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PubblicatoAmando Bello Modificato 9 anni fa
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I POZZI FREATICI E QUELLI ALIMENTATI DA UNA SORGENTE ERANO LE ALTRE FORME DI RACCOLTA E UTILIZZO DELLE ACQUE. IL POZZO ALIMENTATO DA UNA SORGENTE È FONTE DI “ACQUA VIVA”, CIOÈ ZAMPILLANTE, IN COSTANTE MOVIMENTO, CHE NON CORRE IL RISCHIO DELLA STAGNAZIONE (CFR. GEN 26, 19).
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I pozzi rivestivano un importante ruolo sociale. In quanto scavati da uomini, davano origine a un diritto di proprietà: un nomade che chieda il passaggio agli abitanti sedentari di un paese si impegna a non bere l’acqua dei pozzi (Cfr. Nm 20,17) o a pagarla (Cfr. Dt 2,6).
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Per la loro importanza per i pascoli, spesso originavano dispute e contese fra pastori (Cfr. Gen 21,25; 26,15- 25), ma erano anche luoghi di incontro e di conversazione amichevole, in cui le consuete barriere tra uomo e donna conoscevano un allentamento.
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Poiché andare al pozzo ad attingere l’acqua era compito riservato alle donne, ecco che potevano avvenire incontri a volte molesti (i pastori che scacciano le figlie di Ietro, Cfr. Es 2, 17), a volte piacevoli, nel senso che davano luogo a fidanzamenti (Isacco e Rebecca, Cfr. Gen 24; Giacobbe e Rachele, Cfr. Gen 29, 1-14).
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Gesù stesso, stanco e assetato, siede presso un pozzo e chiede da bere a una donna che viene ad attingere l’acqua (Cfr. Gv 4,1-42): inizia così un dialogo durante il quale la donna non attinge l’acqua e Gesù non la beve, ma entrambi mostrano che la vera acqua che può saziare è l’incontro e che la vera sete è il desiderio di relazione.
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E Gesù, promettendo l’acqua dello Spirito e della rivelazione, promette l’acqua che disseta per la vita eterna. Ma questo livello simbolico-religioso non annulla il livello materiale della sete.
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Se il ministero apostolico comporta fatiche e tribolazioni tra cui “fame e sete” (1 Cor 4,11; 2 Cor 11,27), il dare da bere anche solo un bicchiere di acqua fresca ai discepoli, ai piccoli inviati nel nome del Signore, è gesto che non sarà dimenticato dal Signore (Cfr. Mt 10,42; Mc 9,41).
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Anzi, ogni uomo che si trova nella penosa condizione di essere assetato diviene sacramento della presenza di Cristo e interpella la responsabilità di chi ha la possibilità di dissetarlo (cfr. Mt 25,35.37.42.44). Nel quarto vangelo Gesù sulla croce pronuncia le parole: «Ho sete» (Gv 19,28).
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La crocifissione comportava disidratazione e una bruciante sete. Il gesto di dare da bere un vino acidulo (cfr. Gv 19,29-30) o una mistura di mirra e vino (cfr. Mc 15,23) era una pratica che tendeva ad alleviare per un momento il dolore: «Date bevande inebrianti a chi sta per perire» (Pr 31,6).
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La fame e la sete sono dimensioni storiche che pongono un sigillo di sofferenza e precarietà sulla condizione umana.
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Per questo la Bibbia esprime la speranza e formula la promessa di un mondo finalmente liberato da queste piaghe. L’umanità redenta dell’Apocalisse viene evocata in questi termini: «Non avranno più fame né sete» (Ap 7,16).
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Dare da bere oggi L’attualità storica presenta invece un quadro drammatico. Il segretario generale dell’ONU, Ban Kimoon, in occasione della giornata mondiale dell’acqua (22 marzo 2008), ha detto:
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Ogni 20 secondi un bambino muore a causa delle malattie associate alla mancanza d'acqua potabile. In totale si contano un milione e mezzo di giovani vite stroncate ogni anno. Più di due miliardi e mezzo di persone nel mondo vivono in condizioni igienico-sanitarie pessime... International Alert ha individuato 46 paesi, in cui vivono 2,7 miliardi di persone, in cui il cambiamento climatico e le crisi legate alla mancanza di acqua creano un alto rischio di conflitti violenti 2. 2. Ban Ki-moon, “Quando l’acqua sarà per tutti”, in La Stampa, 22 marzo 2008, p. 33.
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L’acqua, fonte della vita, è una risorsa rinnovabile ma limitata, e la crisi idrica mondiale che investe molti paesi poveri, ma non lascia indenni nemmeno paesi ricchi, rischia di assumere le proporzioni di una catastrofe globale, anche se al momento è l’emergenza più ignorata e più sottovalutata dei nostri giorni 3. 3. Federico Rampini, “Sarà l’acqua la prossima battaglia del mondo”, in La Repubblica, 19 giugno 2008.
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Tra i fattori che stanno alla base di tale crisi vi sono mutamenti climatici su cui incide profondamente la responsabilità umana (aumento del riscaldamento globale, desertificazione), crescita della popolazione e degli insediamenti urbani, interventi sconsiderati dell’uomo sul territorio: inquinamento (scarichi civili, industriali, fertilizzanti e pesticidi), deforestazione, costruzione di grandi dighe che alterano la morfologia del paesaggio, il corso dei fiumi e gli equilibri della vita acquatica e terrestre, avendo anche dolorose conseguenze sociali e politiche (esodi umani, sommersione di beni naturali e culturali, dissidi, rancori e conflitti).
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In particolare l’agricoltura industriale intensiva, che richiede una quantità di acqua enormemente maggiore rispetto all’agricoltura tradizionale, è causa di impoverimento delle riserve di acqua.
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Di fronte alla mancanza di acqua e al crescere della domanda di questo bene essenziale, il problema idrico è ormai problema politico che richiede una governance e un uso sostenibile delle risorse idriche. E diventa anche un problema bellico: nel 1995 Ismail Seralgedin, vicepresidente della Banca mondiale, affermò che se le guerre del ventesimo secolo sono state combattute per il petrolio, quelle del ventunesimo avranno come oggetto del contendere l’acqua 4, e ora sappiamo che questa è realtà già in atto. 4. Cit. in Vandana Shiva, Le guerre dell’acqua, Feltrinelli, Milano 2003, p. 9.
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È in atto sia nella forma di guerre tradizionali (dietro al conflitto israelo-palestinese vi è anche il problema del controllo del bacino fluviale del Giordano) sia in forma di guerre paradigmatiche in cui culture segnate dall’etica universale dell’acqua come necessità ecologica sono contrapposte a una cultura imprenditoriale dell’avidità, dell’appropriazione e della privatizzazione.
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Le politiche di privatizzazione dell’acqua vanno esattamente in questa seconda direzione 5. Vandana Shiva parla della cultura della mercificazione che è in guerra con le opposte culture del condividere, del dare e ricevere acqua come dono gratuito 6. 5. Per l’Italia si veda l’approvazione definitiva del cosiddetto “decreto Ronchi” nel novembre 2009. 6. Vandana Shiva, Le guerre dell’acqua, o. c., p. 10.
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L’acqua sta diventando “l’oro blu”, un bene prezioso che scatena interessi e corsa all’accaparramento 7. A questa problematica fa riferimento un breve passaggio dell’enciclica Caritas in ventate di Benedetto XVI: L’accaparramento delle risorse, specialmente dell’acqua, può provocare gravi conflitti tra le popolazioni coinvolte 8. 7. Cfr. M. Barlow, T. Clarke, Oro blu. La battaglia contro il furto mondiale dell’acqua: come non esserne complici, Arianna, Bologna 2004. 8. Benedetto XVI, Caritas in veritate, 51.
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