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REGOLAZIONE DELLA PRESSIONE ARTERIOSA
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Regolazione della pressione arteriosa sistemica
il controllo della pressione arteriosa sistemica PMA è di tipo neuro-ormonale agisce modificando la gettata cardiaca (Q) e la resistenza periferica (Rp) che sono parametri legati a PMA attraverso l’equazione : PMA = Q x Rp (1) eq. della fisiologia cardiovascolare se PMA diminuisce velocemente (ipotensione ortostatica), Q e Rp aumentano in modo da mantenere PMA = cost alternativamente se Rp varia lentamente, PMA varierà proporzionalmente per mantenere costante la gettata cardiaca Q in modo da soddisfare l’eq. (1) nell’ipertensione essenziale (primaria) l’aumento di PMA dovuta ad un aumentata Rp non altera la gettata cardiaca Q dato che: Rsist >> Rpol PMAsist >> PMApol L’eq. (1) vale anche per il sistema arterioso polmonare. In tal caso se Q = cost (nessun accumulo di sangue), si può scrivere: PMAsist PMApol Rsist Rpol = = Q = cost Vascolare_5
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Schema generale di regolazione Schema generale di regolazione
CVLM (Caudal Ventrolateral Medulla) = neuroni del bulbo ventrolaterale caudale (in precedenza “centro inibitore”) RVLM (Rostral Ventrolateral Medulla) = neuroni del bulbo ventrolaterale rostrale (in precedenza “centro vasomotorio” o “vasocostrittore”) Nucleo ambiguo = neuroni parasimpatici (in precedenza “centro cardioinibitorio”) da origine alle fibre pre-ganglioniari del nervo vago che innervano il cuore Il nucleo del tratto solitario attiva con fibre glutamatergiche il centro CVLM che inibisce il centro RVLM con fibre GABAergiche. IL centro RVLM attiva i neuroni simpatici pre-gangliari attraverso fibre glutamatergiche che proiettano lungo il tratto reticolo-spinale. I centri CVLM e RVLM sono disegnati diversamente da come realmente sono localizzati nel bulbo. IL centro RVLM (rostrale) è sopra il centro CVLM (caudale). Centri di controllo cardiovascolari Vascolare_5
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Il sistema barocettoriale
nervo glosso-faringeo Il sistema barocettoriale nervo del seno ganglio nodoso del vago i barocettori sono sensori di stiramento (terminazioni nervose parasimpatiche) localizzati nei seni carotidei e arco aortico trasducono le variazioni di diametro dei vasi in treni di PA arco aortivo glomo aortico Nervo di Hering o glosso-faringeo (IX nervo cranico) innerva i barocettori carotidei Nervo vago (X nervo cranico) innerva i barocettori aortici. aorta La frequenza dei p.d’azione barocettoriali cresce con PAM Vascolare_5
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Regolazione della PAM Schema generale
barocettori cuore vasi PAM Attività dei neuroni simpatici e parasimpatici a diverse PAM Vascolare_5
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Riflesso barocettoriale causato dall’occlusione delle carotidi
Effetti della denervazione dei barocettori PAM normale nel tempo con barocettori innervati PAM irregolare nel tempo con barocettori denervati Vascolare_5
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Compensazione riflessa della Pa durante stati di ipotensione
(emorragia) PAM PAM … la tempistica Vascolare_5
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Controllo della Pa attraverso il recupero dei liquidi interstiziali
Una perdita veloce di sangue comporta un abbassamento della Pa, compensata da: una contrazione arteriolare (azione veloce) un recupero di liquidi interstiziali grazie ad un abbassamento della Pcap che causa minor filtrazione e maggior assorbimento di liquidi interstiziali (azione lenta) prima durante dopo (ml) (ml) (ml) vol. sangue vol. eritroc vol. plasm peso plasmapr gr gr gr Vascolare_5
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Controlli ormonali della muscolatura liscia arteriolare
Agenti vasocostrittori: agiscono su tutti i vasi vasocostringendo (i vasi del m. scheletrico e cardiaco, vasodilatano) A, NA è un potente vasocostrittore costrizione arteriolare periferica e venosa prodotto quando la PAM diminuisce angiotensina II è un potentissimo vasocostrittore trattiene H2O dalle urine a livello renale contribuisce ad aumentare la PAM vasopressina Schema riassuntivo del raggio arteriolare Vascolare_5
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L’ipertensione E’ una patologia molto diffusa dell’apparato cardiovascolare, caratterizzata da un aumento cronico della PAM: Psist > 130 mm Hg Pdiast > 85 mm Hg Cause: disfunzioni cardiache aumentata vasocostrizione ridotto diametro arteriolare (aterosclerosi) aumentata lunghezza del circolo sistemico (aumento di peso) ridotta filtrazione renale (aumento di liquidi corporei) eccessivo rilascio di catecolamine dalla surrenale (feocromocitoma) stile di vita (stress, fumo, sale, dieta ricca di acidi grassi) L’ipertensione L’ipertensione è definita come un cronico aumento della pressione arteriosa sistemica. La linea di confine tra pressione normale e ipertensione è attualmente fissata a 130 mmHg per la pressione sistolica (massima) e 85 mmHg per la pressione diastolica (minima) (130/85). L’ipertensione è considerata la patologia cardiovascolare più diffusa nel mondo occidentale e nei soli Stati Uniti si stima che il 25% della popolazione sia ipertesa. Nei primi stadi l’ipertensione non crea seri disturbi ma con il tempo può causare gravi patologie sia al sistema vascolare che a quello cardiaco con conseguenze anche mortali. Purtroppo le terapie con farmaci antipertensivi di nuova generazione, pur efficaci, possono solo attenuarla ma non permettono un ritorno alla normalità. Solo in una piccola percentuale di casi, dove le cause sono ben identificate l’ipertensione può essere eliminata. Teoricamente, l’ipertensione può generare da un’aumentata gettata cardiaca o da un’aumentata resistenza periferica totale o da entrambe. In realtà, nella maggior parte dei casi di ipertensione accertata la principale anomalia si riscontra a livello della resistenza periferica totale che risulta aumentata a causa di una riduzione del raggio arteriolare. La causa dell’aumentata costrizione arteriolare è spiegata solo in una piccola percentuale di casi (~5%) mentre nel restante 95% degli individui ipertesi le causa è sconosciuta. Il tipo più comune è chiamato ipertensione primaria (oppure ipertensione essenziale). Dei casi di cui si conosce la causa, l’ipertensione renale è un tipico esempio che nasce da un danno al rene o da una diminuzione del flusso di sangue ai glomeruli. La causa di questa ipertensione è dovuta ad un aumentato rilascio di renina che aumenta i livelli di angiotensina II plasmatica. L’angiotensina II è un potente vasocostrittore che riduce tonicamente il raggio arteriolare. Un altro esempio di ipertensione di cui si conosce la causa è l’ipertensione endocrina dove alla base della patologia esiste uno scompenso ormonale come nel caso del feocromocitoma, un tumore della midollare surrenale, caratterizzato da un abnorme livello di adrenalina plasmatica con conseguente aumento della gettata cardiaca e resistenza periferica totale. Circa le cause dell’ipertensione primaria si sono fatte molto ipotesi che rimangono però assai controverse. Una delle tante è che l’ipertensione primaria sia causata da un’eccessiva ritenzione di Na+. Questa ipotesi è supportata da dati epidemiologici che diete a base di basso Na+ e/o trattamenti con diuretici che aumentino l’escrezione di Na+ e acqua con le urine diminuiscano parecchio la pressione arteriosa. Un basso assorbimento di Ca2+ con la dieta e la mancanza di ossido nitrico a livello locale sono anche state proposte come cause dell’ipertensione primaria, ma non esistono ancora dati epidemiologici convincenti. Sicuramente la patologia è associata a vari fattori di rischio che comprendono l’obesità, lo stress, il fumo, la dieta e la predisposizione genetica. L’ipertensione causa diversi tipi di problemi all’intero organismo. Uno degli organi più danneggiati è il cuore perché il ventricolo sinistro in una persona ipertesa deve lavorare di più per mantenere la stessa gettata cardiaca quando la resistenza periferica aumenta. In un individuo iperteso la gettata cardiaca rimane costante anche quando la pressione sale fino a 200 mm Hg. L’aumentato e continuo lavoro che il cuore deve svolgere per spingere il sangue in un sistema a più alta resistenza idraulica stimola la crescita delle cellule miocardiche con conseguente aumento della massa cardiaca (ipertrofia ventricolare sinistra). Le cellule ventricolari enormemente ingrossate riducono col tempo la loro efficienza e la ridotta forza contrattile porta all’insufficienza cardiaca. L’ipertensione è un fattore di rischio per l’aterosclerosi perché l’elevata pressione delle arteriole danneggia il rivestimento endoteliale dei vasi e promuove la formazione delle placche aterosclerotiche, aumentando il rischio di infarti cardiaci, danni al rene e rottura dei vasi cerebrali che causano danni locali al cervello (ictus emorragici). L’ipertensione è curata con diversi tipi di farmaci antiipertensivi che funzionano o come vasodilatatori, o come riduttori della gettata cardiaca oppure riducendo i volumi di acqua e sali corporei. Tra i farmaci anti-ipertensivi attualmente più usati ricordiamo: Cure farmacologiche dell’ipertensione 1) i diuretici (furosemide, amiloride, idroclorotiazide) che abbassano la PAM riducendo l’escrezione urinaria di acqua e sali attraverso meccanismi di blocco del riassorbimento di Na+ e altri ioni a livello renale. I diuretici formano una famiglia molto ampia di prodotti che agiscono in diversi modi sul nefrone bloccando specificamente trasportatori di membrana quali lo scambiatore Na+/K+/2Cl– nell’ansa di Henle spessa (furosemide), lo scambiatore Na+/H+ a livello del tubulo contorto distale (amiloride) oppure l’enzima anidrasi carbonica a livello dei tubuli contorti prossimali (idroclorotiazide). forza di contrazione miocardica controllata dal sistema nervoso simpatico attraverso i recettori β1-AR. 2) i β-bloccanti (propranololo) che sono antagonisti specifici dei recettori β1-AR presenti nel muscolo cardiaco. Riducono la gettata cardiaca riducendo la 3) gli α-bloccanti (prazosina) che sono antagonisti specifici dei recettori α1-AR presenti in quasi tutta la muscolatura liscia vasale. Bloccano l’azione vasocostrittrice della noradrenalina e del tono simpatico sui vasi periferici e diminuiscono quindi la resistenza periferica totale. Tutti i Ca2+-antagonisti agiscono riducendo l’ingresso di Ca2+ nelle cellule muscolari (liscie e cardiache) attenuando la loro contrazione. 4) i Ca2+ antagonisti (nifedipina, nicardipina, verapamil, diltiazem) che bloccano selettivamente i canali del Ca2+ di tipo L dei muscoli lisci vasali e del cuore. Inducono vasodilatazione periferica e riduzione della gettata cardiaca in percentuali diverse a seconda del loro tipo di legame con i canali L. 5) i farmaci anti-ACE (captopril, perindopril) che bloccano l’enzima ACE che converte l’angiotensina I in angiotensina II. Riducono efficacemente i livelli plasmatici di questo ormone vasocostrittore e inducono quindi vasodilatazione periferica. recettori AT1. Sono anti-ipertensivi di nuova generazione e i loro effetti sono tuttora argomento di studio. 6) gli antagonisti dei recettori dell’angiotensina II (losartin) che inibiscono l’azione vasocostrittrice basale dell’angiotensina II. La loro azione è mediata dai 7) gli NO-donatori (idralazina, nitroprussiato) che vasodilatano le arteriole e le vene stimolando la produzione di ossido nitrico dall’endotelio vasale. Sono spesso utilizzati come farmaci per la cura dell’angina. Un aspetto molto importante dei farmaci antipertensivi è che la loro azione ipotensiva deve svilupparsi lentamente nel tempo in modo che l’abbassamento della PAM indotto non sia percepito dal sistema di controllo riflesso barocettoriale. Se ciò avviene il riflesso risponde cercando di riportare i livelli di PAM agli alti valori a cui i barocettori si erano adattati prima dell’assunzione del farmaco. Se l’abbassamento pressorio indotto dai farmaci antiipertensivi è veloce, il riflesso barocettoriale non solo reagisce per riportare la pressione ai suoi valori normali, ma stimola il sistema renina-angiotensina che produrrebbe, a lungo termine, effetti opposti a quelli desiderati. Un classico esempio di questo effetto indesiderato era stato riscontrato circa dieci anni or sono in uno studio epidemiologico negli Stati Uniti su pazienti ipertesi che assumevano da lungo tempo Ca2+-antagonisti di vecchia generazione (nifedipina a breve durata). In un certo numero di pazienti aumentava in maniera significativa la probabilità di infarto e quindi di mortalità dovuta all’aumentato lavoro cardiaco prodotto dal riflesso barocettoriale che i farmaci inducevano a causa dei veloci abbassamenti della PAM. Con i Ca2+-antagonisti di terza generazione questo tipo di problema è largamente risolto e le terapie antipertensive sono notevolmente migliorate. Per esempio, il Ca2+-antagonista diidropiridinico amlodipina (nome commerciale, Norvasc), usato contro l’ipertensione agisce a concentrazioni più basse dei Ca2+-antagonisti di prima e seconda generazione e rilascia più lentamente la muscolatura liscia vasale. L’amlodipina ha anche un’azione più prolungata nel tempo (un’unica somministrazione giornaliera alla sera prima di andare a letto) e permette un controllo più accurato della pressione arteriosa media. È stato recentemente dimostrato in due trial clinici indipendenti, uno americano (CAFE su 2073 pazienti) e uno europeo (ASCOT su pazienti), che una terapia antipertensiva basata sull’uso dell’amlodipina, da sola o in associazione con l’ACE-inibitore perindopril, se necessario, è più efficace, rispetto all’associazione del beta-bloccante atenololo con il diuretico tiazidico bendroflumetiazide. Farmacologia: antagonisti adrenergici (agiscono a livello neuronale e del m. vasale) Ca2+ antagonisti (vasodilatano bloccando i canali del Ca2+ di tipo L del muscolo liscio) diuretici (riducono i livelli dei liquidi corporei e del Na+ extracell.) farmaci anti-ACE (riducono i livelli di angiotensina II basale) Effetti avversi dei Ca2+-antagonisti di vecchia generazione: veloce abbassamento della PAM risposta riflessa dei barocettori che aumenta il tono simpatico cardiaco aumentato lavoro cardiaco ( mortalità post-infartuale) aumentato rilascio di renina-angiotensina che induce vasocostrizione Migliori effetti con Ca2+-antagonisti di nuova generazione: l’abbassamento della PAM è più lento (minor rilascio di renina-angiotensina) la somministrazione è associata a b-bloccanti e farmaci anti-ACE Vascolare_5
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