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PubblicatoCelio Puddu Modificato 10 anni fa
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Intervista a Ernest Aiyangar, figlio di un grande genio matematico della porta accanto: Ramanujan
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Dati della persona intervistata Ernest è un giovane genitore di 37 anni. Lui è di nazionalità indiana, mentre sua moglie è italiana. Insieme ai loro tre figli formano una bella famiglia. Abitano nella zona 9 di Milano, in via Veglia. Lui è laureato in Economia e Commercio. Lavora nella Fiat ed è il proprietario di un bellissimo negozio nella zona centro.
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Secondo lei, quando il suo padre ha iniziato ad appassionarsi per la matematica? Fin dalla sua tenera età si era appassionato ai numeri e alla matematica. Mi ricordo che mi diceva di aver letto ogni libro che gli veniva a tiro. Mi ricordo anche che quando era seduto nel portico della sua casa, passava ore e ore con una lavagnetta manipolando numeri, formule, ricavando da solo i teoremi e i risultati del libro. Era questa la sua principale attività.
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Quindi, il suo papà era uno studente modello? No, non lo era affatto. La mia nonna ammette che aveva un totale disinteresse per tutte le altre materie e questo segnò per sempre la sua carriera: venne bocciato più volte ed escluso da due Colleges, quando visse in Inghilterra; quindi privato delle relative borse di studio, di cui lui aveva bisogno perché i miei nonni venivano da una famiglia molto modesta. A rendere la sua povertà ancora più assurda, cèra il fatto che lui sapeva andare oltre il libro, ma molto, molto più lontano. Riusciva ad ottenere risultati che avrebbero sbalordito i matematici di tutto il mondo, persino di quel grande genio delluniversità cattolica di Milano che si chiama Giovanni Lariccia.
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Posso chiederle circa il suo percorso di studi? Niente percorso. Mia nonna dice che mio papà riscopriva cose già note ma da autodidatta, ed era per lui come scoprirne di nuove. Ogni tanto trovava anche risultati sbagliati. Il più delle volte però, le proprietà dei numeri, delle serie, delle frazioni continue, degli integrali che vedeva senza dimostrarle erano preziosissime perle, che i matematici avrebbero impiegato anni per estrarle dallostrica, per dimostrarle. Senza insegnamenti, senza laurea, solo con la Synopsis, la lavagnetta o la carta che non gli bastava mai, ha imparato, da solo, a fare matematica come nessun altro. Un nuovo percorso da lui tracciato.
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Posso chiederli circa la sua esperienza lavorativa? Sì, certo. Da ragazzo il mio papà ha lavorato come impiegato nel porto di Genova. Lui faceva il contabile. Loriginalissimo bagaglio matematico di mio padre non conteneva infatti il concetto fondamentale di dimostrazione, per cui non poté fare linsegnante. Pubblicava degli articoli, frequentava tutte le biblioteche, calcolava anche di notte alla sua maniera febbrile e appassionata tanto che sovente bisognava ricordarle di mangiare.
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Cosa gli piacerebbe dire ai grandi della matematica di suo padre? Mio padre morì ai soli 43anni. Da quanto mi racconta la mamma e i miei nonni, mio padre vorrei dire che lui era un personaggio che fa venire i brividi, che suscita un misto di ammirazione, stupore, incredulità. Non si può separare linteresse per lopera dalla curiosità per la vita, ciò accade puntualmente per tutti i grandi della scienza o dellarte. Lintuito impressionante, la capacità di anticipare i tempi, loriginalità, facevano di lui un prodigio nelle capacità di calcolo: una specie di Mozart nella matematica! Così vorrei che fosse ricordato.
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Caro Ernest, la ringrazio per questa magnifica opportunità attraverso la quale mi ha permesso di aprire una porta nuova alla mia conoscenza e al mio sapere. Sarei molto lieta di aproffondire questa sua testimonianza, intervistando anche sua nonna e sua madre. Con molto piacere. Torni quando lei desideri. Arrivederla! A presto!
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