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Eugenio Montale Il male di vivere
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Spesso il male di vivere ho incontrato (Ossi di seppia)
Spesso il male di vivere ho incontrato: era il rivo strozzato che gorgoglia, era l'incartocciarsi della foglia riarsa, era il cavallo stramazzato. Bene non seppi, fuori del prodigio che schiude la divina Indifferenza: era la statua nella sonnolenza del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato. Correlativo oggettivo (>Eliot): oggetti correlati (= legati) a emozioni inesprimibili con le sole parole. Parola in crisi: non può rendere chiaramente ciò che proviamo. Essa è insufficiente. L’immagine incarna ciò che si sente. Scontri consonantici – fonosimbolismo per esprimere disagio esistenziale (cfr. Dante rime aspre e chiocce) Climax discendente (male = terra); climax ascendente (bene – se esiste – è atarassico/ indifferenza/ lontano da ciò che è terreno).
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L'argomento della mia poesia (
L'argomento della mia poesia (...) è la condizione umana in sé considerata: non questo o quello avvenimento storico. Ciò non significa estraniarsi da quanto avviene nel mondo; significa solo coscienza, e volontà, di non scambiare l'essenziale col transitorio (...). Avendo sentito fin dalla nascita una totale disarmonia con la realtà che mi circondava, la materia della mia ispirazione non poteva essere che quella disarmonia» (E. Montale in "Confessioni di scrittori (Intervista con se stessi)", Milano 1976).
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Cigola la carrucola del pozzo (Ossi di seppia)
Cigola la carrucola del pozzo, l'acqua sale alla luce e vi si fonde. Trema un ricordo nel ricolmo secchio, nel puro cerchio un'immagine ride. Accosto il volto a evanescenti labbri: si deforma il passato, si fa vecchio, appartiene ad un altro... Ah che già stride la ruota, ti ridona all'atro fondo, visione, una distanza ci divide. Tema della memoria: la memoria (carrucola) tenta di recuperare dal fondo della mente (pozzo) un ricordo piacevole (acqua e immagine che in essa ride dentro il secchio). Ma ormai il passato è passato, appartiene ad un altro: Montale si sente cambiato;, l’immagine svanisce e il secchio ripiomba nel fondo. Rime significative: secchio-vecchio; ride-stride-divide. La prima segnala il passare inesorabile del tempo; la seconda che ciò che è apparso piacevole è già lontano. Osservate anche la cesura della lirica in due parti anche ad opera dei puntini di sospensione a sottolineare la perdita del passato. La memoria (differentemente dal primo Leopardi) non è per Montale un punto di riferimento né un conforto perché si cambia e ciò che è stato, benché possa essere rievocato, sembra appartenere all’esperienza di un altro individuo: il flusso temporale (cfr. Bergson, Pirandello) è inarrestabile.
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Non recidere, forbice, quel volto (Le occasioni)
Non recidere, forbice, quel volto, solo nella memoria che si sfolla, non far del grande suo viso in ascolto la mia nebbia di sempre. Un freddo cala...Duro il colpo svetta. E l'acacia ferita da sé scrolla il guscio di cicala nella prima belletta di Novembre. Forbice correlativo oggettivo del tempo: Montale l’apostrofa perché non recida/allontani il ricordo di un volto, l’ultimo che resisteva nella folla di altri svaniti nell’oblio (=nebbia). Il tempo è anche un colpo d’accetta che si abbatta sull’acacia che personifica la memoria. Il ricordo piacevole del passato è stavolta la cicala: ma di essa non è rimasto che il guscio (non è più vivo l’animale che evoca estate, gioia e canto) e per giunta questo guscio è caduto nel fango (belletta è un dantismo) del mese che suggerisce l’idea della morte, Novembre. La memoria non consola: ciò che il tempo fagocita, ammesso che torni, appare senza più vita e non dà più piacere.
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Addii, fischi nel buio (Le occasioni)
Addii, fischi nel buio, cenni, tosse e sportelli abbassati. È l'ora. Forse gli automi hanno ragione. Come appaiono dai corridoi, murati! Presti anche tu alla fioca litania del tuo rapido quest'orrida e fedele cadenza di carioca? – Una stazione di notte, una separazione, partenze. I passeggeri occupati in gesti meccanici sembrano automi e gli scompartimenti evocano la prigionia e la solitudine esistenziali: il muro è sempre l’immagine della vita castrante in Montale. Ora il treno è in viaggio. Lo stacco è segnato coi puntini di sospensione. La locomotiva fa un rumore ritmico che sembra una litania fioca perché insistente ma spento: chissà se la donna (tu – la seconda pers. in Montale è ricorrente) prova la sua stessa sensazione e cioè che il viaggio (=la vita) sia sempre uguale come un ritmo apparentemente allegro (carioca) in realtà ossessivo e terribile (fedele…orrida)?
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Il raschino (N.B. attrezzo per levigare una superficie o per cancellare) (Da Satura 1968)
Credi che il pessimismo sia davvero esistito? Se mi guardo d'attorno non ne è traccia. Dentro di noi, poi, non una voce che si lagni. Se piango è un controcanto per arricchire il grande paese di cuccagna ch'è il domani. Abbiamo ben grattato col raschino ogni eruzione del pensiero. Ora tutti i colori esaltano la nostra tavolozza, escluso il nero. Epigramma contro il facile ottimismo della società borghese che promette il paese di cuccagna e considera il pensiero come negativo, una fastidiosa escrescenza da grattar via. Si colgano le analogie colla Ginestra leopardiana, con la polemica del recanatese nei confronti del suo secol superbo e sciocco.
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Il pirla (Da Diario del ’71 e del ’72)
Prima di chiudere gli occhi mi hai detto pirla, una parola gergale non traducibile. Da allora me la porto addosso come un marchio che resiste alla pomice. Ci sono anche altri pirla nel mondo ma come riconoscerli? I pirla non sanno di esserlo. Se pure ne fossero informati tenterebbero di scollarsi con le unghie quello stimma. Mosca – pseudonimo per Drusilla Tanzi –, la moglie del poeta, lo apostrofa scherzosamente alludendo alla sua inettitudine. Nella società di massa chi difende la sua individualità è un “pirla”. Montale rovescia l’insulto e fa della stimma, del marchio che lo vorrebbe segnalare come inferiore, un segno di superiorità rispetto a chi è furbo, lotta per il successo, insegue l’immagine ed è ipocrita. Forse i veri “pirla” sono gli altri che non hanno neppure la coscienza di esserlo.
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D’Annunzio…rivisitato…
Piove. È uno stillicidio senza tonfi di motorette o strilli di bambini. Piove da un cielo che non ha nuvole. Piove sul nulla che si fa in queste ore di sciopero generale. Piove sulla tua tomba a San Felice a Ema e la terra non trema perché non c'è terremoto né guerra. Piove non sulla favola bella di lontane stagioni, ma sulla cartella esattoriale, piove sugli ossi di seppia, e sulla greppia nazionale. Piove sulla Gazzetta Ufficiale qui dal balcone aperto, piove sul Parlamento, piove su via Solferino, piove senza che il vento smuova le carte. La tomba a S. Felice a Ema, nei pressi di Firenze, è quella della moglie. Greppia = mangiatoia per il bestiame; qui simboleggia con sarcasmo ciò che ci dà da vivere. Via Solferino: sede del “Corriere della Sera” presso cui M. era giornalista.
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…la parodia del panismo (da Satura)
Piove in assenza di Ermione se Dio vuole, piove perché l'assenza è universale e se la terra non trema è perché Arcetri a lei non l'ha ordinato. Arcetri: osservatorio nei pressi di Firenze; l’affermazione rovescia i nessi logici: come può un osservatorio (che solo li registra) “ordinare” i fenomeni naturali? Epistemi: teorie Indiato: trasformato in dio Ceffo: volto Work in regress: rovesciamento ironico del work in progress Dove appari….: si rivolge alla moglie che non c’è più. Esiste solo la sua assenza! Piove sui nuovi epistèmi del primate a due piedi, sull'uomo indiato, sul cielo, ominizzato, sul ceffo dei teologi in tuta o paludati, piove sul progresso della contestazione, piove sui works in regress, piove sui cipressi malati del cimitero, sgocciola sulla pubblica opinione. Piove, ma dove appari non è acqua né atmosfera, piove perché se non sei è solo la mancanza e può affogare.
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