FARE I CESTI CON I VIMINI UN LAVORO DEI NOSTRI NONNI: 2 DICEMBRE 2010

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Transcript della presentazione:

FARE I CESTI CON I VIMINI UN LAVORO DEI NOSTRI NONNI: 2 DICEMBRE 2010 LABORATORIO DI CLASSE 2^ Scuola Primaria G.CARDUCCI di Concordia Sagittaria UN LAVORO DEI NOSTRI NONNI: FARE I CESTI CON I VIMINI

Che divertimento raccogliere il mais alla fattoria del nonno di Enrico ! Lo abbiamo raccolto a mano, usando i cesti, come una volta. Abbiamo raccolto anche le arachidi.

Che giornata meravigliosa con il cane che spezza lo spago e con Shamir !

... E che grande merenda !

Due mesi dopo il nonno Toni ci ha portato a scuola un signore che sa fare i cesti: il signor Giuliano Delle Vedove di Pramaggiore.

Dario – Che legno usate ? Signor Giuliano – Usiamo i vimini che sono i rami del salice. In dialetto concordiese si chiamano vencs. Enrico – Perché hanno colori diversi ? Signor Giuliano – I “venchi” gialli provengono dal salice giallo, i “venchi” scuri provengono dal salice nero; quelli bianchi sono così perché ho tolto loro la corteccia. I “venchi” venivano utilizzati non solo per i cesti, ma anche per legare qualsiasi cosa. Cominciamo intrecciando cinque bastoncini con altri cinque a forma di croce.

Signor Giuliano - Infilo due vimini sottili per tenere insieme la croce di bastoncini e comincio l’intreccio: prendo due bastoncini, esco, ne prendo altri due, esco... sempre così, fino a quando non ho finito la corona d’inizio. Davide – Non si rompevano i vimini ? Signor G. – Eh, bisogna saper scegliere le piante giuste ! Non si possono tagliare i giovani rami di primavera. Bisogna tagliarli a luglio quando c’è la luna calante e sono maturi. Si toglie loro la corteccia e si conservano in una stanza per terra, sopra alla paglia. Ogni tanto si bagnano per tenerli umidi e morbidi. Un giorno prima di fare il cesto, i “venchi” si mettono nell’acqua, così si ammorbidiscono e si possono lavorare facilmente senza che si spezzino.

Terminata la corona d’inizio, vi infilo quaranta vimini e li lego tutti insieme sopra alla corona. Sofia – Era un mestiere fare i cesti ? Signor G. – Sì, una volta i soldi erano pochi, perciò chi sapeva fare i cesti, poi li andava a vendere al mercato a Portogruaro. Si costruivano d’inverno, quando non si poteva lavorare nei campi. Di sera ci si trovava nelle stalle calde per fare questi lavori.

Infilo sei vimini sottili nel fondo e ricomincio l’intreccio... dentro due, fuori due, dentro due, fuori due.... procedendo verso l’alto e dando forma al cesto. Dopo pochi giri, posiziono il manico che verrà trattenuto dall’intreccio.

Giunto alla corona di fine, cioè il bordo del cesto, taglio i vimini che sporgono. Emanule B. – A che cosa servivano i cesti ? Signor G.- Servivano per la raccolta del mais, dell’uva e per trasportare varie cose. Andrea – Come facevate a piegare i manici ? Signor G.- Piano, piano si domava il legno con le mani.

E IL CESTO E’ PRONTO ! El sestòn, come si dice a Concordia. Questo è per voi. Giovi Chi – Quanto tempo ci si mette per fare un cesto ? Signor G.- Dipende dalla grandezza del cesto. Circa mezza giornata. Alessio – Perché non si usano più ? Signor G.- Qualcuno li usa ancora . Matteo P.- Che giocattoli avevi da piccolo? Signor G.- Mi costruivo i cavallini con le canne del mais. Enrico – Con chi giocavi ? Signor G.- Avevo tanti amici ! Sofia – Avevate la lavatrice ? Signor G.- Eh no ! Cristian – Era pesante l’aratro ? Signor G.- Eh, abbastanza ! Giovi Cu – Avevate i bachi da seta ? Signor G.- Come no !

Un GRAZIE affettuoso al nostro grande nonno Toni e al signor Giuliano Delle Vedove ! LA CLASSE 2^ della scuola G. CARDUCCI di Concordia Sagittaria