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La parabola del figlio prodigo
Argomento: il perdono di Dio. Idee da trasmettere ai ragazzi: 1. Il peccato è anzitutto una rottura con l’amore e l’amicizia di Dio. È dire di no a Dio, è fuggire dalla sua casa paterna; La parabola del figlio prodigo
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Un padre viveva in campagna con i suoi due figli, curando i suoi terreni e la numerosa servitù che lo aiutava. Il maggiore, un bravo figlio, badava alla fattoria ed era il braccio destro del padre. Il più giovane, invece, si annoiava di quel lavoro pesante e monotono e sognava il momento per andarsene lontano per sentirsi libero e godersi con gli amici la vita nelle grandi città. 3. Le gioie e le soddisfazioni che promette il peccato sono false e durano poco;
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Sono stufo di questa vita… sempre lavorare.
2. Più che insistere sulla materialità della trasgressione alla legge (per seguire il paragone della parabola: i soldi sprecati dal giovane), orientare ragazzi verso la Persona stessa di Dio che è stato offeso e tradito; Papà, domani bisogna arare il campo…
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Un giorno, si presentò al padre e gli disse apertamente
4. Il peccato getta l'uomo nella miseria e nella schiavitù (fare il guardiano dei porci simboleggia appunto l'essere schiavo delle passioni; Un giorno, si presentò al padre e gli disse apertamente
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Papà, voglio andare a vivere da solo
Papà, voglio andare a vivere da solo. Dammi perciò la parte di eredità che mi spetta. 5. La conversione comincia con un'ispirazione di Dio. (Il giovane si ricordò...) ;
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Il povero padre rimase sbalordito per quella inattesa richiesta e lo guardò triste, con gli occhi che si velavano di lacrime. Aveva fatto di tutto per accontentarlo affinché si trovasse a proprio agio nella sua casa; non avrebbe mai pensato di ricevere in cambio un simile dispiacere. 6. La condizione indispensabile per la conversione è il pentimento « Ho peccato contro di te, non sono degno... »);
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E va bene! Tieni, se proprio vuoi i soldi.
No papà. Non resisto più in questa casa. 7. Dio aspetta il peccatore... e appena vede che è pentito gli corre incontro con la sua misericordia e il suo perdono. (Il padre corre verso il figlio e gli perdona);
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Non ne posso più, i miei amici mi aspettano in città.
Addio! Non ne posso più, i miei amici mi aspettano in città. Pensaci ancora un po’. Domani, magari, aspetta… 8. Ridona poi all'uomo tutta la sua dignità di figlio di Dio « Portate la veste nuova, i sandali, date gli l'anello... », sono tutte immagini di questa riacquistata dignità);
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Desolato, il padre non trovava conforto né pace per la partenza del figlio che, nonostante tutto, ancora tanto amava. Né bastava a consolarlo, la presenza vigile ed affettuosa del primogenito rimasto a casa. 9. Al peccatore che si riaccosta a Dio in atteggiamento di penitenza e di dolore, Dio stesso concede il suo perdono per le mani del suo ministro (sacramento della penitenza o riconciliazione);
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Chissà dove sarà finito.
10. La comunità ecclesiale accoglie il peccatore pentito e perdonato nell' assemblea, al banchetto eucaristico ; Non preoccuparti, papà. Se ne starà felice e beato con i suoi amici, in città a divertirsi.
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Il giovane, intanto, non aveva perso tempo.
Aveva molto denaro e quindi poteva permettersi il lusso di fare una vita sfrenata e dissoluta.
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Si circondò subito di molti di “amici” pronti a soddisfare i suoi capricci e piaceri senza curarsi di ciò che era buono o cattivo, permesso o vietato. Si stava così bene in quella compagnia che non aveva né il tempo né la voglia di pensare al domani.
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Bevete e mangiate, amici, alla mia salute!
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Venne il giorno, più presto di quanto si aspettasse, che…
Purtroppo, anche le somme più favolose cominciano con i centesimi e con i centesimi finiscono. Venne il giorno, più presto di quanto si aspettasse, che…
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Tieni, questi sono gli ultimi che mi rimangono per pagare il vino.
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Terminato il denaro, sparirono immediatamente anche gli amici!
Finché poteva spendere, offrire, erano molti a stargli vicino e a dichiararsi suoi amici, ma quando si trovò con la borsa vuota, scomparvero come per incanto. Il povero giovanotto si trovò solo, terribilmente solo, senza una persona che lo aiutasse.
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Da quando ho finito i soldi, nessuno mi guarda né parla con me.
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In quelle condizioni di vita, in città era impossibile vivere.
Nessuno lo avrebbe ospitato, né aveva modo di guadagnarsi da vivere, non avendo mai avuto voglia di lavorare. Pensò allora di andare in campagna; qualcosa avrebbe trovato da mettere sotto i denti, oppure un capanno o un albero dove dormire senza vergognarsi.
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Uhm, andrò in campagna; qualcosa troverò da mettere sotto i denti
oppure un capanno o un albero dove dormire senza vergognarmi!
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Ma per colmo della sfortuna, in quell’anno si era abbattuta una tremenda carestia; non c’era lavoro, e si sa, carestia vuol dire fame! Così…
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Cerco lavoro. Non hai bisogno di aiuto?
Beh, avrei bisogno un guardiano per i miei porci, in cambio di cibo e un po’ di paglia per dormire, nel fienile! Prendere o lasciare! Cerco lavoro. Non hai bisogno di aiuto?
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Ma non c’era nulla da mangiare… così…
Quel povero giovane, abituato a tutte le agiatezze della vita, fu costretto ad accettare quella spregevole occupazione, resa ancora più umiliante per un ebreo che considerava i suini come animali immondi. Ma non c’era nulla da mangiare… così…
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Valgo meno di un animale.
Ah! Come mi sono ridotto! A mangiare le carrube e le ghiande!
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Durante le ore della giornata, mentre gli animali pascolavano e si sdraiavano all’ombra degli alberi, al giovane tornavano in mente le ore felici trascorse nella casa del padre. Perfino i servitori mangiavano bene e venivano trattati meglio di come era trattato lui!
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A casa staranno mangiando tutti… magari l’arrosto!
Basta! Ho deciso. A casa staranno mangiando tutti… magari l’arrosto!
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Pensò: tornerò da mio padre, mi getterò ai suoi piedi e gli dirò: “Papà, ho sbagliato, ho peccato contro Dio e contro di te. Lo so, non sono degno di essere trattato come un figlio; prendimi almeno come uno dei tuoi operai”.
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voglio andarmene da qui!
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Pentito, ma deciso, si mise in cammino.
Il padre, come ogni sera, sulla terrazza, saliva a scrutare la strada da dove il figlio si era allontanato. E una sera, finalmente…
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È lui! È lui!
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Scese velocemente e gli corse incontro.
Il figlio tentò di gettarsi ai suoi piedi con tanta voglia di piangere. Ma il padre lo rialzò anzi, gli buttò le braccia al collo.
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Figlio! Figlio mio!
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Poi lo condusse in casa e ordinò ai servi:
“Presto, portate il vestito più bello, l’anello e scarpe nuove. Poi andate nella stalla, uccidete il vitello più grasso e preparate un banchetto”.
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Voglio una grande festa!
Non è giusto!
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Seppe il perché della festa e non voleva parteciparvi.
Il figlio maggiore, tornato dai campi, sentì la musica, le danze, il profumo dell’arrosto. Seppe il perché della festa e non voleva parteciparvi. Pensò: “Da tanti anni io servo mio padre, sono rimasto fedele e non mi ha mai dato un capretto per far festa con i miei amici!”.
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“Ora invece, che torna a casa chi ha sciupato tutto il denaro, papà gli prepara una festa. Non è giusto!”. Ma il padre rispose:
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Grazie, papà! Mio caro ragazzo, tu sei sempre stato con me e tutto ciò che è mio è anche tuo. Ma devi essere contento perché questo tuo fratello era come morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato!
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F I N E
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