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PubblicatoElena Vacca Modificato 8 anni fa
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IL DIRITTO PENALE TRA IDENTITÀ NAZIONALE ED EUROPEIZZAZIONE 3 dicembre 2015
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Corte costituzionale Corte di Giustizia UE Corte EDU
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La versione originaria dei Trattati istitutivi delle Comunità Europee (Trattato CECA – Parigi 18 aprile 1951, Trattato CEE e Trattato Euratom – Roma 25 marzo 1957) non contiene alcun esplicito riferimento alla tutela dei diritti fondamentali L’Unione europea nasce con una vocazione essenzialmente economica. Le sole libertà fondamentali previste dai Trattati sono funzionali alla realizzazione del mercato comune e prendono in considerazione non tanto l’uomo come persona, quanto l’uomo come operatore economico La Francia non aveva ancora ratificato la CEDU. Si volevano evitare inutili rallentamenti di tipo politico
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Negli anni Sessanta la Corte di giustizia sostiene l’irrilevanza sul piano comunitario dei diritti fondamentali garantiti nelle Costituzioni degli Stati membri. La limitazione della propria competenza nell’interpretazione del diritto comunitario, esclude la possibilità di prendere in considerazione anche le norme costituzionali dei singoli Stati: la sola tutela ammissibile nell’ordinamento comunitario riguarda quei diritti espressamente riconosciuti nei Trattati o nelle norme da essi derivati La Corte costituzionale italiana e la Corte costituzionale tedesca si mostrano critiche nei confronti di questo orientamento, lamentando una potenziale violazione dei diritti fondamentali da parte dell’ordinamento comunitario. Questa è l’origine storica della teoria dei controlimiti La Corte di Giustizia muta la propria giurisprudenza. I diritti fondamentali della persona fanno parte dei principi generali del diritto CE di cui la Corte garantisce l’osservanza (Sentenza Stauder, 1969). In assenza di un catalogo di diritti umani da tutelare, questi ultimi si ricavano: -dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri (sentenza Internationale Handelsgesellschaft, 1970) -- dalla CEDU (sentenza Rutili 1975)
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La modifica dei Trattati istitutivi avvenuta nel 1992 formalizza la soluzione proposta dalla Corte di Giustizia Art. 6 Trattato UE 1.L'Unione rispetta l'identità nazionale dei suoi Stati membri, i cui sistemi di governo si fondano sui principi democratici. 2.L'Unione rispetta i diritti fondamentali quali sono garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, e quali risultano dalle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri, in quanto principi generali del diritto comunitario. 3. L'Unione si dota dei mezzi necessari per conseguire i suoi obiettivi e per portare a compimento le sue politiche Con il Trattato di Amsterdam sono precisati alcuni meccanismi di tutela Si tratta però di una soluzione ancora parziale. Manca ancora un catalogo di diritti UE
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Si ipotizzano due vie per attribuire maggiore concretezza alla tutela dei diritti umani in ambito comunitario 1.Adesione dell’UE alla CEDU 2. Carta dei diritti fondamenti propria dell’UE Con il parere 2/94, adottato il 28 marzo 1996, la Corte dichiarò l'assenza di competenza della Comunità per aderire alla CEDU. La seconda via diviene quindi quella concretamente più praticabile Nel 2000, a Nizza, viene ufficialmente proclamata la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, che tuttavia resta sprovvista di un’efficacia giuridica vincolante
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Art. 6 Trattato TFUE 1.1. L'Unione riconosce i diritti, le libertà e i principi sanciti nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea del 7 dicembre 2000, adattata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo, che ha lo stesso valore giuridico dei trattati. Le disposizioni della Carta non estendono in alcun modo le competenze dell'Unione definite nei trattati. I diritti, le libertà e i principi della Carta sono interpretati in conformità delle disposizioni generali del titolo VII della Carta che disciplinano la sua interpretazione e applicazione e tenendo in debito conto le spiegazioni cui si fa riferimento nella Carta, che indicano le fonti di tali disposizioni. 2.L'Unione aderisce alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali. Tale adesione non modifica le competenze dell'Unione definite nei trattati. 3.I diritti fondamentali, garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, fanno parte del diritto dell'Unione in quanto principi generali.
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DELLA TORTURA Una crudeltà consacrata dall'uso nella maggior parte delle nazioni è la tortura del reo mentre si forma il processo, o per constringerlo a confessare un delitto, o per le contradizioni nelle quali incorre, o per la scoperta dei complici, o per non so quale metafisica ed incomprensibile purgazione d'infamia, o finalmente per altri delitti di cui potrebbe esser reo, ma dei quali non è accusato. (C. Beccaria, Dei delitti e delle pene)
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Nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti Tutela assoluta. Non sono ammesse deroghe neppure: -in caso di guerra o quando sussista un pericolo pubblico per la nazione -quando sussistano esigenze di difesa della collettività (terrorismo, criminalità organizzata)
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Giurisprudenza Corte EDU …l’art. 3 impone allo Stato l’obbligo positivo di assicurarsi che ogni prigioniero sia detenuto in condizioni compatibili con il rispetto della dignità umana… Affinché una pena ed il trattamento che ad essa si accompagna possano essere definiti «inumani» o «degradanti», la sofferenza o l’umiliazione devono, in ogni caso, collocarsi al di là di quelli che inevitabilmente comporta una certa forma di trattamento o di pena legittima …per ricadere nell’ambito di applicazione dell’art. 3, un maltrattamento deve raggiungere un minimo di gravità. La valutazione di tale minimo è relativa: essa dipende dall’insieme dei dati in causa, in particolare dalla durata del trattamento e dai suoi effetti fisici o mentali, nonché talvolta dal sesso, dall’età, dalle condizioni di salute della vittima.
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Momento ‘di svolta’ sentenza Sulejmanovic c. Italia (2009) Si attribuisce rilevanza, ai fini della violazione dell’art. 3 CEDU, al solo fatto che il ricorrente avesse a disposizione uno spazio personale di 2,70 metri quadri Dissenting opinion del Giudice Zagrebelsky
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La sentenza pilota sentenza Torreggiani c. Italia (2013) La Corte rileva che di solito le misure privative della libertà comportano per il detenuto alcuni inconvenienti. Tuttavia, essa rammenta che la carcerazione non fa perdere al detenuto il beneficio dei diritti sanciti dalla Convenzione. Al contrario, in alcuni casi, la persona incarcerata può avere bisogno di una maggiore tutela proprio per la vulnerabilità della sua situazione e per il fatto di trovarsi totalmente sotto la responsabilità dello Stato. In questo contesto, l’articolo 3 pone a carico delle autorità un obbligo positivo che consiste nell’assicurare che ogni prigioniero sia detenuto in condizioni compatibili con il rispetto della dignità umana, che le modalità di esecuzione della misura non sottopongano l’interessato ad uno stato di sconforto né ad una prova d’intensità che ecceda l’inevitabile livello di sofferenza inerente alla detenzione e che, tenuto conto delle esigenze pratiche della reclusione, la salute e il benessere del detenuto siano assicurati adeguatamente Quando il sovraffollamento carcerario raggiunge un certo livello, la mancanza di spazio in un istituto penitenziario può costituire l’elemento centrale da prendere in considerazione nella valutazione della conformità di una data situazione all’articolo 3
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La sentenza pilota sentenza Torreggiani c. Italia (2013) La Corte ha appena constatato che il sovraffollamento carcerario in Italia non riguarda esclusivamente i casi dei ricorrenti (paragrafo 54 supra). Essa rileva, in particolare, che il carattere strutturale e sistemico del sovraffollamento carcerario in Italia emerge chiaramente dai dati statistici indicati in precedenza nonché dai termini della dichiarazione dello stato di emergenza nazionale proclamata dal presidente del Consiglio dei ministri italiano nel 2010. Questi dati nel loro complesso rivelano che la violazione del diritto dei ricorrenti di beneficiare di condizioni detentive adeguate non è la conseguenza di episodi isolati, ma trae origine da un problema sistemico risultante da un malfunzionamento cronico proprio del sistema penitenziario italiano, che ha interessato e può interessare ancora in futuro numerose persone (si veda, mutatis mutandis, Broniowski c. Polonia, sopra citata, § 189). Secondo la Corte, la situazione constatata nel caso di specie è, pertanto, costitutiva di una prassi incompatibile con la Convenzione (Bottazzi c. Italia [GC], n. 34884/97, § 22, CEDU 1999 V; Bourdov (n. 2), sopra citata, § 135). 89. Del resto, il carattere strutturale del problema individuato nelle presenti cause è confermato dal fatto che diverse centinaia di ricorsi proposti contro l’Italia al fine di sollevare un problema di compatibilità con l’articolo 3 della Convenzione delle inadeguate condizioni detentive legate al sovraffollamento carcerario in diversi istituti penitenziari italiani sono attualmente pendenti dinanzi ad essa. Il numero di questo tipo di ricorsi è in continuo aumento. 90. Conformemente ai criteri stabiliti nella sua giurisprudenza, la Corte decide di applicare la procedura della sentenza pilota al caso di specie
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Comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti (CPT) Prevenzione di maltrattamenti nei confronti di persone private della libertà in Europa Il CPT prevede un sistema di visite nei luoghi di detenzione, per verificare le condizioni di trattamento delle persone private della libertà. Ha la facoltà di visitare carceri, centri di detenzione minorile, commissariati di polizia, centri di ritenzione per immigrati irregolari, istituti psichiatrici, strutture e istituzioni di ricovero a carattere sociale, ecc. Nel corso delle visite le delegazioni del CPT si valgono del diritto di accesso illimitato ai luoghi di detenzione, all’interno dei quali possono spostarsi con assoluta libertà. Possono intrattenersi senza testimoni con le persone private della libertà e comunicare liberamente con chiunque possa essere in grado di fornire informazioni pertinenti. Dopo ogni visita, il CPT invia un rapporto dettagliato al governo dello Stato interessato, contenente i risultati emersi nel corso della visita, nonché le raccomandazioni, i commenti e le eventuali richieste di informazioni complementari. Il CPT invita inoltre lo Stato a fornire una risposta dettagliata alle questioni sollevate nel rapporto. I rapporti e le risposte fornite costituiscono la base del dialogo permanente con gli Stati membri. Il nome completo del CPT è “Comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti” e pone in risalto i suoi due aspetti essenziali: anzitutto, che si tratta di un comitato a livello europeo e, in secondo luogo, che non intende limitarsi alla prevenzione della “tortura”, ma si propone di controllare tutte quelle situazioni che potrebbero equivalere a “pene o trattamenti inumani o degradanti”. http://www.cpt.coe.int/italian.htm
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Da una nozione sostanzialistico-funzionale di pena a una nozione sostanzialistico-funzionale di luoghi di detenzione (in funzione di garanzia)?
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