10 proposte per una gestione sostenibile dei rifiuti Stefano Ciafani Vice Presidente nazionale di Legambiente.

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10 proposte per una gestione sostenibile dei rifiuti Stefano Ciafani Vice Presidente nazionale di Legambiente

1. Aumentare il costo dello smaltimento in discarica Se la discarica continua ad essere troppo economica, qualsiasi ipotesi alternativa rischia di non concretizzarsi mai. Su pressione degli enti locali, il Parlamento negli ultimi 10 anni ha ostacolato l’aumento dei costi tramite le continue proroghe al divieto per lo smaltimento in discarica dei rifiuti tal quali, previsto dal decreto Ronchi a partire dal 1 gennaio Con questo divieto, sciaguratamente prorogato dalle maggioranze parlamentari di ogni colore all’approssimarsi della scadenza di legge, ogni discarica si sarebbe dovuta attrezzare con un impianto di pretrattamento che avrebbe aumentato inevitabilmente i costi di conferimento.

In attesa dell’auspicato incremento dei costi, conseguente alla piena attuazione del decreto legislativo 36/2003 di recepimento della direttiva europea sulle discariche, le Regioni devono rimodulare il tributo speciale dell’ecotassa, penalizzando economicamente i Comuni che non raggiungono gli obiettivi di legge sulle raccolte differenziate e premiando invece i Comuni più virtuosi con uno sconto sull’imposta regionale. Il Parlamento italiano, oltre a non concedere più proroghe al divieto di smaltimento in discarica dei rifiuti tal quali, deve modificare la legge 549/1995 che ha istituito l’ecotassa, eliminando il tetto massimo di circa 25 euro per tonnellata e finalizzandone i proventi alla promozione delle azioni di riduzione, raccolta differenziata e riciclaggio dei rifiuti molto più di quanto previsto attualmente. Portando l’ecotassa a 50 euro per tonnellata nelle casse delle Regioni entrerebbero 750 milioni di euro ogni anno.

2. Diffondere le raccolte differenziate domiciliari in tutti i Comuni italiani Il sistema di raccolta differenziata porta a porta è il più efficace per quantità e qualità dei materiali da avviare a riciclaggio. Per facilitare la diffusione del sistema domiciliare tutte le Regioni e le Province devono adottare le modalità di incentivazione utilizzate con successo in diverse parti d’Italia, con i quali i finanziamenti pubblici vengono destinati esclusivamente ai Comuni che hanno deciso di abbandonare il sistema di raccolta stradale. In tal modo si faciliterebbe il passaggio di sistema che soprattutto nel primo anno può comportare un aggravio dei costi, ammortizzato comunque con le maggiori entrate per la vendita dei materiali raccolti e i minori costi di conferimento in discarica, soprattutto se la tariffa di smaltimento supera i 100 euro a tonnellata.

3. Completare la rete impiantistica per il recupero e il trattamento dei rifiuti Per rendere la discarica l’ultima opzione della gestione dei rifiuti, è necessario disporre di alternative. È urgente completare il quadro impiantistico per la raccolta differenziata, il riciclaggio e il recupero dei rifiuti, garantendo la massima trasparenza e partecipazione dei cittadini. Prima di tutto devono essere attivi in ogni regione italiana tanti impianti per il riciclaggio della frazione organica - gli impianti di compostaggio vanno integrati con i digestori anaerobici utili anche per recuperare energia dal biogas prodotto -, per la selezione e valorizzazione dei rifiuti da raccolta differenziata, per il pretrattamento dell’indifferenziato prima dello smaltimento in discarica, e lo stesso vale per i centri comunali di raccolta.

4. Rivedere il sistema di premialità/penalità economica Per concretizzare il principio delle 4 R in tutta Italia, è necessario rimodulare l’attuale sistema di premialità e penalità per arrivare ad una vera gerarchia economica della gestione dei rifiuti, rendendo la discarica l’opzione più costosa, seguita dal recupero energetico, fino ad arrivare al riciclaggio e alla prevenzione che devono diventare l’alternativa più conveniente. Oggi la discarica, soprattutto al centro sud, continua ad essere troppo economica, il recupero energetico è foraggiato con incentivi distorsivi (p.es. Cip6 residuo), il riciclaggio è solo in parte sostenuto economicamente, mentre non sono previste agevolazioni per chi pratica la prevenzione. Occorre infine garantire un maggiore riconoscimento economico al riciclaggio e alla prevenzione, per l’importante contributo al risparmio energetico, alla riduzione delle emissioni di CO2 e alla lotta ai cambiamenti climatici.

5. Promuovere la diffusione delle buone pratiche sulla prevenzione Da Nord a Sud le esperienze sulla prevenzione sono sempre più numerose, come testimonia la banca dati di Federambiente: si tratta di una serie importante di iniziative locali da divulgare e replicare il più possibile in tutta Italia. Da qualche anno si svolge anche nel nostro Paese la Settimana europea per la riduzione dei rifiuti grazie ad un comitato promotore di cui fa parte anche Legambiente.

6. Avviare la redazione del Programma nazionale di prevenzione La diffusione delle buone pratiche locali sulla prevenzione è molto importante, ma da sola non basta. E’ necessario promuovere iniziative strutturali di carattere nazionale, che devono coinvolgere in primis il mondo della produzione e quello della distribuzione, come richiesto anche dalla nuova direttiva europea sui rifiuti (ogni Stato membro entro il 12 dicembre 2013 deve adottare il Programma nazionale di prevenzione). Devono essere coinvolti tutti gli attori del ciclo dei rifiuti (governo, enti locali, industria, grande distribuzione organizzata, commercianti, agricoltori, artigiani, aziende di igiene urbana, cittadini) per arrivare alla definizione del Programma sulla prevenzione entro 24 mesi. Il Ministero dell’ambiente ad oggi non si è ancora attivato per la sua redazione.

7. Promuovere la qualità delle raccolte differenziate e incentivare il riciclaggio e gli acquisti verdi Per aumentare la qualità della differenziata, va promossa la diffusione delle raccolte domiciliari ma anche un adeguato controllo sui conferimenti dei cittadini e delle utenze commerciali e produttive, utilizzando anche le multe per chi non rispetta le regole. È utile anche utilizzare la leva economica premiando ad esempio sempre più le raccolte differenziate dei rifiuti con bassissima percentuale di impurità a svantaggio di quelli con maggiori impurità. Gli incentivi per l’acquisto e la produzione di prodotti realizzati con rifiuti da raccolta differenziata devono essere erogati sino al raggiungimento della loro convenienza economica rispetto ai prodotti derivanti dagli analoghi materiali vergini, sulla base dell’evoluzione dei costi tecnologici.

8. Garantire la certezza normativa, a partire dal passaggio tassa/tariffa Negli ultimi dieci anni ad ogni avvicendamento governativo c’è stato il cambio delle regole del gioco. Si è trattato di una continua messa in discussione della normativa che non è giovata a nessuno e che va interrotta una volta per tutte, condividendo regole chiare e durature, restando all’interno del quadro definito dalle direttive europee. È necessario rendere certe anche le scadenze previste dalla normativa sui rifiuti, contrariamente a quanto fatto finora. Valga su tutti l’esempio di 2 riforme fondamentali per dare una svolta alla gestione dei rifiuti del nostro Paese: l’obbligo del passaggio da tassa a tariffa e il divieto di smaltire in discarica i rifiuti non pretrattati, previsti dal decreto Ronchi rispettivamente a partire dal 1 gennaio del 1999 e del 2000, oggetto di continue e dannose proroghe.

9. Chiudere la stagione dei commissariamenti per l’emergenza rifiuti Nelle regioni commissariate per l’emergenza rifiuti, occorre definire un piano serrato di rientro al regime ordinario per superare la fase commissariale che: - non ha risolto il problema per cui era stata istituita; - ha sperperato ingenti risorse pubbliche; - ha deresponsabilizzato gli enti locali che nella maggior parte dei casi hanno atteso “immobili” le decisioni del Commissario; - non ha coinvolto le comunità locali nelle scelte, acuendo le tensioni sociali e rallentando la costruzione dei necessari impianti.

10. Introdurre i delitti ambientali nel codice penale e istituire un fondo per le bonifiche dei siti orfani Per colpire con sempre maggiore efficacia l’ecomafia è necessario procedere all’introduzione dei delitti ambientali nel Codice penale, obiettivo mancato nei mesi scorsi con il pessimo recepimento della direttiva europea sulla tutela penale dell’ambiente. Una “riforma di civiltà” che da sola non è sufficiente - vanno infatti garantiti, tra le altre cose, anche un adeguato sistema di controllo e una semplificazione delle norme spesso caotiche - ma che costituirebbe un efficace strumento di prevenzione dei reati, come già rilevato dopo l’approvazione del delitto di organizzazione di traffico illecito di rifiuti, grazie al quale è stato possibile utilizzare le intercettazioni telefoniche e ambientali, strumento d’indagine fondamentale per la lotta ai trafficanti di veleni.

Per combattere le ecomafie è importante utilizzare anche le nuove tecnologie, ma occorre evitare percorsi imbarazzanti e discutibili come quello che è stato intrapreso dal Ministero dell’ambiente con il Sistri, il nuovo sistema di tracciabilità del ciclo dei rifiuti caratterizzato da imperdonabili malfunzionamenti, silenzi, omissioni, segreti e addirittura presunte illegalità su cui sta investigando la magistratura. Va infine approvata una legge per l’istituzione di un fondo di rotazione per la bonifica dei siti orfani - come le discariche abusive dalla “Rifiuti spa”, il cui risanamento oggi ricadrebbe economicamente sulle tasche dei cittadini -, sul modello di quanto previsto negli Stati uniti a partire dal 1980 quando fu istituito il cosiddetto Superfund.