Con queste diapositive vi illustriamo le principali feste e i divertimenti più in uso al tempo degli antichi romani…

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1 Con queste diapositive vi illustriamo le principali feste e i divertimenti più in uso al tempo degli antichi romani…

2 I Romani Le feste I divertimenti Le nostre creazioni

3 E' dai miti che i Romani derivano molte delle loro feste religiose.
Le Lupercalia Le Lupercalia, festeggiate il 15 febbraio, sono giunte fino a noi ricche dei particolari. Celebrata in onore di Faunus Lupercus, dio di origine greca che teneva lontani i lupi dalle greggi, la festa inizia proprio nel Lupercale, la grotta sul Palatino dove la lupa, secondo la credenza, ha allattato Romolo e Remo. E' qui che i Luperci (i sacerdoti) sacrificano gli animali, più che altro capre, in onore del dio. Con la lama ancora insanguinata dei coltelli sacrificali vengono bagnate le fronti di due Luperci e poi ripulite con della lana intrisa nel latte (secondo altre fonti non si tratta di luperci ma di due ragazzini di famiglia patrizia). Le pelli degli animali sacrificati vengono poi tagliate a listarelle con le quali i sacerdoti si cingono i fianchi dividendosi in due gruppi.

4 Completamente nudi tranne che per le strisce di pelli, i Luperci iniziano di corsa due percorsi contrapposti, inizialmente tutto intorno al colle (in seguito si riduce al semplice giro del Foro) per poi ritornare al punto di partenza. Con le strisce di pelli frustano lungo il percorso tutti coloro che incontrano e soprattutto le donne, alle quali intendono così fare dono della fertilità, almeno secondo l'interpretazione di Ovidio (Varrone ritiene invece che si tratti, più semplicemente, di un rito di purificazione). Le origini e il significato di questo rituale affondano tanto le radici nell'antichità che gli stessi autori classici ne spiegano le varie fasi in modo diverso .Tuttavia i Romani tendono a individuare nella festa la celebrazione dell'origine di Roma, considerando il percorso dei Luperci come l'antico tracciato delle mura della città e i due gruppi di sacerdoti come la rappresentazione di Romolo e Remo. La festa sopravvive fino al 494 d.C., quando viene trasformata dai cristiani nella celebrazione della purificazione della Vergine Maria.

5 Festa di Quirino Festa di Marte
Anche la festa di Quirino, secondo la tradizione istituita da Numa Pompilio sempre a febbraio, prende corpo dai miti della fondazione di Roma. In epoca repubblicana Quirino, che è una divinità di origine sabina protettrice di Roma insieme a Marte, viene infatti identificato con Romolo. Il nome Quirites, attribuito ai romani ha proprio questa origine. Festa di Marte La festa in onore di Marte, il padre divino di Romolo e, insieme a Giove, una delle maggiori divinità romane, ricorda invece una delle tante leggende che hanno come protagonista Numa Pompilio. Celebrati in marzo, i festeggiamenti di Marte sono officiati da 12 sacerdoti-guerrieri, i cosiddetti Salii, impegnati in una processione nella quale si cimentano in una strana danza, cantano una litania così antica da essere incomprensibile agli stessi romani e percuotono gli scudi magici fatti costruire da Numa Pompilio.

6 Questi scudi, gelosamente custoditi, hanno un'origine fantastica e divina. Secondo la tradizione, infatti, Numa avrebbe deciso di interpellare Giove per farsi svelare il segreto per difendersi dai suoi fulmini. Chiamato dal re, Giove discende sull'Aventino dove, a detta di Ovidio, la terra addirittura si abbassa sotto il peso del Dio. Anche se intimorito dalla divina presenza, lo scaltro Numa chiede a Giove come placare il fulmine, ottenendo dapprima una riposta sibillina e inquietante. - Taglia una testa - sentenzia infatti Giove. - Taglierò una cipolla cavata dei miei orti - interpreta allora Numa, celebre per essere un uomo mite. - Una testa d'uomo - precisa il dio nel tentativo di mettere il re in difficoltà. Numa non si lascia imbrogliare e replica: - Taglierò allora la cima di un capello - Giove insiste, chiedendo al re il sacrificio di una vita. - Ucciderò un pesce…- risponde caparbio Numa. Giove, per nulla offeso, ride dell'arguzia del re che per niente al mondo vuole concedergli un sacrificio umano e gli rivela il rituale segreto da compiere per difendersi dai fulmini.

7 Ai romani increduli, Numa dimostra, il giorno successivo, di aver ottenuto la grazia di Giove invocando il dio davanti alla folla riunita. Sotto lo sguardo attonito dei presenti un fulmine squarcia il cielo e uno strano scudo, con degli incavi laterali, cade a terra inviato da Giove. Per confondere eventuali ladri ed evitare che la preziosa testimonianza divina venga trafugata, Numa incarica il fabbro Veturio Mamurio di eseguire undici copie identiche dello scudo. I Salii ne divengono i custodi, continuando nei secoli a portarle in processione. E' curioso ricordare, a proposito dei fulmini, che non tutti i re di Roma godono della stessa benevolenza che Giove riserva a Numa Pompilio. Tullo Ostilio, infatti, guerrafondaio tanto quanto il suo predecessore Numa è uomo di pace, pare abbia irritato Giove con le sue frequenti scaramucce al punto da attirarsi le ire del dio sotto forma di una grandinata di pietre e di una pestilenza. Per scongiurare il pericolo dei fulmini Tullo avrebbe anche cercato di ripetere in segreto i rituali conosciuti da Numa. Qualcosa però deve essergli andata storta, perché la leggenda narra che Giove, evidentemente irritato, gli abbia risposto incenerendogli il palazzo reale proprio con un fulmine.

8 Festa di Cerere Dal 12 al 19 aprile, mese in cui vengono onorate anche molte altre divinità agricole, si festeggia Cerere ricordando il mito greco di Persefone e Demetra.Il culto di Cerere ha origini antichissime. Inizialmente identificata come la dea delle Biade, è venerata dai Romani con particolare devozione e nelle feste più antiche (le Sementive e le Paganalia) è onorata insieme alla dea Tellus, che finisce poi per essere confusa con la stessa Cerere. In un primo tempo, quando ancora gode di un'identità propria, Tellus è la rappresentazione della dea Terra e trova la sua omologa greca in Gea, la primigenia madre generata da Caos (lo spazio cosmico primordiale).

9 Vale certamente la pena, a questo punto, fare un passo indietro e ricordare lo splendido mito greco della Creazione dell'Universo, in cui la fantasia suggerisce all'uomo ciò che con la ragione non può comprendere. Gea partorisce Urano, il cielo, e da lui viene fecondata attraverso la pioggia. Dall'unione di Gea e Urano nascono i Ciclopi, gli Ectonchiri (i giganti con cinquanta teste e cento braccia) e i dodici Titani (alcuni maschi, altri femmine). Tra questi ultimi c'è Oceano, il favoloso e immenso fiume che circonda la terra, dio di tutte le acque che procrea i fiumi insieme alla sorella Teti; Iperione, identificato con Elios e dio della luce; Ceo, che con Febe, altra Titanessa, genera Leto (la notte buia) e Asteria (la notte stellata); Crono, il tempo, il più giovane e ambizioso dei fratelli. Sarà Crono a detronizzare il padre Urano, tanto che quest'ultimo non avrà mai né culto né templi. Crono, senza troppi scrupoli, toglie di mezzo il padre, lo evira e ne getta gli "attributi" nel mare. Dalle acque così fecondate nasce Afrodite (che i romani onoreranno come Venere), mentre dal suo sangue vengono generati altri essere mostruosi, come i Giganti, creature malvagie dalla enorme statura.

10 Ratto di Persefone La festa di Cerere ricorda il mito con dei banchetti nei quali i romani si scambiano frutti e legumi e i riti religiosi vengono officiati esclusivamente da donne vestite di bianco. Mentre le altre pregano e digiunano, una di loro si nasconde e ricompare solo dopo che è stato compiuto il sacrificio di una scrofa gravida. In epoca più tarda si aggiungono ai festeggiamenti anche giochi, come corse di cavalli e bighe, da tenersi però nei sette giorni precedenti alla festa vera e propria.

11 Culto di Dia Al culto di Cerere viene anche ricondotto quello di Dia, antichissima dea latina che con Cerere viene confusa in epoca tarda. Il culto di Dia era officiato dagli Arvali, i dodici sacerdoti ad essa consacrati e le origini del loro collegio sono altrettanto antiche. Secondo la tradizione, infatti, i primi Arvali altri non sono che i dodici figli di Faustolo e Acca Larenza, i genitori adottivi di Romolo e Remo. Acca e i suoi figli avevano l'abitudine di garantirsi la fertilità dei campi compiendo ogni anno dei riti propiziatori. La consuetudine viene mantenuta dagli Arvali, che a maggio benedicono un pane adorno di alloro, si passano ritualmente delle spighe di grano tra le mani, cantano carmi (uno di questi, il Carmen Arvalis è giunto fino a noi), ballano e organizzano giochi e banchetti. Gli Arvali erano soliti portare sul capo delle fasce bianche e un serto di spighe di grano in onore della dea. Il culto di Dia prevedeva anche una festa non di carattere pubblico, detta Ambarvalia e sempre celebrata in maggio, in cui si provvedeva a purificare i campi con il sacrificio di un maialino da latte, un vitello e un agnello. Gli animali venivano accompagnati al luogo del sacrificio in una processione, nella quale i partecipanti, che dovevano essersi astenuti dai rapporti sessuali la notte precedente ed essersi purificati le mani con l'acqua, erano tutti vestiti di bianco e avevano il capo cinto con fronde di ulivo e quercia.

12 Festa di Libero Se Demetra viene identificata con Cerere, in epoca tarda sua figlia Persefone prende per i romani il posto di Libera, antica divinità italica preposta alla fecondazione dei terreni insieme a Libero (a sua volta successivamente identificato con Dioniso). La festa di Libero viene festeggiata il 17 marzo ed è principalmente una festa propiziatoria nella quale si offrono al dio delle focacce di olio e miele. Tuttavia non va dimenticato che i suoi festeggiamenti rivestono per i romani anche una notevole importanza sociale. E' in questa occasione, infatti, che i ragazzini maschi vengono accolti nel mondo degli adulti e i loro nomi iscritti nei pubblici registri. Il passaggio è sancito dall'abbandono della toga tipicamente infantile, bordata di rosso, e della "bulla", un amuleto che tutti i bambini romani maschi portavano al collo dal giorno della nascita come protezione da ogni possibile maleficio.

13 Feste Vestalia Il culto della dea Vesta viene anch'esso fatto risalire a Numa Pompilio, anche se in realtà la dea è già venerata in tempi ancora più antichi. Vesta rappresenta il focolare domestico e la pace familiare. Le sue sacerdotesse, le sei Vestali, sono considerate le figlie sacre di Enea. Nel tempio di Vesta di Lanuvio, nei pressi di Roma, l'eroe avrebbe infatti portato i Penati di Troia perché vi fossero custoditi. (I Penati erano numi tutelari della famiglia, anche se probabilmente in origine erano le divinità degli alimenti perché quasi certamente il loro nome deriva dal termine latino "penus" che significa "vivande, cibo, provviste"). In onore di Vesta viene costruito un tempio vicino ai palazzi dei Cesari, nel Foro, dalla particolare a forma circolare in ricordo delle antiche capanne. Le feste Vestalia si celebrano dal 9 al 15 giugno. In questo periodo il tempio viene aperto al pubblico e le Vestali preparano la "mola salsa", la pasta salata utilizzata in tutti i sacrifici dal cui nome deriva il nostro termine "immolare" col significato di "sacrificare". Ingrediente principale della "mola salsa" è il farro, il cereale che per molto tempo rimane alla base dall'alimentazione, anche se successivamente viene ampiamente sostituito dal frumento. La "mola salsa" viene conservata dalle Vestali in recipienti dalla base molto stretta in modo che il sacro impasto non possa venire nemmeno indirettamente a contatto con il terreno e quindi contaminato.

14 L'importanza del rituale del farro è tale che a febbraio si celebra anche una antichissima festa di carattere propiziatorio per la vita rurale, cosiddetta Fornacalia, dai "forni" usati per la tostatura del farro.

15 Ludi Apollinares Le feste in onore di Apollo, festeggiato in luglio, vengono invece istituite dopo la consultazione dei Libri Sibillini durante la guerra contro Annibale. Gli stessi Libri Sibillini ("seconda edizione"), sono custoditi nel tempio di Apollo sul Palatino. Il culto del dio approda a Roma intorno al 500 a.C. dalla Grecia, dove Apollo è dio più importante dopo Zeus. Secondo il mito Apollo è figlio dello stesso Zeus e della sua sposa Leto (Latona per i Romani), a sua volta figlia di due Titani e perseguitata poi da Era, la successiva compagna di Zeus.

16 Bellissimo, solare, dotato dei massimi poteri di vaticinio (il famosissimo oracolo di Delfi, la sacerdotessa Pitia e la sibilla di Cuma parlano per sua ispirazione), dio della medicina e delle arti, consigliere delle Muse, vendicatore di tutto ciò che porta morte, dolore, distruzione, malattia, Apollo vive mille amori e genera molti figli. I Ludi Apollinares vengono celebrati a Roma nel Circo Massimo. Durante le cerimonie vengono offerti al dio e a sua madre due pecore, un bue e una vacca con le corna dipinte d'oro. Avendo citato i Libri Sibillini, corre l'obbligo di raccontare della loro origine. Narra Dionigi di Alicarnasso che la raccolta dei testi profetici, scritti in greco, compare a Roma ai tempi di Tarquinio il Superbo. Una misteriosa vecchia si presenta un giorno al cospetto del re offrendogli di comperare l'intera raccolta. Il re rifiuta sdegnosamente e la vecchia comincia a bruciare i libri uno alla volta, continuando ad offrire al re i rimanenti, sempre allo stesso prezzo. Impressionato, il re decide di comperare gli ultimi libri rimasti prima che vengano interamente bruciati, pagando l'intero prezzo.

17 La vecchia, così come è comparsa, misteriosamente scompare lasciando a Tarquinio la raccolta, seppur incompleta, della più accreditata fonte di vaticini e profezie dell'antichità. Analoga l'origine dei libri secondo Lattanzia, a detta del quale, però, il re in questione sarebbe stato Tarquinio Prisco e la vecchia addirittura la Sibilla di Cuma. I libri Sibillini vengono inizialmente custoditi gelosamente dai romani nei sotterranei del tempio di Giove Capitolino. Vengono consultati ogniqualvolta debbano essere prese importanti decisioni che riguardano l'intera collettività o si siano verificati particolari "segni" divini da interpretare. Nel luglio dell'anno 83 a.C. i libri vanno in parte distrutti nell'incendio che rade al suolo il tempio di Giove e la gravità del fatto impone che vengano al più presto reintegrati. Consultando tutte le più rinomate sibille del tempo, viene ricostituita una nuova collezione di libri profetici che Augusto fa trasferire nel tempio di Apollo dove vengono conservati nascosti sotto la statua del dio. Sarà Stilicone, nel 400 d.C., a decretarne la definitiva scomparsa ordinando che vengano dati alle fiamme.

18 Ludi Megalensi Celebrati in aprile, i Ludi Megalensi sono i festeggiamenti della dea Cibele, simbolo di fecondità e conosciuta anche come la Grande Madre (ha infatti generato Zeus). Il culto di Cibele è di origini orientali ed ha forti caratteri orgiastici. Si ritiene che Pessinunte, in Asia Minore, sia la principale città di provenienza del culto da dove si è poi diffuso in Grecia, nell'isola di Creta e infine a Roma. La dea è "importata" nell'Urbe nel 204 a. C. su preciso intento del Senato che, facendo probabilmente confezionare "ad hoc" un oracolo sibillino, autorizza il trasferimento a Roma del culto di Cibele e della "pietra nera" (probabilmente un meteorite) che la rappresenta e che è stata fino a quel momento custodita a Pergamo. La decisione ha chiari intenti politici. In questo periodo i Romani stanno vivendo momenti di profonda tensione per le vittorie di Annibale in Italia e cercano sempre più spesso conforto spirituale nelle superstizioni orientali, cosa che impone al Senato di vigilare direttamente. In più, si rende necessaria una alleanza politica con il re di Pergamo. Nulla di meglio, quindi, che intessere un vincolo religioso che da Pergamo si snodi fino a Roma

19 L'arrivo della statua di Cibele a Roma è legata ad un fatto miracoloso e leggendario. Si narra infatti che la nave sulla quale era stata caricata la statua della dea si sia arenata nel Tevere, tra lo sconforto e la preoccupazione della folla che si è riunita per assistere all'evento. Inutilmente numerose e forti braccia cercano di trascinare l'imbarcazione con delle funi lungo il corso del fiume. La nave sembra incollata all'alveo e non si sposta di un centimetro. Avanza allora verso la riva Claudia Quinta, una giovane considerata poco virtuosa e oggetto di feroci malelingue. La ragazza invoca la dea, chiedendole di punire la sua eventuale colpa nel sangue o di dimostrare la sua purezza seguendola. Claudia afferra le funi che legano la nave e con la forza delle sue sole braccia riesce a trasportare l'imbarcazione fuori dalla secca nella quale si è incagliata.

20 I sacerdoti di Cibele vengono denominati "Galli" e l'etimologia della parola è piuttosto incerta. Secondo alcune fonti essi prenderebbero il nome da un fiume omonimo le cui acque, purché bevute in quantità modica, avrebbero il potere di guarire qualsiasi malattia facendola espellere dal corpo attraverso il cervello. Se assunte in eccesso, le stesse miracolose acque porterebbero alla follia. La punizione per i sacerdoti che si fossero abbandonati a troppo abbondati "bevute" sarebbe stata l'evirazione. Pare che proprio per questo motivo il popolo dei Galli avrebbe assunto questo nome, cercando di ricordare ai Romani conquistatori che avevano a che fare con gente capace di trasformarsi in "castratori" di uomini. Secondo altre interpretazioni, invece, il nome di Galli attribuito ai sacerdoti avrebbe avuto unicamente il significato di "barbari" e quindi di stranieri.

21 Questo appare plausibile, poiché i sacerdoti di Cibele potevano essere solo di origine orientale. Il rito dell'evirazione, che in ogni caso praticano, acque sacre o meno di mezzo, è infatti rigorosamente proibito ai cittadini romani e il Senato vigila rigorosamente sui culti officiati in onore della dea, possibili solo all'interno del tempio. Soltanto in occasione delle Lavatio, che si svolgono una volta all'anno entro il 4 aprile, viene effettuata una processione pubblica durante la quale i sacerdoti di Cibele portano la statua della dea, con incastonata la pietra sacra, dal tempio fino all'Almo, un affluente del Tevere. Qui la dea viene purificata con l'immersione della statua e degli arredi sacri nelle acque del fiume. Dal 4 al 10 di aprile si svolgono poi i Ludi Megalensi, in cui si festeggia con spettacoli teatrali e banchetti. Cibele è rappresentata come una matrona dalla testa cinta di torri (le città esistenti sulla terra)e circondata da leoni (simbolo dell'idea che la cultura può sottomettere le popolazioni ribelli). Il suo simbolo è il timpano, che rappresenta la sfera del mondo.

22 Le feste dedicate ai morti
In questi giorni i templi vengono chiusi, spenti i fuochi sacri, non si possono celebrare matrimoni e tutti devono dedicarsi, anche se ricoprono cariche pubbliche, al culto dei propri morti. Ai defunti vengono offerte delle ciotole lasciate ai bordi delle strade riempite con cereali (soprattutto farro), sale, pane bagnato nel vino e fiori di viola. In questo periodo vengono onorati anche i Lari, inizialmente identificati con le anime dei defunti, protettrici della loro casa natale e della terra e successivamente considerate come vere e proprie divinità del focolare domestico. In febbraio, dal 13 al 21, si svolgono le cosiddette Parentalia. Nei giorni immediatamente successivi si celebrano invece le feste dei Cara Cognatio (o Caristia). Le Parentalia si ritengono essere state istituite dallo stesso Enea e vedono protagoniste le Vestali, sue figlie sacre, le quali provvedono a offrire sacrifici in

23 Sono forse le più famose feste dell'antichità
Sono forse le più famose feste dell'antichità. Celebrate dal 17 al 23 dicembre di ogni anno sanciscono la fine dell'anno agricolo e sono dedicate a Saturno, antichissima divinità agricola dell'Italia Centrale, identificata con Crono dopo la diffusione dei culti greci a Roma. La sovrapposizione delle due divinità è forse stata facilitata dalla loro iconografia, simile perché entrambe rappresentate con una falce. Racconta il mito che Saturno/Crono, dopo essere stato cacciato dall'Olimpo, trova la sua dimora sul Campidoglio, dove venne edificato il suo tempio più famoso. Poiché il dio non avrebbe potuto lasciare chi lo aveva accolto, nel tempio era custodita una sua statua legata con delle catene, che venivano sciolte solo in occasione dei saturnalia. Poiché, secondo la leggenda, Saturno è anche il dio che regnava nella cosiddetta "età dell'oro" durante la quale gli uomini potevano vivere semplicemente raccogliendo i frutti che la terra spontaneamente donava loro, le feste di Saturno sono celebrate all'insegna dell'ozio e, tranne per il primo giorno dedicato alle celebrazioni religiose, si respira un clima di assoluta libertà e vacanza, con banchetti, possibilità di giocare d'azzardo e scambio di doni. In questo periodo vengono anche sovvertiti i normali ordini sociali. Gli schiavi possono indossare gli abiti degli uomini liberi e siedono alla stessa tavola dei loro padroni, che, per l'occasione, indossano il tipico cappellino portato dagli schiavi affrancati e servono le pietanze. Saturnalia

24 La Triade Capitolina Sono Giove, Giunone e Minerva a costituire la cosiddetta Triade Capitolina, definizione che non è antica perché si ritrova nei testi solo a partire dal XIX secolo. Il culto della triade è prettamente romano e ha origini incerte. Servio Danielino, filologo latino vissuto tra il IV e il V secolo d.C., sembra darne origini etrusche, ma a tutt'oggi non esiste alcun ritrovamento archeologico a supporto della tesi che fosse venerata anche in epoca pre-romana. E' indubbio, comunque, che la diffusione del culto della Triade sia stata supportata dalla precisa volontà politica di definire un gruppo di divinità "superiori", tali da identificare la grandezza di Roma anche da un punto di vista religioso. Templi dedicati alle tre divinità vengono infatti costruiti anche in molte colonie. Il culto, comunque, deriva certamente da quello di Giove Capitolino con gli epiteti di Optimus e Maximus per differenziarlo da qualsiasi altro Giove diversamente definito e venerato dalle comunità latine limitrofe. Successivamente vengono aggiunte al culto anche Giunone Regina ("ad essa appartengono tutti i luoghi della terra", come riferisce Varrone) e Minerva protettrice delle arti, alla quale, in alcune zone e a partire dal II secolo d.C., viene dato l'epiteto di Augusta. Il culto della Triade è strettamente legato al suo tempio, edificato sul Campidoglio e fornito di tre celle parallele nelle quale vengono poste le statue delle tre divinità: Giove al centro, seduto in trono e con i fulmini nella mano, Giunone alla sua sinistra e Minerva a destra.

25 L'importanza del tempio è dimostrata dalle stesse fonti che riportano la cronaca dell'invasione di Roma da parte dei Galli nel 390 a.C. Pare infatti che in quell'occasione il Campidoglio e il tempio siano stati risparmiati dai nemici, a riprova della potenza di Giove Capitolino. Il Senato, una volta sconfitti i Galli, istituisce perciò i ludi Capitolini. I festeggiamenti di Giove Capitolino (denominati anche ludi Romani o Magni) si svolgono ogni anno in settembre per 16 giorni, con magnifiche parate militari, cortei variopinti di danzatori, musicisti, atleti e inservienti dei templi che portano vasi d'oro e d'argento colmi di incenso e profumi. Anche le statue di tutti gli dei vengono fatte sfilare per le vie della città. Al temine delle parate vengono sacrificate solennemente molte vittime, dopo essere state purificate con acqua e interamente cosparse di mola salsa. Nel circo Massimo, per tutta la durata dei ludi, si svolgono giochi ed esibizioni di acrobati. Alle idi di settembre viene anche offerto un particolare banchetto in onore alla Triade, al quale partecipano i sacerdoti e le stesse statue degli dei, Minerva e Giunone sedute e Giove sdraiato sul triclinio. Il culto della triade non era tuttavia esclusivamente pubblico.

26 Il ritrovamento della Triade di Guidonia e di altri bronzetti nella casa degli Amorini dorati di Pompei ha dimostrato come esistesse anche un culto privato e famigliare particolarmente sentito. La Triade ritrovata a Guidonia nel 1994 (vedi foto) è sicuramente di elevatissimo interesse archeologico in quanto, allo stato attuale, è l'unico esemplare rinvenuto praticamente intero in cui le tre divinità siedono insieme e non su troni separati. Giove si identifica al centro, con il fascio di fulmini ben evidenti nella mano destra. Alla sua sinistra è rappresentata Giunone, con in testa un diadema e un velo e lo scettro nella mano sinistra. A destra è invece posta Minerva nell'atto di reggere probabilmente l'elmo (braccio destro mancante). Ai piedi delle tre divinità sono anche riconoscibili i tre animali sacri: l'aquila, il pavone e la civetta.

27 Oltre ai noti combattimenti tra Gladiatori nell' Anfiteatro Flavio (Colosseo) o ai combattimenti contro feroci animali mostrati molto di frequente nei film, i Romani amavano anche le corse dei cocchi. Il Circo Massimo era un ippodromo capace di ospitare fino a persone che assistevano ad emozionanti gare dove di frequente i concorrenti cadevano rovinosamente.Anche il teatro era molto seguito con i suoi due spettacoli per rappresentazione, uno drammatico e l'altro comico per tirare su il morale. E' da notare che seppure i Romani amassero le arti greche, gli attori non venivano considerati come artisti ma piuttosto come persone di basso livello sociale. Tutti gli spettacoli dal Colosseo all' Ippodromo o al Teatro erano gratuiti, a pagare le spese in genere erano o un Imperatore o una persona importante, entrambi con lo scopo di conquistarsi il favore del popolo. Per finire va sottolineato che, contrariamente a quanto si crede, i Gladiatori non combattevano contro gli animali, ma contro altri Gladiatori. Erano i Venatori che effettuavano feroci combattimenti contro feroci animali provenienti dalle più remote province dell' Impero.

28 Sia i Gladiatori che i Venatori erano schiavi, spesso erano guerrieri fatti prigionieri durante le guerre. Talvolta però, come fece l' Imperatore Commodo, anche chi non era schiavo poteva combattere per dimostrare il proprio valore ed il proprio coraggio. Il Gladiatore sconfitto rivolgeva il suo sguardo all' Imperatore, il quale in base agli umori del pubblico decideva: pollice su equivaleva alla grazia, pollice giù la morte.

29 La Nascita del Teatro  Tutti conoscono i teatri dell’antica Grecia. C’immaginiamo che da allora fino ad oggi i teatri, anche se cambiati ed evoluti nei secoli, sono sempre stati parte della vita cittadina d’Europa. Effettivamente il teatro, come edificio, è nato nella Grecia antica. I primi teatri consistevano in panche di legno poste su una collina in declivio, con uno spazio piano davanti per le rappresentazioni. I primi teatri in pietra furono costruiti verso la fine del VI secolo a.C.; il teatro di Dionisio ad Atene risale al 544 a.C. eretto sotto la direzione di Pisistrato. Dal quarto secolo a.C. la struttura del teatro era compiutamente definita, come dimostra il teatro di Epidauro (Epidaurus) con posti, costruito nel 350 a.C. da Policlito il Giovane.

30 I teatri greci erano sempre costruiti fuori città, annesso ai templi, su una collina che offriva una formazione facilmente adattabile alla struttura. Non erano concepiti come strutture monumentali, ma esclusivamete funzionali. Il teatro greco consisteva nell’orchestra, una zona circolare pavimentata con tavole di legno usato per le rappresentazioni, la cavea, una serie di gradoni semicircolari appoggiati al terreno per ospitare gli spettatori, e la skené, un edificio scenico che serviva da fondale, di fronte alla cavea. Migliorava l’acustica, senza nascondere il panorama. La skené era tipicamente dotata di tre porte per le entrate in scena, una centrale e due laterali. Lo spazio tra la rettangolare skené e l’orchestra circolare si chiamava “proskénion”. La cavea era suddivisa in settori da uno o più scalette che la tagliavano a cuneo, e da corridoi concentrici.

31 Le rappresentazioni erano inizialmente legati strettamente alla religione, vi si svolgevano le feste dionisiache. Dagli inni di queste feste, detti ditirambi, nasce la tragedia greca. Tutta la popolazione assisteva agli spettacoli. Ogni attività lavorativa era sospesa e la perdita della giornata lavorativa era risarcita ai cittadini più poveri tramite un gettone di presenza, il theorikon. Queste celebrazioni, con sacrifici e recitazioni, duravano molto, dalla mattina alla sera, spesso per più di un giorno. Gli spettacoli, che includevano recitazione, musica, canto, e danze, si svolgevano di giorno. Gli attori, cantanti e ballerini usavano maschere per rappresentare il carattere e il sentimento; i costumi erano standardizzati nel colore e negli attributi a seconda del personaggio. Nel teatro greco si faceva ampio uso di macchine sceniche.

32 Nell’antica Roma il concetto di teatro ereditato dai greci è stato notevolmente sviluppato. I primi teatri romani in pietra risalgono all’ultimo secolo della repubblica (127 – 27 a.C.). Prima di allora, la legge proibiva la costruzione di edifici permanenti per gli spettacoli, ma i teatri non permanenti in legno erano straordinariamente sviluppati. Il teatro costruito in legno da M. Aemilius Scaurus nel 58 a.C. contava 8000 posti, ed era sontuosamente decorato con oro e mosaici. Il primo teatro costruito in pietra a Roma è il teatro di Gneo Pompeo a Campo Marzio del 55 a.C. Nel teatro romano i posti a sedere sono arrangiati in semicerchi concentrici come quelli greci, ma gli architetti romani hanno sviluppato la tecnica di sorreggere la struttura su archi e corridoi a volte anziché appoggiarla ad un terreno in pendenza. Così era possibile costruire un teatro ovunque, anche nel cuore delle città. L’esterno diventa una struttura monumentale, decorato con ordini di colonne ed archi sovrapposti a più piani.

33 L’orchestra è semicircolare, più piccola di quella greca, perché non vi si svolge più l’azione, che si sposta nell’edificio scenico. La skené diventa la scaenae frons, una struttura a più piani, alta ma poco profonda, lungo il lato diritto dell’orchestra. Serviva da fondale e spesso conteneva i camerini per gli attori; racchiudeva le tre porte ereditate dai teatri greci. Era ornato con elementi architettonici e sculture. Davanti alla scaenae frons correva un palcoscenico rialzato denominato proscaenium, lateralmente erano poste due quinte, o parascaenia, con una porta ciascuna per le entrate laterali. I romani hanno inventato il sipario (aulaeum) che si abbassava, scomparendo in un apposito solco, all’inizio dello spettacolo. La cavea romana era divisa in diversi ordini, separati tra loro da parapetti, accessibili da gallerie. Un portico a colonne stava sopra la cavea per ospitare altri spettatori. Gli spettatori più ragguardevoli si sedevano nelle prime file e nell’orchestra, quelli meno abbienti nei settori successivi e i più poveri nel portico.

34 I teatri romani più spettacolari rimasti sono quelli di Orange, Francia dell’inizio del I secolo d.C. e di Sabratha, Libia, della fine del II secolo d.C. Uno dei più monumentali è il Teatro di Marcello, dedicato al nipote dell’imperatore Augusto, costruito dal 13 al 11 a.C., capace di ospitare dai ai spettatori. A Volterra la scaenae frons del piccolo teatro romano è stata parzialmente ricostruita. L’anfiteatro è un altro sviluppo dell’edificio teatrale. Significa letteralmente teatro rotondo. Consisteva in un’area ellittica circondata da posti a sedere su tutti i lati. Gli anfiteatri erano di due tipi: appoggiati su un terrapieno e interamente costruiti. Nell’antica Roma vi si svolgevano combattimenti di animali e gladiatori, e giochi atletici. Il primo anfiteatro conosciuto è quello di Pompei di 75 a.C. circa. Il più grande era l’Anfiteatro Flavio, noto come il Colosseo per una statua colossale di Nerone che si trovava vicino, costruito tra 70 e 80 d.C. a Roma. Conteneva 50,000 spettatori, circa la stessa capienza di uno stadio moderno.

35 Esigenze climatiche, e la ricerca di uno spazio teatrale più intimo, hanno portato allo sviluppo dell’odeon, un teatro al chiuso che si poteva usare in qualsiasi condizione meteorologica. L’odeon era essenzialmente uguale al teatro romano con l’aggiunta dei muri laterali e del tetto in legno. E’ probabilmente uno sviluppo del bouleuterion greco, uno spazio al chiuso per assemblee con gradinate per il pubblico, uno spazio centrale, e un tetto in legno sostenuto da colonne. L’odeon di Pompei del 80 a.C. conteneva mille spettatori. Vi si svolgevano spettacoli di musica, teatro, recitazioni di poesie e pantomime, spettacoli paragonabili ai moderni spettacoli di danza, accompagnati da strumenti musicali e dal coro.

36 Mimo, un tipo di spettacolo teatrale recitato senza maschere, che prevedeva l’impiego di scene di sesso dal vivo, violenza, e morte (condannati a morte sostituivano gli attori all’ultimo momento e furono uccisi sulla scena), divenne popolare nel tardo impero. Per la natura di questi spettacoli, e il forte legame tra tutto il teatro classico e la religione pagana, la chiesa cristiana disapprovava il teatro. Nel 312 d.C. l’imperatore Costantino impone la Cristianità come unica fede dell’impero. Già alla fine del secolo, sotto l’imperatore Teodosio, le rappresentazioni erano vietate la domenica e nei giorni festivi. Nel corso del 4° secolo d.C. gli attori, e dopo anche gli spettatori, sono scomunicati. Gli ultimi teatri romani furono costruiti nel 3° secolo d.C.; l’ultima notizia di uno spettacolo teatrale nell’antichità risale al 533 d.C. Per 400 anni il teatro, e i teatri, non esisteranno più. I teatri e gli odeon romani crollano, le pietre vengono usate come materiale di costruzione per nuovi edifici.

37 Solo nel 9° secolo il teatro si riaffaccia nella storia occidentale
Solo nel 9° secolo il teatro si riaffaccia nella storia occidentale. Nascono i drammi di misteri e miracoli. Questi drammi erano inizialmente rappresentati a Pasqua ed a Natale da ecclesiastici all’interno delle chiese, con le varie scene organizzate in sequenza attorno alla navata principale. Col tempo i drammi sono stati spostati all’esterno, sulle scale delle chiese e su piattaforme temporanee costruite per l’occasione. Il pubblico si spostava seguendo la storia con un ordine prestabilito. Spostando il dramma fuori dalle chiese, i membri delle corporazioni medievali e, più tardi, attori professionisti hanno sostituito i sacerdoti come attori. Durante tutto il Medioevo, il teatro si svolgeva con queste modalità, che oggi si definisce “spettacolo itinerante”. Non è stato costruito alcun edificio teatrale. Con il rinascimento è nato un nuovo interesse per l’antichità classica. Gli studiosi hanno letto i drammi classici rimasti, e studiato e tradotto il trattato di Vitruvio sull’architettura. Vitruvio ha dedicato la maggior parte del 5° Libro alla costruzione e all’acustica dei teatri. Questi studiosi avvertivano un vuoto culturale dove una volta c’era il teatro. Cresceva la voglia di fare rivivere il teatro come luogo, e di riempirlo di nuovi contenuti nello stile antico.

38 Le Colisée Le Colisée est le monument le plus connu de Rome et il est aussi appelé Anphitéatre Flavien , du nom du premier des empereurs Flaviens qui fit entreprendre sa construction en l’an 80 A.C. Ce monument est situé au début de la magnifique rue, appelée « Fori Imperiali » au centre de Rome. C’est un théatre ovale, les dimensions sont énormes : il contenait cent sept mille spectateurs. Il y a trois ordres classiques superposés : dorique, ionique et corinthien. Le peuple Romain eut le plaisir de voir les combats d’homme et d’animaux les gladiateurs avec lions, tigres et autres bệtes féroces et des simulations de combats navals. Dans le Colisée on peut trouver seulement des ruines ; tout est en silence... Pourtant, quand on le voit c’ est comme si on sentait le bruit des chaines, le rugissement des tigres, l’incitation de la foule...c’est un monument tres imposant qui attire les regards des touristes et non. Quand on regarde le Colisée on pense comme il etait beau dans l’ an 80, plein des richesses mais aujourd’ hui il est degradè de la pollution ; en outre le Colisèe, le symbole de Rome, on sent s’émouvoir, parce que on pense à tout le peuple romain, et les combats, comme si on retourne au passé. Qui n’habite pas au centre de la ville, il regarde le Colisèe avec autres yeux et il apprend que son pays est riche d’art et que peut-ệtre, le Colisée en est vraiment la preuve.

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40 Ma mère et Mélanie mercredi mangeront chez moi
Ma mère et Mélanie mercredi mangeront chez moi. Nous mangerons macaronis et macédonie. Mangera avec nous aussi Michel, il se mariera avec Mélanie au mois de mai. Mais Marie la mère de Mélanie ne mangera pas chez moi, malheureusement elle est malade. Pellegrini Roberta

41 Amour est aimer, est l’Âme, est admirer l’aube avec les amis;
Amour est avoir de l’affection pour l’autre avoir affinité avec le bien aimé. L’amour allévie tout . Mais l’amour est avoir de l’amertume aussi s’il ne t’appelle pas. Martine mange un mandarine devant la mer, quand nait le matin de mars. Une brise marine s’élève; la montre marque les cinq heures. Un monsieur mene sa dame sur un petit mur sur la rue. Un autre monsieur, habillé de marron écoute de la musique et dessine:sa muse inspiratoire est la mer. Petrarca Giulia

42 Paulie le perroquet pensait au Portugal et alors un jour pluvieu il prit la peniche et il partit pour le Portugal. Sur le paquebot il se presente à toutes les personnes comme « Paulie le perroquet que parle le portugais » et parvenu au port il prit ses paquets. Au Portugal il pleut tout le temps et Paulie pleure car il a peur de perdre tous ces petits paquets. Alors il partit pour son pays... Paulie ne pense plus au Portugal et ses parents ont été très contents. Munzi Manuela

43 Anne pour son anniversaire astreint Amelie à acheter un adorable Ânon qu’elle a vu sur une accroche.
Amelie : « C’est une absurdité !!! » Anne : « Je l’aime et je t’astreint !!! » Ce n’est pas aisé, mais elle arrive à l’anniversaire, où l’atteind Anne anxieuse, avec l’adorable Ânon. Novelli Giulia

44 Roma Nel mappamondo c’è un punto caro a tutto il mondo;
è la città eterna è la città stupenda. È Roma. Roma dolce, Roma rude, Roma sincera e scansonata, ma è Roma e la si ama. Ogni pietra ha una storia, ogni angolo ti fa tornare alla memoria o Rugantino o quer poraccio der Ciabattino e, per concludere in bellezza; Roma è amore lo dice la parola e lungo il Tevere canticchiare.

45 Lavoro realizzato da: Munzi Manuela Novelli Giulia Pellegrini Roberta Petrarca Giulia


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