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Commercio internazionale
Lezione 3 Nuovi modelli teorici del commercio internazionale
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tali modelli presentano spiegazioni alternative, in genere fondate
Tra la fine degli anni settanta e i primi anni ottanta si sono presentati sullo scenario teorico modelli alternativi rispetto a quelli dell’ortodossia neoclassica; tali modelli presentano spiegazioni alternative, in genere fondate sull’esistenza di economie di scala nella produzione sulla presenza di forme di mercato diverse dalla concorrenza perfetta, Più in generale, tali teorie rifiutano alcuni dei presupposti di fondo delle teorie neoclassiche
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La presenza di economie di scala rende particolarmente conveniente l’apertura di un paese al commercio internazionale, in quanto amplia la dimensione dei mercati ed in questo modo vengono abbattuti i costi unitari di produzione, migliorando per ciò stesso l’efficienza produttiva. Questo elemento rappresenta indubitabilmente un notevole vantaggio per le imprese: l’abbattimento dei costi, cœteris paribus, permette una riduzione dei prezzi e la possibilità di ampliamento del mercato. Inoltre l’aumento della platea di produttori, domestici o esteri, aumenta la concorrenza fra le imprese e quindi aumenta la quantità di bene scambiata, permettendo, anche in questo caso cœteris paribus, una diminuzione dei prezzi, traducendosi dunque in un vantaggio per i consumatori.
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Questi due aspetti sono in tutta evidenza intuitivi.
Ad essi se ne affiancano altri, la cui evidenza è minore, ma che assumono probabilmente una maggiore importanza. La domanda resta ovviamente sempre la stessa: “cosa rende conveniente a due o più paesi commerciare?” Non tanto (o non soltanto) perché ciascun paese sfrutta i vantaggi comparati che derivano dalla sua diversità rispetto agli altri Piuttosto la spiegazione è da ricercarsi nei vantaggi collegati con la specializzazione nella produzione, vantaggi che possono essere del tutto indipendenti dalla diversità tecnologica o di dotazione fattoriale, e che quindi possono emergere anche in paesi del tutto identici o molto simili
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L’introduzione di ipotesi dell’esistenza di monopoli od oligopoli non come fallimenti di mercato dovette sembrare gravemente lesiva della compattezza delle teorie ortodosse, in quanto rendeva possibile la costruzione di modelli di equilibrio economico generale, anche in presenza di condizioni di non perfetta concorrenza. Sulla base di questa prima, fondamentale, constatazione, che peraltro qui verrà data per acquisita, si rende necessario analizzare gli effetti del commercio internazionale in almeno tre casi rilevanti: presenza di economie interne di scala, prodotti differenziati e concorrenza monopolistica situazione oligopolistica con beni omogenei o poco differenziati; presenza di economie esterne di scala.
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Come è noto dagli assunti di base dell’economia industriale, la produzione di un’impresa, di un settore produttivo, o di un intero paese, realizza rendimenti di scala crescenti quando la variazione proporzionale e contemporanea dei fattori produttivi comporta una variazione più che proporzionale dell’output. Questo significa, per esempio, che se il capitale e il lavoro impiegati nella produzione raddoppiano, la quantità finale prodotta dall’impresa, dal settore o dal paese aumenta di un fattore maggiore del doppio.
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Si tratta di un’assunzione ben nota della teoria dell’impresa, ma da tale considerazione discendono conseguenti molto importanti in riferimento al commercio internazionale: il termine economia di scala deriva dal fatto che, se si aumenta la scala produttiva, si economizza la quantità di input che occorre per ogni unità di output: se raddoppiando la quantità di lavoro e capitale il prodotto subisce un incremento di tre volte allora il fabbisogno di fattori produttivi (capitale e lavoro) passa da 1 unità di ciascun fattore produttivo per 1 unità di output a 2 unità di ciascun fattore produttivo per 3 unità di output in relazione a quanto appena rilevato, con l’aumentare della scala produttiva, economizzando fattori produttivi per unità di output, il costo medio per unità di prodotto diminuisce
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Se i rendimenti di scala crescenti si verificano a livello di singola impresa, in quanto attribuibili al processo produttivo che caratterizza quell’impresa, si parla di economie di scala interne. Se invece i rendimenti interessano un determinato settore produttivo o un paese o un’area economica, ma non a livello di impresa (o meglio, solo indirettamente interessano la singola unità produttiva), ci si riferisce ad esse come economie di scala esterne (all’impresa). In presenza di economie di scala interne il modello libero-concorrenziale non può considerarsi adeguato a tali condizioni e sorgono forme di mercato necessariamente meno competitive, come la concorrenza monopolistica o l’oligopolio. Infine, in conseguenza dell’abbandono della forma libero-concorrenziale, si apre per i produttori la possibilità/opportunità/necessità di differenziazione del prodotto e il mercato in esame perde le residue caratteristiche libero-concorrenziali
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Secondo l’approccio neoclassico, il mercato libero-concorrenziale rappresenta il modello cui dovrebbero tendere tutti i mercati. Tali caratteristiche dovrebbero essere ripristinate nel caso di processi economici che provocano un allontanamento da tale forma. Ora, se si verificano economie di scala interne, cioè situazioni positive che riguardano la singola impresa operante su un mercato, il processo produttivo di essa si caratterizza per una maggiore efficienza mano a mano che aumenta la scala produttiva
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Esiste un altro modo di considerare la presenza di rendimenti di scala crescenti a livello di impresa: all’aumentare della scala produttiva il costo medio per unità di output diminuisce progressivamente. In effetti, produrre il primo input comprende anche tutti i costi fissi iniziali di attivazione. Con l’aumento della dimensione produttiva l’impresa riesce a “spalmare” i costi fissi su una quantità di output via via maggiore e il costo medio per output diminuisce progressivamente. La presenza di economie di scala interne viene in questo modo rivelata dall’andamento dei costi produttivi, in particolare dall’andamento decrescente dei costi medi totali
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La presenza di economie di scala interne ha come più rilevante conseguenza l’incompatibilità con il modello libero-concorrenziale e con la tendenziale affermazione di forme di mercato di concorrenza imperfetta. In condizioni di concorrenza perfetta, ogni impresa presente sul mercato è caratterizzata da una dimensione sufficientemente “piccola”, tale da risultare price taker sul mercato dei prodotti; in altri termini, la dimensione produttiva raggiunta dall’impresa non è in nessun caso tale da influenzare la formazione del prezzo di equilibrio del settore, che è da considerarsi dato e costante (a parità di ogni altra condizione)
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Se i costi medi di un’impresa sono decrescenti in quanto caratterizzati da rendimenti di scala interni, l’espansione della produzione non trova un limite economico in una dimensione ottima “piccola”: quando i costi medi continuano ad essere decrescenti in relazione a livelli produttivi molto elevati, l’impresa in questione ha un naturale incentivo ad espandere la produzione. Ma questo implica che, mano a mano che l’output aumenta, l’impresa raggiunge una quota di mercato “non piccola” ed è in grado di influenzare il prezzo di equilibrio del settore. Questo ha come conseguenza l’abbandono di una situazione libero-concorrenziale e il mercato si apre a forme di concorrenza imperfetta.
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Commercio Internazionale
Lezione 4 Conseguenze dei rendimenti di scala
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La presenza di rendimenti di scala interni crescenti ha come conseguenza che l’impresa caratterizzata da tale situazione produttiva non è più price taker sul mercato, ma, in una misura dipendente dal grado di occupazione del mercato stesso, diventa price maker. Questo non significa che l’impresa avrà interesse ad espandere all’infinito la sua produzione, o comunque a spingersi molto in alto nella dimensione produttiva. In effetti, l’incentivo ad espandere la produzione trova un limite nelle caratteristiche della domanda: l’aumento dell’output che finisce sul mercato provoca per un’impresa non più price taker una riduzione del prezzo l’impresa riesce a vendere quote crescenti di prodotto solo abbassandone il prezzo per quanto i costi di produzione diminuiscano con l’aumento dell’output, l’impresa non può espandere all’infinito la produzione stessa perché il prezzo tenderebbe a zero
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la concorrenza monopolistica, è caratterizzata da:
Stante queste condizioni, il monopolio naturale è il più comune risultato associato a rendimenti di scala crescenti, ma si possono verificare anche situazioni di concorrenza monopolistica o di oligopolio. la concorrenza monopolistica, è caratterizzata da: un numero molto elevato di imprese in concorrenza fra di loro; in conseguenza di ciò la curva di domanda relativa alla singola impresa è alquanto elastica, anche se non orizzontale come nel caso di concorrenza perfetta; libera entrata di nuove imprese sul mercato: questo avviene a. quando sono presenti extraprofitti, cioè ricavi totali maggiori dei costi totali; b. non vi sono rilevanti barriere di entrata e il conseguente ingresso sul mercato aumenta l’offerta e riduce il prezzo; la conseguenza di queste due condizioni provoca la riduzione degli extraprofitti fino al loro annullamento; presenza di beni differenziati (o come tali percepiti dai compratori); molto spesso questa caratteristica si traduce nell’esistenza di una non perfetta succedaneità tra i beni prodotti dalle imprese presenti nello stesso settore; in linea generale, è proprio l’imperfetta sostituibilità delle varietà di uno stesso prodotto che garantisce un grado più o meno elevato di potere di mercato da parte della singola impresa.
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In riferimento alle situazioni di oligopolio, le caratteristiche principali di tale mercato sono:
un numero relativamente basso di imprese che operano su di un determinato mercato; la più rilevante conseguenza, e al tempo stesso il segnale che un determinato mercato è caratterizzato da una situazione oligopolistica, è costituito dal fatto che ogni singola impresa deve esplicitamente considerare il comportamento di ciascuna delle altre nella determinazione della quantità da offrire e del prezzo da fissare; presenza di barriere di entrata, in genere rilevanti; tali barriere sono per esempio rappresentate da elevati costi fissi iniziali, tali da rendere difficile che nuove imprese possano liberamente accedere al mercato; beni non necessariamente differenziati, in quanto un certo grado di controllo del mercato da parte di ciascun impresa oligopolistica è garantito dalla presenza delle barriere all’entrata.
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Si hanno economie di scala esterne nei casi in cui i rendimenti di scala crescenti sono esogeni rispetto alla singola impresa; in genere questo accade quando le relazioni, formali o informali, fra le imprese generano un miglioramento complessivo nelle condizioni produttive di un intero settore o del complesso dell’economia di un paese o di un’area. La principale conseguenza di tali condizioni consiste nel fatto che l’intero settore o l’intera economia vengono caratterizzati da economie di scala esterne e rendimenti di scala crescenti. Peraltro, non è detto che in questa situazione la singola impresa sia a sua volta caratterizzata da rendimenti crescenti: ciascuna impresa di un settore, o di un paese, può continuare ad avere rendimenti di scala costanti, ma il settore o il paese, nel suo complesso, può risultare caratterizzato da rendimenti crescenti. Questa evenienza di solito si verifica quando si generano delle esternalità positive che le imprese creano attraverso il settore, oppure a livello di paese quando tali esternalità vengono generate dalle condizioni strutturali e dall’ambiente che circonda le imprese
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Alcuni rilevanti esempi di esternalità di produzione che si verificano a livello settoriale sono
la facilità di comunicazione, la prossimità delle imprese fornitrici di materie prime e semilavorati nonché della forza lavoro, la diffusione degli usi di produzione e della conoscenza. Si tratta di concetti non nuovi in letteratura e che fanno riferimento in linea generale alla realtà dei distretti marshalliani
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Abbandonare il paradigma libero-concorrenziale come modello di riferimento e punto di arrivo nell’evoluzione dei mercati ha come risultato anche quello di abbandonare uno dei suoi principali presupposti, sia teorici che in termini di implicazioni empiriche: quello della omogeneità del prodotto. A questo punto, però, come conseguenza, sorgono alcune domande di rilevante impatto: se i beni non sono più omogenei, come è possibile descriverne efficacemente la loro differenziazione? Come può essere concettualizzata l’idea di differenziazione dei prodotti?
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I beni non omogenei possono essere differenziati sia per qualità che per caratteristiche.
In relazione a tali modalità di differenziazione possono distinguersene due tipologie: differenziazione verticale: fa riferimento al concetto di qualità; quando beni di una stessa categoria di prodotto sono differenziati in termini di qualità si produce una differenziazione verticale: alcuni beni sono (o vengono percepiti come) di qualità migliore, mentre altri sono (o vengono percepiti come) di qualità peggiore; differenziazione orizzontale: si riferisce alle caratteristiche che il bene possiede indipendentemente dalla sua qualità, o comunque al di là di questo aspetto; si tratta di differenziazioni importanti soprattutto dal lato del marketing dei prodotti
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La presenza di forme di differenziazione verticale e/o orizzontale, può complicare l’analisi, sia sul versante teorico che su quello empirico. In effetti, mentre nel caso della differenziazione verticale è immediatamente chiaro che beni di più alta qualità sono, a parità di ogni altra condizione, preferibili e preferiti rispetto a quelli di qualità inferiore, nel caso della differenziazione orizzontale è necessario un supplemento di ipotesi al fine di descrivere in modo robusto le preferenze del consumatore
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Tale comportamento viene definito in marketing come love for variety.
In linea di massima, e sempre a parità di ogni altra condizione, la soddisfazione del consumatore aumenta all’aumentare del numero di caratteristiche. Questo implica che, se vengono confrontati panieri equivalenti in termini di spesa necessaria per acquisirli, ma composti da diverse varietà di prodotto, il consumatore razionale ed ottimizzante preferisce panieri più eterogenei rispetto a panieri più omogenei, in quanto i primi sono più ricchi di caratteristiche. Tale questione acquista particolare rilevanza nel caso di beni portatori di numerose caratteristiche rilevanti per il consumatore, sebbene in misura differenziata, come ad esempio le automobili: in una simile situazione, si tratta di scegliere il modello che fornisce la combinazione ottimale delle caratteristiche preferite dal consumatore, anche se non è detto che ciascuna delle caratteristiche rappresenti per lui una scelta first best Tale comportamento viene definito in marketing come love for variety. Nell’esempio dei maglioni, a parità di spesa, il consumatore razionale ed ottimizzante preferisce un paniere composto da un maglione blu girocollo e da un maglio rosso “a V”, piuttosto che da un paniere composto da tre maglioni blu girocollo.
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Che rilevanza hanno i concetti di differenziazione verticale ed orizzontale sul piano delle teorie del commercio internazionale? Nel caso della differenziazione verticale, la rilevanza è minore ed è possibile applicare i modelli. Molto più rilevante nel suo impatto sulle teorie del commercio internazionale è la differenziazione orizzontale, soprattutto per valutare il rilievo che essa ha dal lato dei consumatori: in linea di massima il benessere e la soddisfazione del consumatore aumenta proporzionalmente con l’aumento della varietà di beni a sua disposizione. Ne consegue che, se la produzione di tali varietà è caratterizzata da economie di scala, si verifica una tensione tra produzione e consumo, fra lato dell’offerta e quello della domanda: le imprese preferirebbero concentrare il più possibile la produzione per sfruttare al massimo i vantaggi collegati alle economie di scala, mentre i consumatori, al contrario, preferiscono una maggiore varietà di beni a loro disposizione fra cui scegliere
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Qualità - + + + - - + - Varietà
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Il conflitto di interessi fra domanda ed offerta può essere risolto grazie all’apertura al commercio internazionale, in quanto può rappresentare un’opportunità interessante sia dal lato dell’offerta che da quello della domanda: le imprese possono espandere la scala di produzione delle loro varietà aprendosi ai mercati esteri; i consumatori possono acquistare dall’estero varietà di beni non prodotti sui mercati domestici
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La presenza di economie di scala interne ha come rilevante conseguenza l’abbandono del modello libero-concorrenziale, sia dal lato teorico sia dal lato della forma prevalente sui mercati reali: la dimensione ottima dell’impresa cessa di essere quella “piccola” e il riferimento non è più al concetto di impresa price taker, ma, almeno in una certa misura, quello dell’impresa price maker con un potere di mercato tale da influire sulle condizioni di produzione e vendita del bene. La presenza di economie di scala di tipo interno rende il mercato diverso dal modello libero-concorrenziale e lo sbocco naturale è rappresentato da forme di mercato imperfette, quali la concorrenza monopolistica, l’oligopolio e il monopolio naturale
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Si consideri in primo luogo l’evoluzione del mercato verso la forma di concorrenza monopolistica in presenza di differenziazioni orizzontali. Si ipotizzi che ogni impresa del settore produce secondo condizioni di rendimenti di scala crescenti una delle n varietà del bene considerato. Da tale schema esemplificativo deriva che il numero delle imprese presenti sul mercato coincide con il numero delle varietà di prodotto, per cui si ha: Ngamme = nimprese
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+ n - + - Struttura di mercato Differenziazione di prodotto
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In un’economia chiusa ogni impresa operante sul mercato sarà caratterizzata da un certo grado di monopolio per quanto si riferisce alla quantità di output da produrre e al prezzo da praticare per quanto attiene alla varietà del bene che essa produce. In questo caso il grado di monopolio che caratterizza l’impresa si misura come differenza tra il prezzo praticato dall’impresa ed il costo marginale dell’ultima quantità prodotta: in condizioni di concorrenza perfetta prezzo e costo marginale si eguagliano e il grado di monopolio è nullo. Il grado di monopolio di cui l’impresa può godere in caso di concorrenza imperfetta dipende dal grado di sostituibilità della varietà che essa produce rispetto a quelle dei suoi concorrenti: tanto maggiore è la sostituibilità tra le varietà, tanto meno l’impresa potrà fissare un prezzo superiore a quello realizzabile in condizioni di perfetta concorrenza. E viceversa: tanto più il suo potere di mercato è elevato, in quanto i consumatori preferiscono la varietà che essa produce, tanto maggiore sarà il suo grado di autonomia nella fissazione del prezzo e delle altre condizioni di vendita del prodotto La presenza di economie di scala crescenti spiega la presenza di condizioni di concorrenza monopolistica sui mercati nei quali esse si realizzano
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[…] proprio la presenza di rendimenti di scala crescenti rappresenta l’impedimento maggiore alla produzione di tutte le possibili varietà del bene: ogni impresa produce un’unica varietà del bene per sfruttare le economie di scala associate alla sua produzione, piuttosto che produrre due o più qualità. Il numero di imprese presenti nel paese è allora il limite al numero di varietà a disposizione dei consumatori [de Arcangelis, 2005, p. 375]
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Assumendo che il benessere del consumatore aumenti con il numero di varietà a loro disposizione, ne deriva che il benessere dell’economia, viene limitato dalla presenza di rendimenti di scala crescenti nell’ambito della produzione. In un simile caso è evidente che l’economia nel suo complesso può trarre beneficio dall’apertura al commercio internazionale nella misura in cui un numero m di imprese estere si affiancano alle n già presenti Le varietà prodotte (∑) saranno quindi ∑ = n + m con m>0.
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Effetti in caso di economia aperta:
effetto di scala effetto pro-competitivo effetto “uscita delle imprese” relazioni commerciali intra-industriali aumento della disponibilità di varietà disponibili all’interno
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effetto di scala: ogni impresa che opera in un paese può produrre la sua varietà di bene non soltanto per il mercato domestico, ma anche per il mercato estero; in conseguenza della maggiore scala produttiva, i costi medi diminuiscono e migliora l’efficienza produttiva
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effetto pro-competitivo:
ogni impresa “nazionale”, nella nuova situazione, si trova a competere con tutte le imprese “estere”; questo è dovuto all’assenza (o all’inconsistenza) di barriere all’entrata: la pressione competitiva che ne consegue comporta che gli extraprofitti, eventualmente conseguiti dall’impresa nel mercato chiuso, si annullano e che dunque il prezzo di mercato non sia diverso dal costo medio di equilibrio
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effetto “uscita delle imprese”:
Si supponga di avere due economie stilizzate: si assuma che in un’economia domestica siano presenti n imprese che producono n varietà di prodotto (una per ogni impresa); a questo punto si ipotizzi che all’estero esistano altre n imprese uguali che producono lo stesso bene, ma in n varietà ancora diverse; ancora: si assuma che i lavoratori delle imprese domestiche siano nel complesso pari a L e che anche i lavoratori delle imprese estere siano pari a L. quando le due economie si aprono al commercio internazionale, i lavoratori saranno complessivamente 2*L, ma il numero di imprese che possono operare sul mercato in condizioni di equilibrio sarà necessariamente N, minore di 2*n, per la presenza di economie di scala; in effetti, a causa dell’effetto di rendimenti di scala crescenti, ogni impresa che operi in mercato aperto è in grado di produrre di più e a costi inferiori; conseguentemente anche il prezzo di vendita sarà più basso; affinché questa condizione venga rispettata, ogni impresa dovrà aumentare il numero di lavoratori impiegati, ed, essendo le imprese tutte uguali, inizialmente assumeranno esattamente L/n lavoratori; ma a causa dell’aumento della scala di produzione, dopo l’apertura alla dimensione internazionale ogni impresa dovrà impiegare più di L/n lavoratori. In altri termini: alcune imprese non potranno più operare alle condizioni iniziali di autarchia e verranno espulse dal mercato; il numero totale di imprese presenti sul mercato si riduce così da 2*N ad N e il numero di lavoratori per impresa risulta pari a 2*L/N, compatibile con il nuovo equilibrio di economia aperta
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relazioni commerciali intra-industriali:
nel mercato mondiale del bene considerato vengono prodotte N varietà finali; alcune di tali varietà, già disponibili in condizioni autarchiche, continuano ad essere prodotte all’interno del paese ed esportate; altre varietà, prima dell’apertura non disponibili, ora saranno importate sul mercato domestico; si osserva quindi un movimento di import-export per la stessa tipologia del bene, ovvero si assiste a quello che viene definito commercio intra-industriale
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aumento della disponibilità di varietà disponibili all’interno:
l’apertura al commercio internazionale rende disponibili varietà di beni altrimenti non prodotte in condizioni di autarchia; ne deriva un aumento del benessere dei consumatori sulla base del teorema del love for variety
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Uno dei condizionamenti di maggior rilievo relativo ai mercati globali, ovviamente tanto più rilevante quanto più la scala è di carattere planetario, è la presenza di costi di trasporto da un paese ad un altro. Quando tali costi vengano considerati, tanto più quando essi assumano dimensioni rilevanti, la produzione domestica risulterebbe maggiormente competitiva rispetto alla produzione estera: a parità di altre condizioni, sulla produzione nazionale venduta all’interno non si sopportano costi di trasporto (o, se vi sono, sono molto bassi) che invece gravano sulla produzione estera
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Si consideri la possibilità che mercato domestico e mercato estero abbiano dimensioni diverse e che il mercato estero sia più ampio: un mercato di maggiori dimensioni implica, per definizione, una domanda (potenziale ed effettiva) maggiore ed una produzione maggiore, con la conseguenza di rendimenti di scala crescenti
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Una simile situazione implica che all’estero le economie di scala possano essere sfruttate meglio che sul mercato domestico, cioè, il che è lo stesso, che i produttori esteri possono produrre a costi più bassi e quindi praticare un prezzo più basso. Se il prezzo delle varietà estere è talmente basso da più che compensare il costo di trasporto, l’economia estera esporta verso il mercato interno del paese. La presenza, contemporanea, di costi di trasporto positivi ed economie di scala ha un’importante implicazione pratica: i paesi esportatori di un certo bene necessariamente sono anche quelli con la più elevata domanda interna (cioè hanno il mercato interno più ampio); questo permette loro di sfruttare le economie di scala e, grazie ai rendimenti crescenti e costi produttivi decrescenti, ripagare i costi di trasporto. Ovviamente la contemporanea presenza di un ampio mercato interno ed elevate esportazioni verso paesi terzi è una situazione facilmente riscontrabile nella realtà, ma difficilmente spiegabile attraverso le teorie tradizionali sul commercio internazionale.
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