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A cura della prof.ssa Maria Isaura Piredda
IL FASCISMO IN ITALIA A cura della prof.ssa Maria Isaura Piredda
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IL TORMENTATO DOPOGUERRA IN ITALIA
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La crisi economica ed occupazionale
Dopo la vittoriosa partecipazione alla Prima guerra mondiale l’Italia precipitò in una gravissima crisi economica e sociale Le spese sostenute negli anni della guerra e i debiti contratti con Francia, Inghilterra e Stati Uniti avevano dissanguato il bilancio statale
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L’industria tornò alla normale produzione del tempo di pace, però gli italiani non avevano disponibilità di denaro sufficiente a sostenere i consumi Pertanto molte aziende furono costrette a diminuire i salari o a licenziare i lavoratori
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La produzione agricola era diminuita notevolmente
Il governo italiano era impossibilitato a importare grano dall’estero a causa dei gravissimi problemi finanziari Alla diffusa disoccupazione si aggiungeva una forte inflazione (con la crescita dei prezzi anche dei prodotti di prima necessità, come il pane)
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La crisi sociale e il “biennio rosso”
La crisi economica fu la causa di una drammatica crisi sociale Milioni di reduci trovavano enormi difficoltà a reinserirsi nella vita civile e a trovare occupazione Manifestazione di protesta organizzata dall'"Associazione Nazionale Mutilati ed Invalidi di Guerra"
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I contadini del Centro-sud svilupparono un vasto movimento di occupazione dei latifondi, impadronendosi delle terre non coltivate e stabilendovisi per vivere
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Gli operai reagivano alla chiusura delle fabbriche e alla diminuzione dei salari con scioperi e vere e proprie sommosse popolari, contenute a stento dall’esercito
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Le proteste furono così violente e prolungate che il 1919 e il 1920 passarono alla storia in Italia come il “biennio rosso” (che culminò nel settembre 1920 con l’occupazione di 600 fabbriche dove vennero anche istituiti i consigli di fabbrica sul modello sovietico)
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Partiti di massa ed élite di governo liberali
All’inizio degli anni Venti gli iscritti del Partito socialista italiano aumentarono considerevolmente
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Nel 1919 nacque il Partito popolare italiano (fondato dal sacerdote Luigi Sturzo), che si ispirava al cattolicesimo democratico e si volgeva in difesa degli strati più deboli della società LUIGI STURZO
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Alle elezioni del novembre 1919 il Psi e il Ppi conquistarono insieme circa la metà dei 508 seggi della Camera dei Deputati
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L’esecutivo era però ancora affidato ai vecchi politici (Francesco Saverio Nitti e Giovanni Giolitti) FRANCESCO SAVERIO NITTI GIOVANNI GIOLITTI
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Nel gennaio del 1921 al Congresso socialista di Livorno dal partito socialista si staccò il gruppo più rivoluzionario guidato da Antonio Gramsci e Palmiro Togliatti che fondarono il Partito comunista d’Italia
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ANTONIO GRAMSCI PALMIRO TOGLIATTI Livorno 15 gennaio 1921 – Teatro Goldoni sede del XVII Congresso nazionale socialista
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L’impresa di Fiume A causa della propaganda nazionalista, si diffuse l’idea che l’Italia avesse ricevuto una ricompensa non adeguata per la vittoria nella Grande guerra (il mito della “vittoria mutilata”)
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Una delle questioni più spinose era rappresentata dalla città di Fiume, sulla quale avanzavano pretese sia l’Italia che la neo Jugoslavia
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Nel settembre 1919 alla testa di circa 9000 “legionari” Gabriele D’Annunzio compì la cosiddetta “impresa di Fiume” (nonostante l’opposizione del governo italiano)
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Solo nel gennaio 1921 (dopo il trattato di Rapallo che fece di Fiume una città libera) D’Annunzio e i suoi si ritirarono Nel 1924 poi Italia e Jugoslavia firmarono un accordo assegnando Fiume all’Italia e il territorio circostante alla Jugoslavia
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IL FASCISMO AL POTERE
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Benito Mussolini e i Fasci di combattimento
Della difficile situazione sociale e politica dell’Italia approfittò Benito Mussolini Nato a Predappio (vicino a Forlì) nel 1883, da giovane era stato maestro elementare e aveva iniziato la sua carriera politica tra i socialisti
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Benito Mussolini era stato direttore dell’”Avanti” (giornale del Psi) fino all’autunno del 1914 quando a causa della sua posizione interventista era stato espulso dal partito Aveva quindi formato un nuovo giornale “Il Popolo d’Italia”
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Il 23 marzo 1919 creò a Milano i Fasci Italiani di combattimento
All’inizio erano composti in prevalenza da reduci di guerra ed avevano un programma piuttosto vago
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I Fasci erano repubblicani e anticlericali, auspicavano il passaggio delle fabbriche sotto il controllo degli operai, ma erano anche accesi nazionalisti e sostenevano il metodo della lotta politica violenta
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Lo squadrismo Mussolini cercava il sostegno di tutte le classi sociali, però alle elezioni del novembre 1919 i Fasci non ottennero alcun seggio In seguito all’insuccesso Mussolini decise di cambiare strategia
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I Fasci si dichiararono allora apertamente contrari al movimento operaio e al socialismo e tentarono di accreditarsi come rappresentanti della borghesia I fascisti con le “squadre d’azione” iniziarono a esercitare la violenza contro operai e contadini
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I fascisti armati assaltavano le sedi dei sindacati e pestavano gli oppositori
In questo modo (assecondando il disagio dei ceti medi) il movimento di Mussolini ottenne un notevole sviluppo Imprenditori e proprietari terrieri iniziarono a finanziare le “camicie nere”
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La violenza squadrista si svolgeva nell’indifferenza (o con la complicità) della magistratura e delle forze dell’ordine Lo stesso Giolitti ritenne il fascismo utile a bilanciare la forza di socialisti e comunisti e volle Mussolini come alleato per le elezioni del maggio 1921 quando i Fasci ottennero ben 35 deputati in Parlamento
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La Marcia su Roma Le elezioni del 1921 non riuscirono a dare al paese una maggioranza stabile Ivanoe Bonomi e Luigi Facta (presidenti del Consiglio dopo Giolitti) non riuscirono a fronteggiare i problemi del paese IVANOE BONOMI LUIGI FACTA
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La violenza squadrista cresceva senza sosta e Mussolini trasformò il suo movimento in un vero partito Nacque nel novembre 1921 il Partito nazionale fascista
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Il programma del partito abbracciava una politica economica liberista, sosteneva la monarchia e tentava un riavvicinamento alla Chiesa
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Il 28 ottobre 1922 Mussolini chiamò a Roma le camicie nere di tutta l’Italia
Il presidente del Consiglio Facta, che temeva un colpo di mano, chiese al re Vittorio Emanuele III di decretare lo stato d’assedio e di ordinare all’esercito di opporsi ai fascisti
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Il re rifiutò e, anzi, mentre gli squadristi completavano la Marcia su Roma senza incontrare alcuna opposizione, egli convocò Mussolini e gli diede l’incarico di formare un nuovo governo
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Mussolini al governo Il 30 ottobre 1922 il primo governo Mussolini era pronto Ne facevano parte fascisti e alcuni liberali e popolari (mentre all’opposizione rimanevano socialisti e comunisti) Per la prima volta nella storia del regno d’Italia un uomo politico otteneva il mandato di governo con la minaccia delle armi
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Diventato Presidente del Consiglio Mussolini si dedicò a:
restaurare l’autorità dello Stato incrementare la pressione su sindacati e lavoratori ottenendo la diminuzione degli scioperi
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create nuove istituzioni: il Gran consiglio del Fascismo e la Milizia volontaria per la sicurezza nazionale (= un esercito di partito) Gran Consiglio del Fascismo
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Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale
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Venne inoltre preparata una nuova legge elettorale per le elezioni del 1924 (detta legge “Acerbo”) che introduceva un forte premio di maggioranza (chi avesse vinto le elezioni conquistando almeno il 25% dei voti avrebbe avuto in premio i due terzi dei seggi della Camera dei Deputati)
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Le consultazioni per le elezioni del 6 aprile 1924 si svolsero in un clima di pesanti violenze e intimidazioni (ai danni degli elettori e degli esponenti politici dell’opposizione) Vi furono numerosi brogli elettorali e il “listone” dei fascisti ottenne il 65% dei voti e 373 seggi alla Camera
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L’omicidio Matteotti Durante la prima seduta della Camera, il socialista Giacomo Matteotti denunciò aspramente l’irregolarità delle elezioni e fornì l’elenco delle violenze commesse dai fascisti
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Il 10 giugno Matteotti venne sequestrato e ucciso dagli squadristi
Popolari, liberali e socialisti si ritirarono dal Parlamento rifugiandosi (come allora si disse) “sull’Aventino delle loro coscienze”
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La trasformazione dell’Italia in una dittatura
Da questo momento in poi si assiste alla veloce trasformazione del governo di Mussolini in una dittatura Tra il 1925 e il 1926 vennero approvate le cosiddette “leggi fascistissime” che trasformarono l’Italia in uno stato autoritario
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I partiti antifascisti furono sciolti
La libertà d’opinione e d’espressione venne drasticamente limitata La stampa fu posta sotto controllo e molti giornali non allineati al governo furono chiusi Furono soppressi il diritto di sciopero e le libertà sindacali
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Vennero istituiti: l’Ovra (la polizia politica creata da Mussolini per reprimere il dissenso) il Tribunale speciale per la difesa dello Stato (che con grande facilità arrestava gli oppositori politici che poi non potevano difendersi)
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In ogni città e villaggio i sindaci elettivi furono istituiti dai podestà, nominati dai prefetti, a loro volta scelti direttamente da Mussolini Al Parlamento furono tolte le sue funzioni Al capo del Governo furono concessi poteri amplissimi
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Nel 1928 fu approvata una nuova legge elettorale che prevedeva un’unica lista fascista da sottoporre all’approvazione dell’elettorato (che era tenuto a confermarla o a rifiutarla in blocco) Alle elezioni del marzo 1929 il 98,4% degli elettori votò a favore della lista (l’1,6% espresse la propria contrarietà ai fascisti con un atto di grande coraggio perché le due schede avevano colori differenti e la segretezza del voto non era garantita)
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L’ITALIA SOTTO IL REGIME FASCISTA
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I centri del potere fascista
Dalla metà circa degli anni Venti cominciò l’epoca di quello che oggi chiamiamo “ventennio fascista” I centri del potere fascista (esautorato il Parlamento) erano:
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Il Gran consiglio del fascismo (vi sedevano i maggiori esponenti del Pnf, del governo e Mussolini) che accentrava in sè il potere decisionale dello Stato e regolava ogni campo della vita pubblica italiana Il Partito nazionale fascista (a cui tutti erano costretti ad appartenere perché senza tessera del partito non si poteva neanche lavorare) Il capo del regime, Benito Mussolini (detentore del potere dello Stato), chiamato “duce” (= condottiero)
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Fascismo, Chiesa e Patti lateranensi
Mussolini con determinazione cercò di avvicinarsi al Vaticano L’11 febbraio 1929 firmò con Roma i “Patti lateranensi”
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La Chiesa riconosceva il regno d’Italia (come ancora non aveva fatto dopo la Breccia di Porta Pia) e Roma come sua capitale, mentre lo Stato italiano dichiarava il cattolicesimo la “sola religione dello Stato” e accettava la sovranità della Città del Vaticano Venne garantita la libertà di culto, reso obbligatorio l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche e si attribuì valore civile al matrimonio religioso
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L’interventismo in campo economico
Nel 1934 furono create le corporazioni che, per ogni branca produttiva, associavano i lavoratori e i datori di lavoro (che erano obbligati ad accordarsi per “l’interesse del paese”) Le corporazioni erano 22 Nel 1939 fu creata la Camera dei fasci e delle corporazioni che sostituì la Camera dei Deputati
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Per favorire la produzione nazionale si adottò una politica protezionistica, con l’imposizione di dazi sulle merci d’importazione Si tentò di combattere l’inflazione istituendo un pressante controllo sui prezzi dei beni più importanti
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Per vincere la disoccupazione fu varato un ampio piano di lavori pubblici con la costruzione di strade, ferrovie, edifici Con la “battaglia del grano” il fascismo mirava a incrementare la produzione di cereali (e per diminuirne l’importazione dall’estero) con la messa a coltura di nuove terre e l’adozione di tecniche agricole più moderne
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L’altro grande progetto era la “bonifica integrale” per rendere abitabili e coltivabili vaste zone paludose del paese (come l’Agro pontino nel Lazio, dove furono creati migliaia di nuovi poderi e costruite nuove città: Pomezia, Sabaudia, Latina)
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La vita quotidiana sotto il fascismo
L’obiettivo del regime era di plasmare gli italiani secondo i desideri del duce e per dar lustro all’Italia Furono adottati numerosi provvedimenti assistenziali a favore dei lavoratori (le ferie pagate, le assicurazioni professionali) Venne creata l’Opera nazionale dopolavoro (che organizzava il tempo libero)
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Alle donne fu chiesto di mettere al mondo molti figli
Sin dal 1935 tutte le madri lavoratrici poterono usufruire di assicurazioni e congedi per maternità Venne istituita l’Opera nazionale maternità e infanzia Le famiglie numerose vennero incentivate (perché all’Italia serviva un aumento demografico) Si pose una tassa sul celibato
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Si impose l’uso del “lei” al posto del “voi”
Fu severamente vietato l’uso di parole straniere, molte delle quali furono italianizzate Venne introdotto il saluto romano, col braccio destro alzato e teso e la mano aperta Era obbligatorio partecipare alle celebrazioni del regime o portare la divisa nei giorni di festa Nessuno poteva esprimere il minimo dissenso sulle scelte del duce
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L’opera nazionale balilla e la “fascistizzazione” della scuola
Particolare attenzione riservava il regime ai giovani Tutti i ragazzi fra i sei e i diciotto anni furono inquadrati nell’Opera nazionale balilla (prima come “Figli della lupa”, poi come “Balilla” e infine come “Avanguardisti”)
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Nei campi e nelle colonie i giovani ricevevano l’istruzione fisica e un primo indottrinamento politico Per i più grandi c’erano i Gruppi Universitari Fascisti Tutti venivano cresciuti secondo il motto di Mussolini “Credere, obbedire, combattere”
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Anche le ragazze furono irreggimentate come “Piccole italiane”, “Giovani italiane” e “Giovani fasciste” Fu sottoposto a uno stretto controllo il sistema dell’istruzione
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Nelle scuole elementari e medie venne adottato un libro di testo unico
Giovanni Gentile (filosofo e ministro della Pubblica istruzione) introdusse l’esame di Stato al termine di ogni ciclo di studi Nelle scuole elementari e medie venne adottato un libro di testo unico Agli insegnanti furono imposti l’iscrizione al Pnf e il giuramento di fedeltà al fascismo Giovanni Gentile
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Il controllo dei mezzi di comunicazione
Il fascismo tenne sotto stretto controllo i mezzi di comunicazione di massa utilizzandoli per influenzare l’opinione pubblica italiana
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L’Eiar, l’ente radiofonico si Stato, trasmetteva in diretta i discorsi del duce e altoparlanti disposti nelle piazze e negli edifici pubblici diffondevano le parole di Mussolini in ogi paese e città d’Italia
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Nei cinema prima dei film l’Istituto Luce proiettava documentari d’attualità comunicando il punto di vista del fascismo ai moltissimi analfabeti del paese
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Convinto dello straordinario strumento di propaganda rappresentato dal cinema, Mussolini volle nel la creazione degli studi cinematografici di Cinecittà
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Manifesti pubblicitari, cartoline, riviste illustrate venivano utilizzati per diffondere gli slogan, le parole d’ordine e la visione del mondo fascista
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Mussolini diventa il duce degli italiani
Mussolini rappresentava la nazione e ogni italiano era tenuto a seguirlo come modello Secondo la propaganda fascista, il duce lavorava senza sosta e infallibilmente per la patria Tali principi ottennero lo scopo di legare a Mussolini la volontà degli italiani
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Il culto della personalità raggiunse punte di adorazione quasi religiosa
Quando Mussolini parlava dal balcone di Palazzo Venezia a Roma, una folla oceanica applaudiva e acclamava eccitata ogni suo gesto o parola Il consenso popolare per il fascismo e per il duce fu effettivamente elevato
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La sofferta stagione dell’antifascismo
Come ogni dittatura, il fascismo si dotò di efficaci strumenti per reprimere qualunque forma di dissenso L’Ovra (la polizia politica del regime) sorvegliava senza sosta i cittadini Era molto pericoloso svolgere attività politica contraria al fascismo o anche solo criticarlo (si finiva davanti al Tribunale speciale per la difesa dello Stato)
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Il Tribunale mandò a morte decine di oppositori e ne condannò migliaia al carcere o al confino (soggiorno coatto e sotto controllo poliziesco in località isolate della penisola) Nelle prigioni del regime si spense Antonio Gramsci Uccisi dalle percosse degli squadristi morirono il liberale Giovanni Amendola e il giovane pensatore Pietro Gobetti
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Abbandonarono l’Italia il socialista Pietro Nenni, il comunista Palmiro Togliatti, il cattolico Luigi Sturzo, il liberale Carlo Sforza
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L’unico filosofo che restò a Napoli e continuò ad opporsi al fascismo per tutta la durata del regime fu Benedetto Croce (che già nel 1925 aveva firmato il Manifesto degli intellettuali antifascisti) Benedetto Croce
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LA GUERRA D’ETIOPIA E LE LEGGI RAZZIALI
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La conquista dell’Etiopia
Il fascismo favorì l’insediamento di contadini italiani nei possedimenti coloniali (Libia, Eritrea e Somalia) Il 3 ottobre 1935 l’esercito varcò i confini dell’Etiopia invadendo il paese retto dal negus Hailè Selassiè
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Le ragioni che spinsero Mussolini alla guerra furono:
il desiderio di guadagnare prestigio internazionale per sé e per il fascismo la volontà di garantire all’Italia “un posto al sole” nell’ambito delle grandi potenze europee la speranza di favorire lo sviluppo dell’industria bellica e di alleviare la disoccupazione con l’invio di contadini nella nuova colonia
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Furono inviati in Etiopia quasi 400.000 soldati
La guerra fu condotta con determinazione brutale e comprese l’uso di gas asfissianti L’esercito etiopico, male addestrato, fu travolto e il negus costretto a fuggire in esilio Il maresciallo Pietro Badoglio il 5 maggio 1936 entrava ad Addis Abeba Il 9 maggio Mussolini annunciava alla folla in delirio a Piazza Venezia la nascita dell’impero
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Le sanzioni internazionali e l’autarchia
La guerra in Etiopia suscitò l’ostilità della Società delle Nazioni che colpì l’Italia con pesanti sanzioni economiche Il fascismo raffigurò il nostro paese come una vittima della Francia e del Regno Unito (all’embargo internazionale non aderirono USA e Germania)
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In quell’occasione il fascismo lanciò la nuova parola d’ordine autarchia, dichiarando l’obiettivo di raggiungere l’autosufficienza economica I cittadini vennero invitati ad acquistare solo prodotti italiani, fabbricati con materie prime italiane
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Le leggi razziali La guerra d’Etiopia rilanciò anche l’idea di una “razza” italiana superiore, destinata a civilizzare popoli “barbari” come quelli africani Quando Mussolini, in cerca di un alleato forte e stabile, decise di avvicinarsi alla Germania di Hitler, prese corpo nel nostro paese una politica antisemita simile a quella tedesca
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Nonostante la contrarietà della Chiesa, Mussolini promosse le leggi razziali del 1° settembre 1938
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Esse colpivano i cittadini di “razza” ebraica con misure durissime
Agli ebrei venne impedito di: sposarsi con gli italiani insegnare nelle scuole statali impiegarsi nelle amministrazioni pubbliche esercitare le libere professioni con clientela italiana
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