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PubblicatoIrma Gasparini Modificato 9 anni fa
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MASACCIO Tommaso di ser Giovanni Cassai, detto Masaccio, nacque il 21 dicembre del 1401 a San Giovanni Valdarno (Arezzo). Si trasferì con la famiglia a Firenze dove nel 1422 si iscrisse come pittore all'arte dei medici e degli speziali. La sua attività si svolse prevalentemente in questa città, ma poco si sa della sua formazione. Muore a Roma a soli 27 anni. Masaccio, partendo dalla sintesi volumetrica di Giotto, riletta attraverso la costruzione prospettica brunelleschiana e la forza plastica della statuaria donatelliana, si pone, insieme a Brunelleschi e a Donatello, come il terzo fondamentale punto di riferimento della rivoluzione artistica del primo Quattrocento
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Con il dipinto Sant'Anna iniziò una collaborazione con Masolino.
È una pala d'altare realizzata per la chiesa di Sant'Ambrogio a Firenze intorno al , oggi si trova alla galleria degli Uffizi. Il dipinto rappresenta la Madonna in trono con il Bambino e Sant'Anna, madre di Maria, messa come terzo personaggio (da cui Pappellativo di «Mettèrza»), circondati da cinque angeli. Masaccio, Sant’Annna Metterza, 1424, Firenze, Galleria degli Uffizi
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A Masolino si attribuiscono sia l’esecuzione della Sant'Anna, sia quella di quattro angeli: i due turiferàri in primo piano e quelli reggicortlna centrale e di sinistra A Masaccio si deve, invece, la realizzazione dell'angelo reggicortina di destra e della Vergine con il Bambino. Il corpo di Maria, infatti, è tratteggiato con grande sicurezza e assume una massiccia compattezza piramidale, ben percepibile anche attraverso il panneggio della veste. Sono già evidenti i caratteri distintivi dell'arte Masaccesca con il suo modo di concepire le figure poste saldamente in uno spazio reale creato dalla volumetria delle figure stesse.
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Polittico dì Pisa La pala, originariamente destinata alla Chiesa del Carmine, è stata purtroppo smembrata nel corso del Seicento e solo alcuni dei suoi pannelli sono giunti tino a noi, disseminati in vari musei del mondo
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La tavola centrale era quella della Madonna in trono con il Bambino e quattro angeli, oggi alla National Gallery di Londra Anche qui si evidenzia la fisicità della Madonna che è messa in particolare e realistica evidenza da un panneggio pesante e fortemente chiaroscurato. Maria, a differenza di quanto voluto dalla tradizione, non è rappresentata giovane e bella. Il volto ci appare stanco e segnato, come se la madre già presagisse il destino di passione che sarebbe toccato al figlio.
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Bambino, poi, è colto nell'atto di mangiare un acino d'uva che la mamma gli ha dato. L'allusione è naturalmente al vino, simbolo eucaristico del sangue di Cristo. La spontaneità del gesto, però, impensabile in qualsiasi pittura precedente a Masaccio (escludendo forse il solo Giotto), mette straordinariamente in luce la natura umana del piccolo Gesù. Qui viene usata la prospettiva e anche l’aureola di Gesù ubbidisce alle stesse regole prospettiche del mondo circostante. In tal modo essa ci appare» per la prima volta» di forma ellittica
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[a] La linea d’orizzonte [LO] coincide
con la superficie della seduta.
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[b] La predella su cui la Vergine
Poggia i piedi ricorda i sarcofagi strigilati romani.
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[c] Anche i rosoni della parte inferiore
del trono sono di derivazione classica.
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[d] Nei fianchi del trono Masaccio
ricorre a colonnine composite inalveolate…
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[e] a loro volta sormontate da coppie
di colonnine composite.
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[f] Rare colonnine ioniche
ornano la spalliera.
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Polittico di Pisa Crocifissione
Fa parte del polittico (era nella parte superiore della pala) la Crocifissione, che oggi si trova al museo Nazionale di Capodimonte di Napoli. I quattro personaggi si stagliano contro un irreale fondo oro che ne esalta ulteriormente le volumetrie
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Essi sono composti in modo geometricamente rigoroso
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Maria a sinistra di profilo piange di dolore, immobile e severa, avvolta nel pesante mantello, ricco di effetti chiaroscurali che le dà una monumentalità di tipo scultoreo
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San Giovanni» frontale e rivolto verso l'esterno del dipinto ha un'espressione sconfortata e attonita mentre appoggia la testa, tenuta piegata verso sinistra sulle proprie mani giunte e intrecciate
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Al centro il Cristo è rappresentato nella dolorosa immobilità della morte.
La vista dal basso in alto gli scorcia innaturalmente il collo insaccandoglielo nelle spalle Le braccia tese nello spasimo il corpo pesante e le gambe tozze ci ricordano continuamente che il personaggio crocifisso è un uomo» non Dio Anche in questo caso il fatto sacro viene rappresentato con intento realistico
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In basso» di spalle e di tre quarti ecco infine la Maddalena della quale non vediamo che una cascata di biondi capelli e due mani disperatamente protese verso quelle del Cristo quasi a formare un ideale triangolo rovesciato. Di lei Masaccio riesce a farci intuire lo straziante dolore anche senza mostrarcene il volto. qui l'illusione della profondità è ben rappresentata dalle braccia aperte della Maddalena in primo piano.
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Masaccio: l'invenzione della prospettiva
Masaccio viene salutato da Giorgio Vasari come se "fusse stato inventore” della prospettiva. Scrive ancora il Vasari, descrivendo puntualmente l’abilità unica che Masaccio dimostra nell’uso della prospettiva: "fece molto meglio gli scorti, e per ogni sorte di veduta, che niun altro che insino allora fusse stato… il che è stato di grande utile agli artefici, e ne merita esser commendato, come se ne fusse stato inventore; perché invero le cose fatte innanzi a lui si possono chiamar dipinte, e le sue vive, veraci e naturali… Fu studiosissimo nello operare, e nelle difficoltà della prospettiva, artifizioso e mirabile". E’ l’uso della prospettiva che rende questo pittore il creatore della nuova cifra stilistica del Rinascimento, perfettamente rappresentata nella Cappella Brancacci della quale ancora il Vasari sottolinea il "mettere tanto bene in sul piano di quella piazza, a cinque e sei per fila, l'ordinanza di quelle genti, che vanno diminuendo con proporzione e giudizio, secondo la veduta dell'occhio, che è proprio una meraviglia". Si è soliti attribuire la scoperta della prospettiva al Brunelleschi; eppure, i critici sono anche d’accordo nel sottolineare come Masaccio crei l’uso pittorico della prospettiva. Se Brunelleschi inventa una “geometria ottica”, Masaccio concepisce la prospettiva in modo realistico, rompendo ogni legame col tardo gotico e le rigidità medievali. L’attenzione e la puntuale scientificità con cui Masaccio affronta la prospettiva hanno indotto molti a credere che in alcune sue opere ci sia la mano del Brunelleschi. Il sodalizio non è accertato ma è probabile, proprio grazie alla concezione spaziale che Masaccio matura in brevissimo tempo. E’ pur vero che, sotto alcuni aspetti, Masaccio sia in grado di superare Brunelleschi, mutuando da lui l’impostazione prospettica ma riconducendo tutta la sua opera alla natura (caratteristica che lo stesso Leonardo sottolinea).
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La Cappella Brancacci, situata all'interno della Chiesa di Santa Maria del Carmine di Firenze rappresenta uno degli esempi più elevati di pittura del Rinascimento. Nel 1424 Masaccio e Masolino iniziano la decorazione della Cappella Brancacci. La cappella nel transetto destro della Chiesa di Santa Maria del Carmine venne costruita in seguito alle disposizioni testamentarie di Pietro Brancacci; Felice Brancacci, mercante di sete e console del mare, patrono della cappella dal 1422, commissiona la decorazione a Masolino da Panicale e a Masaccio prima del 1424; i lavori sono organizzati sfruttando un solo ponteggio in modo che mentre uno eseguiva una storia sulla parete laterale, l'altro avrebbe realizzato uno storia su la parete di fondo, per poi scambiarsi i ruoli nel lato opposto. Fu terminata poi da Filippini Lippi Viene narrata la vita di San Pietro e alcune scene della Genesi
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La cacciata di Adamo ed Eva dal Paradiso terrestre: In questo affresco sono rappresentati Adamo ed Eva nel momento in cui l'angelo di Dio li caccia dall'Eden. Le due figure sono nude e hanno volumetrie massicce, quasi sgraziate, modellate realisticamente con grande uso di chiaroscuro
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La coppia è inserita saldamente sul terreno, su cui si proiettano le ombre della violenta illuminazione che modella i corpi, i gesti sono carichi di espressionismo. Adamo piangente si copre il viso con la mano, in segno di vergogna mentre Eva si copre con le braccia e urla, in segno di dolore. Il paesaggio è assente.
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Il volto di Eva, sfigurato da un dolore infinito rappresenta uno dei vertici più alti e drammatici della pittura masaccesca.
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I due personaggi ci appaiono di una compostezza severa, quasi classica
I due personaggi ci appaiono di una compostezza severa, quasi classica. Eva, con la gamba sinistra avanzata di un passo, tiene delicatamente il frutto proibito con la mano destra. Il braccio è piegato ad arco all'altezza della spalla. Il suo corpo presenta due seni appena accennati e comunque troppo alti, di modo che il petto risulta molto simile a quello di Adamo, alludendo con ciò a un'età dell'innocenza nella quale la differenza di genere non aveva ancora assunto alcuna importanza
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Nell'affresco del Tributo, il primo in alto della parete di sinistra, Masaccio illustra un episodio del Vangelo di Matteo, nel quale è descritto l'ingresso di Cristo e dei suoi Apostoli nella città di Cafarnao. Come di consuetudine il gabelliere pretende da loro un tributo per il Tempio di Gerusalemme. Gesù, pur ironizzando sul fatto che è singolare che il Figlio debba pagare qualcosa per accedere alla casa del Padre, non vuole trasgredire le leggi e, a tal fine, incarica Pietro di pescare un pesce nella cui bocca troverà una moneta d'argento per pagare la tassa dovuta. L'artista concentra nello stesso dipinto tre momenti temporalmente diversi.
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Il tributo: tre scene diverse nello stesso affresco (il gabelliere che esige il denaro in centro, a sinistra Pietro che prende la moneta dal pesce, Pietro a destra che la dà al gabelliere).
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Diversa unità temporale, ma uguale unità spaziale: prospettiva unica, ombre determinate con la stessa inclinazione dei raggi del sole, montagne che sfumano all'orizzonte. Le montagne sono disposte in successione cromatica: verdi quelle più vicine e grigio-azzurre quelle in lontananza. Anche le architetture sulla destra contribuiscono a una chiara determinazione spaziale della scena, creando un insieme di volumi puri e geometricamente ben definiti.
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Masaccio mette bene in evidenza lo stupore nei volti degli Apostoli che si guardano increduli fra loro, incerti sul da farsi, poiché nessuno di essi possiede il denaro necessario. In questa scena vi è già il preannuncio della successiva, posta in secondo piano. Cristo, infatti, comanda a Pietro di recarsi a pescare e questi indica a sua volta il mare.
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La fonte luminosa che Masaccio utilizza è unica e puntiforme (il sole)
La fonte luminosa che Masaccio utilizza è unica e puntiforme (il sole). Infatti le ombre proiettate dai vari personaggi hanno tutte una stessa direzione. Essa viene immaginata proveniente dal lato destro, in alto, fuori dai limiti dell'affresco, come se entrasse dalla bifora che illumina l'intera cappella
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La Trinità È l’ultima opera realizzata Tra il 1426 e il 1428 esegue l'affresco con la Trinità per Santa Maria Novella. L’affresco rappresenta il dogma della Trinità, la scena situata in una cappella ispirata agli archi di trionfo romani, con volta a botte cassettonata sostenuta da colonne ioniche, ha al centro la figura del Cristo, sostenuto da Dio Padre, unica figura sottratta alle rigide regole prospettiche, in quanto essere non misurabile; sotto la croce, Maria e Giovanni Evangelista. Più in basso i due committenti, secondo una recente identificazione: Berto di Bartolomeo del Banderaio e la sua consorte Sandra, assistono inginocchiati alla scena sacra. Con funzione di base è infine collocato un altare marmoreo, sotto il quale si trova uno scheletro giacente con la scritta "Io fu già quel che voi sete: e quel chi son voi ancor sarete”.
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Se nel ciclo della Cappella Brancacci Masaccio usa la prospettiva per individuare e porre in rapporto tra loro le masse dei personaggi, nella Trinità la prospettiva è impiegata al fine di misurare e di rendere comprensibile lo spazio. L’opera presenta una struttura narrativa prospetticamente ripartita su diversi piani: In primo piano, in basso, Masaccio raffigura un sarcofago con sopra uno scheletro.
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La scritta esplicativa «Io fu già quel che voi sete: e quel chi son voi ancor sarete”
allude simbolicamente alla transitorietà delle cose terrene, indicando allo stesso tempo la via della preghiera e della fede che, secondo la dottrina cristiana, è l’unica in grado di condurre alla vita eterna.
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Sopra allo scheletro, su un ripiano esterno rispetto alla parete, vi sono le due figure inginocchiate in preghiera dei due committenti, dietro alle quali si apre la cappella dipinta vera e propria.
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Al suo interno, anche se ancora in prossimità della soglia, vengono rappresentati, in secondo piano, in piedi accanto alla croce, la Vergine (a sinistra), che rivolge verso di noi uno sguardo severo, indicandoci il figlio con la destra, e San Giovanni, con le mani giunte. Cristo, che nella robusta e tozza corporatura ricorda il Gesù crocifisso del Polittico di Pisa, è simbolicamente sorretto, alle spalle, da Dio Padre che si colloca in terzo piano, al vertice più alto della piramide compositiva.
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Tra il volto sereno del Creatore e quello doloroso di Cristo, Masaccio inserisce anche la candida colomba dello Spirito Santo, cogliendola naturalisticamente in atto di calare in volo verso il basso, con le ali aperte e il capino rivolto all'ingiù
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RIEPILOGO L’opera può essere letta verticalmente dal basso in alto come ascensione verso la salvezza eterna: in primo piano il sarcofago con scheletro, che ricorda la transitorietà della vita terrena, in secondo piano, le due figure inginocchiate che pregano, i due committenti, alla base del triangolo che le figure formano (rappresentano la preghiera, mezzo di salvezza), in terzo piano la cappella con sulla soglia la Vergine e San Giovanni (rappresentano l'intercessione), dietro ai quali c’è la croce, sorretta da dietro dal Dio Padre, al vertice del triangolo. Sopra il Cristo si trova la colomba dello Spirito Santo (Trinità, salvezza); oppure attraverso le triangolazioni che legano le diverse figura: un primo triangolo, lega le figure umane, e ha per base i due committenti e per vertice la figura di Cristo; altro è quello che ha per base il soppalco in legno, e che collega Maria, Giovanni e il Cristo; ultimo è quello Trinitario che comprende il Cristo, la colomba e Dio padre, ed è rovesciato, infatti la base si parte dai due capitelli passando a filo con la testa di Dio e si conclude nel punto di fuga di tutta la rappresentazione situato sui piedi del Cristo, al pari del punto di vista in modo da rendere partecipe lo spettatore, richiamato all'attenzione della scena sacra anche dal gesto di Maria; resta il fatto che lo snodo visivo e concettuale rimane sempre il corpo del Cristo.
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Ci si eleva dalla morte del corpo (lo scheletro), grazie all’intercessione (Maria e Giovanni) e per mezzo della preghiera (i committenti) fino alla salvezza e alla definitiva sconfitta della morte stessa (la Trinità)
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La cappella, infatti, è introdotta da una coppia di paraste corinzie che sostengono una trabeazione dall'architrave tripartito. Alle paraste sono accostate colonne ioniche, quasi completamente libere, sormontate da un arco che è tangente all’architrave soprastante.
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L'interno della cappella è costituito da una volta a botte cassettonata - poggiante su due potenti architravi, a loro volta sostenuti da quattro colonne con capitelli ionici. L'arco frontale è ripetuto nel fondo della cappella, che si conclude con una piccola abside. Il pulvino al di sopra dell'abaco dei capitelli delle colonne ioniche è una ripresa diretta da quegli stessi impiegati da Filippo Brunelleschi nello Spedale degli Innocenti
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Tutte le figure vengono inserite entro paesaggi, città o architetture prospetticamente esatti. Ciò dimostra il raggiungimento di una totale padronanza delle tecniche scientifiche di rappresentazione della realtà.
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