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Elementi di linguistica sarda
Giovanni Lupinu Facoltà di Lettere e Filosofia Università degli Studi di Sassari Lezione n. 17
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Diritti linguistici dell’individuo (1)
«Fra i diritti dell’uomo, ancorché in una posizione giustamente di secondo piano rispetto ad altri che possiamo considerare primari, ultimamente si sta diffondendo l’opinione di includere il diritto del parlante a usare la lingua che preferisce nei rapporti sociali e pubblici» (V. Dell’Aquila, G. Iannàccaro). Quello che di recente si è preso a riconoscere e tutelare, in sostanza, è il diritto di ognuno a conservare e a servirsi della propria lingua materna, quella della socializzazione primaria: ciò rientra nella sfera della libertà e della dignità dell’individuo.
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Diritti linguistici dell’individuo (2)
È successo, dunque, che in Europa e in Italia – ma anche altrove – si è indebolito il tradizionale paradigma di matrice ottocentesca che voleva la lingua (una lingua) come collante e simbolo della nazione (una nazione): in conseguenza di tale paradigma, il plurilinguismo era visto spesso come una minaccia per la compattezza delle compagini statali. Il cambio di atteggiamento, avvenuto di recente, ha prodotto e produce di continuo una fioritura di iniziative e provvedimenti: talora enunciando dichiarazioni di principio, talaltra offrendo strumenti concreti al cittadino, si agisce nella direzione di aprire alle lingue cosiddette “minoritarie” tutta una serie di funzioni sociali, anche prestigiose, sino a non molto tempo fa riservate solo alle lingue “ufficiali”.
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Diritti linguistici dell’individuo (3)
Per restare a tempi vicini a noi, e limitando il discorso all’Europa, possiamo ricordare i seguenti atti, fra i più significativi: è del 1982 l’istituzione dell’Ufficio europeo per le lingue meno usate, organizzazione non ufficiale con sede a Dublino; è del 1992 la Carta europea delle lingue regionali e minoritarie del Consiglio d’Europa (è entrata in vigore, però, nel 1998); è del 1996 la Dichiarazione universale sui diritti linguistici di Barcellona.
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Diritti linguistici dell’individuo (4)
Importanti richiami alla salvaguardia e alla promozione delle diverse lingue e culture sono presenti anche nella Costituzione europea, firmata a Roma nel 2004. Anche in Italia sono intervenuti alcuni fatti importanti che, dopo anni di mancata tutela (se non di repressione, più o meno velata) delle lingue minoritarie, di fatto hanno segnato il passaggio a una fase nuova, caratterizzata da politiche linguistiche più aperte e democratiche. Ci soffermeremo qui su una legge regionale della Sardegna e su una legge nazionale.
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La legge regionale 26/97 (1) Sul modello di un analogo provvedimento friulano del 1996, la Regione Autonoma della Sardegna promulgava la legge n. 26 del 15 ottobre 1997: Promozione e valorizzazione della cultura e della lingua della Sardegna. All’art. 2, c. 1°, in particolare, si legge: «Ai sensi della presente legge la Regione assume come beni fondamentali da valorizzare la lingua sarda – riconoscendole pari dignità rispetto alla lingua italiana – la storia, le tradizioni di vita e di lavoro, la produzione letteraria scritta e orale, l’espressione artistica e musicale, la ricerca tecnica e scientifica, il patrimonio culturale del popolo sardo nella sua specificità e originalità, nei suoi aspetti materiali e spirituali».
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La legge regionale 26/97 (2) Come è scritto subito dopo (art. 2, c. 4°), «la medesima valenza attribuita alla cultura ed alla lingua sarda è riconosciuta con riferimento al territorio interessato, alla cultura ed alla lingua catalana di Alghero, al tabarchino delle isole del Sulcis, al dialetto sassarese e a quello gallurese» (si tratta delle cosiddette “minoranze interne”). Per dare attuazione concreta alle sue finalità, la legge prevede una serie di misure, fra le quali si possono ricordare: a) l’istituzione di un osservatorio regionale per la cultura e la lingua sarda, con compiti consultivi (con studiosi e rappresentanti di varie istituzioni);
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La legge regionale 26/97 (3) b) l’istituzione di un catalogo generale del patrimonio culturale della Sardegna, «che raccoglie e documenta il complesso della produzione artistico-culturale della regione, organizzato secondo modalità che ne favoriscano la consultazione e l’utilizzazione decentrata» (art. 9, c. 1°); c) il censimento del repertorio linguistico dei Sardi, che prevede «la ricerca e la rilevazione in ciascuna comunità sarda del lessico ivi usato» (art. 10, c. 1°) e «la pubblicazione dei risultati della ricerca, con particolare attenzione alla elaborazione dei dizionari della lingua sarda, nonché dell’atlante linguistico della Sardegna» (art. 10, c. 2°);
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La legge regionale 26/97 (4) d) interventi finanziari a favore di una serie di soggetti (scuole, università, enti locali, privati) che portino avanti attività, fra quelle previste, congruenti con le finalità della legge; e) contributi a favore della produzione e diffusione di programmi radiofonici e televisivi e giornali in sardo; f) borse di studio, interventi finanziari per l’attivazione di progetti formativi, finanziamento di corsi universitari, sussidi alle attività di sperimentazione nelle scuole;
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La legge regionale 26/97 (5) g) disposizioni a favore dell’uso della lingua sarda nella pubblica amministrazione; h) interventi, attraverso contributi agli enti locali, per il ripristino dei toponimi in lingua sarda; i) interventi a favore della cultura sarda fuori dalla Sardegna e all’estero (ad es. con l’istituzione di borse di studio a favore di figli di emigrati).
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La legge nazionale 482/99 (1) Secondo l’art. 6 della Costituzione italiana, «la Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche». A dare attuazione a questo principio, con non poco ritardo, giungeva la legge 482 del 15 dicembre 1999: Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche. In realtà, in modo inatteso per un provvedimento di tutela delle minoranze linguistiche, la legge si apre con la dichiarazione che «la lingua ufficiale della Repubblica è l’italiano» (art. 1, c. 1°).
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La legge nazionale 482/99 (2) È la prima volta che si sancisce, esplicitamente, il carattere ufficiale dell’italiano. Facendo ciò, a ben vedere, si sottolinea il carattere non ufficiale delle restanti lingue impiegate in Italia: una volta stabilita la gerarchia, alcune di queste ultime sono riconosciute meritevoli di tutela. In particolare, all’art. 2 si legge: «la Repubblica tutela la lingua e la cultura delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l’occitano e il sardo».
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La legge nazionale 482/99 (3) Vale la pena di notare che si attua una distinzione fra minoranze nazionali e minoranze linguistiche: da una parte, cioè, stanno le popolazioni che possono essere collegate, almeno in via teorica, a stati nazionali esteri (la Francia, la Catalogna etc.); dall’altra parte si trovano quei gruppi che, pur facendo uso di parlate proprie, si ritiene condividano i “caratteri nazionali” della restante popolazione. La distinzione è grossolana perché, ad es., se è vero che la minoranza linguistica germanofona dell’Alto Adige è anche minoranza nazionale, quella catalana di Alghero è soltanto una minoranza linguistica.
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La legge nazionale 482/99 (4) La legge 482/99 prevede, ad es., la possibilità di usare la lingua di minoranza, accanto all’italiano, nelle scuole materne, elementari e secondarie di primo di grado dei comuni interessati. Sono inoltre sollecitate le università delle regioni coinvolte ad attivare corsi di lingua e cultura in relazione alle minoranze individuate. Ancora, si sancisce la possibilità di impiegare la lingua tutelata nei consigli comunali e in altri organismi di amministrazioni pubbliche, e così pure negli uffici di tali amministrazioni.
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La legge nazionale 482/99 (5) Sono inoltre previste norme per l’adozione di toponimi «conformi alle tradizioni e agli usi locali» (art. 10), in aggiunta a quelli ufficiali (in italiano). I cittadini possono ottenere il ripristino dei cognomi e nomi nella lingua della minoranza. Infine, ricordiamo che in base alla legge 482/99 le regioni interessate possono stipulare convenzioni con la RAI per trasmissioni radiofoniche o televisive nella lingua di minoranza (come è avvenuto di recente anche per la Regione Sardegna).
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Breve bibliografia M. D’Agostino, Sociolinguistica dell’Italia contemporanea, Bologna 2007. V. Dell’Aquila, G. Iannàccaro, La pianificazione linguistica. Lingue, società, istituzioni, Roma 2004. F. Toso, Le minoranze linguistiche in Italia, Bologna 2008.
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