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PubblicatoVincenza Cosentino Modificato 10 anni fa
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Nel cuore dell’Islam Geopolitica e movimenti estremisti nell’Asia centrale
Autore Ahmed Rashid Pakistano, corrispondente di “Far Estern Economic Review” e “Daily Telegraph” per l’Asia centrale, Scrive per il giornale pakistano “The Nation”.
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Il Terrorrismo: le sue ragioni
Dalla morte di Maometto in poi l’Islam è stato protagonista di adattamenti e trasformazioni, i cui artefici sono stati sia i pacifici carovanieri lungo le antiche vie della seta che cruenti conquistatori, guidati dal concetto di Jihad. Il pensiero occidentale è stato fortemente influenzato dai crociati cristiani con le loro idee di guerra santa, tanto da interpretare anche la Jihad islamica come tale. Ma la BELLICOSITA’ non è l’essenza della Jihad. Esiste una profonda distinzione tra Jihad Maggiore e Minore. Lo stesso Maometto chiarisce che la Jihad maggiore è innanzitutto rivolta all’interiorità ed indica l’impegno di ogni musulmano a diventare un essere umano migliore, divenendo in tal modo estremamente utile alla comunità. Essa rappresenta inoltre un banco di prova dell’obbedienza a Dio e della fermezza nel realizzare la sua volontà sulla terra. La Jihad Minore è quella forma di lotta, anche militare con cui ci si oppone ad un governante ingiusto rappresentando un mezzo di mobilitazione per scontri politici e sociali. L’esempio storico per antonomasia è costituito dallo stesso profeta dell’Islam che nella sua vita perseguì sempre l’obiettivo della perfezione interiore, senza mai trascurare la lotta, anche armata, contro la corruzione della società araba. Tuttavia mai la Jihad è ha costituito un alibi per giustificare massacri di innocenti, siano essi musulmani o no, o appartenenti a qualsivoglia setta, fede o etnia.
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Certamente ai gruppi cosiddetti terroristici odierni non interessa la creazione di una società più giusta che promuova l’istruzione ed il miglioramento delle condizioni di vita sociale. Essi non hanno un programma economico e neppure la minima intenzione di partecipare ad un eventuale governo islamico. La loro attività di governo prevede un unico capo carismatico, l’amir, piuttosto che una struttura democratica di partito. L’amir viene designato non per le sue capacità politiche e diplomatiche, quanto piuttosto per la sua presunta rettitudine morale capace di guidarlo sulla strada della saggezza. L’unico vero obiettivo di tali gruppi islamici è l’imposizione ed il rispetto della Sharia, la legge islamica, utilizzata più come mezzo di regolamento dei comportamenti umani e delle norme di abbigliamento che per la fondazione di una società più giusta. Questo fa capire la devozione religiosa ed il culto nei confronti di personaggi come il mullah Muhammed Omar dei talebani, di Osama bin Laden di Al Qaeda e di Juma Namangani del movimento islamico dell’Uzbekistan. Il marchio distintivo di questi gruppi è un atteggiamento cieco e distruttivo nei confronti della tradizione culturale islamica ed il tentativo di riscrivere la storia dei propri popoli allo scopo di giustificare la repressione delle donne o l’intolleranza religiosa.
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La storia degli ultimi anni
Con la caduta dell’impero sovietico la regione centro asiatica ha visto per la prima volta una possibilità di riscatto dopo anni di repressione sanguinosa della propria identità etnica e della propria fede religiosa. Il comunismo si è sempre dichiarato incompatibile con ogni forma di espressione religiosa. Così con la sua fine quei popoli hanno potuto ricongiungersi alla propria spiritualità, coadiuvati da attività missionarie provenienti dai paesi islamici vicini quali Arabia, Iran, Pakistan, grazie alle quali sono sorte in pochissimo tempo molte moschee e si è diffuso il messaggio coranico con la distribuzione gratuita del testo sacro. La guerra che dal 1979 ha infiammato l’Asia centrale a scapito dell’Afghanistan, invaso dall’Unione Sovietica, ha coeso maggiormente questa regione al di là delle suddivisioni geopolitiche imposte dalla superpotenza, risaltando le affinità etnico-linguistiche e l’atteggiamento eroico di coloro che si battevano valorosamente per la propria libertà. Il risultato è stato una maggiore consapevolezza della propria identità repressa e della privazione di un’eredità comune a tutti i popoli della regione. Dalla fine della guerra fredda ha avuto inizio un “Nuovo Grande Gioco”, quello delle moderne superpotenze aspiranti monopolisti delle immense risorse naturali di petrolio e gas metano. La vecchia URSS aveva infatti lasciato integre le riserve di combustibili fossili avendo preferito utilizzare le risorse presenti in Siberia. Così ora ci si gioca l’influenza ed il controllo sulla parte più ricca del pianeta. Dal 1979 ad oggi ingenti fondi finanziari sono stati donati alle organizzazioni antisovietiche da parte degli Usa e per mezzo dei servizi segreti del Pakistan, denaro che è servito a costituire il primo gruppo estremista islamico, quello dei Talebani. Il rifiuto dei governi di pensare alle riforme democratiche ed economiche dopo la fine dell’importante appoggio economico dato dall’URSS, insieme alla incessata repressione religiosa, ha favorito l’insorgere di una radicalizzazione dei moderati e riformatori. Migliaia di attivisti musulmani vengono quotidianamente vilipesi, torturati e condannati a lunghi periodi di detenzione se non addirittura alla pena capitale.
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I paesi coinvolti nel gioco
Uzbekistan Kazakistan Tukmenistan Kyrgyzstan Tajikistan Pakistan Afghanistan
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Protagonisti del terrorismo
I gruppi politici dell’estremismo islamico dediti al terrorismo sono principalmente due: il Movimento Islamico dell’Uzbekistan (MIU), guidato da Juma Namangani e fondato nel 1998 da estremisti insoddisfatti dell’operato del Partito della rinascita islamica e decisi a rovesciare il governo di Islam Karimov; l’Hizb ut-Tahir al-Islami (Ht, Partito della liberazione islamica), che mira a ricostituire l’unità dei popoli islamici sotto l’egida di un califfato simile a quello che nacque subito dopo la morte di Maometto.
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Storia di una terra di conquistati
La storia dell’Asia centrale è da sempre un susseguirsi di eventi di conquista da parte di un impero o di un altro già a partire dal 500 a.c. quando Dario I annesse la regione chiamata Transaxonia all’impero persiano. Questo territorio era un obiettivo strategico di fondamentale importanza in quanto costituiva la via di transito che collegava l’estremo oriente con l’Europa. Di qui passava la famosa via della seta, lungo la quale non solo si svolgeva una febbrile attività mercantile, ma pervenivano idee innovative, nuove tecnologie e nuovi influssi religiosi. Non è un caso che in questa regione siano cresciute in una pacifica convivenza religioni come quella dei greci, il buddhismo, lo zoroastrismo, il nestorianesimo, l’induismo, il manicheismo ed infine la religione dell’Islam. Questo la dice lunga sulla profonda tradizione di tolleranza che dimorava in queste terre. L’Asia centrale è delimitata geograficamente da due fiumi e dall’incrocio dalle catene montuose più alte del mondo: i monti del Pamir, l’Himalaya e l’Hindu Kush. All’interno di questa vasta area si trovano due immensi deserti ma anche lussureggianti vallate che costituiscono luoghi favorevoli a fioriti insediamenti umani. L’Asia centrale attualmente si suddivide in cinque repubbliche indipendenti: Kazakistan, Uzbekistan, Turkmenistan, Kirghizistan, Tagikistan, i cui confini, ancora oggi motivo di disputa tra i vari paesi, furono sanciti da Stalin. Il territorio da esse occupato comprende circa 52 milioni di abitanti, appartenenti a cento etnie diverse, tra le quali le predominanti sono quelle: usbeche, kazache, tagiche. Vi sono anche minoranze tedesche, coreane e tibetane. Il maggior controllo è detenuto tuttavia dagli usbechi. Prima del crollo dell’URSS erano anche presenti circa dieci milioni di russi, insediatisi nella regione in seguito alla colonizzazione forzata promossa da Stalin per ottenere un capillare controllo del territorio. Ma il cuore dell’Asia centrale è da sempre la Valle di Fergana, sede delle maggiori civiltà della storia di queste terre. Da essa provenivano Santi, Studiosi e Guerrieri; rappresentava un centro di cultura che vide fiorire due città come Samarcanda e Bukhara, sedi di 360 moschee e 113 madrasa (scuole religiose islamiche).
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Il declino dell’Asia centrale
Dopo secoli di avvicendamenti, l’ultimo impero stabile è stato quello degli usbechi shaybani, che facevano risalire la loro genealogia a Uzbek Khan, nipote di Gengis Khan. Tuttavia durante questo periodo (1500) la regione fu investita da una recessione in seguito alla ridimensionata importanza della via della seta. All’inizio del XVII secolo gli ulema (studiosi islamici conservatori) contribuirono al regresso della regione bandendo ogni forma di innovazione nelle scienze e nell’istruzione e provocando una maggiore emarginazione. Quando nel 1650 la Russia zarista raggiunse l’Oceano Pacifico annettendo la Siberia, le mire espansionistiche si diressero verso l’Asia centrale, ricca di piantagioni di cotone e minerali. Questa spinta divenne inarrestabile allorquando l’America tagliò i vitali rifornimenti di cotone in seguito alla guerra civile scoppiata nel 1861. I russi, per ottenere un maggior controllo della regione cominciarono a colonizzarla con popolazioni di etnia russa e cosacca, destinando la coltivazione della terra alla produzione di cotone. A questo scopo furono costruiti imponenti impianti di irrigazione che però col tempo hanno portato al prosciugamento delle riserve idriche della regione. Un periodo particolarmente drammatico fu la dura repressione del quando le truppe zariste trucidarono parte della popolazione kirghisa e costringendo l’altra parte ad abbandonare la propria terra, in seguito a l rifiuto di arruolamento messo in atto dallo zar per far fronte alle esigenze della prima guerra mondiale. Solo nel 1929 l’Asia Centrale acquista l’attuale configurazione politica ad opera di Stalin, sia pur dopo una valorosa resistenza da parte dei Basmachi i quali godevano dell’appoggio materiale dell’impero britannico, fortemente interessato ad indebolire il potere sovietico in Asia centrale. I russi incoraggiavano gli ulema a continuare la loro interpretazione conservatrice della sharia vedendovi un mezzo per contrastare i movimenti islamici e nazionalisti antirussi. Dal 1991 ad oggi l’Asia centrale ha visto nascere numerosissime sette militanti che hanno oscurato la tolleranza della tradizione islamica.
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L’Islam clandestino nell’Unione Sovietica
Dopo secoli di oppressione zarista, l’Asia centrale vide una possibilità di redenzione quando i bolscevichi nel 1917 rovesciarono l’impero e creando una carta dei diritti umani che prevedeva la libertà di espressione religiosa. Sfortunatamente l’obiettivo reale di questa liceità era guadagnare il consenso di una vasta popolazione di etnia non russa presente nell’ex impero zarista allo scopo di costituirne uno nuovo. Ben presto si comprese infatti che questa libertà di fatto era applicabile al solo proletariato e a coloro che non ne facessero un arma contro lo stesso governo centrale. Tuttavia questa illusione contribuì a generare un forte fermento ideologico nel mondo islamico dal quale scaturirono movimenti come quello del panturchismo che si proponeva la riunificazione delle popolazioni di lingua altaica in un stato indipendente dall’influenza russa e governato secondo precetti musulmani. Il nuovo impero bolscevico non incontrava neppure il favore della classe degli ulema, che fino a quel momento non avevano subito vessazioni da parte delle autorità governative. In questo clima nacque da parte dei russi la consapevolezza della pericolosità di cui erano portatori questi gruppi, perciò fu messa in atto una dura campagna di repressione sanguinosa che scaraventò nell’illegalità tutti coloro che non facevano parte dell’ortodossia bolscevica. Furono anni in cui gli arresti, le persecuzioni e gli omicidi di massa dilagavano come la normalità. Uno dei momenti più drammatici fu sicuramente quello della colonizzazione forzata, della collettivizzazione delle proprietà e delle epurazioni politiche ad opera di Stalin che causò milioni di morti. Il fermento ideologico si paralizzò, cosicché nel 1991, quando si ottenne finalmente l’indipendenza, le idee erano ferme agli anni venti. Uno dei flagelli di cui ancora adesso si sopportano le conseguenze fu la ripartizione territoriale realizzata da Stalin, con cui si produsse una frammentazione etnica che portò alcuni gruppi rimasti in minoranza alla coabitazione forzata in stati governati da etnie rivali. Fu così che i tagichi si ritrovano tuttora a risiedere in un paese governato dagli usbechi per esempio. Questo è alla base dei numerosi conflitti che divampano ancora oggi. L’Islam era visto dai sovietici come arretrato e pericoloso perciò il suo culto fu bandito dalla legalità. Furono chiuse moschee e madrasa, trasformate barbaramente in officine. Fu proibito lle donne di indossare il velo e a chiunque la lettura del corano.
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Un alleggerimento delle misure restrittive messe in atto ebbe luogo solo quando nel 1941 Stalin dovette far fronte ad un enorme sforzo bellico per arrestare l’invasione tedesca. Così per ottenere l’approvazione dell’arruolamento di questi popoli si concesse l’apertura di quattro direttorati spirituali islamici con cui ci si proponeva anche un maggior controllo della regione. Inoltre tutte le industrie presenti sul versante europeo furono qui trasferite per porle al sicuro dai bombardamenti tedeschi. In quest’area furono anche deportati tutti i gruppi ritenuti potenzialmente dissidenti e simpatizzanti dei tedeschi, come ad esempio i ceceni, ancora oggi presenti nella regione ed autori di un’efferata lotta per l’indipendenza dalla Russia. L’ultimo colpo ai danni di questa regione è stato messo a segno da Gorbaciov e dalla sua perestrojka (ristrutturazione) che consideravano l’Islam come una minaccia alla modernizzazione del paese. In questo clima di rigida repressione l’Islam è riuscito comunque a sopravvivere clandestinamente. Le madrasa si trasferirono nelle abitazioni private, si riuniva segretamente, di notte, per officiare i riti ed i culti e si praticava il pellegrinaggio nei luoghi sacri e nei santuari nei giorni di feste comuniste. Tutto ciò con il tacito consenso delle autorità locali dei partiti comunisti, anch’essi musulmani e partecipi delle cerimonie nuziali segrete e dei banchetti notturni, dopo i quali si andava normalmente a lavoro fingendo di essersi appena svegliati. L’Islam ha svolto in questi duri anni un ruolo di solidarietà clanica sulla quale d’altra parte si fondava l’appoggio politico al partito comunista locale. Quindi se da un lato la direzione centrale osteggiava questo atteggiamento lassista nei confronti del culto islamico, dall’altro la realtà locale aveva bisogno dell’alleanza regionale tra i vari clan per il consenso politico. Quando Gorbaciov mise in essere il suo progetto riformista, facendo trasparire un atteggiamento più liberale, i musulmani della regione interpretarono erroneamente questo messaggio pensando che fosse diretto anche loro. Questo scatenò il rinascere di movimenti politici militanti, sorsero migliaia di moschee, si ebbe un’inedita diffusione gratuita del corano ad opera di missionari provenienti dall’Arabia Saudita e dal Pakistan ed i mullah itineranti divennero improvvisamente le guide alla preghiera nei villaggi e nelle fattorie collettive. Quest’esplosione sconcertò parecchio Mosca, ma ciò portò alla conclusione che nonostante la dura repressione comunista l’Islam era sopravvissuto ed era ora forte più di prima.
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Nel i servizi segreti degli Stati Uniti, Pakistan e Gran Bretagna concordano un piano per sferrare attacchi di guerriglia in Tagikistan ed Uzbekistan, che riforniscono le truppe sovietiche in Afghanistan. Intanto centinaia di militanti tagichi ed usbechi si recano clandestinamente nelle madrasa dell’Arabia Saudita e Pakistan per studiare ed addestrarsi alla guerriglia per poi affiancare i mujaheddin. Questo fa pare di un’operazione molto più ampia pianificata dagli Usa, Arabia Saudita e Pakista di reclutare i radicali di tutto il mondo islamico per coadiuvare gli afgani nella loro guerra all’URSS. Militanti islamici provenienti da quarantatrè paesi musulmani entrano in contatto con Pakistan ed Afghanistan dove si formano circa 100 mila estremisti nelle madrasa finanziate dai governi. Si sviluppa in questi anni la convinzione che la vittoria in Afghanistan possa essere l’inizio di una rivoluzione in tutt l’Asia centrale. E proprio in Pakistan ed Afghanistan si formano gli adepti alla setta del deobandismo, movimento sunnita della rinascita islamica costituitosi già all’inizio del secolo nell’India britannica. Essi imposero misure restrittive al ruolo delle donne e reintrodussero la jihad. Dai deobandisti discese la leadership talebana ed il MIU.
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L’Asia centrale durante la dissoluzione dell’URSS
L’8 dicembre 1991 Boris Eltsin, presidente della Russia, insieme ai presidenti di Ucraina, Bielorussia decreta lo scioglimento dell’Unione Sovietica e la creazione della nuova Comunità di Stati Indipendenti (Csi). Quattro giorni dopo i presidenti delle cinque repubbliche centro-asiatiche si riuniscono in un vertice indipendente ad Ashgabat, capitale del Turkmenstan. Ecco i protagonisti del vertice: Nazarbayev del Kazakistan Nabiev del Tagikistan Akayev del Kirghizistan Karimov dell’Uzbekistan Niyazov del Turkmenistan Essi sapevano che la Russia, da cui erano arrivati a dipendere totalmente li aveva abbandonati, così scongiurano la Russia di entrare a far parte della Csi a patto di essere considerati partner paritari degli altri stati membri. Dieci giorni dopo viene così sancita la nuova Csi, comprendente 12 nuovi paesi. La dipendenza dell’Asia centrale dalla Russia è totale: essa è legata da milioni di fili con Mosca (reti elettriche, oleodotti e basi militari). L’agricoltura dipende dalle importazioni russe e le esportazioni sono indirizzate al mercato russo. Ogni linea telefonica internazionale passa per Mosca. La crisi scoppia in tutta la sua gravità quando i quadri burocratici ed amministrativi russi fanno rientro in patria lasciando vuote le posizioni di maggiore rilievo, destinate a rimanere tali per l’impossibilità di sopperire a questo vuoto a causa dell’incompetenza e l’ignoranza della popolazione. Durante gli anni dell’avvenuta indipendenza si firmano correnti politiche e religiose in seguito ai contatti che ora questi paesi possono avere con l’occidente. Si consolidano nuove idee democratiche e liberali, si riaffaccia il panturchismo ed emerge il fondamentalismo islamico. Senza volerlo Gorbaciov con il suo atteggiamento liberale aveva scoperchiato un vaso di Pandora che ora i leader cercano disperatamente di richiudere.
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I leader politici, d’altro canto non avevano avuto la possibilità di consolidare la propria posizione di potere dato che erano subentrati da poco alle vecchie autorità, decedute o scalzate proprio all’indomani dell’ascesa di Gorbaciov nel Quest’ultimo fece inizialmente dei tentativi di introdurre uomini russi alla guida di questi paesi, ma ciò scatenò un rappresaglia a cui seguirono disordini ed attentati che indussero lo stesso Gorbaciov ad accettare le leadership locali. Nel 1990 i presidenti centro-asiatici sono costretti a fronteggiare una grave crisi economica che condusse ad un’inflazione incontrollabile ed ad un aumento dei prezzi dei beni al consumo in seguito al rifiuto da parte delle industrie russe di evadere gli ordini senza un pagamento immediato. La Russia decise di non ordinare più materie prime come cotone e minerali,di bloccare tutti i prestiti, i sussidi ed impone la restituzione dei debiti contratti in dollari statunitensi. L’Asia centrale si trova così attanagliata da una paralisi che impedisce ogni apertura al mondo occidentale data la carenza di diplomatici, l’ignoranza delle lingue straniere. Essa non dispone di un personale amministrativo qualificato, di direttori di azienda, specialisti. Questi erano i posti occupati esclusivamente dai russi. Così i capi di governo optarono per un arroccamento nelle loro anguste posizioni di potere, praticando una linea dura di repressione di tutti i movimenti radicali che spingevano verso la realizzazione di riforme. Il risultato di ciò fu che le frange moderate dei riformisti si spinsero sempre di più sulla strada dell’estremismo e della radicalizzazione. Essi si affidano alla rete delle vecchie moschee ufficiali per tenere sotto controllo il fenomeno, ma la gente ormai diffida dell’Islam ufficiale.
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KAZAKISTAN Il Kazakistan è stato sottoposto ancora negli anni ’50 ad una colonizzazione da parte di russi e cosacchi, i quali seminarono il terrore tra la gente con omicidi e vaste uccisioni di bestiame. Inoltre i Sovietici impiantarono qui diverse basi di lancio che hanno gravato pesantemente sulla salute della popolazione a causa di una radiattività ancora elevatissima. Il brutale asservimento ha provocato la russificazione della regione con la scomparsa della cultura originaria e della lingua. Il Kazakistan è un paese molto vasto che conta una popolazione di esigua maggioranza kazaka (52%) ed una cospicua presenza di russi che ha assunto una posizione secessionista o adesionista rispetto alla Russia. Per evitare queste spinte centrifughe il presidente Nazarbayev fece spostare la capitale ad Astana, nel nord del paese, operazione costata un’ingentissima somma. Dopo l’indipendenza è stato tra i paesi dell’area più corteggiati dall’occidente per il possesso di 104 testate nucleari ereditate dall’ex Unione Sovietica. Dal loro smantellamento il governo ha intascato circa 400 milioni di dollari dagli USA. Inoltre il suo territorio ospita i giacimenti di petrolio tra i più grandi del mondo (100 miliardi di barili), del tutto integri tuttora, senza considerare i 2.4 trilioni di metri cubi di gas lungo la costa caspica. Il leader i questo paese è stato il primo tra i centro-asiatici a stipulare contratti commerciali con l’occidente. Ingenti investimenti esteri sono giunti verso la metà degli anni ’90 (tra i 400 e 800 milioni di dollari). Purtroppo però la Russia continua a giocare un ruolo estremamente distruttivo per l’economia del paese, dato che si oppone decisamente alla possibilità di impiantare oleodotti che attraversino il suo territorio e giungano in regioni che non siano sotto il suo controllo.
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Questo ha spinto il Kazakistan alla ricerca di altri partner commerciali sul versante orientale, tra cui la Cina. Grazie a questo sodalizio economico si è assistito ad una progressiva smilitarizzazione di confini, soprattutto dopo il vertice dei cinque di Shangai (Russia, Cina, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan) nell’aprile del 1996. Nonostante le sue potenzialità, a circa 13 anni dall’indipendenza il paese versa ancora in uno stato di miseria profonda, a causa non solo dell’incompetenza dei governanti, ma per una dilagante corruzione che investe ogni fascia dell’amministrazione pubblica. La situazione politica vede tuttora lo strapotere di un elite che schiaccia l’opposizione nel silenzio con l’arma del carcere e delle pene capitali (è il 4° paese al mondo come numero di esecuzioni). Il presidente ha garantito l’ereditarietà della propria carica con una recente legge. La figlia, designata come suo successore, possiede un impero economico che annovera radio, emittenti televisive ed editoria (80% dei media del paese). Tutto questo ha ovviamente spinto verso la radicalizzazione e l’adesione a movimenti come il MIU e l’Ht. Ovviamente a ciò si aggiunge il malcontento per gli stipendi arretrati da anni e non ancora erogati e la sospensione del pagamento delle pensioni. Al momento esiste una frattura profondissima nel paese che vede da una parte una classe elitaria estremamente ricca, che circola con Mercedez e BMW e dall’altra una vastissima maggioranza che stento può permettersi il biglietto dell’autobus.
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KIRGHIZISTAN Circa il 93% del territorio è ricoperto da catene montuose. La popolazione discende da un’etnia nomade una volta legata all’orda d’oro di Gengis Khan. Essa proviene dallo stesso ceppo dei Kazachi dal sud della Siberia. I Kirghisi furono costretti alla fuga dai coloni russi che si stanziarono nelle loro piccole ma fertili valli nel 1929. Anche costoro sono coinvolti da faide etniche con gli usbechi in seguito alla scellerata suddivisione di confini. Dopo l’indipendenza, nel 1993 il paese è caduto in una grave crisi economica che ha portato l’inflazione al 1200%, mentre si ebbe una brusca frenata delle esportazioni nei mercati russi in seguito allo loro chiusura. Il presidente Akayev pensò che una strada percorribile fosse la privatizzazione delle aziende statali nell’intento di attirare investitori occidentali e capitali stranieri. Per questo decise per primo l’ingresso nel Fondo Monetario Internazionale (Fmi). Tuttavia, nonostante le risorse minerarie del paese ci una generale riluttanza ad investire, data la difficile collocazione geografica del paese priva di sbocchi sul mare. Questo determinò un progressivo indebitamento del paese fino all’attuale situazione disastrosa di 1,27 miliardi di dollari. In questo clima si inasprì l’opposizione politica, ancora più veemente alla luce dei continui scandali che coinvolsero il governo. L’etnia russa (22%) minaccia di andar via facendo perdere al paese l segmento più qualificato, tanto da indurre Akayev a cedere alle sue richieste. I continui scontri etnici anche sul versante degli usbechi condussero il presidente all’abbandono della linea riformista e democratica a favore della più aspra repressione soprattutto verso il fondamentalismo, spronato in questo innanzitutto dai paesi vicini che ritenevano Akayev un cattivo esempio per i paesi della regione centro-asiatica. Ovviamente ciò ha sospinto con sempre maggiore convinzione gli oppressi verso l’estremismo, apparso paradossalmente come l’unica via d’uscita.
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Turkmenistan Qui risiede il regime più rigido dell’Asia centrale con la dittatura di Niyazov che ha istituito un singolare culto della persona, tappezzando le vie con sue enormi immagini e statue ed elevando al ruolo di divinità la sua defunta madre. Egli ha anche scritto un testo di normative comportamentali da lui paragonato alla Bibbia ed il Corano. Il suo regime ha proibito lo studio delle lingue straniere per ottenere un più efficace isolamento dalle tendenze occidentali e la possibilità per gli studenti di recarsi all’estero. E’ stato bandito persino l’utilizzo di internet. Il paese è molto ricco di risorse petrolifere (7° al mondo), con una potenziale produzione di 546 milioni di barili accertati. I sovietici, nell’intento di introdurre una intensa coltivazione di cotone intrapresero la costruzione di una fitta rete irrigua che però ha portato un disastro ecologico avendo sottratto acqua al lago di Aral e trasformando in acquitrini salmastri vaste aree. Il disastro economico del paese dipende anche dalla impossibilità di costruire oleodotti per l’erogazione di petrolio nei paesi vicini, data l’azione di disturbo della Russia che pretende invece l’utilizzo della vecchia rete sovietica per far giungere a basso costo il combustibile all’Armenia e all’Ucraina.
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Uzbekistan Si tratta del paese più influente dell’Asia centrale, con una popolazione omogenea di circa 25 milioni di abitanti. Esso rappresenta la maggiore minaccia per la stabilità dell’intera regione. Gli investitori sono molto scettici. Questo però, al di là delle ipocrite preoccupazioni per le pesanti violazioni dei diritti umani, non ha fermato gli Usa nel diventare il partner economico di maggior rilievo. Ovviamente la ragione di ciò è da individuare anche nella intenzione di arginare l’influenza russa. Così è stata avviata una cooperazione anche politica e militare che prevede l’addestramento delle truppe uzbeche insieme a quelle della NATO. Ciononostante Karimov ha stipulato anche un accordo segreto con la Russia di cooperazione esclusivamente militare. Il regime esageratamente repressivo ha suscitato l’insorgere d’un fervente attivismo islamico confluito nel partito politico più pericoloso ed estremista della regione, il Miu che continua a guadagnare consensi anche tra la gente comune, esasperata della condizione di estrema sottomissione a cui è costretta. Nel 2000 Karimov vinse le elezioni con il 92% dei consensi. Un risultato che avrebbe avuto ben altra importanza se l’unico candidato dell’opposizione non avesse dichiarato di aver egli stesso votato per Karimov allo scopo di preservare la stabilità e l’unità del paese.
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TAGIKISTAN E’ il paese più svantaggiato del’asia centrale con circa il 93% del territorio costituito da aspre catene montuose che rendono il territorio inaccessibile. E’ stato dilaniato da 5 anni di guerra civile tra il 1992 ed il 1997, dopo la quale è nato un modello democratico, primo in Asia centrale per ave permesso l’accesso al governo dei partiti dell’opposizione, anche islamica. Tuttavia il Tagikistan non gode spesso dell’appoggio internazionale e versa tuttora in una situazione economica descrivibile con una povertà endemica. Vaste aree del territorio sono incontrollate ed utilizzate come via per il trasporto della droga dall’Afghanistan.
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IL PARTITO DELLA RINASCITA ISLAMICA
Il Partito della Rinascita Islamica è stato il primo movimento in Asia centrale ad essere autore di un golpe. Esso ha goduto sin dall’inizio di un vasto consenso popolare che lo ha ampiamente legittimato. Il Pri è stato il primo veicolo di consolidamento dell’identità nazionale tagica, memore della eroica resistenza dei basmachi in epoca sovietica. Nonostante i ripetuti tentativi da parte del governo di presentare costoro come gruppi finanziati dal governo britannico e dal suo spietato imperialismo i tagichi hanno sempre cercato di recuperare l’autenticità storica degli avvenimenti che li vedevano protagonisti. In verità più che di nazionalismo si dovrebbe parlare i regionalismo, dato che i tagichi sono disseminati in tutta l’Asia centrale. Nonostante questo aspetto, l’Islam ha attecchito particolarmente qui proprio in conseguenza della dura repressione russa e della reazione che ha trovato nell’ambito religioso un terreno fertile per costituire una identità nazionale ed etnica. Il partito viene istituito in Russia nel 1990 con l’obiettivo di introdurre lì la sharia. Ben presto nel 1991 esso trova, sia pur nell’illegalità, una collocazione anche in Tagikistan. Alle porte della guerra civile esso ha garantito cibo e assistenza alla gente riunita in strada. Durante gli anni della guerra il movimento ha registrato il suo massimo consenso. Tuttavia con l’ascesa al potere dei talebani appartenenti all’etnia pashtun in Afghanistan ci si rese conto che continuare la guerra significa offrire loro facile occasione per diffondere una dottrina dell’Islam radicale e lontana dalle intezioni del Pri. Così le due fazioni in lizza, quella governativa e quella dell’opposizione (Otu), comprendente anche i partiti laici popolari e democratici, decidono di raggiungere un accordo di pace nel 1996. In quegli anni si consumarono delle atrocità spaventose che fecero circa morti sotto gli occhi attoniti della comunità internazionale, che però non mosse mai un dito per fermare quel massacro. Alla fine il paese si è trovato in ginocchio. La disoccupazione giovanile ha raggiunto il 60% per la popolazione inferiore a 30 anni di età e si è registrato una crescita del numero di abitanti da 5,2 milioni a 6,5 milioni in dieci anni, fino al Questo ha causato una forte migrazione all’estero in cerca di lavoro. Negli anni successivi alla guerra il Pri ha registrato una forte perdita di consensi in seguito al suo eccessivo radicamento regionale che ha causato diversi dissensi interni.
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Tra l’altro è sempre stato un movimento politico poco supportato dall’estremismo saudita e pakistano. Quest’indifferenza ha portato al suo inarrestibile declino fino alla formazione osteggiata di un altro movimento non militante di estrazione elitario-borghese che va sotto il nome di Ht. Attualmente esiste una forte contrapposizione tra quest’ultimo e il Pri, tanto che il secondo, in quanto partito della coalizione di governo, appoggia ogni azione che possa minare il consenso dell’Ht. Attualmente la popolazione tagica, stanca delle lunghe guerre, ha acquistato un modo di vivere di stampo sovietico e molto laico nel quale islamismo è solo ad appannaggio degli anziani.
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PARTITO DELLA LIBERAZIONE ISLAMICA
L’Ht è un movimento islamico nato nel 1953 in Giordania ed il suo obiettivo, alquanto anacronistico, è di ricostituire un califfato islamico sotto cui riunire tutta l’Umma musulmana, partendo dall’Asia centrale per poi estendere la sua influenza anche sul mondo non musulmano per mezzo della jihad. Questo progetto si ispira al califfato islamico che nacque subito dopo la morte di Maometto nel 632 d.c. e che secondo gli adepti costituisce tuttora l’unico momento di vera unificazione dei musulmano in uno stato islamico. L’obiettivo politico è quello di istituire una dittatura dai poteri fortemente centralizzati nelle mani del califfo, concepito come guida spirituale quanto dell’esercito, l’ufficializzazione della lingua araba e l’imposizione della sharia, con cui è prevista una forte restrizione del ruolo della donna. Inoltre prevede l’istituzione di un ministero della jihad che coordini l’obbligatoria coscrizione ed addestramento militare dei maschi al di sopra dei quindici anni di età. Uno degli aspetti difficili da comprendere è come questo movimento abbia potuto estendersi così rapidamente in tutta la regione centro-asiatica pur prefiggendosi un obiettivo così distante dalle esigenze ed i problemi delle popolazioni tra cui ha trovato consenso. Probabilmente una ragione sta nella sua essenza tendenzialmente pacifica e riluttante alla guerriglia, pur riconoscendo una notevole vicinanza di intenti con il Miu ed il regime talebano. I leaders dell’Ht propugnano una lotta politica più che militare che porti alla mobilitazione di massa ed al rovesciamento pacifico e non sanguinoso dei regimi dittatoriali. Esso nacque inizialmente come un movimento molto affine alla Fratellanza Musulmana dell’Egitto coloniale, quando iniziò la prima opposizione islamica al colonialismo e per la creazione di un moderno stato islamico. Attualmente molti dirigenti dell’Ht si trovano dislocati in Europa, soprattutto in Inghilterra e Germania, da dove guidano le numerose celle diffuse in tutto il medio oriente ed in Asia centrale. Londra figura tra i centri operativi più all’avanguardia. Questo pone l’Ht in una veste alquanto insolita per un movimento islamico in quanto fa uso di una fitta rete telematica internazionale mostrando l’accettazione di mezzi di tecnologia moderna da altri invece aborriti. Questo non significa adesione ad idee occidentalizzanti ma solo il riconoscimento dell’efficacia delle moderne tecnologie informatiche. Il leader Ali rivela la presenza di celle costituite ciascuna da al più sette uomini disseminate ovunque e difficili preda di infiltrazioni da parte di autorità di intelligence governative. Solo il capo di ciascuna cella ha contatti con il quadro superiore della gerarchia.
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Questo ha garantito scarso successo nelle iniziative di aggancio dei leader dell’organizzazione. La straordinari maestria nell’impiego di mezzi di comunicazione tipicamente globalizzanti spiega almeno in parte il grande successo nella diffusione capillare del messaggio islamico messo in atto dal movimento. A questo si aggiunge la diffusione tramite lettere notturne stampate di notte ed infilate sotto le porte come quotidiani. I finanziamenti per queste attività propagandistiche giungono dall’estero, a testimonianza della sicura collusione con alti livelli burocratici dei controlli doganali. Un’altra ragione del suo ampio consenso è rintracciabile nella diffusa reverenza tra la gente nei confronti dell’ex-impero Ottomano, la cui restaurazione è alla base del progetto del movimento panturchista. Una sua caratteristica, comune a a tutti i movimenti politici islamici, è il forte disinteresse per questioni economiche e politiche in senso stretto. L’unico vero obiettivo è il perseguimento del potere come strumento per l’instaurazione della sharia, nella convinzione assurda che questo sia sufficiente alla gestione amministrativa economica e burocratica del paese. In questi ultimi anni le misure repressive nei confronti dei militanti dell’Ht si sono inasprite in modo inevrosimile. Essi vengono sottoposti ad ogni genere di tortura (aghi sotto le unghie, bastonature violente, violenze sessuali) llo scopo di indurli a confessare la loro presunta appartenenza al movimento, o collusioni con gruppi terroristici come Al-Qaeda o il Miu. Le carceri traboccano di prigionieri tenuti in condizioni igieniche pessime, in esubero e ridotti alla fame. In paesi come L’uzbekistan ed il Tagikistan le condizioni sono ancora peggiori, data l’esecuzione ininterrotta di pene capitali e pesanti violazioni dei diritti umani che destano preoccupazione tra gli organismi internazionali, ma che tendono ad essere poste poco in rilievo dato l’appoggio logistico di basi aeree offerto da questi paesi agli Usa nella loro ultima campagna in Afghanistan.
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MOVIMENTO ISLAMICO DELL’UZBEKISTAN
La ripresa della militanza islamica in Uzbekistan ha inizio pochi mesi prima del crollo dell’URSS nel 1991, in un piccolo centro agricolo della valle di Fergana. L’iniziale tentativo di risvegliare lòalatente coscienza islamica diviene subito violento quando un gruppo di giovani senza lavoro di Namangan occupa la sede del Partito Comunista Usbeko (Pcu), dopo il divieto da parte del sindaco di costruire una moschea. Questi giovani erano guidati da Yuldeshev, ventiquattrenne che aveva assunto la carica di mullah locale. Al suo fianco il ventiduenne Khojaev, che successivamente prenderà dalla sua città natale il nome di battaglia di Juma Namangani. Quest’ultimo aveva combattuto nell’esercito sovietico dal 1987 come paracadutista in Afganistan e qui aveva imparato ad ammirare i guerriglieri mujaheddin. Nel 1990, grazie ai finanziamenti sauditi e con circa cinquemila giovani seguaci comincia a Namangan la costruzione di una moschea e di una madrasa capace di ospitare 2000 studenti. I primi contatti con Karimov nel 1991 si concludono subito in una aperta ostilità che porterà il Miu ad essere il primo gruppo armato di opposizione al governo. Esso trova un grosso appoggio politico e finanziario anche attraverso L’Inter Service Intelligence del Pakistan, che tra il 1995ed il 1998 permette di costruire una base operativa a Peshawar, dove nascono connivenze tra i gruppi arabo afgani guidati da Bin Laden e gli attivisti islamici pakistani. Negli stessi anni il Miu riceve finanziamenti anche dai servizi segreti di Iran, Arabia Saudita e Turchia, oltre che da enti benefici islamici. La complicità del principe arabo Turki al-Faisal è palese grazie alla concessione di aprire una base del Miu alla Mecca. Yuldeshev viaggia per tutto il Caucaso e la Turchia in cerca di nuovi appoggi politici da parte dei nuovi movimenti del fondamentalismo islamico. Nel 1997 prende contatto con i Talebani, che hanno tutti i motivi per offrirgli un riparo, visto che l’Uzbekistan sta sostenendo l’alleanza antitalebana. Bin Laden diviene uno dei finanziatori più importanti del Miu. Namangani si stanzia in Tagikistan promettendo di non suscitare disordini nel paese, ma chiedendo in cambio di essere lasciato in pace nella sua base in montagna e libero di poter svolgere in tal modo le su operazioni di guerriglia contro l’Uzbekista e il Kirghizistan. Ovviamente questo suscita la reazione soprattutto di Karimov che fa pressioni su Akayev. La forte repressione esercitata dai regimi che si trincerano dietro fortezze tutt’altro che inespugnabili non fa altro che imbolsire le già precarie economie ed incrementare lo scontento popolare, tra una disoccupazione endemica (60-90%) ed una inflazione esorbitante che tocca punte del 465 % annuo.
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I militanti del Miu trovano ospitalità nella città di Mazar-e-Sharif in Afghanistan e controllano un traffico di eroina che si incrementa in maniera sbalorditiva fino al 2000, con una produzione di oppio che raggiunge le 5000 tonnellate l’anno. Ovviamente l’alleanza con i talebani porta il Miu ad intervenire militarmente nel conflitto contro Masud. Il Mui è talmente ricco di finanziamenti che riesce ad elargire una paga mensile ai suoi militanti dai 100 ai 500 $, motivo più che sufficiente per promuovere l’arruolamento. Inoltre il suo appoggio popolare acquista sempre maggiore consenso in seguito alla sua capacità di mostrarsi interessato e sostenitore delle indigenti etnie afflitte dalla repressione di regime. Ancor più da quando gli Usa hanno invaso l’Afghanistan, distaccando cospicui contingenti militari nella regione centro-asiatica. Questo era uno dei motivi di maggiore diffidenza dei regimi alla concessione delle proprie basi per l’attacco ai talebani, in quanto questo avrebbe dato un’immagine filo-americana ai dittatori, aumentandone l’impopolarità soprattutto negli ambienti musulmani.
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Il Grande Gioco L’Asia centrale è da sempre nella storia stata al centro delle contese più aspre tra gli imperi che si sono succeduti. Nel secolo scorso essa ha rappresentato la terra di confine tra due imperi come quello russo e quello inglese, impegnati ad una vera e propria partita a scacchi nel tentativo di soverchiare l’avversario. Successivamente alla seconda guerra mondiale la regione era guardata con poco interesse persino dall’Unione Sovietica che la considerava un’appendice dell’impero, una pancia molle, quasi un peso economico di cui cercò di scrollarsi la Russia all’indomani dello scioglimento dell’URSS. Dal 1991 le cose però hanno mutato aspetto, assumendo sempre di più le sembianze di una nuova ed inedita contesa tra la superpotenza superstite della guerra fredda e le nuove potenze emergenti, tra cui Russia e Cina. L’immenso potenziale di risorse naturali contenute nel territorio ha fatto da richiamo per tutti i soggetti politici di rilievo. Così è cominciata una nuova partita che si sta giocando usando le maschere della guerra in Afghanistan o le contese nell’area del golfo Persico. GLI STATI UNITI Le compagnie petrolifere statunitensi sono state le prime ad approdare in queste terre vergini cercando di scalzare l’ancora forte influenza russa sulle ex repubbliche sovietiche. In un primo momento anche Washington vedeva l’Asia centrale con il prisma di Mosca; solo alla metà degli anni novanta le compagnie Usa hanno promosso la regione qualificandola come una nuova via della seta con cui si faccia arrivare il petrolio in aree filo occidentali per mezzo di percorsi provocatoriamente disegnati per evitare l’Iran e la Russia. Tuttavia nel 1999 con l’emergere del Miu la situazione è divenuta più complessa. Per garantire una stabilità alla regione e rendere possibili investimenti da parte delle compagnie occidentali l’amministrazione Clinton ha inaugurato una politica di consolidamento dei regimi centro-asiatici a sfavore dei gruppi ribelli, definiti terroristici, con l’ausilio di finanziamenti destinati all’addestramento militare e all’adozione di tecnologie belliche moderne, senza porre mai alcun vincolo sulle violazioni ripetute dei diritti umani a cui i popoli di questi paesi erano costretti da epoca immemorabile, già sotto la dominazione sovietica. Nessuna parola poi sulla possibilità dell’attuazione di riforme democratiche.
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Insomma l’America avrebbe dovuto appoggiare l’iniziative delle Nazioni Unite per arrestare la guerra civile in Afghanistan, che rappresentava la minaccia più pericolosa della regione centro-asiatica, avrebbe potuto stabilizzare la situazione dell’economia tagika con dei fondi di investimento che avrebbero dato respiro all’unico esempio democratico della regione, avrebbe potuto intervenire per mettere fine al conflitto tra Armenia ed Azerbaigian o cercare di migliorare le relazioni con l’Iran e collegare la costruzione delle pipeline e gli aiuti militari alle riforme necessarie. Invece dichiarando il Miu un movimento terrorista gli Stati Uniti si sono preclusi ogni possibilità di far da mediatore nella delicata politica usbeca. Inoltre l’assenza di alleati nella regione assegna un ruolo estremamente marginale nella disputa bellica afghana. Così con l’era Bush l’impiego di compagnie potrolifere diviene l’unico mezzo per colonizzare la regione ed imporre la propria presenza. Nel 2000 in primavera, all’indomani dell’offensiva del Miu, la regiuone diviene improvvisamente luogo di pellegrinaggio delle autorità americane, tra cui il segretario di stato Madeleine Albright, il direttore della Cia george Tenet, il direttore dell’Fbi Louis Freeh. Subito dopo, a giugno, Washington ospitava una conferenza sull’antiterrorismo. In tale occasione si presero decisioni estremamente importanti sul terrorismo senza mai considerare i mali sociali che lo alimentano. Durante la visita della Albright in Asia centrale il governo americano annuncia la creazione di una iniziativa di sicurezza della regione offrendo 3 milioni di dollari a ciascuna delle repubbliche per rafforzare le proprie capacità di antinsurrezione. Le truppe di ciascuno dei paesi vengono dotate delle tecnologie più sofisticate: visori notturni, attrezzature di comunicazione. Si organizzano esercitazioni congiunte tra Kazakistan, Uzbekistan, Kirghizistan sotto gli auspici della NATO Partnership for Peace, che coinvolge molti stati della Csi. Questa situazione ovviamente è stata accolta favorevolmente da tutti i leader centro-asiatici in quanto gli aiuti non sono mai stati subordinati a vincoli di riforme istituzionali e sociali. L’unico aspetto positivo di tutto ciò è la quanto mai insperata collaborazione tra Russia e America, consapevoli entrambe della necessità di fare fronte unito sul piano politico-militare contro la minaccia del terrorismo. In particolare la Russia capisce paradossalmente che la sua presenza in quella regione diviene possibile solo con il sostegno statunitense.
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LA RUSSIA Dopo il dissolvimento dell’URSS la Russia oscillava tra la posizione dei liberali come Boris Eltsin e quella dei nazionalisti ed ex-comunisti. Il primo momento in cui essa espresse le sue intenzioni rispetto alla questione asiatica fu durante la prima guerra indipendentista cecena nel La Russia dichiara apertamente che la difesa dei suoi confini politici può arrestarsi agli Urali, ma la difesa dei suoi confini ideologici può estendersi fino all’Afghanistan. Durante la guerra ai ceceni la Russia lancia una vera e propria crociata contro l’Islam. Intanto l’uccisione di migliaia di civili ceceni durante la devastazione della capitale Grozny lascia inorriditi i leadear asiatici, che pur volendosi affrancare dalla dipendenza russa non vogliono perdere gli ingenti aiuti economici. La prima guerra cecena segna il momento in cui si comprende che la Russia ha intenzione di interferire con le politiche dei paesi del Caucaso e dell’Asia centrale o tramite un sostegno militare diretto o con la manipolazione dei governi, inserendo uomini filo-russi alla guida. La Russia diviene sempre più aggressiva, in quanto oltre alla rivalità cresciuta con l’America ci sono le dispute per il tragitto degli oleodotti e gasdotti, la battaglia per l’influenza negli stati petroliferi chiave dell’Azerbaigian e del Kazakistan, la condanna occidentale delle violazioni russe dei diritti umani in Cecenia, la vendita di missili e materiali nucleari russi all’Iran e alla Corea del Nord ed infine la crescita dei Talebani in Afghanistan, sostenuta fino al 1996 dagli Stati Uniti. La scelta di Eltsin di designare come suo successore un ex funzionario del Kgb e nazionalista come Vladimir Putin pone fine alla possibilità di sperare in una politica estera neutrale da parte della Russia. Anzi Putin decide in occasione della seconda guerra cecena del 2001 una campagna severissima nei confronti dell’Islam senza preoccuparsi di fare distinzioni tra gruppi terroristici e non. I rapporti con i vicini asiatici sono abbastanza altalenanti. Innanzitutto con l’Uzbekistan c’è stato in passato un susseguirsi di tentativi di assoggettamento politico andati in fumo. Il presidente Karimov ha assunto una politica estremamente imprevedibile con cui ha precisato le su ambizioni di autonomia rispetto alla Russia. Nel 1999 decise di uscire dal patto di sicurezza della Csi per aderire al Guuam, analogo istituito da Georgia, Moldavia, Ucraina e Azerbaigian. Ma a dicembre dello stesso anno Karimov firma un nuovo patto di sicurezza con la Russia, senza però lasciare il Guuam. Nel 2000 decise persino di concedere lo spazio aereo all’aviazione russa. Qualche mese dopo dichiarò di non aver bisogno della protezione russa e nel maggio 2001 respinse il patto di sicurezza della Csi a favore del programma Nato Partenership for Peace, condannando i paesi limitrofi per aver accolto truppe russe sul loro territorio.
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Il piccolo stato del Kirghizistan subisce continuamente vessazioni da parte dell’Uzbekistan, il quale esporta il 15% dell’energia annua prodotta ai paesi vicini. Questa forte dipendenza energetica del Kirghizistan influisce anche sulle decisioni del presidente Akayev che spesso deve piegarsi alla prepotenza di Karimov, il quale facendo il bello e cattivo tempo decide a suo piacimento quando e come erogare acqua ed energia al suo vicino, non disdegnando di dotare i confini tra i due paesi di filo spinato e mine. La Russia non si è mai mossa per aiutare il piccolo stato de Kirghizistan per non suscitare remore nel più potente e utile Uzbekistan, ma anche per la sua dipendenza dall’occidente. Così Akayev per soffocare l’opposizione interna e soddisfare le richieste dei vicini è stato costretto ad assumere un atteggiamento sempre più repressivo, investendo le esigue risorse economica non già in infrastrutture ma nel potenziamento dell’esercito. Il Turkmenistan è l’unico paese della regione che mantiene relazioni con il Pakistan, soprattutto in previsione della costruzione di un oleodotto che colleghi i due paesi. La sua politica è abbastanza ambigua, riservando trattamenti di favore a tutte le fazioni contrapposte, talebani e antitalebani, Russia e Usa. Nyazov ha fatto di tutto per evitare una emigrazione di massa dell’etnia russa concedendo la doppia cittadinanza. LA CINA La Cina fin dal 1991 ha instaurato stretti legami commerciali con le repubbliche centro-asiatiche, cercando nel contempo di restare fuori dalla disputa tra Russia e Usa. Tuttavia la situazione è andata gradualmente modificandosi quando i partiti estremisti islamici hanno cominciato a reclutare combattenti nella provincia cinese dello Xinjiang, fomentando i musulmani uiguri al separatismo. Gli stati asiatici hanno avviato una collaborazione con la Cina fino alla costituzione dei Cinque di Shangai, con sede a Bishkek, Russia, Cina, Kazakistan, Kirghizistan e Tagikistan che si è tradotto in un patto sulla demarcazione dei confini e sulla smilitarizzazione della regione, con la creazione di una fascia cuscinetto larga 15 Km. Tuttavia la Cina rivendica il 30% del territorio Tagico dove sono presenti enormi giacimenti auriferi. Questa collaborazione si è rafforzata negli anni successivi con l’obiettivo di arginare gli effetti del terrorismo ed ha finito per attirare anche gli altri paesi della regione tra cui l’Uzbekistan, entrato a pieno titolo nel 200, India, Iran, Mongolia, Pakistan e Corea del Sud. Così si è formata la Shanghai Cooperation Organization (SCO). La Cina, che ora avverte direttamente la minaccia del Miu, ha stanziato 1.3 milioni di dollari per ciascuno a Uzbekistan e Kirghizistan in aiuti militari e assistenza tecnica.
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Tuttavia la presenza militare cinese in Asia centrale è vista con molto scetticismo dalle repubbliche in quanto potrebbe costituire un motivo di insurrezione delle etnie uiguri nei propri paesi.
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