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L’ “età giolittiana”
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La crisi di fine Ottocento
Alla fine del XIX sec. l’Italia soffriva di gravi problemi politici e sociali. Il fallimento dei tentativi di conquista coloniale la crisi dell’agricoltura i bassi salari Avevano aggravato le condizioni di vita della popolazione in tutta Italia e i contrasti politici.
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La “rivolta della fame”
L’aumento del carovita (=aumento del costo complessivo dei prodotti indispensabili per vivere, soprattutto quindi alimentari) Provocò un generale malcontento che sfociò nella “rivolta della fame” Si verificarono gravi disordini in tutta Italia Il re appoggiò la politica autoritaria del governo, allora presieduto da Antonio Di Rudinì, che rispose alle proteste facendo intervenire l’esercito.
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L’eccidio del 1898 a Milano L’episodio più grave si verificò a Milano dove il generale Bava Beccaris usò i cannoni contro la folla provocando un centinaio di vittime. La tensione si fece acutissima: Il governo fece arrestare dirigenti, deputati repubblicani e socialisti Chiuse un centinaio di giornali di opposizione, anche cattolici, limitò la libertà di stampa, di associazione e di riunione.
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Subito dopo seguì il tentativo di fare approvare in Parlamento alcune leggi che limitavano la libertà dei cittadini di sciopero, stampa, associazione (“provvedimenti liberticidi”) Contro questi provvedimenti l’estrema sinistra (socialisti, repubblicani, radicali) ricorse all’ostruzionismo (=ostacolano l’attività del parlamento impedendo il dibattito) La lotta dell’opposizione durata quasi un anno ebbe successo e al re non rimase che sciogliere il Parlamento e indire nuove elezioni
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L’attentato al re Umberto I
Il punto di svolta si ebbe con le elezioni del giugno Il governo fu affidato a Giuseppe Saracco. Durante questi anni, un nuovo attentato terroristico scosse nuovamente il Paese: Il 29 luglio 1900, il re Umberto I fu ucciso a Monza dall’anarchico Gaetano Bresci che intendeva così vendicare le vittime dell’eccidio di Milano. La monarchia non ripropose la via della repressione. Il nuovo re Vittorio Emanuele III ( ) affidò il governo a un esponente del liberalismo progressista: G. Zanardelli. Come ministro dell’interno venne scelto G. Giolitti.
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IL NOVECENTO PORTA AL GOVERNO IL LIBERALE GIOVANNI GIOLITTI
Per l’Italia il ‘900 si aprì in modo drammatico: attentato dell’anarchico Gaetano Bresci a Umberto I, in cui il re perse la vita due anni prima (1898), il generale Bava Beccaris aveva preso a cannonate una folla inerme che a Milano protestava contro il rincaro del prezzo del pane (120 morti, 450 feriti). Il re Umberto I si era complimentato con il generale e Gaetano Bresci aveva punito il re con la morte. Nonostante queste premesse, gli anni rappresentavano un clima positivo in cui l’Italia prese posto tra le nazioni industrializzate dell’Occidente. A Umberto I successe suo figlio VITTORIO EMANUELE III
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GIOVANNI GIOLITTI Nel 1901 Vittorio Emanuele III nominò Presidente del Consiglio Zanardelli. Lo affiancava come ministro degli interni, Giovanni Giolitti. Infatti Zanardelli, ormai vecchio e malato, lasciò le decisioni più importanti a Giolitti. Nel 1903, Giolitti divenne Presidente del Consiglio. Era l’inizio dell’età giolittiana che durò dal 1903 al 1914. Questo decennio è chiamato dagli storici “età giolittiana” perché Giolitti, prima come ministro dell’Interno, poi come presidente del Consiglio, diede la propria impronta alla politica italiana e le impresse una svolta decisiva.
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GIOVANNI GIOLITTI Era un piemontese, liberale e innovatore come Cavour. Egli affrontò i problemi che l’Italia aveva di fronte con grande intelligenza, ma anche senza scrupoli. Per questo la sua politica, venne definita “del doppio volto”. in vita fu ferocemente attaccato sia dalla Destra che dalla Sinistra; Oggi però molti pensano che sia stato dopo Cavour, il miglior statista (=l’uomo che dirige la politica di uno stato) che l’Italia abbia avuto.
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LA STRATEGIA GIOLITTIANA
Giolitti affermò che lo Stato doveva avere il ruolo di mediatore tra le diverse parti della società e che il governo doveva mantenersi neutrale di fronte ai conflitti sindacali. Egli pensava infatti che in Italia non ci fosse il reale pericolo di una rivoluzione e che le tensioni presenti nella società nascessero dalla difficile situazione economica. Le politiche repressive assunte dai governi precedenti non facevano che esasperarle. Per questo avviò una politica di dialogo, aperta alle rivendicazioni dei lavoratori e cercò di integrare nello Stato le masse popolari fino allora escluse (aperture verso i socialisti e verso i cattolici)
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STATO NEUTRALE IL QUARTO STATO
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Giolitti affermò il diritto dei lavoratori ad avere le proprie associazioni sindacali, sostenne anzi che esse erano un elemento essenziale del progresso sociale ed economico dell’Italia. Quando, di fronte al primo sciopero generale (1904), la Destra premeva perché lo Stato intervenisse in modo repressivo, Giolitti rifiutò di mandare l’esercito e iniziò a trattare con i sindacati. Questo atteggiamento del governo permise nel 1906 la nascita della Cgl (Confederazione generale del lavoro) Ad essa nel 1910, i padroni delle industrie risposero costituendo la Confindustria (confederazione italiana dell’industria).
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La nuova posizione di Giolitti
“Il Governo quando interviene per tenere bassi i salari commette un’ingiustizia, un errore economico ed un errore politico. Commette un’ingiustizia, perché manca al suo dovere di assoluta imparzialità fra i cittadini, prendendo parte alla lotta contro una classe. Commette un errore economico, perché turba il funzionamento della legge economica dell’offerta e della domanda, la quale è sola legittima regolatrice della misura dei salari come del prezzo di qualsiasi altra merce. Il Governo commette infine un grave errore politico, perché rende nemiche dello Stato quelle classi che costituiscono in realtà la maggioranza del Paese” (da un discorso parlamentare di G. Giolitti – 4 febbraio 1901) Giovanni Giolitti, Discorsi parlamentari, II, Roma, Tipografia della Camera dei Deputati, 1953
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L’altro polo della strategia giolittiana: le RIFORME SOCIALI
Giolitti promulgò numerose leggi a favore dei lavoratori: rese obbligatorio il riposo settimanale e l’assicurazione sugli infortuni in fabbrica Emanò norme a tutela (=protezione) del lavoro dei minori (età minima per accedere al lavoro venne elevata a 12 anni),delle donne e degli emigranti. Estese il diritto all’istruzione
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RIFORME POLITICHE 1) Introdusse l’INDENNITA’ PARLAMENTARE (stipendio dato ai deputati e ai senatori durante la loro attività parlamentare). E’ importante perché essa dava anche a chi non disponeva di ricchezze personali il diritto di essere eletto . 2) 1912: introdusse il SUFFRAGIO UNIVERSALE MASCHILE: potevano votare per la prima volta in Italia, tutti i maschi di età superiore ai 21 anni (ai 30 se analfabeti), senza limiti di reddito. Gli elettori divennero da 3 ad oltre 8 milioni
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RIFORME ECONOMICHE Nell’età giolittiana ebbe inizio il “decollo industriale”italiano (ritardo rispetto agli altri Stati europei) Le innovazioni tecnologiche della seconda rivoluzione industriale, soprattutto nel campo dell’energia elettrica, permisero all’Italia, priva di carbone e di petrolio, di sfruttare cascate e corsi d’acqua per fornire energia all’industria. Le industrie tessili, metallurgiche e idroelettriche aumentarono in larghissima misura la loro produzione. Si svilupparono l’industria automobilistica (FIAT, Isotta Fraschini, Alfa Romeo, Lancia), aeronautica, chimica (Pirelli (gomma), Montecatini), industria cinematografica (studios di Roma, Milano, Torino)
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IL DECOLLO INDUSTRIALE
ESPANSIONE INDUSTRIALE NEI SETTORI Siderurgico Tessile Idroelettrico Meccanico Navale Elettromeccanico Automobilistico
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Lo Stato protesse l’industria italiana mediante alti dazi doganali.
Vennero statalizzati (cioè divennero di proprietà dello Stato e da esso gestiti): il servizio telefonico (1903) le ferrovie (1905)(prima private e in mano a capitalisti francesi e inglesi) Lo Stato finanziò l’elettrificazione delle ferrovie, l’illuminazione delle città, la costruzione di infrastrutture (strade, acquedotti, ferrovie), la costruzione di navi mercantili e militari.
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I vantaggi… Tutte queste iniziative rappresentarono per le industrie l’occasione per ricevere ingenti ordinativi da parte dello Stato Ruolo di primo piano fu svolto dalle banche miste (Banca Commerciale italiana e Credito italiano). Esse raccoglievano i risparmi dei cittadini, ma anche garantivano il prestito a breve termine e il finanziamento a lungo termine alle imprese.
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Il perdurare della “questione meridionale”
Lo sviluppo industriale riguardò però principalmente le industrie del nord (triangolo industriale Torino, Genova, Milano). Ne rimasero escluse le regioni meridionali (arretratezza economica, ma anche sociale e politica) Le catastrofi naturali aggravarono la situazione (eruzione Vesuvio 1906, terremoto di Messina 1908) Intellettuali meridionalisti come Gaetano Salvemini accusarono Giolitti di disinteressarsi dei problemi meridionali, ma anche di avere, in cambio di voti, sfruttato il sistema clientelare e di avere rapporti con associazioni della malavita.
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VESUVIO 1906
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MESSINA 1908
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POLITICA ESTERA “COMPENETRAZIONE DELLE ALLEANZE E DELLE AMICIZIE”
ITALIA MENO SCHIERATA CON GLI IMPERI CENTRALI. DIALOGO E INTERESSI CON LA TRIPLICE INTESA (Giri di valzer) RIPRESA DELLA POLITICA COLONIALE (LIBIA 1911 – ‘12)
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Politica estera La politica estera di Giolitti dovette tenere conto della “febbre coloniale”che aveva contagiato le altre nazioni europee. Per Giolitti c’erano almeno due buoni motivi per riprendere la politica coloniale: aumentare il prestigio internazionale dell’Italia dar lavoro ai braccianti del Sud conquistando nuove terre A Giolitti interessava la Libia, posta di fronte alle coste della Sicilia, una tra le pochissime terre africane rimaste libere.
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PASCOLI
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TRIPOLI BEL SUOL D’AMORE
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La difficile conquista della Libia
Nel 1911 Giolitti dichiarò guerra alla Turchia e occupò la Libia che era un possedimento turco. Nonostante l’enorme spiegamento di mezzi, l’impresa fu sottovalutata: gli Italiani si trovarono ad affrontare i pochissimi Turchi che presidiavano il territorio e la guerriglia da loro armata. I Libici opposero una strenua resistenza alle truppe italiane. Gli italiani, dopo aver perso 3500 uomini, reagirono in modo barbaro:
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Lo stermino della popolazione libica
Lo storico Angelo del Boca (studioso guerre coloniali italiane) ha trovato negli archivi militari le prove, tenute nascoste per molti anni all’opinione pubblica, degli stermini di massa compiuti contro i civili. I militari italiani piombavano sui villaggi, appiccavano il fuoco alle capanne e ai campi di orzo, uccidevano il bestiame, fucilavano e impiccavano persone inermi. Il totale delle vittime non è certo, ma sembra si aggiri sulle
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La conclusione della guerra
Dopo aver fatto terra bruciata dell’intero territorio, nel 1912 all’Italia venne riconosciuto il possesso della Libia (trattato di Losanna) In realtà, a causa del perdurare della guerriglia (sostenuta dai Turchi), le sole parti in mano agli italiani erano le zone della costa. Fu deciso quindi che fossero temporaneamente assegnati agli Italiani anche le isole di Rodi e del Dodecaneso (Mar Egeo) anch’esse parte dell’impero ottomano. In questo modo si voleva obbligare il governo turco a cessare le ostilità per consentire agli Italiani di guadagnare il pieno controllo di tutta la regione (cosa che avverrà solo nel 1931)
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Isole del Dodecaneso
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La Libia “uno scatolone di sabbia”
La conquista si rivelò deludente e suscitò verso Giolitti il malcontento di vasti strati della popolazione. Costò enormi somme di denaro Diede all’Italia una terra arida, scarsamente coltivabile e inadatta ad impiantarvi qualunque tipo di impresa economica, uno “scatolone di sabbia” (Salvemini) Nessuno allora sapeva che il suo sottosuolo era pieno di petrolio.
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GRAMSCI E IL PATTO GENTILONI
“GIOLITTI CAMBIA DI SPALLA IL SUO FUCILE”
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PATTO GENTILONI I cattolici votano i liberali se questi si impegnano con la scuola cattolica e contro il divorzio (7 punti). Grazie a questo patto vengono vinte le elezioni (OTTOBRE 1913). Si votava con il collegio uninominale, ( chi vince, vince tutto) . L’alleanza con i cattolici era stata determinante (228 su 310 liberali eletti col voto determinante dei cattolici); 59 socialisti, 19 riformisti, 73 radicali; 29 cattolici; 3 nazionalisti. (Giolitti smentì che vi fossero stati accordi, ma non riesce a governare) DEVE FARE LE VALIGIE (Labriola)
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DOPPIO VOLTO
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ANTONIO SALANDRA
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Settimana rossa (7-12 giugno 1914): "I dimostranti della «settimana rossa» in un'esplosione di collera collettiva hanno dato alle fiamme i simboli dell'autorità vecchia e nuova: chiese e municipi
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Settimana rossa: l'esercito in Romagna - 1914
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