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Relatività
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Premessa: In fisica, col termine relatività si fa riferimento genericamente alle trasformazioni matematiche che devono essere applicate alle descrizioni dei fenomeni nel passaggio tra due sistemi di riferimento in moto relativo. L'espressione teoria della relatività è usata per riferirsi ad una delle particolari teorie, come la teoria della relatività speciale o quella generale di Einstein, che hanno come elemento fondante un particolare principio di relatività.
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STORIA DELLA RELATIVITÁ
Gli antichi greci cominciarono a interrogarsi sulla natura, sul suo ordine (cosmo) e sulla possibilità dell'esistenza di princìpi e leggi di natura. Nella fisica di Aristotele si trovano quelle che si potrebbero considerare come le prime teorie, benché inesatte, sul moto dei corpi; egli, comunque, non fu precursore del principio di inerzia, scoperto 20 secoli dopo da Galileo e la cui enunciazione formale è ascrivibile a Newton. La scienza moderna comincia con l'assunto fondamentale, dovuto a Galileo Galilei, che le leggi della fisica abbiano la stessa forma rispetto a qualunque sistema di riferimento si adotti nel quale valga il principio di inerzia. Questo assunto venne definito nel 1609, è oggi chiamato principio di relatività galileiano, tuttora valido. Esso si basa sulla grande intuizione di Galileo della composizione dei moti e quindi della legge di somma delle velocità: se due osservatori sono in moto relativo tra loro e ognuno di loro si sposta con uniformità, in modo che la velocità relativa sia costante, misureranno spazi differenti rispetto allo stesso evento, ma la "forma" delle loro osservazioni ha la stessa veste algebrica. Nulla tuttavia si dice sui tempi.
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IPOTESI SULL’ORIGINE La genesi e la paternità della teoria della relatività, così come fu elaborata da Albert Einstein, è circondata da una sorta di mistero che periodicamente torna ad affiorare, generando discussioni nel mondo scientifico. Negli anni ottanta un gruppo di studiosi portò avanti su un quotidiano italiano, Il Giornale di Vicenza, una lunga battaglia a sostegno di una tesi secondo cui la celebre equazione di Einstein, E=mc², sarebbe stata fatta derivare direttamente dallo studio Ipotesi dell'etere nella vita dell'universo, presentata nel 1903 al Reale Istituto Veneto di Scienze, Lettere e Arti di Schio (VI) da Olinto De Pretto ( ). De Pretto, laureato in agraria, di professione industriale ma appassionato di fisica e di geologia, non rivendicò mai però la paternità - neppure in nuce - della celeberrima formula.
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Nel 1999, il "Caso De Pretto" ha trovato tuttavia nuova linfa per mezzo di Umberto Bartocci, docente di storia della matematica all'Università di Perugia, il quale ha narrato la propria visione dei fatti nel pamphlet - accolto peraltro con un certo scetticismo dall'ambiente accademico - Albert Einstein e Olinto De Pretto, la vera storia della formula più famosa del mondo. Ma Einstein, in base alle supposizioni formulate nel tempo intorno al suo lavoro, potrebbe essere stato aiutato nelle sue elaborazioni sulla relatività generale da un altro italiano: il matematico Gregorio Ricci Curbastro ( ) che mise a punto propri particolari calcoli tensoriali. A ciò si aggiungano le relazioni e la collaborazione con l'amico svizzero Michele Angelo Besso, che Einstein ringraziò scrivendo:"... concludendo, tengo a dire che l’amico e collega M. Besso mi ha costantemente prestato la sua preziosa collaborazione mentre lavoravo a questo argomento, e che gli sono debitore di parecchi interessanti suggerimenti.
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Lo scienziato italiano Galileo Galilei fu il primo a occuparsi della relatività a livello scientifico. Egli affermò che per sistemi di riferimento inerziali in moto relativo valgono le stesse leggi fisiche e perciò che non è possibile valutare per un osservatore se il proprio sistema di riferimento sia in quiete o in moto rettilineo uniforme.Egli intuì inoltre che la velocità della luce aveva valore finito ma non ebbe a disposizione strumenti così sofisticati per misurarla.
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Per rendere più chiaro questo principio egli propose un esperimento mentale. Disse di immaginare di trovarsi nella stiva di una nave che viaggiasse in moto rettilineo uniforme con mosche, farfalle, e pesci dentro a delle bocce. Noi noteremmo che gli insetti volano e i pesci nuotano così come farebbero in un sistema di riferimento in quiete.
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Galileo sintetizzò questa teoria con queste trasformazioni:
x = x' + v0 t y = y' z = z' t = t'
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E con questa formula di composizione delle velocità: vT = V + vc
E con questa formula di composizione delle velocità: vT = V + vc. Dove vT è la velocità del proiettile rispetto all’osservatore V quella del carrello rispetto all’osservatore e vc quella del proiettile rispetto al carrello.
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Secondo Isaac Newton… Spazio e tempo sono concetti assoluti quindi i risultati degli esperimenti non variano al variare dello spazio e del tempo in quanto sono grandezze invarianti
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“Il tempo assoluto vero e matematico, in sé e per sua natura, fluisce uniformemente senza relazione a qualcosa di esterno, e con un altro nome si chiama durata; il tempo relativo, apparente e comune, è la misura sensibile ed esterna della durata attraverso il mezzo del movimento, ed esso è comunemente usato al posto del tempo vero; esso è l'ora, il giorno, il mese, l'anno. Lo spazio assoluto, per sua natura privo di relazione a qualcosa di esterno, rimane sempre simile a se stesso ed immobile” Isaac Newton
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ELETTROMAGNETISMO E EQUAZIONI DI MAXWELL
Le equazioni di Maxwell sono un sistema di quattro equazioni differenziali fondamentale nello studio dei fenomeni elettromagnetici: governano infatti l'evoluzione spaziale e temporale dei campi elettrici e magnetici. Queste equazioni (che appaiono per la prima volta al completo in forma differenziale, in "A Treatise on Electricity and Magnetism", pubblicato da James Clerk Maxwell nel 1873) formano una sintesi della legge di Gauss e della legge di Ampere e, di fatto, unificano il concetto di campo elettrico e di campo magnetico all'interno del più ampio concetto di campo elettromagnetico. Le equazioni di Maxwell in qualsiasi caso descrivono solo onde trasversali, per le quali gli indici del campo oscillano perpendicolarmente alla direzione della propagazione. La descrizione del campo non può applicarsi alle onde scalari o longitudinali. La notazione moderna più comune di queste equazioni fu sviluppata da Oliver Heaviside.
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Maxwell, circa a metà '800, sintetizzò la descrizione dei fenomeni elettromagnetici in sole 4 equazioni.
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Da esse si deducono alcuni fatti estremamente importanti :
I fenomeni elettrici e quelli magnetici sono le manifestazioni apparentemente diverse di un’ unica forza: la forza elettromagnetica che si distribuisce nello spazio come un campo elettromagnetico. Un campo elettromagnetico si propaga nello spazio con velocità finita, c = km/sec circa, la velocità della luce. Se nel punto A una carica elettrica subisce una accelerazione, "l'informazione" di quella modificazione viene percepita nel punto B (distante s da A) dopo un tempo finito, t = s/c. Questo avviene perchè un'onda elettromagnetica parte da A ed arriva in B nel tempo t = s/c.
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Il campo elettromagnetico, quindi, si propaga attraverso onde elettromagnetiche di diversa frequenza. Lo spettro elettromagnetico (in ordine crescente di frequenza od in ordine decrescente di lunghezza d'onda) è composto da : onde radio lunghe, medie, corte, ultracorte, raggi infrarossi, luce (dal rosso al violetto), raggi ultravioletti, raggi X, raggi gamma.
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Le equazioni di Maxwell portano alla conclusione che il campo elettromagnetico si propaga attraverso onde con velocità c. Ma rispetto a quale sistema di riferimento esso si propaga con tale velocità ? Pensando che un'onda elettromagnetica per oscillare avesse bisogno di una sorta di mezzo (così come le onde acustiche hanno bisogno per esempio dell'aria), si ipotizzò l'esistenza di una "sostanza" particolare permeante l'universo rispetto alla quale le onde si propagassero con velocità c. Tale sostanza fu chiamata etere e, in quiete rispetto ad esso, fu ipotizzata l'esistenza di un sistema di riferimento inerziale assoluto, privilegiato, rispetto al quale riferire ogni altro sistema di riferimento. A causa del principio di relatività galileiana, allora, la luce dovrebbe essere vista arrivare in ogni sistema di riferimento inerziale con una velocità pari a c più (o meno) la velocità del detto sistema di riferimento inerziale rispetto all'etere.
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Caratteristiche dell’ ETERE:
Trasparente Onnipresente Elastico Leggero
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ESPERIMENTO MICHELSON E MORLEY
Precedentemente,alla teoria ristretta erano state proposte alcune teorie che si basavano sull'esistenza di un mezzo di propagazione delle onde elettromagnetiche, chiamato etere; tuttavia, nessun esperimento era riuscito a misurare la velocità di un corpo rispetto all'etere. In particolare, grazie all'esperimento di Michelson-Morley fu dimostrato che la velocità della luce è costante in tutte le direzioni, indipendentemente dal moto della Terra, non risentendo così del cosiddetto "vento di etere".
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I risultati sperimentali portavano ad un assurdo dal punto di vista della Relatività Galileiana perchè contraddicevano la regola di sommabilità delle velocità. Per risolvere il problema si ipotizzò che la velocità della luce fosse la stessa in ogni sistema di riferimento inerziale (così come mostravano tutti gli esperimenti) e che la Relatività Galileiana fosse valida solo per velocità piccole rispetto a c, come sono del resto le velocità rilevabili nell'esperienza quotidiana. Si abbandonò quindi il concetto di etere.
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Nel 1887 Michelson e Morley vollero misurare la velocità della Terra rispetto all’etere.
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Da una sorgente luminosa veniva emesso un fascio di luce che si scontrava con uno specchio semiriflettente obliquo il quale lo divideva in due fasci detti A e B. Entrambi venivano mandati verso i rispettivi specchi che li riflettevano verso lo specchio obliquo. Infine entrambi si dirigevano contemporaneamente verso l’osservatore. Conclusioni: Poiché la luce si muoveva come se l’etere non ci fosse, allora o tale elemento non esiste o se esiste non influisce sulla velocità della Luce.
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Conclusioni: Poiché la luce si muoveva come se l’etere non ci fosse, allora o tale elemento non esiste o se esiste non influisce sulla velocità della Luce.
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EQUAZIONI DI LORENTZ Le trasformazioni delle coordinate di Lorentz per due sistemi di riferimento inerziali S e S', con S' che si muove con velocità costante v rispetto a S, e del vettore velocità u di un corpo parallelo agli assi coincidenti x e x' sono (schema) Con l'ausilio delle derivate e dei due postulati fondamentali della relatività,possiamo ricavare queste trasformazioni.
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Dopo vari calcoli ottenuti i coefficienti, sostituendoli nelle equazioni (qui affianco) otteniamo le equazioni di Lorentz per le coordinate spazio temporali La radice prende il nome di fattore relativistico. Nello stesso modo possiamo determinare le altre due componenti del vettore u. Risulta evidente che quando la velocità v è trascurabile rispetto a c il fattore relativistico tende a 1 restituendoci così le trasformazioni di Galileo di cui abbiamo già parlato.
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LA RELATIVITÁ SECONDO EINSTEIN
Con Albert Einstein, la teoria della relatività ebbe un ulteriore sviluppo e oggi si tende ad associare a tale teoria il nome del fisico tedesco. La sua teoria si compone di due distinti modelli matematici, che passano sotto il nome di: Relatività ristretta Relatività generale La relatività ristretta, chiamata anche relatività speciale, fu la prima ad essere presentata da Einstein, con l'articolo "Zur Elektrodynamik bewegter Körper" (elettrodinamica dei corpi in movimento) del 1905, per conciliare il principio di relatività galileiano con le equazioni delle onde elettromagnetiche. La teoria della relatività generale venne presentata come serie di letture presso l'Accademia Prussiana delle Scienze, a partire dal 25 novembre 1915, dopo una lunga fase di elaborazione. Esiste un'annosa polemica sulla pubblicazione delle equazioni di campo tra il matematico tedesco David Hilbert ed Einstein; tuttavia, alcuni documenti attribuiscono con una certa sicurezza il primato ad Einstein.
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LA TEORIA DELLA RELATIVITÁ RISTRETTA
La teoria di Einstein scarta quindi il concetto di etere, che oggi non viene più utilizzato dai fisici, anche se informalmente si parla ancora di etere per indicare lo spazio in cui si propagano le onde elettromagnetiche. La relatività ristretta prende in esame ciò che accade quando gli osservatori si muovono l'uno rispetto all'altro ma non prende in considerazione gli effetti del campo gravitazionale che verranno invece introdotti nella teoria della relatività generale. Essa accetta il principio di Galileo secondo il quale non è possibile discernere se un osservatore è in moto rispetto ad un altro, se nel sistema di riferimento si prendono due osservatori, dato che lo spazio è omogeneo e isotropo. La teoria si basa su due assunti: Le leggi della fisica sono le stesse per tutti gli osservatori in moto inerziale. La velocità della luce nel vuoto è costante in ogni sistema di riferimento
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La Teoria della Relatività Ristretta o Speciale fu pubblicata nel 1905 da Albert Einstein in una memoria intitolata “Sulla elettrodinamica dei corpi in movimento”
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In quell' articolo scrisse: "[
In quell' articolo scrisse: "[...] nessuna caratteristica dei fatti osservati corrisponde al concetto di un etere assoluto; [...] per tutti i sistemi di coordinate per i quali valgono le equazioni della meccanica, valgono anche le equivalenti equazioni dell'elettrodinamica e dell'ottica [...]. In quanto segue facciamo questa ipotesi e introduciamo l'ulteriore postulato, un postulato a prima vista inconciliabile colle ipotesi precedenti, che la luce si propaga nello spazio vuoto con una velocità c che è indipendente dalla natura del moto del corpo che la emette. Queste due ipotesi sono del tutto sufficienti a darci una semplice e consistente teoria dell'elettrodinamica dei corpi in movimento basata sulla teoria di Maxwell per i corpi in riposo".
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La teoria della Relatività ristretta viene cosi definita in quanto si riferisce a sistemi non accelerati, quindi inerziali. Tutti i sistemi i riferimento inerziali si muovono uno rispetto all’altro con velocità costante. Inoltre il secondo Postulato stabilisce che la luce viaggia nel vuoto sempre alla stessa velocità c indipendentemente dal fatto che la sorgente o l’osservatore siano in movimento.
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La teoria della Relatività Ristretta
Si basa su due fondamentali Postulati che possono essere espressi nel seguente modo: Le leggi della Fisica sono le stesse in tutti i Sistemi di riferimento inerziali. La velocità della luce nel vuoto, è la stessa in tutti i sistemi di riferimento inerziali ed è indipendente dal moto della sorgente e da quello dell’osservatore.
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La dilatazione dei tempi…
Qualsiasi cronometro in movimento ritarda rispetto ad un orologio in quiete. un orologio che si muove risulta più lento di un orologio fermo. Qualsiasi sia il punto di vista dell’osservatore gli orologi in moto ritardano. l’osservatore in quiete rispetto al sistema vede l’orologio a terra in ritardo.
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La contrazione dello spazio…
Considerando una botola ed una freccia in movimento che la sta attraversando, se l’osservatore è in quiete rispetto alla freccia, noterà la contrazione di questa rispetto alla botola. Viceversa rispetto alla botola vedrà quest’ultima rimpicciolirsi.
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La composizione relativistica delle velocità
Consideriamo i soliti sistemi di riferimento inerziali K e K' in moto rettilineo uniforme con velocità relativa V. Supponiamo che un punto si muova rispetto a K' con velocità v' e per semplicità parallela all'asse delle x. Secondo la Rgal il punto verrà visto da K muoversi con velocità v pari alla somma V + v'. Questo risultato è ovviamente errato dal punto di vista della RR. Da essa si deduce che se v' è nulla, cioè il punto è in quiete rispetto a K', v risulta uguale V come è ovvio che sia. Aumentando v' e tendendo a c, si nota,invece, che v tende a c. Questo è una ulteriore conferma del fatto che c è una velocità fisicamente insuperabile. Se un corpo raggiunge la velocità della luce rispetto ad un sistema di riferimento inerziale, sarà visto andare alla stessa velocità c da qualunque altro sistema di riferimento inerziale in moto relativo uniforme rispetto al primo.
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L’orologio di Dalì Il famoso orologio di Dalì racchiude le tre fondamentali caratteristiche della Relatività Speciale: contrazione delle distanze dilatazione dei tempi dipendenza delle velocità
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EQUAZIONE RELATIVISTICA PER L'ENERGIA E =mc²
Analizziamo ora una delle equazioni più famose e ricordate della fisica moderna Questa, che prende il nome di Equazione relativistica per l'energia, rappresenta una nuova legge per l'energia cinetica di una particella che si muove con velocità v.
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Sviluppando l'equazione otteniamo
L'espressione risulta così costituita da due termini. Il primo dipende dalla velocità v del corpo mentre il secondo è indipendente da essa e pertanto prende il nome di energia di riposo o di quiete. Questa legge sembra discostarsi molto dalla classica equazione per l'energia cinetica ma in realtà, quando v è molto minore di c, le due equazioni si assomigliano. Usando la formula di Mac-Laurin (considerando come variabile del polinomio v/c e fermandoci alla derivata seconda) otteniamo la seguente approssimazione per 1/β
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Con una semplice sostituzione nella prima equazione otteniamo l'equazione classica per l'energia cinetica L'identificazione del termine come energia di riposo non è solo una convenzione. Gli studi e gli esperimenti odierni hanno mostrato che la conversione dell'energia di riposo in energia cinetica, con una corrispondente perdita di massa, è un fenomeno che si verifica comunemente e continuamente nel decadimento radioattivo e nelle reazioni nucleari.
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Tale scoperta determinò l'inizio del periodo nucleare e furono proprio gli studi svolti dallo scienziato Albert Einstein, in America, che permisero la realizzazione delle prime bombe nucleari che furono utilizzate dagli stessi americani per determinare le sorti del secondo conflitto mondiale.
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RELATIVITA’ GENERALE La relatività generale è la teoria con cui Einstein eliminò le limitazioni della teoria della relatività ristretta, cioè quelle di poter essere applicata solo ai sistemi in moto rettilineo uniforme. Egli per poter far ciò dovette postulare l’equivalenza tra il concetto di massa inerziale, cioè la massa che subisce le forze e le relative accelerazioni, e il concetto di massa gravitazionale, cioè la massa che subisce la gravità ( principio di equivalenza debole). In questo modo per un osservatore in caduta libera non è possibile distinguere se un’accelerazione è dovuta a una forza esterna o a un campo gravitazionale.
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Per illustrare questo principio Einstein ideò un famoso esperimento mentale. Immaginiamo un osservatore all'interno di un ascensore in quiete. Qui è la forza di gravità che determina l'attrazione per cui non succede niente. Ma che succede invece se si spezza il cavo? L'ascensore va in caduta libera, l’osservatore si "sente" sollevato dal pavimento dell'ascensore e si ritrova come se galleggiasse nell'aria. Ad un certo istante, l’osservatore e l'ascensore subiscono la stessa accelerazione, mantenendo la stessa velocità. E' come se fossero fermi l'uno rispetto all'altro. Gli effetti della gravità si sono sostituiti con quelli dell'accelerazione, essi sono della stessa natura perciò sono equivalenti.
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Approssimando il campo gravitazionale nel sistema a uniforme, è possibile affermare che su tutti i sistemi in caduta libera i corpi sono soggetti alle medesime leggi fisiche. Ciò vale però per osservazioni fatte per un tempo sufficientemente ridotto o in sistemi di riferimento di dimensioni sufficientemente piccoli, caratteristiche che permettono di approssimare il campo gravitazionale a uniforme. Questo è detto principio di equivalenza forte.
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In un sistema in volo libero attraverso un campo gravitazionale non uniforme (come la Terra rispetto al Sole e alla Luna) le masse presenti in esso tenderanno a spostarsi seguendo le non uniformità di campo (come fanno i mari dando luogo al fenomeno delle maree)
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Einstein collegò queste non uniformità al grado di curvatura di un tessuto formato dalle dimensioni di spazio e tempo, associando cosi al concetto di campo gravitazionale la curvatura provocata da una massa su questo tessuto spazio temporale.
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Anche la luce pur non avendo massa subisce le deviazioni dei campi gravitazionali alla pari delle altre masse. Gli effetti che confermano questa visione della gravitazione e dello spazio tempo sono: - Curvatura dei raggi di luce - Il calcolo corretto dello spostamento del perielio di Mercurio - Effetto della lente gravitazionale ( il campo gravitazionale di un oggetto interposto tra noi e un altro corpo celeste devia i raggi del corpo celeste in modo da deviare sdoppiare,quadruplicare.… l’immagine)
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anello e croce di Einstein
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E’ anche possibile che la densità di un corpo celeste sia talmente alta (il corpo deve essere superiore a 2,5 masse solari) da genere un così alto grado di curvatura che la velocità di fuga dal campo di gravità di quel corpo è maggiore di quella della luce. In questo caso si parla di buchi neri.
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La teoria della relatività generale prevede inoltre l’esistenza di onde gravitazionali. Tali onde sono provocate dalla presenza di un campo gravitazionale e sono proprio il modo in cui il campo gravitazionale si propaga. La velocità di propagazione di queste onde è uguale a quella della luce. Ciò significa ad esempio che se il Sole esplodesse noi osserveremo gli effetti gravitazionali come per la luce dopo 8 minuti.
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Valentina Oggero EDIT BY: Alessio Cirimele Dora Cappone 5D
Guglielmo Vesco
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