Le origini keynesiane delle moderne teorie della crescita economica UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI GENOVA CORSO DI ECONOMIA DELLO SVILUPPO
Il capitale si può intendere In senso finanziario In senso tecnico Materiale Naturale Infrastrutturale Industriale Circolante Fisso Lordo Netto Immateriale Beni registrati Capitale umano Capitale sociale IL CAPITALE NELLE SUE MOLTEPLICI FORME
Come si misura il capitale fisico Assumendo che dopo due anni inizi la rottamazione, per cui A 3 = 0,5 K 2
In generale si avrà: da cui la cui soluzione sarà: Dove k è il tasso di crescita costante dello stock di capitale
Capitale fisico, capacità produttiva e acceleratore degli investimenti da cui Teoria dell’acceleratore degli investimenti Se la capacità produttiva è parzialmente utilizzata, anche il capitale lo sarà Supponiamo di conoscere il coefficiente capitale/prodotto
Sir Roy F. Harrod ( ) è stato “prima discepolo di Keynes, poi collega ed amico, ed infine biografo ufficiale” (Pugno, 1992). Nel 1928 egli introduce nella teoria economica il concetto di ricavo marginale; nel 1933 elabora il concetto di moltiplicatore statico del commercio estero e tra il 1936 e il 1939 formula la sua teoria dinamica del ciclo e della crescita economica. Profondo conoscitore della Teoria Generale keynesiana, Harrod ha fornito un’efficace sintesi della teoria keynesiana basata sulla distinzione di tre concetti di reddito: quello deducibile dalla contabilità nazionale, quello di equilibrio (basato sul principio della domanda effettiva e sulle teorie della domanda effettiva) e quello di piena occupazione (stimabile con metodi statistici). Nella sua teoria macro dinamica, egli individua per ciascun livello di reddito il corrispondente tasso di crescita. Ciò gli consentirà di mettere in luce la natura intrinsecamente instabile del sistema economico. Sir Roy F. Harrod ( )
Il ciclo economico Gli anni di Keynes e Harrod furono caratterizzati, non solo in Italia, da una grande instabilità ciclica
La teoria macro statica di Keynes e quella macro dinamica di Harrod Reddito effettivo. Il suo valore ex post, dato dalla Contabilità Nazionale è caratterizzato dall’identità contabile Reddito di equilibrio. E’ un concetto nozionale, che assume significato grazie al Principio della domanda effettiva. Il suo valore è determinato dalle teorie della domanda effettiva ed è caratterizzato dall’uguaglianza Reddito potenziale. Data la capacità produttiva, Il suo valore è dato dal prodotto tra gli occupati potenziali e la produttività del lavoro. La teoria macro dinamica di Harrod consiste essenzialmente nella individuazione dei tre tassi di crescita costanti che corrispondono ai tre livelli della teoria macro statica keynesiana e nell’analisi delle relazioni che li legano.
La versione « dinamica » della teoria keynesiana di Harrod E questa è la relazione che esprime il tasso di crescita del reddito effettivo Questa è la versione dinamica dell’identità contabile tra l’investimento e il risparmio Questa è la versione dinamica della condizione di equilibrio del reddito E questa è la relazione che esprime il tasso di crescita del reddito «garantito» E questa è la relazione che esprime il tasso di crescita del reddito «naturale» (o potenziale)
Keynes e Harrod a confronto Offerta aggregataReddito di equilibrioReddito potenziale Tasso di crescita effettivo Tasso di crescita del reddito di equilibrio che Harrod chiama « garantito » Tasso di crescita del reddito potenziale
tempo Y y P =3% y EQ =2% Y 0 =Y 0 EQ =Y 0 P y=1% Se il livello è lo stesso e i tre tassi di crescita sono diversi Se i tre tassi sono diversi, al tempo t i tre livelli saranno diversi! YtYt Y t EQ YtPYtP t
tempo Y y P =3% y EQ =2% Y 0 EQ y=1% Se i tre tassi di crescita e i tre livelli sono diversi Y0PY0P Y0Y0 y EQ ≠ y zona di instabilità ciclica y EQ ≠ y zona di disoccupazione involontaria crescente
Crescita equilibrata e appropriata I tre tassi sono uguali: la crescita sarà equilibrata e appropriata Se il tasso di crescita garantito è uguale a quello potenziale, la crescita sarà appropriata, ma se il tasso di crescita effettivo è diverso da quello garantito sarà non equilibrata Se il tasso di crescita effettivo è uguale a quello garantito, ma diverso da quello potenziale, la crescita sarà equilibrata ma non appropriata Se, infine, il tasso di crescita effettivo è diverso da quello garantito, e quest’ultimo è inferiore a quello potenziale, la crescita non sarà né equilibrata né appropriata
Le determinanti dinamiche della crescita garantita Il fulcro della teoria keynesiana è nella teoria del moltiplicatore, incentrata sugli effetti della propensione marginale al consumo La teoria di Harrod è incentrata sulla teoria dell’acceleratore degli investimenti Che cosa succede se la teoria del moltiplicatore si unisce a quella dell’acceleratore? Ovvero se
Ma la crescita garantita non è costante! Se il reddito continuasse a crescere sempre allo stesso tasso nessuno degli operatori sentirebbe la necessità di cambiare il proprio comportamento e il sistema potrebbe continuare a crescere sempre a quello stesso tasso costante Fonte: D. Besomi, “La teoria del ciclo e della crescita di Roy Harrod”, in “M. Baranzini and others”, Corso di economia politica II, Lugano: Università della Svizzera italiana, 2000, pp Secondo Harrod, questo stato di cose non può durare a lungo, in quanto sia la propensione al risparmio (il complemento ad uno della propensione al consumo), sia il coefficiente capitale/prodotto variano al variare del reddito. In altri termini s d e v d non sono parametri, bensì variabili endogene! Scrive Daniele Besomi, uno dei più accreditati interpreti del pensiero di Harrod: “Né la propensione al risparmio s né il coefficiente di accelerazione v sono costanti. Essi dipendono da alcune circostanze che possono variare nel corso del ciclo economico. Harrod non solo ne era consapevole, ma ha fatto di queste variazioni l’essenza della sua teoria del ciclo economico”. Attenzione! s e v variano nel tempo! Per cui i tasso di crescita garantito non sarà costante. Ciò ha notevoli implicazioni per la teoria di Harrod, ma tali implicazioni sono spesso sottaciute nel contesto delle teorie della crescita.
Affinità e differenze tra Keynes e Harrod Tra Keynes e Harrod vi sono affinità e differenze significative: entrambi ritengono che i meccanismi di mercato siano inadeguati ad assicurare e il raggiungimento della piena occupazione ed il suo mantenimento nel corso del tempo; questo fatto giustifica per entrambi la necessità dell’intervento pubblico correttivo (la Politica economica); diversa è invece la concezione della Politica economica. Secondo Keynes essa dovrebbe avere lo scopo di sopperire alla cronica carenza di domanda effettiva, mentre per Harrod, essa dovrebbe controllare l’instabilità ciclica e conciliare la crescita equilibrata con quella appropriata; inoltre, nella teoria macrostatica keynesiana gli investimenti sono autonomi (nel modello reddito- spesa) e/o dipendono dal tasso d’interesse (nel modello IS-LM); nella teoria dinamica di Harrod gli investimenti dipendono dalle variazioni del reddito (via teoria dell’acceleratore).
I limiti della teoria del ciclo di Harrod e la sua rivalutazione Harrod riteneva che la sua teoria avesse una portata “rivoluzionaria” sia rispetto alla teoria neoclassica tradizionale, sia alla teoria keynesiana, dal momento che entrambe ipotizzavano che l’equilibrio del sistema fosse stabile. Come avremo modo di vedere, ignorando la possibilità che la crescita possa essere non equilibrata (il primo motivo di instabilità), la risposta degli economisti neoclassici si è incentrata, da un lato sulla variabilità (attorno ad un valore di equilibrio) del coefficiente capitale/prodotto e, dall’altro, sulla dimostrazione del legame esistente tra il tasso di crescita potenziale e il progresso tecnico. Oltre a ciò, “l’equazione che determina il tasso di crescita è stata interpretata come relazione di lungo periodo atta a descrivere la crescita reale delle economie”. Recenti studi sulla rivalutazione del pensiero di Harrod (resi possibili dalla pubblicazione nel 2003 dei “Collected Interwar Papers and Correspondence of Roy Harrod”, curati da Daniele Besomi), hanno tuttavia messo in luce che “la sua spiegazione del ciclo è basata proprio sull’instabilità della crescita insita nel meccanismo da lui postulato”.
Il modello di Domar Mentre Roy Harrod si proponeva di elaborare una versione dinamica della Teoria Generale keynesiana, l’obiettivo di Evsey D. Domar ( ) era molto meno ambizioso. Egli si proponeva, infatti, di “colmare o comunque ridurre il gap lasciato nella teoria del reddito e dell’occupazione dal modo particolare con cui Keynes ha trattato l’investimento” [Domar (1957)]. Per Domar l’attività di investimento ha una natura dicotomica, poiché “la costruzione di una nuova fabbrica ha un effetto duale: essa aumenta la capacità produttiva e genera reddito” [Domar (1947)]. Il problema di Domar consisteva dunque nell’individuare a quale tasso gli investimenti avrebbero dovuto crescere “al fine di far sì che l’incremento del reddito eguagliasse quello della capacità produttiva”. La risposta a quella domanda è fornita dalla soluzione di un’equazione fondamentale, quella che individua “il tasso di crescita dell’investimento e/o del reddito nazionale che è necessario affinché siano mantenuti in equilibrio questi due effetti dell’investimento”.
Le ipotesi del modello di Domar Le ipotesi su cui si basa il modello di Domar sono: assenza di inflazione assenza di ritardi temporali ammortamenti al costo di sostituzione piena capacità produttiva equilibrio inteso come capacità produttiva uguale reddito. Sotto queste condizioni e ponendo: si ricava agevolmente il tasso di crescita (costante) degli investimenti:
Capacità produttiva e disoccupazione in volontaria Domar introduce poi anche il concetto di “grado di capacità produttiva utilizzata”, intendendo con questa espressione il rapporto tra la produzione (reddito) e la massima capacità produttiva esistente: Partendo sempre da una situazione di piena utilizzazione della capacità produttiva, affinché nel corso del tempo la stessa rimanga sempre pienamente utilizzata occorre che gli investimenti (e quindi il reddito) crescano allo stesso tasso della capacità produttiva: Qualora gli investimenti (e quindi la capacità produttiva) crescessero ad un tasso inferiore a quello effettivo, si avrebbe “capacità produttiva inutilizzata e disoccupazione”.
L’instabilità: un problema insoluto Il problema della instabilità presente sia nella teoria di Harrod che nel modello di Domar troverà una prima (ancorché non definitiva) soluzione con le ipotesi adottate dal Premio Nobel Robert Solow, il quale farà riferimento ad una «funzione di produzione aggregata», una teoria che richiede uno specifico approfondimento e che verrà illustrata nelle lezioni successive.