Il teatro di Carlo Goldoni CARLO GOLDONI: 1707 (Venezia)-1793 (Parigi). Nasce da una famiglia di condizione borghese. Studia Legge a Padova, ma nel frattempo scoppia in lui la passione teatrale. Diventa in seguito scrittore di teatro per professione. Questo fa di Goldoni un nuovo tipo di intellettuale: in un’età in cui gli scrittori o fanno parte della nobiltà e del clero oppure sono al servizio dei signori che fungono da mecenati, Goldoni vive della sua professione. Non scrive più per un pubblico di letterati, ma per il mercato, cercando quindi di assecondarne i gusti, le inclinazioni e le richieste. Questo prefigura la condizione futura degli intellettuali. La riflessione del Goldoni nasce in ambito arcadico-razionalistico ed è contraria a quanto di bizzarro era ancora presente nella commedia barocca ma che aspira alla semplicità e alla naturalezza, più vicina alla ripresa di una tradizione illustre classica e rinascimentale.
Nel ‘700 i tre generi sono la tragedia, il melodramma e la commedia dell’arte. Goldoni assume nei confronti di questo ultimo genere un atteggiamento polemico in scritti teorici: la comicità era volgare, i tipi umani rappresentati dalle maschere erano stereotipati, la recitazione degli attori era ripetitiva, gli intrecci erano assolutamente inverosimili. Goldoni procedette gradualmente nella sua riforma, anche perché egli stesso dovette compiere un percorso di consapevolezza: prima stese per intero solo la parte del protagonista (Momolo cortesan, 1738) in cui il mondo entra nel teatro, poi nel 1743 arrivò alla stesura intera con La donna di garbo. Il pubblico cui si rivolge è quello borghese, ceto da cui lui stesso proveniva. Venezia era una repubblica oligarchica e il potere era in mano ad una stretta cerchia di famiglie nobili, ma possedeva anche un solido ceto borghese, sopratutto mercantile. In questa celebrazione del mercante si manifesta anche la critica al ceto nobiliare, ritenuto superbo, ozioso, parassitario e prepotente.
La commedia dell’arte La commedia di Goldoni Si improvvisa su un canovaccio. I personaggi sono psicologicamente piatti, il loro modo di essere è fisso e stereotipato, sono “tipi” e non “caratteri”. La maggior parte dei personaggi indossa una maschera. 4) Le trame sono inverosimili e strampalate, un pretesto per esibirsi in “lazzi” e battutacce. 1) l’attore abbandona l’improvvisazione per adeguarsi a un copione interamente scritto e imparato a memoria ricchezza di sfumature psicologiche ed ambientali 2) La commedia "di carattere". E’ il vero nucleo della riforma goldoniana e consiste nel passaggio dal “tipo” al “carattere". Nella commedia di carattere i personaggi vanno definendosi progressivamente, il carattere si precisa e si modifica nel corso della rappresentazione, non sono “tipi” fissi ma personaggi in evoluzione. 3) L’abolizione delle maschere. La commedia di carattere implica l’abolizione delle maschere , perché dietro di esse è pressoché impossibile per l’attore rendere la complessità del personaggio. 4) Si rappresenta la vita reale. Le complicate ed inverosimili avventure della Commedia dell’arte cedono il passo ai più comuni fatti della vita: il pubblico avrebbe trovato sulla scena una sorta di specchio nel quale rivedere se stesso, con le normali passioni, speranze, sentimenti, pregi e difetti d’ogni essere umano.
Nasce così una commedia realistica, che si suole dividere in due gruppi: la commedia di carattere, volta a mettere in evidenza un certo tipo di carattere, e la commedia d’ambiente, volta a mettere in evidenza un determinato ambiente. Ma di fatto le commedie di Goldoni sono allo stesso tempo di carattere e di ambiente Seguendo le linee dell’illuminismo moderato del suo tempo, G. non cerca una contrapposizione violenta alla nobiltà, ma si limita a scuoterla dal suo stato di inerzia e di improduttività. In un secondo periodo, però, la sua visione della borghesia diventerà meno ottimistica e ne metterà in evidenza da un lato l’avarizia (I Rusteghi e Sior Todero brontolon), dall’altro lo sperpero dell’ostentazione (trilogia della villeggiatura: Le smanie della villeggiatura, Le avventure della villeggiatura, Il ritorno dalla villeggiatura).
Nelle sue commedie si respira comunque una grande fiducia nelle possibilità dell’uomo dabbene, del cittadino onorato e leale, e di una convivenza serena basata sulla guida della ragione di chiara influenza illuministica. Del resto sia gli uomini del Caffè che Voltaire espressero sulle sue commedie un giudizio positivo. La volontà di realta’ all’interno delle sue commedie poneva il problema della lingua: l’italiano (o, come veniva anche chiamato, il toscano) non era una lingua reale, ma solo letteraria, usato solo dalle persone di regioni diverse quando volevano comunicare tra loro. Era perciò una lingua abbastanza piatta e convenzionale. Goldoni si sforza di farne una lingua non libresca. La lingua delle commedie rivela consistenti e variegati prestiti dialettali. Quando Goldoni si rivolge più specificamente al pubblico della sua città usa il dialetto veneto. Il dialetto di Goldoni è però molto diverso da quello utilizzato dalla commedia dell’arte, nella quale veniva forzato in modo grottesco e caricaturale a scopo di riso, Goldoni invece lo usa in chiave mimetica, per riprodurre la conversazione quotidiana.
La locandiera 1751. La storia si incentra sulle vicende di Mirandolina, un'attraente e astuta giovane donna che con l'aiuto del suo cameriere Fabrizio gestisce a Firenze una locanda ereditata dal padre, conquistando tutti gli ospiti della pensione: il Marchese di Forlimpopoli, nobile per nascita ma senza un soldo, il ricco conte di Albafiorita, che ha acquistato con il denaro la sua nobiltà, e infine il cavaliere di Ripafratta, inizialmente indifferente a Mirandolina, ma poi anche lui conquistato. Nel finale a sorpresa Mirandolina non si concederà a nessuno dei suoi nobili pretendenti, ma sceglierà di sposare il cameriere Fabrizio, la persona più adatta a gestire con lei la Locanda. Nella sua scelta Mirandolina si rivela donna intelligente e pratica, e rappresenta in pieno gli ideali della borghesia emergente nel ‘700.