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BERTOLT BRECHT LA VITA IL TEATRO IL MESSAGGIO
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Io Bertolt Brecht,vengo dai boschi neri.
Mia madre mi portò nelle città quand’ero nel suo grembo. E il freddo dei boschi fino a che morirò non m’abbandonerà. Nella città d’asfalto mi sento a casa mia. Munito dall’inizio di ogni sacramento di morte: di giornali, tabacco ed acquavite. Son pigro e diffidente ma contento
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Bertolt Brecht nacque ad Augusta (Germania) nel 1898 da una ricca famiglia borghese. Finito il liceo, si iscrisse alla facoltà di lettere e poi a quella di medicina, ma non frequentò i corsi a causa della guerra, scoppiata poco dopo. Nel 1918, mentre prestava servizio come infermiere in un ospedale militare, iniziò a scrivere i suoi primi drammi e poesie (Baal e La leggenda del soldato morto). Nel 1924 si stabilì a Berlino dove entrò in contatto con gli artisti e gli intellettuali più interessanti del momento: collaborò con i registi Max Reinhardt e Erwin Piscator al Deutsches Theater, incominciò un sodalizio con il compositore Kurt Weill (che nel 1935 sarà costretto dal nazismo a emigrare negli Usa), strinse amicizia con il pittore George Grosz, conobbe il filosofo e critico letterario Walter Benjamin, che lo avvicinò al marxismo. Nel 1928, l’anno in cui andò in scena una delle sue opere più famose, L’opera da tre soldi, sposò in seconde nozze l’attrice Helene Weigel, protagonista di molti suoi drammi. Dopo il 1930 si legò sempre più al Partito comunista tedesco ed elaborò una nuova concezione del teatro, più direttamente politica. Il 28 febbraio 1933, il giorno dopo l’incendio del Reichstag (il Parlamento) da parte dei nazisti, Brecht abbandonò con la famiglia e con alcuni amici la Germania (il 10 maggio dello stesso anno le sue opere, come quelle di tanti altri intellettuali, vennero bruciate dai nazisti sulla pubblica piazza).
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IL NAZISMO, L’ESILIO Dopo brevi soste a Zurigo, in Canton Ticino e a Parigi, si stabilì nella piccola città di Svendborg, in Danimarca. Nell’esilio danese continuò a comporre le sue opere e a svolgere attività politica, e viaggiò in Unione Sovietica, negli Stati Uniti, a Parigi. Quando i nazisti invasero la Danimarca, riparò in Finlandia, poi quando anche questo paese cadde in mano ai tedeschi, si spinse fino a Mosca, da dove poi raggiunse fortunosamente gli Stati Uniti. Nei sette anni trascorsi a Los Angeles, in California, visse progettando film per Hollywood, ma si sentiva sostanzialmente un estraneo. Nel 1947 andò in scena a Hollywood, per la regia di Losey, il dramma Vita di Galileo. Chiamato a comparire davanti al “Comitato per le attività antiamericane”, ottenne di lasciare gli Stati Uniti. Si stabilì a Berlino Est, dove nel 1949 organizzò la famosa compagnia Berliner Ensemble, in seno alla quale approfondì la sua ricerca sulla funzione critica e militante del teatro. A Berlino morì nel La sua opera è stata conosciuta in Italia nel dopoguerra grazie al Piccolo Teatro di Milano e al suo principale animatore, il regista Giorgio Strehler.
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Il Berliner Ensemble è un teatro di Berlino sito nel quartiere Mitte.
Qui venne rappresentata per la prima volta nel 1928 L'opera da tre soldi. Bertold Brecht vi trasferì, nel 1954, il Berliner Ensemble, che aveva sede presso il Deutsches Theater, e per questa ragione il teatro cambiò nome. Questo evento venne celebrato con la rappresentazione de Il cerchio di gesso del Caucaso di Brecht.
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Berliner Ensemble = compagnia teatrale stabile tedesca, fondata a Berlino Est nel 1949 dal Ministero dell'Istruzione della Repubblica Democratica Tedesca per iniziativa di Bertolt Brecht e di sua moglie, l'attrice Helene Weigel, la quale insieme con allievi dello scrittore ha continuato l'attività del complesso dopo la morte del marito (1956), con devota fedeltà allo spirito e all'estetica brechtiani. Il complesso, dapprima ospitato dal Deutsches Theater e poi dal Theater am Schiffbauerdamm, che negli anni era stato il centro dell'attività teatrale di Brecht, era retto da una direzione collettiva e funzionava con la collaborazione di varie “brigate”.
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LE REGOLE DEL TEATRO EPICO BRECHTIANO
Forma drammatica del teatro Forma epica del teatro attiva…………………………………………………………………………………….narrativa coinvolge il pubblico in un'azione scenica…………..fa dello spettatore un osservatore STRANIAMENTO assorbe l’attenzione dello spettatore…………………………………stimola il pensiero dello spettatore gli consente dei sentimenti……………………………………………lo costringe a decisioni a una visione generale delle emozioni lo spettatore viene immesso in qualcosa………….lo spettatore viene posto di fronte a qualcosa suggestioni…………………………………………………………………………….argomenti le sensazioni vengono conservate……………….le sensazioni vengono spinte fino alla consapevolezza lo spettatore sta nel bel mezzo, partecipa………………………………lo spettatore sta di fronte, studia l'uomo si presuppone noto……………………………………………………..l'uomo è oggetto di indagine l'uomo immutabile…………………………………………………………….l'uomo mutabile e modificatore tensione riguardo all'esito………………………………………………….tensione riguardo all'andamento una scena serve l'altra…………………………………………………………....ogni scena sta per sé corso lineare degli accadimenti……………………………………………….a curve determinismo evoluzionistico………………………………………………...salti l'uomo come dato fisso…………………………………………………………...l'uomo come processo ciò che l'uomo dovrebbe fare………………………………………………..…ciò che l'uomo deve fare il pensiero determina l'esistenza……………………………….l'esistenza sociale determina il pensiero sentimento………………………………………………………………………………..ratio
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concepisce il teatro come un mezzo non soltanto per rappresentare, ma trasformare il mondo
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Qual è il suo messaggio? https://www.youtube.com/watch?v=jVMdQK1Iz1A
Davvero, vivo in tempi bui! La parola innocente è stolta. Una fronte distesa vuol dire insensibilità. Chi ride, la notizia atroce non l'ha saputa ancora. Quali tempi sono questi, quando discorrere d'alberi è quasi un delitto, perchè su troppe stragi comporta silenzio! E l'uomo che ora traversa tranquillo la via mai più potranno raggiungerlo dunque gli amici che sono nell'affanno? È vero: ancora mi guadagno da vivere. Ma, credetemi, è appena un caso. Nulla di quel che fo m'autorizza a sfamarmi. Per caso mi risparmiano. (Basta che il vento giri, e sono perduto). "Mangia e bevi!", mi dicono: "E sii contento di averne". Ma come posso io mangiare e bere, quando quel che mangio, a chi ha fame lo strappo, e manca a chi ha sete il mio bicchiere d'acqua? Eppure mangio e bevo.
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Vorrei anche essere un saggio
Vorrei anche essere un saggio. Nei libri antichi è scritta la saggezza: lasciar le contese del mondo e il tempo breve senza tema trascorrere. Spogliarsi di violenza, render bene per male, non soddisfare i desideri, anzi dimenticarli, dicono, è saggezza. Tutto questo io non posso: davvero, vivo in tempi bui! Nelle città venni al tempo del disordine, quando la fame regnava. Tra gli uomini venni al tempo delle rivolte, e mi ribellai insieme a loro. Così il tempo passò che sulla terra m'era stato dato. Il mio pane, lo mangiai tra le battaglie. Per dormire mi stesi in mezzo agli assassini. Feci all'amore senza badarci e la natura la guardai con impazienza. Così il tempo passò che sulla terra m'era stato dato. Al mio tempo le strade si perdevano nella palude. La parola mi tradiva al carnefice. Poco era in mio potere. Ma i potenti posavano più sicuri senza di me; o lo speravo. Così il tempo passò che sulla terra m'era stato dato.
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Le forze erano misere. La meta era molto remota
Le forze erano misere. La meta era molto remota. La si poteva scorgere chiaramente, seppure anche per me quasi inattingibile. Così il tempo passò che sulla terra m'era stato dato. Voi che sarete emersi dai gorghi dove fummo travolti pensate quando parlate delle nostre debolezze anche ai tempi bui cui voi siete scampati. Andammo noi, più spesso cambiando paese che scarpe, attraverso le guerre di classe, disperati quando solo ingiustizia c'era, e nessuna rivolta. Eppure lo sappiamo: anche l'odio contro la bassezza stravolge il viso. Anche l'ira per l'ingiustizia fa roca la voce. Oh, noi che abbiamo voluto apprestare il terreno alla gentilezza, noi non si potè essere gentili. Ma voi, quando sarà venuta l'ora che all'uomo un aiuto sia l'uomo, pensate a noi con indulgenza. Bertolt Brecht, "A coloro che verranno", 1939.
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