La presentazione è in caricamento. Aspetta per favore

La presentazione è in caricamento. Aspetta per favore

Jobs Act: Riordino delle tipologie contrattuali.

Presentazioni simili


Presentazione sul tema: "Jobs Act: Riordino delle tipologie contrattuali."— Transcript della presentazione:

1 Jobs Act: Riordino delle tipologie contrattuali.
30 giugno 2015 Jobs Act: Riordino delle tipologie contrattuali. A cura di Enzo De Fusco Documento protetto da diritto di autore. Non è divulgabile in alcun modo ma fornito in utilizzo al gruppo RCS Mediagroup Spa

2 Le nuove collaborazioni coordinate e continuative: l’abrogazione dell’obbligo del progetto
Il nuovo Testo Organico D.lgs. N. 80/2015 all’art. 52 prevede il “superamento del contratto a progetto”. Tale disposizione stabilisce che le disposizione previste dagli articoli 61 e 69- bis del D.lgs. 276/03 resteranno in vigore esclusivamente ai fini della regolazione dei contratti in atto alla data di entrata in vigore del Decreto. Pertanto, a partire dall’entrata in vigore della disciplina, non troveranno più applicazione: 1) le disposizioni inerenti la forma del contratto (art. 62 cit. norm.); 2) le previsioni in tema di corrispettivo (art. 63 cit. norm.) 3) la necessità del progetto (art. 61) e le specifiche sanzioni in caso di contratti a progetto atipici (art. 69 cit. norm.). La nuova previsione, però, non determina il divieto di costituzione di collaborazioni coordinate e continuative, ma riporta il sistema all’assetto previgente al 2003 (riforma Biagi che ha introdotto il “progetto”), fermo restando le disposizioni di cui all’art c.c.

3 CONTRATTO A PROGETTO- NOVITA’
A far data dall’1/01/2016, l’art. 2 “si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato anche ai rapporti di collaborazione” che: 1) oltre ad essere svolti in via esclusivamente personale dal collaboratore ed in via continuativa; 2) siano soggetti a modalità di esecuzione organizzate dal committente, anche con riferimento ai tempi ed al luogo di lavoro. LA DISPOSIZIONE SI AFFIANCA AL 2094 C.C.

4 CONTRATTO A PROGETTO- NOVITA’
DEFINIZIONE DI LAVORO SUBORDINATO: È prestatore di lavoro subordinato chi si obbliga mediante retribuzione a collaborare nell'impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell'imprenditore.

5 CONTRATTO A PROGETTO- NOVITA’
DEFINIZIONE DI ETERO-DIREZIONE: art c.c. DEFINIZIONE DI ETERO-ORGANIZZAZIONE: art. 2. Dlgs. 81/2015 A far data dal 1° gennaio 2016, si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato anche ai rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalita' di esecuzione sono organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro.

6 Certificazione del progetto
Nonostante ciò, le parti del rapporto potranno richiedere alle commissioni di certificazione (art. 76 d.lgs. n. 276/2003) che venga certificata l’assenza dei requisiti dell’art. 2, comma 1, del decreto ed in particolare la mancata ingerenza sui tempi e sul luogo di lavoro da parte del committente (oltre, eventualmente, al carattere non personale e non continuativo delle prestazioni). IL LAVORATORE PUO’ ESSERE ASSISTITO DA UN CONSULENTE DEL LAVORO

7 LE COLLABORAZIONI COORDINATE E CONTINUATIVE INDIVIDUATE DALLA LEGGE
Restano esclusi dall’ambito di operatività dell’art. 2: a) le collaborazioni per le quali gli accordi collettivi stipulati dalle confederazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale prevedono discipline specifiche riguardanti il trattamento economico e normativo, in ragione delle particolari esigenze produttive ed organizzative del relativo settore; b) le collaborazioni prestate nell’esercizio di professioni intellettuali per le quali è necessaria l'iscrizione in appositi albi professionali; c) le attività prestate nell’esercizio della loro funzione dai componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società e dai partecipanti a collegi e commissioni; d) le prestazioni di lavoro rese a fini istituzionali in favore delle associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate alle federazioni sportive nazionali, alle discipline sportive associate e agli enti di promozione sportiva riconosciuti dal C.O.N.I.

8 LE STABILIZZAZIONI DELLE COLLABORAZIONI
Il d.LGS. N. 80, all’art. 54 prevede, la possibilità di procedere a transazioni volte a regolarizzare : - i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa (anche a progetto); - di persone titolari di partita IVA pregressi. Con il vantaggio, normativamente garantito, della completa esenzione da sanzioni per violazioni dalle disposizioni in materia di obblighi contributivi, assicurativi e fiscali. Le condizioni per fruire di tale vantaggio pero sono: 1) la stabilizzazione dell’occupazione attraverso l’assunzione a tempo indeterminato 2) la conciliazione in sede protetta; 3) la facoltà per i 12 mesi successivi alla stabilizzazione di recesso dal rapporto instaurato, solo per giusta causa o giustificato motivo soggettivo.

9 LE STABILIZZAZIONI DELLE COLLABORAZIONI
Nella versione originaria della bozza di Decreto presentata originariamente, il Governo la stabilizzazione veniva consentita soltanto nel periodo che muoveva dall’entrata in vigore del Decreto fino al Viceversa, nella versione definitiva del D.Lgs. N. 80/2015 non è previsto alcun termine analogo. Ne consegue la disposizione che stabilisce la: 1) la stabilizzazione delle collaborazioni coordinate e continuative (anche a progetto e le partite iva); 2) e la sanatoria relativa agli obblighi contributivi, assicurativi e fiscali connessa al rispetto delle condizioni precedentemente indicate; Acquista carattere strutturale a far data dal primo gennaio 2016.

10 LE STABILIZZAZIONI DELLE COLLABORAZIONI
ATTENZIONE! 2. L'assunzione a tempo indeterminato alle condizioni di cui al comma 1, lettere a) e b), comporta l'estinzione degli illeciti amministrativi, contributivi e fiscali connessi all'erronea qualificazione del rapporto di lavoro, fatti salvi gli illeciti accertati a seguito di accessi ispettivi effettuati in data antecedente alla assunzione.

11 LE STABILIZZAZIONI DELLE COLLABORAZIONI A PROGETTO IN ESSERE: AMBITO DI APPLICAZIONE, TERMINI, ADEMPIMENTI ED EFFETTI SUL PIANO SANZIONATORIO In definitiva, la situazione è la seguente: 1) Fino alla data di entrata in vigore del D.Lgs. (25 giugno 2015) l’azienda poteva stipulare contratti a progetto o prorogare i vecchi contratti in essere. Qualche perplessità potrebbe sorgere con riferimento alla disciplina applicabile successivamente al ) Dalla data di entrata in vigore del decreto e fino al 31 dicembre 2015, è possibile stipulare contratti di collaborazione coordinata e continuativa anche senza il progetto cosi come era possibile prima della riforma Biagi,fermo restando i requisiti di autonomia come interpretati dalla giurisprudenza consolidata; 3) Dal 1 gennaio 2016 oltre alla definizione del 2094 c.c. trova applicazione anche la nuova definizione contenuta nello schema di decreto.

12 COLLABORAZIONI COORDINATE E CONTINUATIVE E PENSIONATI
Alla luce dell’elenco precedentemente riportato relativo alle esclusioni, è opportuno focalizzare l’attenzione su due distinti aspetti: 1) l’art. 61 del D.lgs. 276/03 escludeva dal campo di applicazione della disciplina sul contratto a progetto “coloro che percepiscono la pensione di vecchiaia”). 2) Viceversa, il nuovo D.Lgs. n. 80/2015, non prevede un esonero espresso per i contratti di collaborazione stipulati con i pensionati;

13 IL SUPERAMENTO DELL’ASSOCIAZIONE IN PARTECIPAZIONE
L’art. 53 del D.lgs. 81/15 dispone una modifica sostanziale dell’art c.c. Pertanto prossimamente l’art c.c. si presenterà cosi : “con il contratto di associazione in partecipazione l'associante attribuisce all'associato una partecipazione agli utili della sua impresa o di uno o più affari verso il corrispettivo di un determinato apporto. Nel caso in cui l’associato sia una persona fisica l’apporto di cui al primo comma non può consistere nemmeno in parte , in una prestazione di lavoro.” Viene disposta poi anche l’abrogazione del terzo comma dell’art c.c. (chiamato in passato a disciplinare il rapporto di associazione in partecipazione con il lavoratore). Viene disposta poi anche l’abrogazione dell’art. 1 comma 30 della L. 92/2012 regime transitorio Pertanto, in base alla nuova disciplina sono vietati i contratti di associazione in partecipazione nei quali l’apporto dell’associato persona fisica consiste, in tutto o in parte, in una prestazione di lavoro, mentre quelli già in essere restano in vigore “fino alla loro cessazione”.

14 CONTRATTO A TEMPO DETERMINATO
Il Capo III dello schema di D.Lgs. N. 81/2015, regolamenta il “LAVORO A TEMPO DETERMINATO” con gli articoli da 19 a 29, apportando alcune modifiche alla disciplina sostanziale del rapporto, così come regolamentato dalla precedente normativa ed in alcuni casi facendo chiarezza su punti oscuri sulla precedente disciplina.

15 CONTRATTO A TEMPO DETERMINATO: nuove e più ampie deleghe alla contrattazione collettiva
Il comma 7 dell’art. 10 del D.lgs. n. 368/01 (ovvero il disposto normativo che consente ai contratti collettivi la fissazioni di limiti numerici divergenti rispetto al regime legale) si rivolgeva solo ed esclusivamente ai CCNL stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi. Pertanto, a livello aziendale- territoriale, salvo i casi in cui sussisteva un rinvio espresso da parte dei CCNL alla contrattazione di secondo livello per la quantificazione del limite di contingentamento, gli unici contratti che potevano derogare il limite legale del 20 per cento (ovvero la diversa percentuale stabilita dalla contrattazione collettiva di livello superiore) erano quelli sottoscritti ai sensi dell’art. 8 del D.L. n. 138/11 (conv. in L. n. 148/11).

16 CONTRATTO A TEMPO DETERMINATO: nuove e più ampie deleghe alla contrattazione collettiva
Stante quanto disposto dall’art. 51 del D.lgs. N. 81/2015 all’interno del testo normativo, ogni qualvolta il legislatore utilizza l’espressione “ contratti collettivi” salvo diversa disposizione, ci si riferisce: 1) ai contratti collettivi nazionali,territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale; 2) nonché ai contratti collettivi aziendali stipulati dalle loro rappresentanze sindacali aziendali ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria.

17 CONTRATTO A TEMPO DETERMINATO limite di durata
Conformemente agli ultimi interventi normativi, in materia di contratto a termine viene confermato che il primo contratto a termine o nei casi di successione, la durata non può essere superiore a 36 mesi.

18 LAVORO A TEMPO DETERMINATO- COSA CAMBIA
LIMITI QUANTITATIVI NUOVA DISCIPLINA VECCHIA DISCIPLINA Art. 1 co. 1, D.lgs. 368/01 Il numero complessivo di contratti a tempo determinato stipulati da ciascun datore di lavoro ai sensi del presente articolo non può eccedere il limite del 20 per cento del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al 1º gennaio dell'anno di assunzione. Art. 10 co. 7, D.lgs. 368/01 La individuazione, anche in misura non uniforme, di limiti quantitativi di utilizzazione dell'istituto del contratto a tempo determinato stipulato ai sensi dell'articolo 1, comma 1, e' affidata ai contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi”. ART. 23 (Numero complessivo di contratti a tempo determinato). Salvo diversa disposizione dei contratti collettivi, anche aziendali, stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, non possono essere assunti lavoratori a tempo determinato in misura superiore al 20 per cento del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al 1° gennaio dell’anno di assunzione, con un arrotondamento del decimale all’unità superiore qualora esso sia eguale o superiore a 0,5. In caso di inizio dell’attività nel corso dell’anno, il limite percentuale si computa sul numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al momento dell’assunzione. Per i datori di lavoro che occupano fino a cinque dipendenti è sempre possibile stipulare un contratto di lavoro a tempo determinato. In tema di limiti quantitativi il legislatore ha scelto con il D.Lgs. 81/2015 di recepire alcuni contenuti fondamentali emersi nella circolare n. 18/2014.

19 LIMITI QUANTITATIVI: CONSEGUENZE SANZIONATORIE
In caso di violazione del limite percentuale, restando esclusa la trasformazione dei contratti interessati in contratti a tempo indeterminato, per ciascun lavoratore si applica una sanzione amministrativa di importo pari: a) al 20 per cento della retribuzione, per ciascun mese o frazione di mese superiore a quindici giorni di durata del rapporto di lavoro, se il numero dei lavoratori assunti in violazione del limite percentuale non è superiore a uno; b) al 50 per cento della retribuzione, per ciascun mese o frazione di mese superiore a quindici giorni di durata del rapporto di lavoro, se il numero dei lavoratori assunti in violazione del limite percentuale è superiore a uno.

20 LAVORO A TEMPO DETERMINATO- COSA CAMBIA
Rispetto ai precedenti assetti normativi si registra, tuttavia, una estensione delle attività non rientranti nella sfera di applicazione dei limiti percentuali, ovvero: 1) I contratti di lavoro a tempo determinato stipulati tra università private (incluse le filiazioni di università straniere) e lavoratori chiamati a svolgere attività di insegnamento, ricerca scientifica o tecnologica, di assistenza tecnica alla stessa o di coordinamento e direzione della stessa. 2) Istituti della cultura di appartenenza statale ovvero enti, pubblici e privati derivanti da trasformazione di precedenti enti pubblici, vigilati dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, ad esclusione delle fondazioni di produzione musicale di cui al d.lgs. 367/1996; 3) nonché i lavoratori impiegati per soddisfare esigenze temporanee legate alla realizzazione di mostre, eventi e manifestazioni di interesse culturale.

21 LAVORO A TEMPO DETERMINATO: conseguenze del superamanto del numero massimo delle proroghe
LE CONSEGUENZE IN CASO DI VIOLAZIONE DELLA DISCIPLINA SULLE PROROGHE VECCHIA DISCIPLINA NUOVA DISCIPLINA Art.4 D.Lgs (368/2001) Il termine del contratto a tempo determinato può essere, con il consenso del lavoratore, prorogato solo quando la durata iniziale del contratto sia inferiore a tre anni. In questi casi le proroghe sono ammesse, fino ad un massimo di cinque volte, nell'arco dei complessivi trentasei mesi, indipendentemente dal numero dei rinnovi, a condizione che si riferiscano alla stessa attività lavorativa per la quale il contratto e' stato stipulato a tempo determinato. Con esclusivo riferimento a tale ipotesi la durata complessiva del rapporto a termine non potrà essere superiore ai tre anni Art. 21 (Proroghe e rinnovi) Il termine del contratto a tempo determinato può essere prorogato, con il consenso del lavoratore, solo quando la durata iniziale del contratto sia inferiore a trentasei mesi, e, comunque, per un massimo di cinque volte nell'arco di trentasei mesi a prescindere dal numero dei contratti. Qualora il numero delle proroghe sia superiore, il contratto si considera a tempo indeterminato dalla data della sesta proroga. Il legislatore introduce espressamente una norma imperativa immediatamente sostitutiva, che trasforma il contratto a termine in rapporto a tempo indeterminato alla scadenza della quinta proroga, in caso di prosecuzione dell’attività lavorativa.

22 LAVORO A TEMPO DETERMINATO: conseguenze del superamento del numero massimo delle proroghe
Alla luce di quanto riportato ben si comprende che la proroga: richiede il consenso (scritto) del lavoratore, essendo una clausola contrattuale; È consentita solo nel caso in cui la durata iniziale del contratto sia inferiore a trentasei mesi; potrà aver luogo per un massimo di cinque volte nell'arco di trentasei mesi a prescindere dal numero dei contratti;

23 LAVORO A TEMPO DETERMINATO: Individuazione delle attività stagionali
Viene conservata una disciplina speciale per le attività stagionali (in materia di numero complessivo di contratti a tempo determinato e in tema di proroghe e rinnovi). A tal fine, il D.Lgs. 81/2015 (art. 21) ai fini dell’individuazione delle attività stagionali rinvia espressamente: 1) ad un decreto del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali; 2) alla ipotesi previste dai contratti collettivi; Inoltre, fino all’adozione del decreto del Ministero del Lavoro,continueranno a trovare applicazione le disposizioni di cui al decreto del presidente della repubblica n. 1525/1963.

24 LAVORO A TEMPO DETERMINATO- COSA CAMBIA
NOVITA’ IN MATERIA DI CRITERI DI COMPUTO NUOVA DISCIPLINA VECCHIA DISCIPLINA Art. 27 Salvo che sia diversamente disposto, ai fini dell’applicazione di qualsiasi disciplina di fonte legale o contrattuale per la quale sia rilevante il computo dei dipendenti del datore di lavoro, si tiene conto del numero medio mensile di lavoratori a tempo determinato, compresi i dirigenti, impiegati negli ultimi due anni, sulla base dell'effettiva durata dei loro rapporti di lavoro. Art. 8. D.lgs. 368/2001 I limiti prescritti dal primo e dal secondo comma dell'articolo 35 della legge 20 maggio 1970, n. 300, per il computo dei dipendenti si basano sul numero medio mensile di lavoratori a tempo determinato impiegati negli ultimi due anni, sulla base dell'effettiva durata dei loro rapporti di lavoro. La differenza rispetto al D.lgs. 368/01, va rinvenuta nel fatto che quest’ultimo disciplinava i criteri di computo dei lavoratori con contratto a tempo determinato ai soli fini dell’applicabilità dei diritti sindacali di cui al Titolo III dello Statuto dei Lavoratori), oggi, invece, quest’ultimi assumono rilevanza ai fini ai fini dell’applicazione di qualsiasi disciplina di fonte legale o contrattuale, lasciando la possibilità che eventuali norme speciali o contrattuali diversamente dispongano. Ai fini del parametro di computo si dovrà tenere conto: -sia del numero medio mensile di lavoratori a tempo determinato, compresi i dirigenti, impiegati negli ultimi due anni; -sia della effettiva durata dei loro rapporti di lavoro.

25 LAVORO A TEMPO DETERMINATO- COSA CAMBIA
VECCHIA DISCIPLINA NUOVA DISCIPLINA Art. 7. D.lgs. 368/2001 (Formazione) 1. Il lavoratore assunto con contratto a tempo determinato dovrà ricevere una formazione sufficiente ed adeguata alle caratteristiche delle mansioni oggetto del contratto, al fine di prevenire rischi specifici connessi alla esecuzione del lavoro. 2. I contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi possono prevedere modalità e strumenti diretti ad agevolare l'accesso dei lavoratori a tempo determinato ad opportunità di formazione adeguata, per aumentarne la qualificazione, promuoverne la carriera e migliorarne la mobilità occupazionale Art. 26 E’ STATO SOPPRESSO IL COMMA 1 DELL’ART. 7 D.LGS. 368/2001 (PERTANTO, NEL NUOVO TESTO NON VI E’ PIU’ ALCUN RIFERIMENTO ESPRESSO ALLA FORMAZIONE SUFFICIENTE E ADEGUATA). TUTTAVIA, RESTA INALTERATO IL SECONDO COMMA.

26 LAVORO A TEMPO DETERMINATO:
Anche se non di particolare evidenza si segnalano elementi di novità marginali ma di interesse: all’art. 24, comma 4 si indica che il diritto di precedenza deve essere manifestato nei già tempi noti, ma con il requisito della forma scritta. Ciò evidentemente al fine di superare errate interpretazioni rese da organi ispettivi. All’art. 19 comma 5 si prevede l’informazione alle R.S.U. o R.S.A. ed al lavoratore circa i posti vacanti nell’impresa se tale onere è previsto dai contratti collettivi (in caso di inosservanza si applica art. 28 dello statuto dei lavoratori). Art. 23 comma 2 lettera f) sono esclusi dal limite di contingentamento i contratti conclusi con lavoratori di età superiore a 50 anni in luogo dei precedenti 55.

27 TEMPO PARZIALE- COSA CAMBIA
FORMA E CONTENUTI DEL CONTRATTO DI LAVORO A TEMPO PARZIALE VECCHIA DISCIPLINA NUOVA DISCIPLINA Art. 5 D.lgs. 81/2015 Art. 2 del D.lgs. N. 61/2000 Il contratto di lavoro a tempo parziale è stipulato in forma scritta ai fini della prova. Nel contratto di lavoro a tempo parziale è contenuta puntuale indicazione della durata della prestazione lavorativa e della collocazione temporale dell'orario con riferimento al giorno, alla settimana, al mese e all'anno. 1. Il contratto di lavoro a tempo parziale è stipulato in forma scritta ai fini della prova. 2. Nel contratto di lavoro a tempo parziale è contenuta puntuale indicazione della durata della prestazione lavorativa e della collocazione temporale dell’orario con riferimento al giorno, alla settimana, al mese e all’anno. 3. Quando l’organizzazione del lavoro è articolata in turni, l’indicazione di cui al comma 2 può avvenire anche mediante rinvio a turni programmati di lavoro articolati su fasce orarie prestabilite.

28 TEMPO PARZIALE- COSA CAMBIA
CALUSOLE ELASTICHE E OMESSA REGOLAMENTAZIONE DA PARTE DEI CONTRATTI COLLETTIVI E’ consentita alle parti la facoltà di concordare clausole elastiche anche in assenza di regolamentazione collettiva, tuttavia, dovranno essere rispettate specifiche condizioni. L’accordo delle parti, dovrà essere certificato davanti ad una delle commissioni individuate dall’art. 76 del d.lgs. n. 276/2003 (in tali sedi il lavoratore potrà farsi assistere dall’associazione cui conferisce mandato, da un avvocato, ovvero da un consulente del lavoro) quali competenti a gestire il procedimento di certificazione in materia di lavoro, e dovrà contenere, innanzi tutto ed a pena di nullità, l’indicazione di: a) preavviso di due giorni a carico del datore di lavoro che dispone la modifica per la comunicazione della stessa al lavoratore; b) condizioni e modalità delle possibilità di modifica della collocazione temporale della prestazione o della variazione in aumento; c) misura massima dell’aumento della prestazione lavorativa, che in ogni caso non può essere superiore al limite del 25% della normale prestazione annua a tempo parziale individuata dal contratto di lavoro. L’accordo, inoltre deve prevedere il riconoscimento al lavoratore di una maggiorazione della retribuzione oraria, pari al 15% rispetto a quella pattuita.

29 TEMPO PARZIALE- COSA CAMBIA
LAVORO SUPPLEMENTARE E OMESSA REGOLAMENTAZIONE DA PARTE DEI CONTRATTI COLLETTIVI NUOVA DISCIPLINA VECCHIA DISCIPLINA Art. 6 co. 2 Nel caso in cui il contratto collettivo applicato al rapporto di lavoro non contenga una specifica disciplina del lavoro supplementare, nei rapporti di lavoro a tempo parziale di tipo orizzontale il datore di lavoro può richiedere al lavoratore lo svolgimento di prestazioni di lavoro supplementare in misura non superiore al 25 per cento delle ore di lavoro settimanali concordate. In tale ipotesi, il lavoratore può rifiutare lo svolgimento del lavoro supplementare ove giustificato da comprovate esigenze lavorative, di salute, familiari o di formazione professionale. Il lavoro supplementare è retribuito con una percentuale di maggiorazione sull'importo della retribuzione oraria globale di fatto pari al 15 per cento, comprensiva dell'incidenza della retribuzione delle ore supplementari sugli istituti retributivi indiretti e differiti. La precedente normativa non disciplinava l’eventuale omessa regolamentazione delle prestazioni supplementari da parte della contrattazione collettiva (ipotesi quest’ultima assai rara).

30 TRASFORMAZIONE DEL RAPPORTO: DIRITTI E PRIORITA’ (Art. 8)
LAVORATORI AFFETTI DA GRAVI PATOLOGIE CRONICO-DEGENERATIVE INGRAVESCENTI VIENE RICONOSCIUTO IL DIRITTO ALLA TRASFORMAZIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO DA TEMPO PIENO A PARZIALE (NOVITA’) CONIUGE, FIGLIO, GENITORE DI UNA PERSONA CON GRAVI PATOLOGIE CRONICO-DEGENERATIVE INGRAVESCENTI HANNO LA PRIORITÀ ALLA TRASFORMAZIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO DA TEMPO PIENO A PARZIALE (NOVITA’) Il CONIUGE, IL FIGLIO O IL GENITORE DI UNA PERSONA CON PATOLOGIE ONCOLOGICHE HANNO LA PRIORITÀ ALLA TRASFORMAZIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO DA TEMPO PIENO A PARZIALE (DIRITTO GIA’ PREVISTO DALL’ Art 12 BIS D.LGS. 61/2000) LAVORATORE CHE ASSISTA UNA PERSONA CON HANDICAP GRAVE (ART. 3 COMMA 3 LEGGE 104/1992) CONVIVENTE LAVORATORE CON FIGLIO CONVIVENTE DI ETÀ NON SUPERIORE A TREDICI ANNI LAVORATORE CON FIGLIO CONVIVENTE PORTATORE DI HANDICAP (ART. 3 LEGGE 104/1992)

31 IL PART TIME IN LUOGO DEL CONGEDO PARENTALE (ART. 8)
(comma VI)Una novità prevista dal Testo Organico è rappresentata dalla facoltà di chiedere, per una sola volta, in luogo del congedo parentale spettante ai sensi del Capo V del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto di lavoro a tempo parziale per un periodo corrispondente, con una riduzione d’orario non superiore al 50 per cento. In tal caso il datore di lavoro è tenuto a dar corso alla trasformazione entro quindici giorni dalla richiesta.

32 APPREDISTATO PROFESSIONALIZZANTE
Art. 47 omissis 4. Ai fini della loro qualificazione o riqualificazione professionale e' possibile assumere in apprendistato professionalizzante, senza limiti di eta', i lavoratori beneficiari di indennita' di mobilita' o di un trattamento di disoccupazione. Per essi trovano applicazione, in deroga alle previsioni di cui all'articolo 42, comma 4, le disposizioni in materia di licenziamenti individuali, nonche', per i lavoratori beneficiari di indennita' di mobilita', il regime contributivo agevolato di cui all'articolo 25, comma 9, della legge n. 223 del 1991, e l'incentivo di cui all'articolo 8, comma 4, della medesima legge.

33 Il lavoro accessorio - cosa cambia
L’art. 48 dello schema di decreto disciplina il lavoro accessorio affermando che: “Per prestazioni di lavoro accessorio si intendono attività lavorative che non danno luogo, con riferimento alla totalità dei committenti, a compensi superiori a euro nel corso di un anno civile, annualmente rivalutati sulla base della variazione dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e degli impiegati. Fermo restando il limite complessivo di euro, nei confronti dei committenti imprenditori o professionisti, le attività lavorative possono essere svolte a favore di ciascun singolo committente per compensi non superiori a euro, rivalutati annualmente ai sensi del presente comma.”

34 Il lavoro accessorio- cosa cambia
Nella versione originaria dello schema di Decreto veniva specificato che per prestazioni di natura accessoria si intendono “attività lavorative di natura subordinata o autonoma”. Tuttavia, quest’ultima specificazione è venuta meno nella versione definitiva pubblicata in Gazzetta.

35 Il lavoro accessorio- cosa cambia
Con riferimento al termine di riferimento connesso al compenso, si registra il passaggio dall’anno solare all’anno civile, intendendosi per quest’ultimo l’arco temporale che va dal 1/01 al 31/12 di ogni anno. Il limite generale di utilizzo passa da 5000 € a 7000 €, tuttavia, i committenti: 1) imprenditori; 2) professionisti; che intendano far ricorso al lavoro accessorio non potranno erogare compensi superiori a 2000 € nei confronti del medesimo soggetto.

36 Il lavoro accessorio- cosa cambia
Importanti novità si riscontrano anche in materia di acquisto dei vaucher. I committenti imprenditori o professionisti intenzionati a far ricorso al lavoro accessorio dovranno acquistare i buoni orari esclusivamente con modalità telematiche. (lo scopo di tale disposizione è senz’altro quello di rendere tracciabile l’utilizzo dei buoni). Il valore nominale sarà fissato da un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, tenendo conto della media delle retribuzioni rilevate per le diverse attività lavorative e delle risultanze istruttorie del confronto con le parti sociali. Per gli altri committenti (non imprenditori o professionisti), resta ferma la possibilità di acquistare i buoni presso le rivendite autorizzate.

37 Lavoro accessorio - cosa cambia
Si rappresenta che, fino a quando non sarà emanato il Decreto del Ministero del Lavoro, il valore nominale del buono orario è fissato in 10 euro. A differenza dell’art. 72 del D.Lgs. n. 276/2003, viene specificato espressamente che l’unità di misura del buono sarà inequivocabilmente l’ora (1 buono per ogni ora di lavoro). Nel settore agricolo, invece, l’importo è pari all’importo della retribuzione oraria delle prestazioni di natura subordinata individuata dal contratto collettivo stipulato dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.

38 Lavoro accessorio - cosa cambia
Novità, sono riscontrabili anche nel campo relativo alla comunicazione di “attivazione” della prestazione di lavoro accessorio. L’art. 49 prevede, infatti, che i committenti imprenditori o professionisti siano tenuti, prima dell’inizio della prestazione lavorativa a comunicare, attraverso modalità telematiche, alla Direzione Territoriale competente (precedentemente la comunicazione era rivolta all’INPS): 1) i dati anagrafici e il codice del lavoratore; 2) l’indicazione del luogo della prestazione con riferimento ad un arco temporale non superiore a trenta giorni decorrente dalla data della prestazione (nella precedente interpretazione ministeriale contenuta nella circolare n. 4 del 18 gennaio 2013, i 30 giorni decorrevano dall’acquisto del vaucher). Nulla viene detto per la comunicazione dell’attivazione da parte dei committenti non imprenditori/non professionisti. Tuttavia sembra possibile affermare che tale omissione rappresenti una mera dimenticanza, in quanto, in caso contrario verrebbe di fatto a crearsi una evidente disparità di applicazione.

39 Lavoro accessorio - cosa cambia
Si introduce in via strutturale la previsione inerente i soggetti percettori di prestazioni integrative a sostegno del salario o del reddito che nel limite di € 3.000,00 possono rendere la loro prestazione in tutti i settori produttivi.

40 LAVORO INTERMITTENTE- COSA CAMBIA
La nuova disciplina del lavoro intermittente non si discosta sostanzialmente dalla precedente. In particolare, si evidenzia che il testo non riproduce alcune disposizioni significative previste dalla previgente disciplina, in materia di: 1) rifiuto della chiamata e risarcimento del danno; 2) principio di non discriminazione;

41 LAVORO INTERMITTENTE- COSA CAMBIA
IL RISARCIMENTO DEL DANNO IN CASO DI RIFIUTO INGIUSTIFICATO DI RISPONDERE ALLA DOMANDA VECCHIA DISCIPLINA NUOVA DISCIPLINA Art. 36 co. 6, D.lgs. 276/03 (rifiuto della chiamata e risarcimento del danno) Le disposizioni di cui ai commi da 1 a 5 si applicano soltanto nei casi in cui il lavoratore si obbliga contrattualmente a rispondere alla chiamata del datore di lavoro. In tal caso, il rifiuto ingiustificato di rispondere alla chiamata può comportare la risoluzione del contratto, la restituzione della quota di indennità di disponibilità riferita al periodo successivo all'ingiustificato rifiuto, nonché un congruo risarcimento del danno nella misura fissata dai contratti collettivi o, in mancanza, dal contratto di lavoro. Art. 16, indennità di disponibilità. NEL NUOVO TESTO VIENE MENO QUALSIASI RIFERIMENTO AL RISARCIMENTO DEL DANNO , NONCHÉ ALLA RISPETTIVA MISURA.

42 LAVORO INTERMITTENTE- COSA CAMBIA
TITOLARITA’ DEI DIRITTI NEL PERIODO IN CUI IL LAVORATORE RESTA DISPONIBILE A RISPONDERE VECCHIA DISCIPLINA NUOVA DISCIPLINA Principio di non discriminazione art 37 (D.lgs. 276/03) “Per tutto il periodo durante il quale il lavoratore resta disponibile a rispondere alla chiamata del datore di lavoro non e' titolare di alcun diritto riconosciuto ai lavoratori subordinati ne' matura alcun trattamento economico e normativo, salvo l'indennità di disponibilità di cui all'articolo 36 (la parte in blu non è prevista dall’art. 15 del testo organico).” . Principio di non discriminazione (art. 13) “Nei periodi in cui non viene utilizzata la prestazione il lavoratore intermittente, non matura alcun trattamento economico e normativo salvo che abbia garantito al datore di lavoro la propria disponibilità a rispondere alle chiamate, nel qual caso gli spetta l’indennità di disponibilità di cui all’articolo 16” NEL NUOVO DISPOSTO, PERTANTO, NON È STATA RIPRODOTTA LA PARTE CHE ESCLUDEVA LA TITOLARITÀ DI QUALSIASI DIRITTO IN CAPO AL LAVORATORE.

43 LAVORO INTERMITTENTE- COSA CAMBIA
AMBITO SOGGETTIVO 2. Il contratto di lavoro intermittente puo' in ogni caso essere concluso con soggetti con meno di 24 anni di eta', purche' le prestazioni lavorative siano svolte entro il venticinquesimo anno, e con piu' di 55 anni. NON E’ STATA RIPRODOTTA LA POSSIBILITA’ DI AVVIARE IL LAVORO INTERMITTENTE NELLE IPOTESI DI LAVORO STAGIONALE PREVISTO DAL DECRETO MINISTERIALE (Regio decreto , n. 2657)

44 La disciplina delle mansioni- novità
L’art. 3 del Testo organico disciplina il mutamento delle mansioni, stabilendo che Il lavoratore deve essere adibito: 1) alle mansioni per le quali è stato assunto; 2) a quelle corrispondenti all’inquadramento superiore che abbia successivamente acquisito; 3) ovvero a mansioni riconducibili allo stesso livello e categoria legale di inquadramento delle ultime effettivamente svolte. Pertanto, sembra possibile affermare che rispetto al passato, il concetto di equivalenza professionale (che prima andava ricondotto al patrimonio professionale del dipendente, a prescindere dal livello contrattuale di inquadramento), sembra ora rimesso alla disciplina prevista nel contratto collettivo, in quanto, il mutamento delle mansioni del lavoratore viene consentito tra quelle indicate nello stesso livello di inquadramento del CCNL.

45 La disciplina delle mansioni- novità
PRIMA RILEVANTE NOVITA’ Viene prevista la possibilità di mutare le mansioni anche in “peius”. Tale eventualità è consentita in caso di modifica degli assetti organizzativi aziendali che incidono sulla posizione del lavoratore, essendo in quest’ultimo caso consentita l’assegnazione del lavoratore a mansioni appartenenti all’inquadramento inferiore, purché rientranti nella medesima categoria legale. Tale mutamento, tuttavia, deve essere accompagnato (qualora risulti necessario) dall’assolvimento dell’obbligo formativo. Nonostante ciò, il mancato assolvimento dell’obbligo formativo non determina comunque la nullità dell’atto di assegnazione delle nuove mansioni.

46 La disciplina delle mansioni- novità
Quanto riportato costituisce senz’altro una delle innovazioni più interessanti del nuovo testo normativo, in quanto, il legislatore attribuisce al datore di lavoro potere esercitabile in modo unilaterale, prescindendo quindi dal consenso del lavoratore. Ovviamente, tale facoltà è strettamente ancorata alla sussistenza delle modifiche agli assetti organizzativi destinate ad incidere sulla posizione del dipendente, non essendo possibile modificare unilateralmente e in modo peggiorativo le mansioni del lavoratore in assenza di tali presupposti. Con specifico riferimento al presupposto delle variazione degli assetti organizzativi, sembra possibile sostenere che, al pari del passato (ovvero assumendo come riferimento sentenze che si sono espresse sul tema), quest’ultimo sarà considerato sussistente ad esempio quando la variazione venga realizzata con lo scopo di una più economica gestione dell’impresa, e “decisa dall'imprenditore non semplicemente per un incremento del profitto, ma per far fronte a sfavorevoli situazioni, non meramente contingenti, influenti in modo decisivo sulla normale attività produttiva ed imponenti un'effettiva necessità di riduzione dei costi”(Cassazione, sez. lav., sent. n del ).

47 La nuova disciplina delle mansioni- novità
Attraverso un espresso rinvio viene consentito ai contratti collettivi, anche aziendali, stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, di indicare ulteriori ipotesi in cui i lavoratori possono essere assegnati a mansioni appartenenti al livello di inquadramento inferiore.

48 La disciplina delle mansioni- novità
In entrambe le ipotesi precedentemente descritte, il lavoratore ha diritto alla conservazione del livello di inquadramento e del trattamento retributivo in godimento, fatta eccezione per gli elementi retributivi collegati a particolari modalità di svolgimento della precedente prestazione lavorativa.

49 La disciplina delle mansioni- novità
Pertanto, il lavoratore assegnato a mansioni inferiori non avrà diritto a ricevere gli elementi retributivi collegati a particolari modalità di svolgimento della precedente prestazione lavorativa. Ne consegue, quindi che il c.d. principio di irriducibilità della retribuzione non interesserà quelle indennità: volte a compensare l'esposizione del lavoratore ad un certo rischio (Cass. n /2000); relative al maggior disagio connesso allo svolgimento delle prestazioni lavorative in particolare circostanze di modo, di tempo e di luogo (Cass. n. 5721/1999); Di norma vengono considerate indennità estrinseche l’indennità di maneggio denaro, l’indennità di disagiata residenza, l’indennità di cuffia, etc

50 La disciplina delle mansioni- novità
SECONDA RILEVANTE NOVITA’ Nelle sedi di cui all’articolo 2113, ovvero davanti alle commissioni di certificazione di cui all’articolo 76 del decreto legislativo n. 10 settembre 2003, n. 276, possono essere stipulati accordi individuali: 1) di modifica delle mansioni, 2) del livello di inquadramento e della relativa retribuzione, Tuttavia, ai fini della loro validità quest’ultimi devono essere sottoscritti nell’interesse del lavoratore: 1) alla conservazione dell’occupazione; 2)all’acquisizione di una diversa professionalità; 3)al miglioramento delle condizioni di vita; In tali ipotesi, il lavoratore può farsi assistere da un rappresentante dell’associazione sindacale cui aderisce, da un avvocato e da un consulente del lavoro.

51 CONCILIAZIONE TEMPI DI VITA E LAVORO D.L. n. 80/2015
30 giugno 2015 CONCILIAZIONE TEMPI DI VITA E LAVORO D.L. n. 80/2015 Documento protetto da diritto di autore. Non è divulgabile in alcun modo ma fornito in utilizzo ai partecipanti al convegno.

52 Modifiche al divieto di adibire al lavoro le donne
L’art. 2 del decreto incide sull’art. 16 del D.lgs. N. 151/2001, sul quale vengono apportate distinte modifiche, in quanto viene parzialmente riscritto l’art. 16 del D.Lgs. N. 151/2001. In particolare: 1) si è proceduto alla sostituzione della lettera D) 2) è stato introdotto l’art. 16 bis dal titolo (Rinvio e sospensione del congedo di maternità)

53 Art. 16 l. d. del D.Lgs 151/2001 (versione originaria)
Testi a confronto Art. 16 l. d. del D.Lgs 151/2001 (versione originaria) Art. 16 l. d) del D.Lgs. N. 151/2001 (nuova versione) d) durante gli ulteriori giorni non goduti prima del parto, qualora il parto avvenga in data anticipata rispetto a quella presunta. Tali giorni sono aggiunti al periodo di congedo di maternità dopo il parto. d) durante i giorni non goduti prima del parto, qualora il parto avvenga in data anticipata rispetto a quella presunta. Tali giorni si aggiungono al periodo di congedo di maternità dopo il parto, anche qualora la somma dei periodi di cui alle lettere a) e c) superi il limite complessivo di cinque mesi. In forza della modifica apportata, viene chiarito che nel caso di parto avvenuto prima della data presunta, le giornate di cui al punto a) dell’art. 16 del D.Lgs. n. 151/2001 (ovvero, i due mesi precedenti la data presunta del parto) non fruite in ragione del parto anticipato, finiscono per aggiungersi in coda al periodo di congedo, garantendo comunque la fruizione dei 5 mesi complessivi.

54 Novità: l’introduzione dell’art. 16 bis
Il nuovo art. 16- bis (dal titolo “Rinvio e sospensione del congedo di maternità”), si stabilisce, invece che: 1. In caso di ricovero del neonato in una struttura pubblica o privata, la madre ha diritto di chiedere la sospensione del congedo di maternità per il periodo di cui all’articolo 16, comma 1, lettere c) e d), e di godere del congedo, in tutto o in parte, dalla data di dimissione del bambino. 2. Il diritto di cui al comma 1 può essere esercitato una sola volta per ogni figlio ed è subordinato alla produzione di attestazione medica che dichiari la compatibilità dello stato di salute della donna con la ripresa dell’attività lavorativa.

55 Novità: l’introduzione dell’art. 16 bis
Alla luce di quanto è stato riportato, ben si comprende che l’intento legislativo è senz’altro quello di consentire alla lavoratrice madre di riprendere l’attività lavorativa in presenza di due distinte condizioni oggettive: 1) La degenza del neonato in una struttura pubblica o privata; 2) La produzione di una attestazione medica comprovante la compatibilità dello stato di salute con lo svolgimento dell’attività lavorativa. Ne, consegue quindi che soltanto qualora ricorrano contestualmente entrambe le condizioni precedentemente richieste, si potrà avere una deroga al categorico divieto di adibire le donne al lavoro ex art. 16 del D.Lgs. 151/2001. Si evidenzia, infine, che la facoltà in questione è estesa anche per le ipotesi di adozione e affidamento di cui all’art. 26 del D.Lgs. 151/2001.

56 Prolungamento del diritto alla corresponsione del trattamento economico (art. 24 del D.Lgs. 151/2001) Una novità di carattere sostanziale interessa anche l’art. 24 del D.Lgs. 151/2001, inerente il prolungamento del diritto alla corresponsione del trattamento economico. Infatti, in forza dell’art. 3 si modifica l’art. 24 del D.Lgs. 151/2001 e viene esteso il pagamento diretto dell’indennità di maternità (posto a carico dell’INPS) anche nel caso di licenziamento della lavoratrice per colpa grave. In precedenza, invece, l’art. 24 richiamando esclusivamente le lettere b e c dell’art. 54 (adesso viene richiamata anche la l. a), prevedeva la corresponsione dell’indennità soltanto in caso : 1) di cessazione dell‘ attività dell'azienda cui essa e' addetta; 2) di ultimazione della prestazione per la quale la lavoratrice e' stata assunta o di risoluzione del rapporto di lavoro per la scadenza del termine;

57 Congedo di paternità L’art. 5 del Decreto, innova anche l’art 28 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, ovvero l’istituto del congedo di paternità. Si provvede, infatti: 1) all’introduzione dei commi 1 bis, 1 ter; 2) nonché alla integrazione del secondo comma del medesimo articolo. Si ricorda che il preesistente articolo 28 riconosceva la possibilità per il padre lavoratore dipendente di richiedere il congedo di maternità in alternativa alla madre lavoratrice dipendente in caso: 1) di morte; 2) di grave infermità della stessa; 3) ovvero di abbandono, 4) nonché in caso di affidamento esclusivo del bambino al padre. I nuovi commi 1 bis e 1 ter, prevedono, quindi, che lo stesso diritto possa essere esercitato anche nel caso in cui la lavoratrice madre e/o il lavoratore padre non siano dipendenti ma lavoratori autonomi. Segue

58 Congedo di paternità Alla luce di quanto è stato riportato precedentemente, ben si comprende che la riscrittura dell’articolo 28 finisce per estendere la platea dei padri potenzialmente beneficiari del congedo di maternità, contemplando anche il caso dei lavoratori autonomi. Va specificato, infine, che qualora sussistano le condizioni individuate dal nuovo art. 5 del Decreto, l’indennità di maternità di cui all’art. 66 del D.Lgs. n. 66/01 spetterà al padre lavoratore autonomo, previa domanda all’INPS; inoltre, il legislatore integrando il precedente comma 2 dell’art. 28, ha specificato che sarà l’Istituto previdenziale a provvedere d’ufficio agli accertamenti amministrativi necessari all’erogazione dell’indennità prevista a favore di tali soggetti.

59 Novità in tema di adozioni e affidamenti
l’articolo 26, al comma 4, riconosce alla lavoratrice che durante il periodo di permanenza all'estero, non richieda o richieda solo in parte il congedo di maternità, la possibilità di fruire di un congedo non retribuito, senza diritto ad indennità. Anche sul disposto in questione è intervenuto il Decreto apportando novità interessanti. In particolare, attraverso la modifica dell’ art. 31 del D.Lgs. n. 151/01, viene stabilito che il congedo di cui all’articolo 26, comma 4 (D.Lgs. n. 151/01) spetta, alle medesime condizioni, al lavoratore dipendente anche qualora la madre non sia lavoratrice.

60 Congedo parentale (modifiche all’art. 32 del D.Lgs. 151/2001)
Viene prolungato dall’ ottavo anno al dodicesimo anno di età del bambino la possibilità di fruire del congedo parentale ex art. 32 del D.Lgs. N. 151/2001. È stata prevista poi l’introduzione del comma 1 ter , il quale stabilisce che “in caso di mancata regolamentazione, da parte della contrattazione collettiva, anche di livello aziendale, delle modalità di fruizione del congedo parentale su base oraria, ciascun genitore può scegliere tra la fruizione giornaliera e quella oraria. La fruizione su base oraria è consentita in misura pari alla metà dell’orario medio giornaliero del periodo di paga quadrisettimanale o mensile immediatamente precedente a quello nel corso del quale ha inizio il congedo parentale. È esclusa la cumulabilità della fruizione oraria del congedo parentale con permessi o riposi di cui al presente decreto legislativo. Le disposizioni di cui al presente comma non si applicano al personale di comparto sicurezza e difesa e a quello dei vigili del fuoco e soccorso pubblico”. Attraverso il disposto in questione, quindi, il legislatore mira a disciplinare le modalità di fruizione del congedo parentale su base oraria nel caso di omessa disciplina da parte della contrattazione collettiva.

61 Congedo parentale (modifiche all’art. 32 del D.Lgs. 151/2001)
Ai fini dell'esercizio del diritto in esame, “il genitore è tenuto, salvo casi di oggettiva impossibilità, a preavvisare il datore di lavoro secondo le modalità e i criteri definiti dai contratti collettivi e, comunque, con un termine di preavviso non inferiore a cinque giorni indicando l'inizio e la fine del periodo di congedo. Il termine di preavviso è pari a 2 giorni nel caso di congedo parentale su base oraria.”

62 Prolungamento del congedo (art. 33 D.Lgs. 151/2001)
Si pone in linea con gli obiettivi del Decreto l’intervento inerente l’assistenza dei minori con handicap. Viene, infatti, prolungata sino al dodicesimo anno di vita del bambino la possibilità di fruire dei congedi parentali ai sensi dell’art. 33 D.lgs 151/2001 (in precedenza tale facoltà era ammessa solo entro il compimento dell’ottavo anno di età del bambino). Si ricorda che il congedo in questione può essere fruito in misura continuativa o frazionata, per un periodo massimo non superiore a tre anni, comprensivo del periodo di normale congedo parentale (ex art. 32 D.lgs. 151/2001).

63 Art. 34. Trattamento economico e normativo
Il Decreto incide anche con riferimento all’art. 34 del D.Lgs. 151/2001 stabilendo che l’indennità pari al 30 % della retribuzione va riconosciuta: 1) Fino al sesto anno di età del bambino; 2) precedentemente veniva prevista soltanto fino al terzo anno di età del bambino; Tuttavia, contestualmente alla modifica in questione, è stato soppresso il terzo comma dell’art. 34, il quale stabiliva che “per i periodi di congedo parentale di cui all'articolo 32 ulteriori rispetto a quanto previsto ai commi 1 e 2 e' dovuta un'indennita' pari al 30 per cento della retribuzione, a condizione che il reddito individuale dell'interessato sia inferiore a 2,5 volte l'importo del trattamento minimo di pensione a carico dell'assicurazione generale obbligatoria. Il reddito e' determinato secondo i criteri previsti in materia di limiti reddituali per l'integrazione al minimo.”

64 Novità in tema di adozioni e affidamenti
anche in caso di adozione e affidamento (art. 36 D.Lgs. 151/01), è stata prolungata sino al dodicesimo anno d’ingresso del minore in famiglia e comunque non oltre la maggiore età, la possibilità di fruire dei congedi parentali ai sensi dell’art. 32 D.lgs 151/2001. Nel sistema originario delineato dall’art. 36 del D.Lgs. 151/2001 la facoltà in questione veniva riconosciuta soltanto entro otto anni dall'ingresso del minore in famiglia. Anche con riferimento a tale eventualità vengono migliorate le tutele economiche spettanti in caso di fruizione del congedo parentale, in quanto viene riconosciuta l’indennità pari al 30% della retribuzione sino a sei anni (anziché i precedenti 3) dall'ingresso del minore in famiglia.

65 Integrazioni in tema di tutela del lavoro notturno
L’Art. 11 del Decreto introduce nell’art. 53 del D.Lgs. 151/01 il nuovo comma b-bis. In buona sostanza, tale integrazione specifica che i divieti individuati in materia di lavoro notturno, trovano applicazione anche nei confronti: 1) della lavoratrice madre adottiva o affidataria di un minore, nei primi tre anni dall’ingresso del minore in famiglia, e comunque non oltre il dodicesimo anno di età; 2) ovvero, in alternativa ed alle stesse condizioni, al lavoratore padre adottivo o affidatario convivente con la stessa;

66 Lavoratrici iscritte alla gestione separata - adozioni
In forza dell’articolo 13 del decreto legislativo, viene introdotto l’art. 64 bis nel D.lgs. 151/2001. Lo scopo di tale disposto, è quello di estendere alle lavoratrici autonome iscritte alla gestione separata INPS il diritto a percepire l’indennità di maternità per i 5 mesi successivi all’effettivo ingresso del minore in famiglia in caso di adozione nazionale o internazionale nel rispetto delle condizioni e delle modalità che saranno individuate attraverso un apposito decreto ministeriale.

67 Estensione del principio di automaticità delle prestazioni
Attraverso il nuovo art. 64 ter, introdotto dall’articolo 13, viene esteso il principio di automaticità delle prestazioni anche per i lavoratori e le lavoratrici iscritte alla gestione separata. Pertanto, sotto in tale evenienza, al pari di quanto è previsto per i lavoratori dipendenti, l’indennità di maternità verrà assicurata anche in caso di mancato versamento dei contributi da parte del committente.

68 Modifiche all’art. 66 del D.Lgs. N. 151/2001
L’art. 15 del decreto è volto, invece, ad integrare l’art. 66 del D. Lgs. 151/2001 (ovvero, la disposizione normativa inerente l’ Indennità di maternità per le lavoratrici autonome e le imprenditrici agricole). Si ricorda che l’art. 66 del D.Lgs. 151/2001 stabiliva nella sua versione originaria che “alle lavoratrici autonome, coltivatrici dirette, mezzadre e colone, artigiane ed esercenti attività commerciali di cui alle leggi 26 ottobre 1957, n. 1047, 4 luglio 1959, n. 463, e 22 luglio 1966, n. 613, alle imprenditrici agricole a titolo principale, nonché alle pescatrici autonome della piccola pesca marittima e delle acque interne, di' cui alla legge 13 marzo 1958, n. 250, e successive modificazioni, è corrisposta una indennità giornaliera per il periodo di gravidanza e per quello successivo al parto calcolata ai sensi dell'articolo 68”. Tuttavia il decreto ha ampliato tale disposizione stabilendo che l’indennità in questione “spetta al padre lavoratore autonomo, per il periodo in cui sarebbe spettata alla madre lavoratrice autonoma o per la parte residua, in caso di morte o di grave infermità della madre ovvero di abbandono, nonché in caso di affidamento esclusivo del bambino al padre”.

69 Interventi sull’art. 67 del D.Lgs. 151/01
Il Decreto interviene anche sull’art. 67 del D.Lgs. 151/01, infatti, si procede all’introduzione del comma 1 bis, nonché alla riscrittura del secondo comma. Nello specifico il nuovo comma 1 bis stabilisce che: “l’indennità di cui all’articolo 66, comma 1-bis, è erogata previa domanda all’INPS, corredata dalla certificazione relativa alle condizioni ivi previste. In caso di abbandono il padre lavoratore autonomo ne rende dichiarazione ai sensi dell’articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445”. In forza della riscrittura del secondo comma si afferma che “in caso di adozione o di affidamento, l’indennità di maternità di cui all’articolo 66 spetta, sulla base di idonea documentazione, per i periodi e secondo quanto previsto all’articolo 26.” Nel precedente secondo comma si stabiliva, invece, che “in caso di adozione o di affidamento, l’indennità di maternità di cui all'articolo 66 spetta, sulla base di idonea documentazione, per tre mesi successivi all'effettivo ingresso del bambino nella famiglia a condizione che questo non abbia superato i sei anni di età, secondo quanto previsto all'articolo 26, o i 18 anni di età, secondo quanto previsto all'articolo 27”.

70 Modifiche in materia di indennità di maternità per le libere professioniste
È perfettamente coerente con lo scopo della delega, anche l’intervento sull’art. 70 del D.lgs. n. 151/2001, in materia di indennità di maternità per le libere professioniste. Si ricorda che la disposizione normativa in questione, riconosce alle libere professioniste, iscritte ad un ente che gestisce forme obbligatorie di previdenza presenti nella tabella D allegata al D.Lgs. 151/2001 la possibilità di fruire un’indennità di maternità per i due mesi antecedenti la data del parto, e per i tre mesi successivi alla stessa.

71 Modifiche in materia di indennità di maternità per le libere professioniste
Una volta individuate tali premesse, si evidenzia che l’art. 18 del Decreto innovando la disciplina in materia, aggiunge attraverso il comma 3 ter nell’art. 70 del D.Lgs. 151/2001, il riferimento al padre lavoratore autonomo, iscritto a una delle suddette casse, quale avente diritto all’indennità di maternità nel caso in cui la madre non possa fruirne, nonché in caso di affidamento esclusivo del bambino al padre.

72 Modifiche in materia di indennità di maternità per le libere professioniste
Si ricollega a quanto è stato precedentemente riportato anche la modifica intervenuta ad opera dell’art. 19 del Decreto sull’art. 71 D.Lgs. 151/01 (Termini e modalità di domanda). In quanto, in forza del neo introdotto comma 3 bis, si stabilisce che il padre libero professionista al fine di accedere all’indennità in questione sarà tenuto a presentare una domanda al competente ente previdenziale, corredata dalla certificazione relativa alle condizioni ivi previste.

73 Art. 72 Adozioni e affidamenti
L’art. 20 del decreto legislativo in commento sostituisce il comma 1 dell’art. 72 del D.lgs. 151/2001 In forza delle modifiche apportate all’art. 72 del D.Lgs. 151/2001, l’indennità spetta anche alla lavoratrice (ovvero al lavoratore nel caso in cui quest’ultima non possa fruirne) iscritta ad un ente che gestisce forme obbligatorie di previdenza in caso di adozione o affidamento. In particolare la lavoratrice (stante l’espresso richiamo all’art. 26 del D.Lgs. 151/2001) potrà fruire del congedo: 1) per i primi cinque mesi successivi all'effettivo ingresso del minore nella famiglia; 2) in caso di adozione internazionale, invece, il congedo può essere fruito prima dell'ingresso del minore in Italia, durante il periodo di permanenza all'estero richiesto per l'incontro con il minore e gli adempimenti relativi alla procedura adottiva. Ferma restando la durata complessiva del congedo, questo può essere fruito entro i cinque mesi successivi all'ingresso del minore in Italia.

74 Lavoro notturno Il D.lgs. Aggiunge all’art. 11 co. 2 del D.lgs. 66/2003 l’ipotesi di esclusione dal lavoro notturno per la lavoratrice madre e al lavoratore padre di un minore, nei primi tre anni di ingresso del minore nella famiglia e comunque non oltre il dodicesimo anno di età.

75 Novità in materia di telelavoro
Attraverso l’art. 23 del Decreto si riconosce ai datori di lavoro privati che facciano ricorso all’istituto del telelavoro per motivi legati ad esigenze di cure parentali in forza di accordi collettivi (quindi anche contratti collettivi aziendali), il beneficio dell’esclusione dei lavoratori ammessi al telelavoro dal computo dei limiti numerici previsti da leggi e contratti collettivi per l'applicazione di particolari normative e istituti. Si pensi ad esempio ai limiti previsti: 1) ai fini del riconoscimento della tutela reale art. 18 L. n. 300/70; 2) Per la procedura di riduzione del personale ex art. 24 L. 223/1991. 3) Per l’assunzione degli apprendisti (datori di lavoro che occupano fino a 9 dipendenti). Appare evidente, quindi, che il legislatore attraverso la misura in questione mira sostanzialmente ad incentivare il telelavoro, muovendo dall’assunto che lo stesso si presta ad essere un valido strumento per la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro.

76 Art. 24 (Congedo per le donne vittime di violenza di genere)
L’articolo 24 riconosce alle donne (ad esclusione di quelle impiegate in attività di lavoro domestico) che partecipano a percorsi di protezione relativi alla violenza di genere, la facoltà di astenersi dal lavoro (a prescindere dal fatto che il datore sia privato o pubblico) per un periodo massimo di 3 mesi (tale congedo può essere fruito su base oraria o giornaliera nell’arco temporale di tre anni). Durante tale periodo di congedo è dovuta alla lavoratrice l’intera retribuzione. Inoltre, tale periodo è computato: 1) ai fini dell’anzianità di servizio a tutti gli effetti, 2) nonché ai fini della maturazione delle ferie, della tredicesima mensilità e del trattamento di fine rapporto.

77 Art. 24 (Congedo per le donne vittime di violenza di genere)
Anche per le collaboratrici a progetto che versino in situazioni analoghe a quelle descritte nella precedente slide viene riconosciuto il diritto alla sospensione del rapporto contrattuale per un periodo massimo di tre mesi.

78 Diritto alla trasformazione del rapporto in tempo parziale
Sempre in forza dell’art. 24 del decreto, viene stabilito che la lavoratrice che versa in una delle condizioni precedentemente indicate ha diritto alla trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno: 1) in lavoro a tempo parziale, verticale od orizzontale. 2) Il rapporto di lavoro a tempo parziale deve essere nuovamente trasformato, a richiesta della lavoratrice, in rapporto di lavoro a tempo pieno.


Scaricare ppt "Jobs Act: Riordino delle tipologie contrattuali."

Presentazioni simili


Annunci Google