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un Santo troppo lontano per noi?
S. Francesco: un Santo troppo lontano per noi?
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Ci siamo chiesti che cosa ha
da dire oggi a noi giovani uno come Francesco che predicava l’ umiltà e la povertà soprattutto in che modo il suo insegnamento può essere seguito nella quotidianità e nei fatti concreti dell’esistenza.
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A guardare il Francesco ormai Santo lo si vede lontanissimo, troppo
diverso, troppo lontano dalla rassicurante concretezza dei confort e dei beni materiali, della gloria terrena e del successo.
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Alla santità lui ci è arrivato, non è partito dalla santità e questo lo avvicina all’esperienza comune di qualunque giovane di oggi.
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Con tutte le sue forze e con la sincerità del
cuore, certo con la grazia di Dio, la risposta alle sue domande se l’è cercata.
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questo suo “aver percorso già la strada” possa
Pensiamo che questo suo “aver percorso già la strada” possa essere il motivo principale per cui la sua figura oggi affascina, e soprattutto converte.
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Francesco è “uno di noi”, perché lui il mondo e il benessere materiale li ha vissuti, li ha amati.
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Ci piace pensare alla sua conversione non come ad un fatto miracoloso ma al risultato di una crisi
profonda, la crisi di chi comincia ad avvertire che …
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… certe domande richiedono una
risposta convincente e che non danno pace finche quella risposta non la si trova.
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La sua è stata una crisi umana, i dubbi le ansie le false attese che oggi sperimentiamo lui li ha
conosciuti e li ha affrontati.
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La sua battaglia per rientrare in contatto con la sua anima e la sua interiorità e quindi con Dio l’ha combattuta.
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Ecco perché Francesco ci
affascina!!!
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vissuto circa 8 secoli fa era un
Francesco d’Assisi vissuto circa 8 secoli fa era un giovane pieno di entusiasmo e di speranza.
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Come tutti i giovani aveva una voglia matta
di divertirsi: feste, passeggiate, ritrovi, amici belle ragazze, era l’idolo delle compagnie.
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Disponeva di molti soldi in quanto figlio di un ricco mercante, conduceva una
vita lussuosa.
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Il suo proposito era quello di diventare a qualsiasi costo “qualcuno”…
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… un potente e la sua ambizione
era quella di diventare cavaliere.
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Pieno di entusiasmo con le armi in pugno, partecipa alla battaglia contro i perugini: combatte valorosamente ma viene fatto prigioniero.
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Gettato in un lurido carcere costretto a viverci per un anno, si ammala. La debolezza e la malattia lo costringono a tenersi lontano dagli amici,in solitudine.
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Il dolore e la sofferenza incidono profondamente nel suo animo. Quando comincia a riprendere le forze Francesco è molto cambiato.
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debolezza aveva solo indurito il terreno.
Il dolore aveva scavato là dove una cattiva educazione a base di permissività e debolezza aveva solo indurito il terreno.
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I suoi occhi vedevano le cose in maniera
diversa.
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A Spoleto sogna un castello pieno di armi ma sente un richiamo celeste che gli dice:
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Devi seguire il padrone, non il servo.
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Da quel momento la sua vita è piena di segni
strani…di simboli…di voci.
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CHI ERA FRANCESCO?
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Tornato ad Assisi partecipa ad una festa con gli amici, tornando a casa vede un lebbroso a un lato della strada,sente il desiderio di abbracciarlo,di volergli bene.
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Così senza pensarci due volte scende da cavallo, gli dona qualche soldo e gli dà un bacio di pace:
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Sulla sua faccia piagata vede un sorriso e per Francesco è una grande gioia!
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Gli amici iniziarono a prenderlo in giro, ma a lui non importava perché aveva capito una cosa bellissima:
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Quel lebbroso era Gesù! Era sulla sua strada, nella sua vita: doveva solo riuscire ad accoglierlo.
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Decise di stare un po’ in silenzio meditando tra le campagne e le colline di Assisi, facendo spesso tappa nella chiesetta di S.Damiano.
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San Damiano era una chiesa piccola piccola e tutta diroccata, però c’era un crocefisso sopra l’altare, così affascinante che poteva stare ore a guardarlo. Proprio quel crocifisso gli parlò per tre volte:
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” Francesco vai e ripara la mia chiesa”.
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un’altra cappella diroccata, S.Maria della Porziuncola.
La sua risposta non si fece attendere; restaurata S.Damiano eccolo lavorare Ad un’altra cappella diroccata, S.Maria della Porziuncola.
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Lo stato di abbandono in cui si
trovavano queste chiese gli sembra un segno della condizione della chiesa stessa; ancora non sa che restaurando quegli edifici, si prepara a rinnovare la Chiesa vivente.
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Era incominciata la conversione di Francesco che non ha niente di immediato e folgorante:
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E’ una cosa lunga, una ricerca faticosa, un cambiamento profondo egli d’ora in poi, assieme a Dio diventa protagonista della sua vita.
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La scelta di donarsi a lui
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La decisione diventa pubblica nella piazza di Assisi, davanti al vescovo ed ad una folla numerosa.
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Francesco si spoglia degli abiti e li restituisce al padre, dei beni terreni di ogni ricchezza, dicendo:”Ora chiamerò Padre mio il Padre dei cieli”.
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Per un periodo fu accolto come servo in un monastero a Gubbio, in città c’erano molti lebbrosi con i quali fece amicizia, li portava le medicine e da mangiare.
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Ogni giorno andava alla messa e il vangelo lo colpiva sempre ma un giorno sentì che era rivolto a lui:
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” Andate…fra la gente smarrita di Israele
” Andate…fra la gente smarrita di Israele. Lungo il cammino annunciate che il regno di Dio è vicino. Guarite i malati,sanate i lebbrosi, scacciate i demoni, non procuratevi oro o argento; entrando in una casa dite:la pace sia con voi!” (Mt. 10,5-12)
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Erano le parole che Gesù dice quando invia i suoi discepoli nel mondo.
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Doveva partire!
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Passava le sue giornate camminando e pregando con indosso solo la sua tunica e con in mano il rosario: stava proprio bene.
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Parlava di Gesù e anche di sè di come avesse scoperto la felicità nella povertà.
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Per Francesco Dio non rappresenta il triste, non il negativo della vita ma la possibilità offerta all’uomo per la propria realizzazione!
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Dio riconosciuto nel volto di un Cristo
sofferente è per Francesco una gioia e quando si rende conto che Dio lo insegue risponde generosamente “Si!”.
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Anche davanti alle persecuzioni ed alle sofferenze, non tergiversa il suo “sì” è fiducioso e senza riserve.
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Ha saputo trasformare ogni sofferenza in gioia nella piena coscienza del fatto che tutto è
buono perché tutto viene da Dio.
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La sua lode per il creato lo porta a scrivere il Cantico delle Creature,
somma lode delle meraviglie di Dio, mentre era quasi al termine della propria vita, sofferente, ormai praticamente cieco … eppure, oppure proprio per quello, ha saputo trasformare tutto in lode !
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La gente ormai lo commemora come un morto: Francesco il trovatore, Francesco il cavaliere ha lasciato il posto a Francesco lo stravagante il mentecatto da compatire.
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Alcuni giovani invece non accettano quella spiegazione, lo
avvicinano stanno con lui e la strada è proprio quella: non fuggire dal mondo ma tornarci …
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… tornarci cambiati per cercare di cambiarlo!!!
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A quegli amici Francesco può ora indicare il programma della
povertà volontaria, unita alla predicazione itinerante.
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Non la rinuncia appartata ma la testimonianza pubblica.
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Con i compagni egli istruisce la gente, la fa pregare e la rallegra con i nuovi canti che va componendo, ma soprattutto col contagio della gioia.
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La fonte della sua gioia era l’umile imitazione di Gesù: povero, medico, amico dei malati e dei peccatori.
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Francesco e i suoi amici non sono un nuovo ordine religioso, bensì una fraternità di eguali: egli li chiama frati cioè fratelli; e minori, in polemica con la mania di grandezza che inquina il mondo a tutti i livelli; dal re che vuole farsi imperatore al mercante in pena perchè non è cavaliere.
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In poco tempo i frati di Francesco invadono tutta l’Umbria
In poco tempo i frati di Francesco invadono tutta l’Umbria. Vanno a due a due indossando la tunica con cappuccio e predicano sulle piazze nei giorni di mercato in quel modo nuovo e affascinante.
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I frati aiutano i poveri nei loro lavori,dividono con essi il pane, dormono dove capita. Invece di proporsi come esempi di virtù indicano in Gesù stesso il modello di vita.
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Nacque così l’ordine dei frati minori approvato dal papa Innocenzo III che
autorizza Francesco a predicare personalmente ed ad affidare quel compito a chi gli sembri degno.
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Francesco non chiede di più,una regola vera e propria studiata e approvata non la vuole. Per vivere il vangelo non occorrono norme ufficiali: andare, predicare, non possedere assolutamente nulla, mettersi al di sotto di tutti.
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In pochi anni i suoi frati diventano centinai, migliaia diffondendosi in Francia, Germania, Ungheria e Spagna: non li conosce più tutti, non gli è possibile controllarli.
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Certo quel modo di predicare e di vivere risponde ad una domanda popolare che Francesco ha come rivolto a se stesso fornendo la risposta.
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Ci vuole una regola generale ma Francesco non se ne preoccupa, non vuole regole ufficiali ma deve stenderne una che sarà approvata da papa Onorio III nel 1223.
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La comunità francescana diviene un vero e proprio ordine religioso con la sua gerarchia: i guardiani di ogni convento,i custodi e i ministri provinciali per gruppi e anche un cardinale.
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Per Francesco, leggere, capire, vivere il vangelo diviene per se e per i suoi la regola di vita.
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Vivere il vangelo significa riprodurre nella propria vita
Gesù Cristo …
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Sul monte della Verna un mattino mentre prega gli appare il crocifisso che imprime sul suo corpo le stigmate ora è in tutto come Cristo.
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Ancora oggi esistono i tre ordini fondati da S
Ancora oggi esistono i tre ordini fondati da S.Francesco e riconosciuti dalla chiesa. Il primo ordine è quello dei frati minori che a sua volta si divide in tre rami: frati minori conventuali,frati minori osservanti e frati minori cappuccini. Il secondo ordine è quello delle clarisse fondato da Chiara di Assisi con la regola di S.Francesco. Il terzo nato per i laici cioè coloro pur non entrando in convento,vivono nelle loro famiglie la spiritualità francescana. Vi è anche la gioventù francescana che non è un gruppo, ma una fraternità di giovani che condividono e vivono il vangelo e il loro essere francescani nel mondo di oggi, sul posto di lavoro o nello studio.
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E’ fondamentale pertanto saper dire “si” al Dio della vita con coraggio ed amore con piena fiducia, disponibilità ed accoglienza coscienti di essere importanti ed unici per il signore; consapevoli di aver ricevuto dei talenti da non seppellire ma da far fruttificare.
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Ciascuno ha qualcosa di proprio da offrire per la realizzazione del progetto di Dio.
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