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Henry Murger scrive, nel 1848, Scènes de la vie de bohème (vita zingaresca, essendo la Boemia ritenuta la terra d’origine degli zingari), opera tradotta.

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Presentazione sul tema: "Henry Murger scrive, nel 1848, Scènes de la vie de bohème (vita zingaresca, essendo la Boemia ritenuta la terra d’origine degli zingari), opera tradotta."— Transcript della presentazione:

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2 Henry Murger scrive, nel 1848, Scènes de la vie de bohème (vita zingaresca, essendo la Boemia ritenuta la terra d’origine degli zingari), opera tradotta in italiano dallo scapigliato Felice Cameroni nel 1872). PUCCINI, su libretto di Illica e Giacosa scrive il melodramma Bohème nel 1895. DALLA RIVOLTA ALLA LETTURA IN CHIAVE BORGHESE DELLA TEMATICA

3 IL MONDO SARÀ INGOIATO DA UNO SBADIGLIO (Baudelaire, Al lettore, 1855) LA CIVILTÀ MODERNA HA CONTAMINATO TUTTO NEMMENO POSSIBILE UN’EVASIONE NELLA NATURA

4 IL SENSO ESTETICO È PROFONDAMENTE MUTATO: DALL’APOLLO ALLA TESTA DI MEDUSA da M. PRAZ, La carne, la morte, il diavolo nella letteratura romantica, 1930 IL BELLO HA CONNOTAZIONI OSCURE, PERVERSE DISTRUTTRICI 

5 L’Artista è in lotta con la società “in tutte le grandi città del mondo incivilito esiste una certa quantità di individui di ambo i sessi fra i venti e i trent’anni […], pieni d’ingegno quasi sempre, indipendenti come l’aquila delle Alpi, […] irrequieti, travagliati, turbolenti. Questa casta o classe […] serbatoio del disordine, della imprevidenza, dello spirito di rivolta e di opposizione a tutti gli ordini stabiliti io l’ho chiamata la ‘scapigliatura’ […]. Essa è composta di individui di ogni ceto, di ogni condizione, di ogni grado della scala sociale” (Arrighi, La scapigliatura e il 6 febbraio).

6  La stoltezza, l'errore, il peccato, l'avarizia, abitano i nostri spiriti e agitano i nostri corpi; noi nutriamo amabili rimorsi come i mendicanti alimentano i loro insetti. I nostri peccati sono testardi, vili i nostri pentimenti; ci facciamo pagare lautamente le nostre confessioni e ritorniamo gai pel sentiero melmoso, convinti d'aver lavato con lagrime miserevoli tutte le nostre macchie. È Satana Trismegisto che culla a lungo sul cuscino del male il nostro spirito stregato, svaporando, dotto chimico, il ricco metallo della nostra volontà. Il Diavolo regge i fili che ci muovono! Gli oggetti ripugnanti ci affascinano; ogni giorno discendiamo d'un passo verso l'Inferno, senza provare orrore, attraversando tenebre mefitiche. Come un vizioso povero che bacia e tetta il seno martoriato d'un'antica puttana, noi al volo rubiamo un piacere clandestino e lo spremiamo con forza, quasi fosse una vecchia arancia. Serrato, brulicante come un milione di vermi, un popolo di demoni gavazza nei nostri cervelli, e quando respiriamo, la morte ci scende nei polmoni quale un fiume invisibile dai cupi lamenti. Se lo stupro, il veleno, il pugnale, l'incendio, non hanno ancora ricamato con le loro forme piacevoli il canovaccio banale dei nostri miseri destini, è perché non abbiamo, ahimé, un'anima sufficientemente ardita. Ma in mezzo agli sciacalli, le pantere, le cagne, le scimmie, gli scorpioni, gli avvoltoi, i serpenti, fra i mostri che guaiscono, urlano, grugniscono entro il serraglio infame dei nostri vizi, uno ve n'è, più laido, più cattivo, più immondo. Sebbene non faccia grandi gesti, né lanci acute strida, ridurrebbe volentieri la terra a una rovina e in un solo sbadiglio ingoierebbe il mondo. È la Noia! L'occhio gravato da una lagrima involontaria, sogna patiboli fumando la sua pipa. Tu lo conosci, lettore, questo mostro delicato - tu, ipocrita lettore - mio simile e fratello! (Baudelaire, Al lettore)

7  poesia come fenomeno irrazionale, individuale, unico e inimitabile  Adesione all'esigenza di attualità e di realtà della scuola romantica.  Aspetti più oscuri e scabrosi, trasfigurati in un linguaggio stilisticamente elaborato, con immagini, simboli e "corrispondenze“.  Rigfiuto del romanticismo come effusione sentimentalistica  Rifiuto della fiducia nel progresso continuo, materiale e morale, dell'umanità  Pessimismo, malinconia, condizione di caduta e di rinuncia, noia che opprime e isola

8  Noi siamo i figli dei padri ammalati; Acquile al tempo di mutar le piume, Svolazziam muti, attoniti, affamati, Sull’agonia di un nume.4 Nebbia remota è lo splendor dell’arca, E già all’idolo d’or torna l’umano, E dal vertice sacro il patriarca S’attende invano;8 S’attende invano dalla musa bianca che abitò venti secoli il Calvario, E invan l’esausta vergine s’abbranca Ai lembi del Sudario...12 Casto poeta che l’Italia adora, Vegliardo in sante visioni assorto, Tu puoi morir!... Degli antecristi è l’ora! Cristo è rimorto! —16  [p. 6 modifica] O nemico lettor, canto la Noja, L’eredità del dubbio e dell’ignoto, Il tuo re, il tuo pontefice, il tuo boja, Il tuo cielo, e il tuo loto!20 Canto litane di martire e d’empio; Canto gli amori dei sette peccati Che mi stanno nel cor, come in un tempio, Inginocchiati.24 Canto le ebbrezze dei bagni d’azzurro, E l’Ideale che annega nel fango... Non irrider, fratello, al mio sussurro, Se qualche volta piango:28 Giacchè più del mio pallido demone, Odio il minio e la maschera al pensiero, Giacchè canto una misera canzone, Ma canto il vero! E. Praga, Penombre, Preludio)6modifica


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