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Dalle equazioni di Maxwell alla relatività ristretta
Prof. Gugliotta Calogero Dalle equazioni di Maxwell alla relatività ristretta Le quattro equazioni di Maxwell rappresentano una formulazione matematica delle leggi elettriche e magnetiche che erano state scoperte nei decenni precedenti. Esse sono state risolte dallo stesso Maxwell nel vuoto (cioè in assenza di cariche elettriche). In questo caso la soluzione prevede che debbano esistere delle onde elettromagnetiche che si propagano nello spazio vuoto con velocità costante.
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Le equazioni di Maxwell
Forma integrale Forma differenziale Legge di Gauss per il campo elettrico Legge di Gauss per il campo magnetico Legge di Ampère-Maxwell Legge di Faraday
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Equazioni di Maxwell nello spazio libero
Nello spazio libero, le equazioni di Maxwell diventano:
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Equazione risolvente il sistema
Con meraviglia ci si accorge che la forma di questa equazione è identica a quella di un’onda (di una corda o del mare) che si propaga con velocità v. In cui X può essere lo spostamento. Dal confronto delle due equazioni si vede che deve essere: Con i valori accettati della costante dielettrica e della permeabilità magnetica, si ottiene la velocità della luce: c=2,9979*10^8 m/sec
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Come nascono le onde elettromagnetiche
Se in un punto dello spazio si verifica una variazione del campo elettrico, dovuta, per esempio, ad una carica accelerata, nei punti vicini nasce, per la terza equazione di Maxwell, un campo magnetico, anch’esso variabile nel tempo. Il campo magnetico variabile fa nascere nelle vicinanze, per la quarta equazione di Maxwell, un campo elettrico a sua volta variabile e così via. Nasce quindi un’onda elettromagnetica, con la natura e la velocità prevista dalla soluzione puramente matematica delle equazioni di Maxwell nel vuoto. Vedi l’applet Onde Elettromagnetiche
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La crisi della fisica alla fine del XIX secolo
Alla fine del 1800 inizio 1900 il dibattito scientifico era incentrato su due questioni: La velocità delle onde elettromagnetiche prevista dalle equazioni di Maxwell rispetto a quale sistema di riferimento doveva essere considerata? Le equazioni di Maxwell non sono invarianti rispetto alle trasformazioni classiche galileiane. Dobbiamo quindi ritenere che mentre le leggi della dinamica sono covarianti in sistemi di riferimento in moto rettilineo uniforme, viceversa le leggi dell’elettromagnetismo cambiano? Maxwell stesso aveva ritenuto di rispondere alla prima questione, affermando che la velocità della luce (onda elettromagnetica) era riferita all’etere (una sostanza impalpabile, penetrante, rigida) che era supporto della luce, così come l’acqua del mare è il supporto delle onde che in esso si propagano). Per la seconda questione erano state trovate (empiricamente) delle formule da Lorentz (le trasformazioni di Lorentz) che rendevano invarianti le leggi dell’elettromagnetismo, anche se non se ne comprendeva il significato.
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Le trasformazioni di Lorentz
Esse mettono in relazione le coordinate spazio-temporali di uno stesso evento in due sistemi di riferimento K e K’ se gli assi coordinati sono coincidenti nell’istante t=t’=0 ed K’ si muove di moto rettilineo uniforme rispetto a K con velocità v nella direzione comune degli assi x e x’. Supponiamo di applicare le trasformazioni di Lorentz per misurare l’intervallo di tempo Δt che intercorre tra due eventi nel sistema K’ visti dal sistema K:
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c-v (se la luce si propaga nel verso del moto terrestre);
La dimostrazione della (non)esistenza dell’etere L’esperimento di Michelson e Morley Immaginiamo di viaggiare sul cosiddetto "treno di Einstein" un ipotetico treno futuribile che si muove a Km/s; accendendo i fari, la loro luce dovrebbe viaggiare a: = Km/s Se l’etere esiste anche la Terra si muove (con velocità di 30 Km/s) intorno al Sole in mezzo all’etere, che per conto suo è rigorosamente fermo. Il moto della Terra si dovrebbe manifestare come un vento d’etere. Se c è la velocità della luce nel sistema di riferimento dell’etere, la velocità della luce dovrebbe essere: c-v (se la luce si propaga nel verso del moto terrestre); c+v (se la luce si propaga nel verso opposto)
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L’esperimento di Michelson e Morley
Fra i 1881 e il 1887 Michelson e Morley tentarono con esperimenti molto precisi di mettere in evidenza l’esistenza dell’etere. Essi utilizzarono un interferometro In esso, un raggio di luce colpisce uno specchio semiargentato; in parte esso é riflesso su di uno specchio (in alto), che lo riflette nuovamente, in parte lo attraversa ed é riflesso su un altro specchio. Il primo di questi raggi attraversa lo specchio semiargentato, il secondo è da questo riflesso in direzione ortogonale, cosicché i due raggi si sovrappongono prima di giungere ad uno schermo (in basso). Qui producono delle frange alternativamente luminose e scure.
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L’esperimento di Michelson e Morley
Se però si ruota l'interferometro di 90°, anziché al raggio orizzontale la velocità orbitale della Terra si sommerà al raggio verticale, e dunque la differenza di cammino ottico fra i due raggi varierà; si dovrà quindi avere uno spostamento nelle frange di interferenza Per quanti sforzi fecero, né loro, né altri che hanno ripetuto l’esperimento sono riusciti a mettere in evidenza l’esistenza dell’etere. L’etere non esiste
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La relatività ristretta
Primo postulato: il principio di relatività Le leggi della fisica sono covarianti (hanno la stessa forma) in tutti i sistemi di riferimento inerziali. Secondo postulato: la costanza della velocità della luce La velocità della luce nel vuoto è c=2,9979*10^8 in tutti i sistemi di riferimento inerziali a prescindere dal moto della sorgente rispetto all’osservatore
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L’orologio a luce e la dilatazione del tempo
Un orologio a luce presenta un flash F, uno specchio S e, posto vicino a F, un fotomoltiplicatore M. Il flash emette un lampo di luce, la luce raggiunge lo specchio di fronte a distanza a, ritorna indietro, colpisce il fotomoltiplicatore, che lo conta e lo rimanda indietro. Funziona cioè come un orologio a pendolo (nell’orologio a luce un lampo di luce va avanti e indietro così come in un pendolo una massa va avanti e indietro). MF S a Supponiamo che sulla terra vi siano tanti orologi e uno a luce tutti sincronizzati fra di loro. Supponiamo che su un’astronave vi siano tanti orologi e uno a luce tutti sincronizzati fra di loro e sincronizzati con quelli sulla terra. L’astronave parte e dopo un certo tempo viaggia di moto rettilineo uniforme rispetto alla terra.
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L’orologio a luce e la dilatazione del tempo
Per chi sta sull’astronave l’orologio funziona perfettamente (anche per lui la velocità è c). L’orologio per ogni andata e ritorno della luce segna un intervallo di tempo: MF S a h d Un osservatore sulla terra vede la situazione di destra. Nel tempo che l’astronave percorre 2d=v*Δt la luce percorre 2h e quindi si ha: Ritroviamo una delle trasformazioni di Lorentz comprendendone ora il significato fisico Vedi l’applet La dilatazione del tempo.
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La contrazione delle lunghezze
Per una astronave che viaggia con velocità v la distanza tra due eventi è: La lunghezza di un corpo è minore se esso è visto in movimento con velocità v.
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La composizione relativistica delle velocità
Riprendiamo le trasformazioni di Lorentz: Facendo il rapporto membro a membro: Si vede che quando u’x e v sono vicine a c l’ultima formula diventa: La composizione delle velocità non supera mai la velocità della luce, in accordo con il postulato di Einstein.
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Le prove più significative della teoria della relatività ristretta
La vita media dei mesoni μ L’esperimento di Hafele e Keating L’effetto doppler trasverso
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