrà ricordarsi di come il principale tra i terroristi sia stato tolto dalla scena “mentre nel mondo arabo avanzavano le richieste di libertà e di democrazia”. Sarà tutto vero, tutto giusto, tutto soddisfacente e sarà quindi inevitabile che, da sinistra a destra, tutti, ma proprio tutti, applaudano. Noi vorremmo semplicemente far notare, dopo l’animata discussione cui abbiamo assistito, che quei crumiri dei Navy Seal hanno lavorato il 1° maggio.
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S. Rodotà, RE, Sia lode al presidente del Consiglio. Con la disinvoltura che lo contraddistingue ha svelato le vere carte del governo sul nucleare, carte peraltro niente affatto coperte.
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N. Porro, Il Fatto, Bertelli solo pochi mesi fa consegnava ad Aldo Cazzullo, sul Corriere della sera, alcune considerazioni che riportiamo: «L’impresa deve insegnare a collaboratori e dipendenti l’appartenenza, a essere compartecipi di un processo che porta risultati, che mantiene famiglie, cha manda bambini a scuola, che trasmette l’orgoglio di far parte di un Paese. La politica deve ricreare le condizioni dell’appartenenza, che sono fondamentali per chiunque: l’identità italiana, il rischio d’impresa, lo sviluppo, la ricerca». Belle parole, non c’è che dire. Magari, sapendo che si stava preparando a vendere un quinto della propria azienda ai cinesi, per spuntare legittime condizioni e prezzi migliori, la pappina sull’«orgoglio del paese», l’«identità italiana» poteva risparmiarcela.
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Implicature secondo la Relazione
Grande influenza della massima di Relazione nelle implicature conversazionali --> teoria della Pertinenza La Pertinenza non riguarda l’oggetto del discorso o la focalizzazione dell’attenzione sulle sue proprietà, ma l’enunciato, che deve risultare un contributo conversazionale pertinente rispetto al discorso o alla situazione comunicativa.
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Implicature secondo il Modo
Attivate da testi che appaiono poco comprensibili perché prolissi, complicati, disordinati, oscuri, verbosi, ambigui. L’ambiguità è una violazione della massima “sii perspicuo” Implicature: assumiamo che il testo sia stato prodotto in tale forma per essere capito in una certa maniera e quindi che, nonostante le apparenze, il modo di comunicazione sia adeguato a ciò che si voleva comunicare. ammettiamo che l’oscurità del testo sia reale e lo renda davvero inadeguato ma che sia in qualche modo giustificato e dunque gli conferisca un sovrappiù di senso (ambiguità deliberata e oscurità voluta).
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Violazione della concisione
Esempio in una recensione musicale a) X ha cantato “Nessun dorma” b) X ha emesso una sequenza di suoni corrispondenti all’aria “Nessun dorma” L’espressione b) viola il criterio della brevità e attiva l’implicatura che il cantante sia stato pessimo (forma di eufemismo).
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La comunicazione non consiste nel processo lineare di codifica e decodifica, ma nella presenza e accessibilità all’interno dello spazio intersoggettivo di un insieme di enunciati, la cui disponibilità consente di approssimare i contesti cognitivi dei partecipanti ai contesti oggettivi. Gli impliciti consentono di mettere a disposizione questo insieme. La cultura dell’implicito non è una dietrologia, non cerca cause nascoste, ma senso intersoggettivamente riconoscibile; aumenta il nostro dominio sulla comunicazione verbale e rende possibile il distacco critico dagli impliciti, che altrimenti assorbiamo in modo subliminale. Perciò è anche uno strumento di difesa dagli usi manipolatori degli impliciti nell’ambito delle comunicazioni di massa.
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Il grado di libertà del lettore è collegato al grado di implicito del testo che lo sollecita ad andare oltre la superficie, a lavorare sul non detto, ad accettare il rapporto di complicità-sfida che si instaura con l’autore (Mizzau, Storie come vere, Feltrinelli 1998:12)
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Criteri di identificazione dell’implicatura conversazionale
Calcolabilità: riferimento al ragionamento, alle inferenze necessarie per comprendere l’implicatura Non-staccabilità: è legata al contenuto semantico dell’enunciato e non alla forma linguistica (a differenza della presupposizione e della implicatura convenzionale) Non-convenzionalità: dipende dal contesto Indeterminatezza: non c’è garanzia di correttezza della inferenza, perché il ragionamento non è di tipo logico-deduttivo, ma è spesso di tipo entimematico (le premesse del ragionamento sono solo probabili) Cancellabilità: si può sempre aggiungere qualcosa che cancella l’implicatura, ovvero che la ritratta.
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Presupposizioni Altro tipo di inferenza pragmatica, che sembra dipendere più strettamente dalla effettiva struttura linguistica delle frasi Non dipendono da inferenze di tipo logico ma dal significato letterale degli enunciati L’interpretazione delle presupposizioni non richiede più conoscenze di quelle contenute nella forma linguistica dell’enunciato La loro verità viene assunta come garantita nell’asserzione di una proposizione linguistica, sono cioè condivise aprioristicamente Informazioni di background, stabiliscono i limiti del discorso Rispondono ad un principio di economia Secondo Oswald Ducrot la presupposizione è un atto giuridico: trasforma la possibilità di parola degli interlocutori, fissando gli obblighi per proseguire il dialogo (Caffi, p. 83)
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Funzioni della presupposizione
La presupposizione gioca un ruolo centrale nella economia di un testo, contribuendo alla sua connessione Efficacia informativa: dire molto con molto poco Rispetto della coerenza di un testo: scelta continua dei parlanti su cosa tematizzare e cosa lasciare sullo sfondo (rapporto tema-rema); Contribuisce a collocare un testo nella situazione comunicativa a cui è destinato: richiama il già noto e quello che è dato per scontato
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Con ciò rafforza i legami di gruppo, suggerendo al destinatario che lo si ritiene parte del gruppo
Ha funzione persuasiva perché spinge a vedere il mondo nella prospettiva voluta dall’autore. Si sottrae alla discussione: per essere discussa la presupposizione deve essere esplicitata. Rischio di manipolazione: in quanto presentano un contenuto informativo senza asserirlo, dandolo per condiviso (accordo con l’uditorio), sono utili nei casi in cui il parlante vuole trasmettere esplicitamente un contenuto senza affermarlo direttamente: ciò che è messo sullo sfondo è protetto dalle possibili smentite (Givon 1989)
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Altri motivi che spingono ad usare le presupposizioni
Riferimenti a concetti tabù o indecenti ragioni di opportunità personale, che impediscono di fare affermazioni che potrebbero apparire presuntuose ripararsi da possibili critiche o contestazioni Per un’analisi dell’uso persuasivo delle presupposizioni nella stampa italiana: Sbisà, Ideology and the persuasive use of presupposition, 1999 Su impliciti e presupposizioni: Sbisà, Detto non detto, Laterza 2007
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Attivatori linguistici di presupposizione
Descrizioni definite, sintagmi nominali (presupposizione d’esistenza) Epiteti e apposizioni Verbi fattivi : presuppongono la verità (fattualità) del contenuto proposizionale della frase (rendersi conto, sapere, comprendere, rimpiangere) “Marina rimpiange di aver lasciato l’Africa > è vero che: Marina ha lasciato l’Africa” Verbi implicativi: implicano la verità o non verità della proposizione complemento (riuscire, permettersi, dimenticarsi) “Sandro è riuscito a riparare la radio > è vero che: Sandro ha riparato la radio”) Verbi di cambiamento di stato (smettere, incominciare, continuare, finire di) “Marco ha smesso di fumare >è vero che: Marco fumava” “Gaia ha ritelefonato > è vero che: Gaia aveva già telefonato” Verbi di giudizio (criticare, accusare)
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frasi relative parentetiche
Piano sintattico frasi relative parentetiche Frasi scisse (l’informazione presupposta è nella seconda parte dell’enunciato) (E’ Paolo che l’ha detto....; è X che l’ha fatto; “E’ Luca che l’ha aiutato = Qualcuno l’ha aiutato”) Ipotetiche controfattuali “se non fossi andato in montagna avrei fatto l’esame > Sono andata in montagna”; “Se mi avesse chiesto scusa, l’avrei perdonata > non mi ha chiesto scusa Interrogative Proposizioni temporali dopo che, prima che: “Le cose sono cambiate dopo la partenza di Giorgio > Giorgio è partito” Avverbi: ancora, di nuovo, invece, anche ecc. “La terra ha tremato di nuovo > aveva già tremato”
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Esempi
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Epiteti e apposizioni Il leggendario Ulisse
“i postcomunisti di Veltroni e di Mussi” “i comunisti di Cossutta” “i comunisti riciclati di D’Alema” “Gli azzeccagarbuglio del potere” “I saggi a intermittenza” “I soci” “gli espedienti” “il ribaltone” “la presunta maggioranza” “Il bilancio positivo della sinistra di governo” Il voto padano (Corriere della sera) Le elezioni-sondaggio di ottobre (Il Giornale) Nell’Italia bella, coraggiosa, non addomesticata dai media, in cui ho viaggiato (Colombo su L’Unità, ) Scavolini, la più amata dagli italiani
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Costruzione di realtà immaginate
Processi di nominalizzazione: La Padania chiede elezioni: È presupposta l’esistenza di un referente per il sintagma nominale la Padania Il miglioramento delle condizioni di vita ha esteso il mercato dell’auto Non dimostro che c’è stato un miglioramento, ma lo assumo come un fatto
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Cambiamento di stato Presupposizione lessicale-semantica del verbo smettere (verbo di cambiamento di stato) E così hai smesso con la droga? Quando smetterai di raccontar balle? La presupposizione può essere usata come arma più o meno occulta di persuasione e di manipolazione (propaganda politica, interrogatori)
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“La carriera politica non era più un servizio da rendere alla repubblica, ma un’occasione per arricchirsi. I tribuni della plebe avevano smesso di difendere i diritti del popolo”
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“Trasporti, ricomincia il calvario”
“Alla vigilia del voto europeo Prodi e D’Alema hanno ricominciato a parlarsi” (La Repubblica) Il disaccordo è presupposto, sta sullo sfondo “Trasporti, ricomincia il calvario” Informazione presupposta sullo stato dei trasporti
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Volevamo continuare a restare liberi dai vincoli di un’organizzazione
Volevamo continuare a restare liberi dai vincoli di un’organizzazione. Pensavamo che fosse giusto proseguire così e fummo comitato elettorale per le elezioni europee del 1994 e per le elezioni regionali del Cominciammo a cambiare idea quando vedemmo che era elevatissimo il numero delle schede recanti il voto per Forza Italia che venivano annullate. Cambiammo definitivamente idea quando vedemmo quante schede furono annullate nelle elezioni del 1996. Continuare, proseguire, cominciare: cambiamento di stato Vedere che: verbo fattivo
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Verbi fattivi Tutti i partiti ex cattolici sembrano assolutamente incapaci di dare una risposta a Giovanni Paolo II (…) sulle “emergenze nazionali che egli ha individuato(…): politica a sostegno della famiglia, scuola libera e creazione di lavoro vero e stabile. Neanche si accorgono che D’Alema, su questi temi, cerca di scavalcarli (…). (“Il Giornale”, 9 settembre 1997, in Sbisà 1999) Accorgersi= verbo fattivo
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Non sapevamo che questa non era una vera democrazia
Non siamo ancora abbastanza avanti nell’apprendimento della politica, riusciamo ancora (implicativo)ad essere sinceri (Primo Congresso nazionale 1994) Non sapevamo che questa non era una vera democrazia Ci si accorse che la macchina giudiziaria colpiva in modo selettivo Mi accorsi, capii, percepii accorgersi, comprendere, ricordare, dimenticare, riconoscere, sapere, percepire, constatare, prendere atto, rendersi conto, capire, avere la consapevolezza che, riconoscere..) = verbi fattivi: implicano la verità della proposizione richiamata Riuscire = verbo implicativo Amplificazione dell’effetto di non contestabilità. L’enunciatario è portato alla naturale accettazione delle premesse
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Ancora sui verbi fattivi
Sapere (Rutelli) Sappiamo che sono cose che si dicono in campagna elettorale / sappiamo che la concertazione non è tabù Sapere (Berlusconi) Sappiamo che i vecchi bolscevichi non ci apprezzeranno mai
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“I ds hanno fatto da collante in situazioni anche molto difficili, consapevoli della necessità di dare al paese una prospettiva nuova” (L’Unità)
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Relative di presupposizione
“L’alleanza con Fini non è e non è mai stata in discussione. Sui problemi essenziali, sulle soluzioni da proporre per portare il paese fuori dalla crisi nella quale l’ha trascinato la sinistra non ci sono divergenze. Non può stupire se in una campagna elettorale giocata con il sistema proporzionale ciascuno cerca di aumentare il proprio consenso” (Il Foglio)
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Ipotetiche controfattuali
“Sarebbe sciocco negare che la valenza interna dell’elezione di domani prevalga – nel mondo politico, nell’informazione, nell’opinione pubblica – sulla valenza europea: così come sarebbe sciocco negare che per tanti italiani questo appello alle urne risulti privo della drammaticità e del fascino delle politiche e anche delle amministrative: dal cui esito discendono conseguenze concrete, palpabili, quantificabili”. (Il Giornale)
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Avverbi “La destinazione europea di Forza Italia è invece già scritta”
“Certo: pensiamo all’Europa e al Parlamento di Strasburgo, che non è ancora una centrale operativa ma è pur sempre una cassa di risonanza solenne”. “Europa: ancora pacchi bomba” “La Fiat crolla anche in borsa”
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Domanda retorica e di presupposizione
“Quanti soldi butti via ogni giorno con il tuo conto?” Vedi anche le interrogative nei titoli: posizione/creazione di un problema. La forma interrogativa viene sfruttata per introdurre un nuovo argomento con una certa enfasi; nei testi pubblicitari perprendere in considerazione un quesito specifico e per creare un bisogno
110
Frasi scisse “Quello che i cittadini si aspettano da noi..”
“Ed è ancora questa sinistra, i ds in particolare, che ha contribuito in modo determinante, impegnando i suoi ministri, a far concludere la trattativa per il contratto dei metalmeccanici che da sempre è uno dei perni intorno al quale ruotano i rapporti tra imprenditori e lavoratori e che prefigura alcune delle linee di sviluppo della società” (L’Unità)
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Il problema è che Il dramma è che Presuppongono che ci sia un problema, un dramma ecc.
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