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Corso di Antropologia della Musica Lezione 5
La Tradizione Popolare in Italia Canti, Musiche e Balli
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Il Trallalero E' uno stile di canto a più voci, caratteristico del genovesato I canterin (canterini), così vengono chiamati i cantori, cantavano e cantano tuttora in cerchio: la vicinanza offerta dal cerchio rende al meglio l'effetto sonoro, permette di guardarsi e vedere bene i segni di chi porta a squaddra cioè chi, con segni convenzionali delle mani, dirige l'esecuzione. I gruppi organizzati si raccolgono in squadre di canto: per formarne una buona occorre disporre di quattro solisti e di alcuni bassi di verso timbro in modo che si crei tra loro una fusione soddisfacente: si tratta quindi di un tipo di canto molto specializzato.
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Le voci fondamentali per poter eseguire un trallalero sono:
un tenore, chiamato o primmo perché è la voce-guida che deve, in genere, iniziare nella tonalità giusta insciu tun; la tonalità in cui si canta va dal sol al sol diesis e a volte anche in la. Comunque sia, quando si riesce a cantare per tutto un brano nella stessa tonalità il commento finale più frequente è "a l'ea rionda comme unn-a meia!" ("è rotonda come una mela!"); un uomo che canta in falsetto, detto o contræto o u segundu od ancora a bagascetta. Questo tipo di voce maschile potrebbe essere testimonianza di un'origine liturgica: i cori della Cattedrale erano formati da voci solo maschili che interpretavano ruoli prettamente femminili come soprano e contralto; un baritono detto u cuntrubassu, la cui funzione è importante anche per fornire una base ad un'altra voce:
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a chitâra, perlopiù baritonale o tenore-scuro, con timbro molto marcato e nasale ottenuto mettendo il dorso della mano davanti alla bocca (cosa che non veniva fatta anticamente): questa voce, che ha una funzione prevalentemente ritmica, non usa mai parole ma solo la sillaba "du"; tre o quattro bassi, i basci, voci molto "scure" e profonde che negli attacchi (a battua) tengono a lungo la sillaba "bo", mentre nelle "passate" diventa "bon bon bon" (o "lon lon lon)". Mi è capitato spesso comunque di trovarmi in mezzo a canterini che discutevano chiedendosi "ma alloa dimmo "bon-bon" o "lon-lon?""
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Il numero totale dei cantori varia tra un minimo di sette ed un massimo di dodici-quindici: le voci sono tutte maschili. Tutte le squadre stabili hanno un maestro (mèistro), che coordina le prove, l'amalgama delle voci e suggerisce, se necessario, l'andamento e l'esecuzione di certe parti. E' normale, specie nel repertorio tradizionale, che una parte dell'esecuzione sia cantata da tutti su sillabe nonsense: questa viene indicata come trallalero; il termine, chiaramente onomatopeico, indica allora (in questo suo primo significato), una variazione a forte tendenza ritmica basata di solito sull'andamento melodico-armonico del brano a cui si lega.
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Il repertorio si distribuisce su tre livelli: trallaleri (ecco il secondo significato del termine) veri e propri, che vengono ritenuti viva testimonianza della più autentica tradizione orale; canzoni d'autore in dialetto opera di musicisti e versificatori locali, motivi di provenienza eterogenea. Il tutto viene cantato nello stile del trallalero (terzo significato) che indica anche un modo di cantare. I testi dei trallaleri sono composti in genere da una strofa di quattro versi (tetrastico) ripetuta due volte: nella prima il terzo verso viene ripetuto, ed è seguita dalle sillabe "tra la la la" (da qui il nome onomatopeico trallalero), nella seconda il quarto verso completa la strofa che sarà seguita nuovamente dal trallalero vocalizzato.
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I Canti di Lavoro Le funzioni della musica nel lavoro sono diverse:
1) funzione di coordinamento Il ritmo musicale aiuta a compiere tutti insieme, a tempo, i movimenti per rendere più efficace lo sforzo collettivo. 2) funzione di alleggerimento La regolarità ritmica aiuta a rendere più rilassati e automatici i movimenti: ciò procura un grosso risparmio di energia. 3) funzione di sollievo psicologico Cantare e sentire musica distrae dalla fatica: "canta che ti passa" dice il proverbio! 4) funzione politica Nel canto i lavoratori si sentono gruppo, solidarizzando arrivano a fare, delle proprie canzoni, vere e proprie "bandiere sonore" nelle lotte per rivendicare i propri diritti. 5) funzione commerciale Rispondono a questa funzione i richiami cantati dai venditori ambulanti e dagli artigiani.
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Suoni della Sardegna Una delle forme più originali del patrimonio polivocale isolano è senz'altro il CANTO A TENORES. E' un canto corale affidato a quattro voci esclusivamente maschili La voce conduttrice, detta boghe, svolge il motivo musicale di base su versi di componimenti poetici che sono la principale fonte del repertorio e che rispettano diverse forme metriche; le altre voci sono quella del bassu, che si mantiene sulla stessa tonalità della voce solista con tono fortemente grave e nasale che la distingue da sa contra; e infine sa mesa oghe dal timbro acuto. Queste tre voci, spesso anche con l'inserimento ancora della voce solista, intervengono subito dopo sa oghe con un modulo dalla grande ritmicità, scandendo sillabe che non hanno un senso logico e che possono essere diverse a seconda dei centri di origine (bim-ba-rim..., bim-bo', ba-ri-là, ecc.).
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Un altra interessante forma di canto vocale, questa volta ad una sola voce, è la poesia dei CANTADORES: si tratta di due o più poeti, per lo più di buona fama e ben retribuiti, che improvvisano i versi sul tema assegnato (acqua e vino; vita e morte, ricchezza e povertà) nelle gare poetiche che si svolgono un po' in tutta l'isola. Di fondamentale importanza è poi il repertorio di canti affidati a complessi corali e di CANTI LITURGICI E PROCESSIONALI.
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Ricchissimo anche il panorama di CANTI MONODICI NON ACCOMPAGNATI alcuni estremamente arcaici come l'anninnia (ninna nanna), il duru duru (dall'arabo duru che significa girare, filastrocche per far ballare sulle ginocchia i bambini), l'attitidu o attitu (il pianto funebre affidato esclusivamente alla voce femminile della lamentatrice accompagnata da altre donne).
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E nell'ambito degli STRUMENTI MUSICALI una posizione di privilegio meritano le launeddas, il più tipico congegno sonoro isolano che ha un parente prossimo forse solo nell'argul egiziano. Suo predecessore sono le benas, un flauto di canna palustre formato da una trumbitta che si incastra in un tubo risuonatore con tre fori. Di tre canne palustri sono costituite le launeddas: la più lunga è detta tumbu, alla quale è legata con dello spago sa mancosa manna; quindi la mancosedda o destrina, che sviluppa la melodia.
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