Vernero I. – Accornero A. – Cattaneo A. –Farneti D. - Raimondo S

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LINEE GUIDA SULLA GESTIONE DEL PAZIENTE DISFAGICO ADULTO IN FONIATRIA E LOGOPEDIA Vernero I. – Accornero A. – Cattaneo A. –Farneti D.- Raimondo S. –– Schindler A.-Schindler O. Le Società Professionali e Scientifiche di Foniatria e Logopedia, con l’interessamento di associazioni di pazienti, hanno condiviso nel Gennaio 2007 lo studio preparatorio (durato oltre due anni) della Federazione Logopedisti Italiani sulle Linee guida per la gestione del paziente disfagico adulto in Foniatria e Logopedia. Le raccomandazioni, elaborate secondo la rigorosa metodologia del Piano Nazionale Linee Guida, vengono presentate alle Società delle altre discipline coinvolte nella gestione del paziente disfagico verso un allargamento multidisciplinare, che approfitti delle conoscenze, competenze ed esperienze degli altri operatori coinvolti. Disfagia: alterazione della deglutizione, ovvero del transito parziale o totale di cibi, bevande, farmaci, saliva, flora batterica, contenuti gastrici o duodenali, etc... - di norma con attraversamento del quadrivio faringeo con incrocio della via aerea naso tracheo bronchiale - dagli osti narinali e labiali al duodeno, e viceversa I. QUANDO VALUTARE LA DISFAGIA? 1.1 In tutti i pazienti con stroke dovrebbe essere testato il rischio di disfagia prima di iniziare a somministrare alimenti o bevande. (SIGN 2) 1.2 In tutti i pazienti in cui si sospetti una disfagia (segni o sintomi, esordio con complicanze) deve essere avviato un percorso di screening e valutazione prima di iniziare a somministrare alimenti o bevande. (Gruppo Studio FLI ) II. LE PROCEDURE DI SCREENING 1.3 Il test del bolo d’acqua dovrebbe far parte dello screening per il rischio di aspirazione nei pazienti con stroke. (SIGN 2.1.1) 1.4 Il test del bolo d’acqua dovrebbe far parte dello screening per il rischio di aspirazione nei pazienti che presentano i quadri patologici dell’allegato A (Gruppo studio FLI). 1.5 Le procedure di screening per la deglutizione dovrebbero includere: - osservazione iniziale del livello di coscienza del paziente - osservazione del grado di controllo posturale Se il paziente è in grado di collaborare attivamente e se è in grado di mantenere il tronco eretto la procedura dovrebbe includere: - osservazione dell’igiene orale - osservazione del controllo delle secrezioni orali - se appropriato, un test del bolo d’acqua. (SIGN 2.2.1) 1.6 I protocolli di screening devono prevedere chiare indicazioni di azione (es. visita specialistica ulteriore, nulla per os, possibilità di alimentazione per os) relative a tutti i possibili esiti (Allegato B) (SIGN 2.2.1) B C √ √ B III. COME VALUTARE LA DISFAGIA? LA VALUTAZIONE CLINICA 1.7 Una valutazione clinica standardizzata al letto del paziente (bedside assessment) dovrebbe essere effettuata da un professionista competente nella gestione della disfagia (di norma il logopedista). (SIGN 3.1) 1.8 E’ raccomandata la valutazione clinica standardizzata (bedside assessment) secondo il Protocollo di Logemann o simili protocolli codificati (Allegato C). (SIGN 3.1) 1.9 Nei pazienti con disfagia devono essere valutate sempre le abilità comunicative, le funzioni cognitive e le capacità decisionali (SIGN 6.5) B √ B IV. COME VALUTARE LA DISFAGIA? LA VALUTAZIONE STRUMENTALE 1.10 Ogni qualvolta sussista il rischio di complicanze(sospetto di inalazione) è indicato uno studio strumentale (Gruppo studio FLI) 1.11 VFS e FEES sono entrambe metodi validi nella valutazione della disfagia. Il clinico deve valutare quaale sia il più appropriato per il paziente nei diversi setting. (SIGN 3.2.2) D √ D V. PERCORSO FORMATIVO NECESSARIO PER EFFETTUARE SCREENING 1.12 Il percorso standard formativo necessario al personale infermieristico per poter eseguire lo screening per disfagia deve comprendere: - individuazione dei fattori di rischio - individuazione di segnali precoci - osservazione delle abitudini alimentari (compresa la modalità di assunzione del pasto) - test del bolo d’acqua - monitoraggio del livello di idratazione - monitoraggio del peso e del rischio di malnutrizione (SIGN 4.1) D VI. PERCORSO FORMATIVO NECESSARIO PER EFFETTUARE IL BILANCIO 1.13 Tutto il personale specializzato coinvolto nella rilevazione e gestione della disfagia dovrebbe essere formato sulla base dei criteri individuati dall’Ordinamento degli Studi dall’Associazione Rappresentativa della Professione. (SIGN 4.2.4) 1.14 Se la gestione del paziente o la continuità di cure non possono essere garantite da personale specializzato, assume un ruolo fondamentale la comunicazione tra clinici, lo scambio di conoscenze e di strumenti di supporto. (Gruppo Studio FLI) 1.15 Devono essere stabiliti criteri standard per l’interpretazione dei risultati delle valutazioni radiologica e fibroscopica. (SIGN 4.2.4) D √ D VII. GESTIONE DEL PAZIENTE DISFAGICO 2.1 La gestione del paziente disafgico dovrebbe essere multidisciplinare (gruppo Studio FLI) 2.2 I risultati del bilancio e le raccomandazioni sulla gestione dovrebbero essere attentamente documentate e comunicate al professionista di riferimento, al care giver e al paziente (Gruppo Studio FLI) 2.3 L’equpe, i care givers e i pazienti dovrebbero essere formati sulle tecniche di alimentazione, con particolare attenzione a: - modificazioni posturali e dietetiche - scelta degli alimenti - gestione del comportamento e dei fattori ambientali - esecuzione dell’igiene orale - gestione della preparazione del cibo (SIGN 6.4) 2.4 La somministrazione dei farmaci deve essere garantita ai pazienti che non possono assumere nulla per os o che assumono una dieta modificata, con opportuna informazione al personale preposto (SIGN 2.2.1) 2.5 Nei pazienti con disfagia deve essere effettuata regolarmente una buona igiene orale, particolarmente nei pazienti con SNG o PEG, al fine di favorire la cura della bocca e il benessere del paziente (SIGN 6.3) LEGENDA RACCOMADAZIONI Almeno una meta-analisi, revisione sistematica o RCT classificato 1++ e direttamente applicabile alla popolazione target; oppure un corpo di evidenza che consiste principalmente in studi di livello 1+, direttamente applicabili alla popolazione target e che dimostra una globale consistenza dei risultati Un corpo di evidenza che include studi di livello 2++, direttamente applicabile alla popolazione target e che dimostra una globale consistenza dei risultati, oppure evidenza estrapolata da studi classificabili come 1++ o 1+   Un corpo di evidenza che include studi di livello 2+, direttamente applicabili alla popolazione target e che dimostrano una globale consistenza dei risultati oppure Evidenza estrapolata da studi classificabili come 2++ Evidenza di livello 3 o 4 Evidenza estrapolata da studi classificabili come 2+ Good Practise Points Raccomandazione del miglior comportamento pratico basata sull’esperienza clinica del gruppo di elaborazione delle linee guida   √ √ A D B √ C D D VIII. TRATTAMENTO DEL PAZIENTE DISFAGICO 2.6 I pazienti con disfagia dovrebbero essere rivalutati regolarmente e con una frequenza relativa alle caratteristiche cliniche della disfagia e allo stato nutrizionale, da un professionista competente nella gestione della disfagia (SIGN 6.1) 2.7 Al termine di un bilancio completo della deglutizione devono essere date indicazioni relative a modificazioni dietetiche e a tecniche di compenso (posture e manovre) (SIGN6.2) 2.8 I cibi di consistenza modificata dovrebbero essere presentati con cura e resi appetitosi. I pazienti dovrebbero avere la possibilità di scelta tra diverse portate (SIGN 6.2.2) 2.9 I cibi di consistenza modificata dovrebbero essere arricchiti in base alle esigenze nutrizionali del paziente. (SIGN 6.2.2) 2.10 In alcuni quadri di disfagia si dovrebbero utilizzare procedure compensative (posture di compenso, tecniche deglutitorie) per ridurre sensibilmente il rischio di aspirazione (Gruppo Studio FLI) 2.11 L’utilizzo di modificazioni dietetiche deve essere incluso nel piano di trattamento, purchè il suo effetto sia controllato con la VFS e/o con la fibroscopia (Gruppo studio FLI) 2.12 Il trattamento delle strutture buccali (sensibilità, motricità, prassie) è indicato in associazione con altri tipi di approcci (modificazioni dietetiche, tecniche di compenso, modificazioni posturali) (Gruppo Studio FLI) 2.13 Nelle disfagie in fase acuta deve essere preso in considerazione il più precocemente possibile (entro una settimana dall’evento acuto) il posizionamento del S.N.G. per i pazienti che non sono in grado di assumere per os il fabbisogno nutrizionale. La decisione sul posizionamento dovrebbe essere presa dall’equipe multidisciplinare, in accordo con il paziente e i care givers. (SIGN 5.2.2) 2.14 Nelle disfagie in fase acuta, nella prima fase del ricovero, i pazienti dovrebbero essere rivalutati settimanalmente dall’equipe, per stabilire se la nutrizione enterale sia necessaria per lunghi periodi (>di 4 settimane) (SIGN 5.2.2) 2.15 L’alimentazione tramite PEG è raccomandata per lunghi periodi (>4settimane). I pazienti che necessitano di un’alimentazione enterale per lunghi periodi dovrebbero essere rivalutati regolarmente. (SIGN 5.2.2) 2.16 Nelle disfagie progressive (es.SLA) la PEG dovrebbe essere posizionata prima che la capacità vitale diventi < del 50-60% (Gruppo Studio FLI) 2.17 Nel caso in cui la capacità vitale sia < del 50-60% il posizionamento della PEG dovrebbe avvenire con respirazione non invasiva, somministrazione di O2 e blanda sedazione oppure tramite la metodica radiologica (Gruppo Studio FLI) √ D D D La versione integrale è disponibile nei siti: www.oskarschindler.it www.fli.it www.alplogopedia.it Info: lineeguidadisfagia@libero.it √ √ √ √ Università degli Studi di Torino   Con l’approvazione di A.I.P/ A.A.P.P. Associazione Amici Parkinsoniani Piemonte A.P.A.S.L.A. Associazione Piemontese per l’Assistenza alla S.L.A. √ S.S.L.I. Società Scientifica Logopedisti Italiani D B √ √