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La Shoah Il 27 gennaio Giornata della Memoria
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Il Giorno della Memoria, celebrato il 27 Gennaio, è stato istituito per non dimenticare la Shoah e le altre vittime dei crimini nazisti, monito affinché quanto avvenuto non si ripeta mai più, per nessun popolo, in nessun tempo e in nessun luogo.
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Il 27 gennaio del 1945 furono aperti i cancelli di Auschwitz, campo di concentramento costruito dai nazisti nella Polonia occupata, dove persero la vita oltre un milione di ebrei, anche italiani.
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Con il termine Shoah ,venne infatti, ufficialmente, indicato lo sterminio degli ebrei operato dai nazisti. Questo vocabolo ,venne usato per la prima volta nel 1938, nella Palestina sottoposta al mandato britannico durante una riunione del Comitato Centrale del Partito Socialista, in riferimento al pogrom della cosiddetta “Notte dei Cristalli”.
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In Italia, la tragedia della Shoah colpì il popolo ebraico, con le leggi razziali del ’38 prima e poi, con le deportazioni dei nazisti, in seguito all’armistizio dell’8 settembre Altre persone e categorie furono perseguitate dal regime, “colpevoli” solo di una diversità di: idee, valori, appartenenza etnica e religiosa.
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Tale volontà liberticida e antidemocratica, si rivelò un vero e proprio passo indietro rispetto, alle conquiste raggiunte e, che nel secolo precedente erano state alla base dei moti che portarono all’unità d’Italia. Si era avuta un interruzione ventennale di un processo di ritrovata dignità e piena integrazione per gli ebrei italiani, il cui filo venne ripreso subito dopo la fine del secondo conflitto mondiale.
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L’unità d’Italia, aveva significato per la minoranza ebraica l’emancipazione, la chiusura dei ghetti, l’agognata raggiunta parità con gli altri cittadini dopo secoli di emarginazione. Una libertà e una uguaglianza che appunto il fascismo negò solo pochi decenni dopo, nel 1938, con l’emanazione delle leggi razziali. Il 17 marzo del 2012 ricorreranno i 151 anni dalla proclamazione dell’Unità. Una data che ci sta molto a cuore anche perché a quel processo storico gli ebrei presero parte con forza, convinzione e passione.
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In oltre due millenni, gli ebrei, quando è stato loro permesso, hanno preso parte alla vita e alla storia del Paese, con un ruolo rilevante nelle sue evoluzioni politiche, sociali, culturali. Nel caso del Risorgimento, l’adesione degli ebrei italiani fu generalizzata: vi parteciparono dall’attività cospirativa mazziniana sino alla presa di Roma. Il 20 settembre 1870 fu proprio un ufficiale ebreo piemontese a dare l’ordine di aprire il fuoco.
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Come ha detto la storica dell’Università La Sapienza di Roma, Anna Foa, di fronte al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano in occasione del VI Congresso dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane; l’emancipazione degli ebrei fu “un momento qualificante della costruzione del nuovo Stato italiano. Ne segnò, continua la Foa, ” profondamente il percorso, divenendone, con il connesso principio della tolleranza di tutti i culti religiosi e poi con quello dell’uguaglianza dei culti di fronte alla legge, uno dei pilastri basilari.” Conclude quindi che, ” esiste un’intima assonanza culturale ed ideale fra ebrei ed unità d’Italia.”
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Crediamo che le radici dello Stato italiano siano profonde e nobili
Crediamo che le radici dello Stato italiano siano profonde e nobili. Non è retorico ricordarle nel Giorno della Memoria, perché le ideologie totalitarie che perpetrarono la Shoah e gli altri crimini contro l’umanità, durante la seconda guerra mondiale erano agli antipodi delle idee di libertà degli individui e democrazia che portarono all’Italia unita.
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Nella parola Shoah, voce biblica che significa “catastrofe, disastro”, è implicito che quanto è accaduto non ha alcun significato religioso, contrariamente a ciò che richiama il termine olocausto, spesso usato, che rinvia a un’idea di sacrificio di espiazione. La Shoah è piuttosto un genocidio, ovvero un’azione criminale che, attraverso un complesso e preordinato insieme di azioni, è finalizzata alla distruzione di un gruppo etnico, nazionale, razziale o religioso. Ben sei milioni di ebrei (secondo fonti tedesche), giovani, vecchi, neonati e adulti, furono uccisi dalla violenza nazista.
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La Shoah si sviluppò in cinque diverse fasi:
I. la privazione dei diritti civili dei cittadini ebrei; II. la loro espulsione dai territori della Germania; III. la creazione di ghetti circondati da filo spinato, muri e guardie armate nei territori conquistati a est dal Terzo Reich, dove gli ebrei furono costretti a vivere separati dalla società e in precarie condizioni sanitarie ed economiche; IV. i massacri delle Einsatzgruppen (squadre di riservisti incaricate di eliminare ogni oppositore del nazismo nei territori conquistati dell’Ucraina e della Russia) durante le azioni di rastrellamento; V. la deportazione nei campi di sterminio in Polonia dove, dopo un’immediata selezione, gli ebrei venivano uccisi subito con il gas o inviati nei campi di lavoro e sfruttati fino all’esaurimento delle forze, per essere poi comunque eliminati.
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Queste tappe possono essere suddivise in due periodi storici:
dal 1933 al 1940, quando il nazismo vide la soluzione della questione ebraica nell’emigrazione; dal 1941 al 1945, quando venne attuato lo sterminio. Il nazismo, dal momento in cui giunse al potere, si scagliò contro i cittadini ebrei con ogni mezzo di propaganda e con leggi. Per convincere anche la pubblica opinione della necessità di questa lotta, furono utilizzate le accuse di deicidio, di inquinamento della razza ariana e di arricchimento mediante lo sfruttamento del lavoro e delle disgrazie economiche altrui. Il progetto di Hitler, infatti, era quello di rendere tutto il mondo Judenfrei (libero dagli ebrei).
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Entrata in guerra, la Germania rese sempre più violenta la lotta contro i civili ebrei, iniziandone l’eliminazione fisica. La furia violenta del nazismo si scagliò però non solo contro gli ebrei, ma anche contro: i tedeschi dissidenti ; gli zingari (deportati dal 1939); i Testimoni di Geova (perseguitati nel 1933 e internati dal 1935); i prigionieri di guerra (dall’inizio del 1939); i partigiani (dal momento in cui venivano annessi nuovi territori al Reich); gli omosessuali (incarcerati e condannati dal 1934); i portatori di handicap (sterilizzati dal 1933; nel 1939 i primi a essere gassati in apposite “case di cura” o su camion destinati alla gassazione, in base al Programma Eutanasia); una parte del clero (dal 1937, quando papa Pio XI, prese aperta posizione contro la Germania hitleriana).
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Bisogna però ricordare che, mentre ebrei e zingari furono vittime dello sterminio sistematico di interi gruppi familiari, colpevoli solo di esistere, tutti gli altri vennero perseguitati perché avversari del regime al potere o non adatti al nuovo ideale nazista di “uomo tedesco”. Questa differenza si rispecchiava anche nelle diverse tipologie di campi creati dai nazisti per i propri nemici. Sei in tutto erano i campi di sterminio dove i deportati venivano selezionati e uccisi con il gas, creati solo per ebrei e zingari: sono questi i luoghi della Shoah.
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Alla fine della prima guerra mondiale, dopo le norme del Trattato di Versailles, la situazione politica e sociale della Germania era altamente instabile. In un malcontento generale era richiesto ordine sociale ed economico. Il 24 febbraio 1920 espose al Partito dei Lavoratori Tedeschi, di cui faceva parte il proprio programma incentrato sull’antisemitismo e sul principio di “ristabilire la disciplina militare e inculcare nuovamente nella truppa i sentimenti nazionali e patriottici”. Nell’aprile 1920 il Partito cambiò nome e divenne Partito Nazionalsocialista dei Lavoratori.
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Il programma politico di Hitler era chiaro: egli predicava la superiorità della razza ariana, incarnata dai popoli tedeschi, su tutte le altre. Per raggiungere questo scopo voleva l’annientamento delle razze inferiori per far prosperare gli eletti ariani. Nel 1923, dopo il fallimento del colpo di Stato a Monaco fu condannato per “alto tradimento”. Durante la sua prigionia dettò al compagno di cella il Mein Kampf, che conteneva il suo pensiero politico e il suo progetto di uno Stato basato su un nuovo ordine politico, sociale e razziale. Hitler si propose come difensore della proprietà privata e mise in atto una forte campagna antisemita in base alla quale gli ebrei erano visti come i “burattinai del comunismo” che avrebbero voluto dominare il mondo.
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Per dare man forte alle proprie idee, il Partito Nazionalsocialista utilizzò anche squadre di picchiatori; nacquero infatti le corpi militari come le SA e le SS. La grande crisi economica del 1929 favorì le idee di Hitler e il 28 febbraio 1933, i comunisti vennero messi fuori legge, poiché incolpati di un incendio provocato in realtà dai nazisti. Con le leggi di “degiudeizzazione” del 1933, gli ebrei venivano licenziati ed esclusi da tutte le funzioni pubbliche: ma si ponevano le basi dello Stato razziale. Il 22 marzo 1933 venne ufficializzata l’apertura dei campi di concentramento per gli oppositori, i Testimoni di Geova e gli zingari. Con le leggi di Norimberga del 15 settembre 1935 gli ebrei divennero ufficialmente cittadini inferiori per legge e nascita, per cui dovevano frequentare solo luoghi a loro riservati (esempio panchine solo per ebrei).
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Intanto nel 1936, accanto alle truppe dello spagnolo Franco e dell’alleato italiano Mussolini, i nazisti presero parte alla guerra civile spagnola. Nella notte tra il 9 e il 10 novembre venne scatenata una caccia all’uomo contro gli ebrei, furono bruciate centinaia di sinagoghe e uccise 90 persone: dalla quantità dei vetri rotti per le strade, quella notte fu chiamata “Notte dei cristalli” Possiamo oggi capire come la Germania nazista combatté due guerre parallele: una contro un ebreo ed anzi per questo essere ricompensato dallo Stato.
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Per colpa loro oltre 1 milione di ebrei furono sterminati!
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Per non dimenticare
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Questo lavoro è stato realizzato da:
Sebastiano Mizzi 1ª A III Istituto Comprensivo G. VERGA
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