Convegno Internazionale

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Convegno Internazionale «Fenici e Italici, Cartagine e la Magna Grecia» Università della Calabria, 27-28 maggio 2008 Caratteri della colonizzazione romana della Magna Grecia agli inizi del II sec. a.C. di Alessandro Cristofori (alessandro.cristofori@unical.it)

L’argomento della relazione Un titolo sconsideratamente vasto per una relazione da 20 minuti. Uno status quaestionis generale nel lungo abstract. Il soggetto della relazione: le motivazioni del programma di colonizzazione.

I limiti dell’indagine Limiti geografici: un concetto “stretto” di Magna Grecia. Le colonie fondate da Roma nel territorio di vecchie poleis greche o di comunità ellenizzate: Dikearchia, Pyxus, Temesa, Hipponion, Kroton e Thurioi. Non si escludono completamente le coeve colonie di Liternum, Volturnum, Salernum e Sipontum. Limiti cronologici: un’esperienza che va dal 197 a.C. (voto di Puteoli, Liternum, Volturnum, Salernum e Buxentum) al 186 a.C. (rinforzo di Buxentum e Sipontum). Un’esperienza compatta, che dovrebbe presentare caratteri peculiari.

Le aree campane e apula

Le aree lucana e bruzia

Le ragioni della colonizzazione della Magna Grecia all’inizio del II sec. a.C. Il sostanziale silenzio delle fonti antiche. Un’opinione diffusa nella dottrina moderna: la risposta di Roma alla minaccia di invasione dell’Italia meridionale da parte dei sovrani ellenistici. Un’ipotesi interessante e feconda, che va vagliata in base a tre interrogativi: L’ipotesi è credibile dal punto di vista della cronologia? La strategia complessiva di Roma conferma la supposta “psicosi da invasione”? Il programma di colonizzazione era la risposta migliore a questa minaccia?

La cronologia del programma coloniario 197 a.C.: voto delle 5 colonie romane di Volturnum, Liternum, Puteoli, Salernum e Buxentum (Liv., XXXII, 29, 3-4, passo 1). 197-194 a.C. (196-195 a.C.?): voto delle 3 colonie romane di Sipontum, Croto e Tempsa. 194 a.C.: deduzione delle 8 colonie romane (Liv., XXXIV, 45, 1-5, passo 2). Fine 194 a.C.: voto delle colonie latine in ager Thurinum e in Bruttios (Liv., XXXIV, 53, 1-2, passo 3). 193 a.C.: deduzione della colonia latina nel territorio turino (Copia?) (Liv., XXXV, 9, 7-8, passo 4). 192 a.C.: deduzione della colonia latina di Valentia (Liv., XXXV, 40, 5-6, passo 5).

Quale minaccia? Da escludere una risposta ai timori di un’invasione dell’Italia da parte di Filippo V. Il programma è impostato a partire dal 197 a.C., anno di Cinocefale. Più verosimile una connessione con la minaccia rappresentata da Antioco III. Siamo negli anni della “guerra fredda” tra Roma e monarchia seleucide, che sfocia in conflitto aperto nel 192 a.C. Da escludere le 5 colonie votate nel 197 a.C., quando Roma non poteva ancora prevedere un imminente guerra contro Antioco III.

Il piano di Annibale Un piano di invasione dell’Italia che potrebbe giustificare la risposta di Roma. Le fonti: Liv., XXXIV, 60, 3-6 e App., Syr. 25-29 (passi 6-7), verosimilmente da Polibio. Il piano: un finto attacco di Antioco III sulla Grecia, il colpo decisivo di Annibale sull’Italia (con l’aiuto di Cartagine). Un piano che considereremo autentico, nonostante le perplessità che sussistono.

Quando Annibale propose il suo piano? Livio: nel 194 a.C., apparentemente dopo la deduzione delle 8 colonie romane e il voto delle 2 colonie latine. Appiano: dopo il racconto dell’ambasce-ria seleucide di Lisia, Egesianatte e Menippo a Roma (fine 194 - inizi 193 a.C.).

Come e quando Roma poté apprendere del piano di Annibale? Un piano la cui riuscita era fondata sul fattore sorpresa. Le preoccupazione di segretezza di Annibale: la missione a Cartagine di Aristone di Tiro. La scoperta del tentativo di Aristone da parte della fazione antibarcide e la sua denuncia al Senato di Roma (al più presto nella tarda primavera del 193 a.C.)

L’abbandono del piano di Annibale Ennio, Ann., fr. 381 (passo 8): Hannibal audaci cum pectore de me hortatur,/ ne bellum faciam, quem credidit esse meum cor/ suasorem summum et studiosum robore belli. Come accordare le esortazioni alla pace dell’Annibale enniano con le testimonianze sui suoi progetti di guerra? Un diverso livello cronologico: se la guerra non può essere combattuta secondo il suo piano, meglio non combatterla affatto. Quando avvenne il mutamento: prima dell’invasione della Grecia (autunno del 192 a.C.) Da non escludere i mesi che precedettero la battaglia delle Termopili (aprile 191 a.C.).

Gli elementi a supporto della “psicosi da invasione”: il 194 e il 193 a.C. Apparentemente un allentamento della tensione tra la fine del 194 e gli inizi del 192 a.C., rispetto alla fine del 195 a.C. Elezione al consolato del 194 a.C. di Scipione Africano, che chiede la provincia di Macedonia. 194 a.C.: i consoli sono piuttosto impegnati nell’Italia settentrionale; nessun esercito in Italia meridionale. 193 a.C.: i consoli ricevono le province della Gallia e dei Ligures; nessun esercito in Italia meridionale.

Il dispositivo romano nel 192 a.C. La critica di Liv., XXXV, 20, 1 (passo 9): Romae destinabant quidem sermonibus hostem Antiochum, sed nihildum ad id bellum praeter animos parabant. Le province consolari: inizialmente per entrambi l’Italia, poi al primo le elezioni e la Gallia, al secondo, nel caso, un incarico extra Italiam. Di fatto entrambi i consoli agiscono in Italia settentrionale, contro Liguri e Boi.

La difesa dell’Italia meridionale nel 192 a.C. L’assegnazione della provincia dei Bruttii ad un pretore con 2 legioni, 15 mila fanti e 500 cavalieri alleati. Il compito di allestire (nelle basi bruzie?) una flotta di 35 quinquiremi ad un secondo pretore. Una forza destinata a contrastare l’attacco di Annibale? O piuttosto a operare contro Nabide? Una disposizione piuttosto offensiva: la flotta opera sulle coste del Peloponneso, l’esercito di terra si sposta prima a Taranto e a Brindisi (Liv., XXXV, 23, 1-10, passo 10), poi è traghettato in Epiro. Movimenti che significavano cacciarsi deliberatamente nella trappola di Annibale.

La difesa della Sicilia nel 192 a.C. Le voci (incontrollate) di un attacco sulla Sicilia non interrompono il movimento delle truppe romane dalla regione bruzia all’Adriatico. Pattugliamento delle acque prospicienti la Grecia e guarnigioni sulle coste della Sicilia orientale (Liv., XXXV, 23, 1-10, passo 10).

Le colonie dedotte nel 194-192 a. C Le colonie dedotte nel 194-192 a.C. erano la risposta migliore alla minaccia? Le colonie romane Le 8 colonie romane fondate nel 194 a.C. non godevano della vacatio militiae, che aveva fatto delle vecchie coloniae maritimae gli strumenti migliori per la sorveglianza delle coste. Non compaiono nell’elenco delle colonie che nel 191 a.C. protestarono per l’arruolamento dei loro cittadini nella flotta (Liv., XXXVI, 3, 4-6, passo 11). Una vacatio militiae forse già ritirata nel 207 a.C. (Liv., XXVII, 38, 1-5, passo 12). Roma può aver seriamente pensato di ostacolare il temuto esercito seleucide, guidato dal geniale Annibale, con sparsi presidi di 300 capifamiglia?

Le colonie dedotte nel 194-192 a. C Le colonie dedotte nel 194-192 a.C. erano la risposta migliore alla minaccia? Le colonie latine Due insediamenti di 3.300 e 4 mila coloni: potenzialmente una seria sfida per il corpo scelto di Annibale. La lezione del 218 a.C.: le forti colonie latine di Placentia e Cremona travolte dallo stesso Annibale in una fase di “crisi di assestamento”. La stessa crisi di assestamento che attraversavano le due colonie della regione bruzia nel 193-192 a.C. Chi poteva chiedere ai coloni di esporsi ad un potenziale massacro? Chi si sarebbe arruolato nelle colonie davanti al rischio concreto di un attacco di Annibale? Perché non adottare per la difesa della regione bruzia la medesima strategia impiegata in Sicilia nel 192 a.C.?

Ipotesi che suscitano perplessità Più prudente sganciare la colonizzazione di inizio II sec. a.C. dalla contingenza della guerra contro Antioco III. Ipotesi alternativa: un tentativo di rivitalizzazione economica della Magna Grecia, in senso commerciale. Le colonie della Magna Grecia come sbocchi per le merci dell’interno, aperti sull’intero Mediterraneo (Puteoli, Croto, Valentia, la colonia del territorio turino). Il rischio di scambiare effetti per cause: quale consapevolezza di questi sviluppi vi era al momento dell’ideazione del programma coloniario? Da non sottovalutare, in particolare per le due colonie latine, il fattore della produzione agricola.

La motivazione principale del programma coloniario Fenomeni complessi hanno ragioni complesse: ma è lecito proporre una gerarchia di ragioni. La volontà di presidiare il territorio contro la minaccia interna delle infide popolazioni italiche del Meridione. Una motivazione esplicitamente riferita da Strab., V, 4, 13 per la colonia romana di Salernum e i Picentini (passo 13).

La sfiducia nei confronti delle comunità del Meridione nel 200 a.C. Diffidenza nei confronti delle poleis italiote, ma soprattutto delle popolazioni italiche del Meridione nel discorso di P. Sulpicio Galba (Liv., XXXI, 7, 11-12, passo 14). Una fonte a sostegno dell’ipotesi della minaccia esterna? Una distorsione propagandistica: è la concretezza della minaccia delle comunità del Meridione a dare concretezza al pericolo rappresentato da Filippo V.

Elementi a sostegno dell’ipotesi La decisione di ripopolare le abbandonate colonie di Buxentum e Sipontum nel 186 a.C., in un momento in cui ogni minaccia esterna era svanita (Liv., XXXIX, 23, 3-4, passo 15). La necessità di mantenere regolarmente nel Meridione una provincia magistratuale tra il 191 e 183 a.C. Quale il ruolo delle colonie del 194-192 a.C. nell’affaire dei Baccanali?