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PubblicatoAlphonso Luciani Modificato 10 anni fa
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La cura come prosecuzione dell’opera materna. Un caso
Emmi Pikler e l’istituto Pikler Loczy di Budapest
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Il lavoro sui casi. Il contesto generatore di idee
Le esperienze degli educatori del passato, riprese/ridotte nei codici disciplinari rischiano di vedere appannarsi la forza vitale, mortificata l’originalità, banalizzate le condizioni caratterizzanti in formula di cui tutti possono impadronirsi, magari attribuendo alle parole significati diversi e lontani da quelli dati in partenza. Impadronirsi è una buona pratica, fare confusione no. Illustrazione della “drammaticità” della pratica educativa: la complessità del percorso da “mi piacciono i bambini” alla competenza: l’ ’area prossimale’ di competenza. Approccio complementare ad altri più sistematici: attenzione a connessioni e sviluppi, sguardo non interrotto.
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La problematica Le madri al centro del lavoro di cura: un riconoscimento laborioso...
Ripercorrendo a grandi linee l’evoluzione storica dell’intervento nei confronti di bambini che crescono fuori dalla famiglia d’origine si può registrare un processo paradossale: più si individuano i bisogni fondamentale e più si soddisfano, più gli operatori implicati, educatori, assistenti sociali, tecnici, magistrati, registrano l’insufficienza dei loro interventi. Tutto quello che – nell’agire dei servizi e dei singoli operatori – va nella direzione di sostituire una madre non capace di curare il suo bambino con una figura capace di farlo al suo posto, non evita il fenomeno della carenza di cure materne. La qualità delle cure fornite è una variabile fondamentale, ma perché un bambino sia in grado di beneficiare di quanto gli è offerto, è necessario che sia aiutato a mantenere ed elaborare la relazione con la madre e con la famiglia d’origine per quanto problematica essa sia. Per gli operatori permettere al bambino di mantenere il contatto con la madre e offrirgli buone cure sostitutive di quelle prestate dalla madre, implica una posizione difficile, spesso causa di sofferenza che spinge a “scegliere” fra la madre e il bambino.
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…un approccio educativo al passaggio dal corporeo allo psichico:
Cura: attenzione, applicazione, vigilanza per il benessere, applicata in particolare a partire dal corpo Negli ultimi decenni la cura è stata svalutata a vantaggio della relazione(con ‘buoni’ motivi e buone intenzioni). Dalle storie dei servizi considerati appare che la cura è un veicolo di relazione, capace di generarla, indirizzarla, trasformarla. Il prestare cura è un agire concreto a proposito del quale si possono dare indicazioni, fare osservazioni…. Cura e relazione formano un binomio indissociabile nel quale ognuna delle parti alimenta l’altra e può sostenerla o ostacolarla
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Emmi Pikler. Loczy Le madri sono(fisicamente)assenti 1
Emmi Pikler. Loczy Le madri sono(fisicamente)assenti 1.Cenni biografici nascita a Vienna studi di medicina e specializzazione in pediatria a Vienna pratica professionale a Budapest. Insegnamento in corsi di formazione per puericultrici e maestre giardiniere. Le leggi razziali impediscono agli ebrei la pratica professionale nei servizi pubblici.Pub llicazione del testo Cosa sa fare il vostro bambino, rivolto alle madri. 1946 creazione, in via Loczy, di un servizio residenziale per bambini 0-3 anni orfani.Incarico del ministero della salute e la sicurezza sociale. dirige il servizio pensionamento, attività di formazione morte a Budapest nascono Associazioni nazionali Pikler Loczy in Europa e Nord e Sud America Loczy passa alla gestione di una Fondazione pubblica con finanziamento privato e sostegno di una Associazione internazionale. 1998 – 2006……..
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2. Principi organizzativi
Bambini senza famiglia, costretti a vivere i primi anni di vita in collettività, possono crescere autonomi e responsabili come i loro coetanei più fortunati grazie a un progetto educativo basato su: la valorizzazione dell’attività autonoma del bambino, fondata sulla sua iniziativa , all’interno di un ambiente adeguato; l’esistenza di rapporti personali stabili e, in particolare, di una relazione privilegiata fra ognuno dei bambini e una delle educatrici all’interno di questa relazione l’educatrice deve preoccuparsi che il bambino costruisca una immagine positiva di sé e, in sintonia con il suo grado di sviluppo, impari a conoscere la sua collocazione nell’ambiente, fra le cose e le persone che lo circondano, gli avvenimenti che lo riguardano, il presente e l’avvenire immediato e più lontano; la promozione e il mantenimento della salute fisica che, in parte sostiene e in parte è effetto dei tre punti precedenti.
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3. Dalla storia al lavoro nei servizi
Un’educatrice deve mettere un bambino nella stessa condizione di benessere in cui lo mette una madre ‘sufficientemente buona’, e può farlo solo comportandosi in modo diverso da quello della madre.Perchè questa affermazione non resti solo enunciata, Loczy attua tre dispositivi: a) Differenzia cura e relazione. Lo fa ‘strumentalmente’, problematizzando la assenza di soluzione di continuità. La differenziazione permette di - dare concretezza( possibilità di intervento) agli ingredienti che compongono la relazione empatica madre o educatrice – bambino e alla loro diversa composizione: madre sente con il bambino educatrice è con il bambino fa con il bambino - creare lo spazio in cui è presente la madre biologica e potrà essere presente la madre adottante
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b) Offre alle educatrici un punto di attenzione al bambino che insiste sull’autonomia: il movimento. E chiede loro di regolare su questo il proprio comportamento c) Propone formazione attraverso l’esperienza ragionata del rapporto. A partire da una sceneggiatura in cui gesti osservabili (osservati) e discutibili (discussi) permettono di intervenire nel passaggio – senza soluzione di continuità – dal corporeo allo psichico . Tocca l’articolazione fra regola e spontaneità: una stessa intenzione deve dar luogo a diversi comportamenti per permettere di far fare la stessa esperienza a bambini diversi
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