Prodotti derivati: opzioni

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Transcript della presentazione:

Prodotti derivati: opzioni Dott. Domenico Dall’Olio Professore a contratto in Financial Markets, Accounting & Management Università di Venezia, Ca’ Foscari mail: domenico.dallolio@unive.it Prodotti derivati: opzioni Funzionamento dei mercati, tratti salienti, logiche operative, pricing

I prodotti derivati: cenni introduttivi I derivati sono strumenti relativamente complessi; alcune tipologie richiedono anni di studi e di esperienza sul campo per essere comprese a fondo, nonostante le logiche di fondo non siano poi così complicate come possono apparire al primo sguardo. Le difficoltà dei derivati nascono principalmente da sette elementi: la scadenza dei contratti, alla quale possono entrare in gioco diritti e obblighi di varia natura; le differenti implicazioni dei contratti regolati per contanti o con consegna fisica; le diverse logiche che entrano in gioco se le posizioni vengono mantenute fino alla scadenza oppure no; la gestione del rischio che nasce dall’alta leva intrinseca nella loro natura; il ruolo delle due controparti di ogni contratto; le logiche che portano alla formazione dei loro prezzi; le dinamiche che si manifestano nei prezzi stessi. 2

Opzioni: long call – definizione e caratteristiche di base Le opzioni sono contratti finanziari che possono essere di due tipi: call o put. Entrambi i tipi possono essere comprati o venduti allo scoperto, quindi vi sono quattro differenti posizioni possibili: long call, long put, short call, short put. Le implicazioni – in termini di rischio ed opportunità – di queste quattro posizioni sono molto diverse, perciò vanno affrontate una ad una. Il compratore di una opzione call – cioè colui che effettua una operazione long call – paga un prezzo per acquistare il diritto di acquistare una specifica quantità di un certo bene, detto sottostante – che può essere finanziario o fisico – ed è definito dal contratto, entro una o ad una specifica data futura, ad un prezzo preciso, detto strike. Una definizione che a prima vista può apparire un po’ complicata, e che può far sembrare le opzioni strumenti poco adatti al pubblico. Eppure, a voler essere fiscali, essa si applica soltanto ad un contesto specifico: quando il compratore mantiene il contratto aperto fino alla scadenza, il bene sottostante è fisico, ed è prevista la possibilità di consegnare o di ricevere quel bene. Questo comportamento, infatti, è la risposta ad una esigenza specifica: l’esigenza di disporre del sottostante ad una qualche data futura e ad un prezzo definito in anticipo; si tratta del comportamento tipico di una azienda che deve proteggersi dal rischio di aumento del prezzo di un bene a lei necessario per il proprio processo produttivo, o dall’aumento di un cambio di valuta su una transazione finanziaria verso un altro paese, o dal possibile aumento dei tassi di interesse su mutui e prestiti a tasso variabile, o da una qualsiasi altra variabile che possa essere controllata mediante opzioni scritte su di essa. 3

Opzioni: long call come strumenti di hedging aziendale Se, ad esempio, rappresentiamo una azienda che deve acquistare periodicamente grano per il proprio ciclo produttivo, il costo attuale di una tonnellata di grano è 100$, temiamo che il prezzo possa crescere in modo significativo nei prossimi tempi e vogliamo essere sicuri di avere l’opportunità di acquistarlo a non oltre 110$ per tonnellata (al di sopra del prezzo attuale, ma non troppo) entro i prossimi tre mesi, allora possiamo comprare opzioni call sul grano con strike 110$ e scadenza a 90 giorni, pagando oggi un prezzo per avere il diritto di comprare il grano a 110$ per tonnellata fra tre mesi, soltanto se sarà conveniente per noi. La nostra azienda ha una motivazione perfettamente chiara per fare ciò: ha effettivamente bisogno della merce. Un altro esempio: la nostra azienda vende una notevole quantità di beni finali a clienti che si trovano negli Stati Uniti d’America, e viene pagata in dollari americani. Se sappiamo che entro i prossimi sei mesi incasseremo un milione di dollari americani a fronte di una fornitura, allora sappiamo anche che siamo esposti al rischio di una svalutazione del dollaro americano contro l’euro, ossia che il cambio euro/dollaro si apprezzi (euro forte, dollaro debole). Ciò perché quando verremo pagati in dollari americani verosimilmente dovremo convertire la somma ricevuta in euro, per pagare fornitori, dipendenti, finanziamenti, ecc... Se il cambio oggi è 1,25, per dire, allora il milione di dollari che riceveremo tra sei mesi ad oggi vale 800mila euro; ma se tra sei mesi, quando riceveremo il denaro, il cambio sarà 1,35, allora quello stesso pagamento di un milione di dollari varrà soltanto 740mila euro circa: perderemo quasi 60mila euro per effetto della variazione del cambio di valuta. Quindi dobbiamo proteggerci da questo rischio; per farlo compriamo una call, per esempio strike 1,25, e avremo il diritto di cambiare dollari in euro a 1,25, anche se allora il cambio effettivo sarà maggiore (cioè meno conveniente per noi). 4

Opzioni: long call come strumenti speculativi Ma se l’opzione call è scritta – cioè ha per sottostante – su un titolo azionario, allora la natura dell’operazione è (a meno di rare eccezioni) differente: voglio guadagnare dalla possibile salita del prezzo dell’azione, utilizzando uno strumento che mi permette di ottenere quel risultato con una quantità di denaro molto piccola e un forte effetto leva. Di solito una operazione di questo genere però non viene portata fino a scadenza, perché chi la effettua non ha intenzione di farsi consegnare il titolo sottostante, perché un simile comportamento comporterebbe più svantaggi che vantaggi, per una serie di ragioni che vedremo più avanti. Ecco allora che se guardiamo all’acquisto di una opzione call come ad una operazione speculativa, la definizione cambia radicalmente: una long call è (anche) un modo di speculare sul rialzo di uno strumento finanziario investendo una piccola cifra di denaro e beneficiando di una elevata leva finanziaria. Si noti che ho detto strumento finanziario e non titolo azionario: la call può essere infatti usata a fini speculativi su qualsiasi sottostante, perché una volta comprata può essere rivenduta in qualsiasi momento (anche dopo un solo secondo, per intendersi), poiché si tratta di uno strumento fungibile esattamente come una azione. Si può quindi utilizzare una long call per speculare sulla eventuale salita di breve termine di un titolo azionario, come anche del petrolio, dell’oro, del grano, di una valuta o di un indice azionario, comprando e rivendendo l’opzione dopo poco tempo e lucrando sulla eventuale differenza positiva di prezzo. 5

Prime complicazioni Ora ci sono alcune complicazioni che vanno introdotte (ne parleremo poi nel dettaglio a tempo debito). Una prima è data dal fatto che durante la sua vita (a scadenza le cose cambiano) l’opzione di rado replica fedelmente l’eventuale movimento rialzista del sottostante, mentre la maggior parte delle volte lo accompagna in modo meno che proporzionale. Se quindi il sottostante si apprezza di un euro, non si guadagna un euro dall’opzione, ma soltanto una parte; la capacità dell’opzione di performare esattamente come il sottostante si manifesta soltanto in alcune precise situazioni – in particolare a scadenza, quando la replicazione è perfetta – mentre generalmente si ottiene una replicazione parziale del movimento del sottostante stesso; inoltre il rapporto di replicazione non è costante, bensì cambia in funzione di come si muove il sottostante in relazione allo strike dell’opzione. Una seconda è che se anche il sottostante si apprezza non è detto che l’opzione call aumenti di valore, perché il suo prezzo dipende da molti fattori, alcuni dei quali agiscono contro la posizione comprata e possono neutralizzare in parte o in tutto il beneficio apportato dagli altri fattori, quelli favorevoli. Un’altra è data dal fatto che non tutte le opzioni call permettono di fare qualcosa soltanto al loro giorno di scadenza, poiché alcune di esse danno il diritto di comprare il sottostante in qualsiasi momento. Se, per esempio, la call sul grano offre questa opportunità, allora l’azienda può esercitare il suo diritto di comprare il grano a 110$ per tonnellata in un qualsiasi giorno compreso tra quello di acquisto dell’opzione e quello di scadenza dell’opzione stessa (incluso). 6

Long call, diritti a scadenza e prima della scadenza Dovesse, in un qualsiasi momento precedente la scadenza, o anche al limite al giorno di scadenza, il prezzo di una tonnellata di grano essere superiore allo strike, diciamo ad esempio 130$, allora l’azienda potrebbe decidere di esercitare il proprio diritto di comprare il grano a 110$ per tonnellata. Se invece il prezzo del grano al giorno di scadenza si trovasse sotto allo strike, diciamo a 80$ per tonnellata, l’azienda potrebbe lasciar scadere il contratto senza far nulla: non avrebbe senso, infatti, farsi consegnare tonnellate di grano a 110$ l’una quando è possibile comprarle sul mercato a 80$ l’una. Il compratore infatti ha il diritto di esercitare il proprio diritto di acquisto, ma non l’obbligo. E per avere questo diritto rischia di perdere il solo prezzo pagato inizialmente. Come da specifiche contrattuali, infatti, il prezzo di una opzione non può mai diventare negativo. La scelta tra l’esercitare alla scadenza o prima di essa dipende dal fatto che in alcuni casi l’esercizio è permesso solo alla fine, in altri in qualsiasi momento; e anche dal fatto che in alcuni casi il regolamento a scadenza del contratto – il cosiddetto settlement – prevede la consegna fisica del sottostante, ma in altri comporta soltanto scambi di flussi finanziari (pagamenti o incassi). Il diritto di esercizio e il tipo di regolamento a scadenza sono quindi concetti molto importanti nel mondo delle opzioni; concetti su cui torneremo tra poco. 7

Specifiche dei contratti di opzione tipo: sottostante: strike, o prezzo d’esercizio, o base: stile: prezzo: valore di un punto: premio (costo totale dell’opzione): dimensione contrattuale: scadenza: settlement ed esercizio: Un esempio: call FTSE MIB 20000 punti, scadenza dicembre call FTSE Mib index 20000 europeo 500 punti 2.5€ 468 punti * 2.5€ l’uno = 1170€ Metà dell’indice FTSE Mib terzo venerdì di dicembre regolamento monetario, esercizio solo a scadenza (ma in effetti non vi è alcun esercizio, perché l’indice non può essere consegnato) Nelle prossime slide vedremo nel dettaglio tutte le caratteristiche sopra elencate. 8

Scadenza, esercizio, stile, payoff Se, in qualsiasi momento precedente la scadenza di una opzione call, il sottostante raggiunge e supera lo strike, il possessore di tale call – colui che l’aveva acquistata, aprendo una posizione long su di essa – potrebbe trovare conveniente esercitare il proprio diritto, e farsi consegnare il sottostante al prezzo prestabilito. Questo comportamento viene definito esercizio anticipato, e può avvenire soltanto sulle opzioni scritte su sottostanti che possano essere fisicamente trasferiti: non avrebbe senso, infatti, chiedere la consegna di qualcosa che non si può consegnare, come ad esempio un indice azionario. La possibilità di esercitare prima della scadenza è sancita dallo stile dell’opzione, che può essere europeo o americano. Nel primo caso l’esercizio è possibile soltanto al giorno di scadenza, nel secondo invece in qualsiasi momento. Come specificato in precedenza, le opzioni call possono essere usate a fini di copertura (in effetti questo loro utilizzo è quello per cui sono state concepite, come in linea di massima tutti i derivati), ma anche a fini speculativi, per beneficiare di movimenti rialzisti del sottostante su un certo orizzonte temporale sfruttando una leva finanziaria. Come vedremo, poi, le opzioni – sia call che put – possono essere anche impiegate per trarre profitto da situazioni di lateralità del mercato, dove qualsiasi altro strumento finanziario non produce alcun reddito. Ora ci occuperemo di cosa succede alle opzioni call alla loro scadenza (ciò che accade prima della scadenza è assai più complesso, e ce ne occuperemo più avanti). Cominciamo dal caso di opzioni call regolate per contanti. 9

Valore a scadenza di una call regolata per contanti, e relativa moneyness Dal momento che la call rappresenta un vantaggio per il suo compratore solo se il prezzo del sottostante – o prezzo spot – supera lo strike, allora per qualsiasi prezzo spot a scadenza pari o inferiore allo strike il valore dell’opzione è zero. Per qualsiasi prezzo superiore allo strike, invece, l’opzione ha un valore positivo, proporzionale alla distanza tra il prezzo spot e lo strike: 1 euro sopra lo strike significa un valore di 1 euro per l’opzione. Come precedentemente indicato, infatti, a scadenza l’opzione replica perfettamente la eventuale variazione positiva del sottostante. Il grafico del valore di una opzione call (a prescindere dal fatto che sia comprata o venduta allo scoperto) è quindi il seguente: Tecnicamente parlando, quando il prezzo spot è inferiore allo strike (a scadenza o in qualsiasi altro momento) la call viene definita out of the money (otm). Quando lo spot è pari allo strike la call si dice at the money (atm); se è molto prossimo, la call si dice near the money; infine, per qualsiasi prezzo spot superiore allo strike la call si dice in the money (itm). Queste etichette identificano la cosiddetta moneyness di una opzione. profit / loss valore opzione call otm atm itm prezzo spot strike 10

Payoff a scadenza di una long call regolata per contanti Dato il grafico del valore di una long call regolata per contanti alla scadenza, siamo ora in grado di disegnare il suo payoff a scadenza, ossia il suo profilo di rischio e rendimento in funzione di vari prezzi spot (vedi figura sottostante); Se l’opzione scade out of the money o at the money, cioè il prezzo spot è inferiore o al limite pari allo strike, allora l’opzione è priva di qualsiasi valore, e tutto il premio pagato è perso. Se il prezzo spot si trova sopra allo strike si possono avere due situazioni: per prezzi spot di poco superiori allo strike si perde lo stesso, ma non l’intero premio, bensì solo una sua parte. Il punto di pareggio si trova al livello dato da strike + premio. Per qualsiasi prezzo spot maggiore di strike + premio, quindi, si verifica un profitto netto. Massima perdita predefinita, profitto potenziale illimitato, quindi. Ne riparleremo. - premio strike prezzo spot profit / loss payoff LONG call otm atm itm 11

Qual è invece la posizione del venditore allo scoperto? Il venditore (writer) di una opzione (call o put) incassa il premio pagato dal compratore (holder), ma assume un dovere: quello di pagare il compratore se il prezzo spot si trova al di sopra dello strike a scadenza. Se non consideriamo soltanto ciò che accade a scadenza, se al crescere del sottostante si accompagna un aumento di valore della call, questa variazione di valore viene accreditata giornalmente al compratore e addebitata al venditore, per effetto del meccanismo del marking to market, lo stesso che si applica ai futures. Se l’opzione scade otm o atm il writer mantiene incassato l’intero premio pagato dall’holder. Per qualsiasi prezzo spot a scadenza compreso tra strike e strike + premio il writer mantiene incassata solo una parte del premio pagato dall’holder. Per qualsiasi prezzo spot superiore a strike + premio il writer perde denaro, in proporzione alla salita. In linea teorica non vi è limite alla perdita potenziale. Massimo profitto potenziale, rischio potenziale illimitato. Holder furbo, writer stupido? Un concetto più difficile di quanto non sembri. profit / loss payoff SHORT call otm atm + premio itm strike prezzo spot 12

Holder VS writer – ALLA SCADENZA In termini generali, la posizione del compratore di opzioni è l’espressione dell’aspettativa di un movimento di prezzo in una specifica direzione entro una certa data futura. L’holder di una call si aspetta un movimento rialzista, ma quel movimento ha una data di scadenza. Sono quindi due le ipotesi implicite nel comportamento del compratore: direzione del prezzo e tempo sufficiente perché ciò si verifichi. Pensate all’acquisto di un titolo azionario: quando compriamo azioni il prezzo non deve per forza salire subito per restituirci un profitto; se possiamo attendere, potrebbe essere solo questione di tempo prima di ottenerlo. Questo è un lusso che il compratore di una opzione call non può permettersi, perché prima o poi c’è una scadenza con cui fare i conti. Il tempo è il peggior nemico dell’holder di opzioni. Di nuovo, l’holder deve fare i conti con due variabili-chiave: prezzo e tempo. Il tempo è denaro, e quando gli eventi non si muovono nella direzione favorevole, parlando di trading in opzioni, il tempo è un costo. In effetti, per rispondere alla domanda se – ragionando a scadenza – sia meglio essere holder o writer di opzioni ci manca ancora un elemento fondamentale da considerare: le probabilità a favore di ciascuna delle due parti (un concetto su cui torneremo in seguito). 13

Payoff a scadenza di una call su azioni regolata con consegna fisica Quando il settlement prevede la consegna fisica del titolo azionario sottostante a scadenza le cose cambiano radicalmente. Assumendo che l’holder di una call tenga la posizione aperta fino alla scadenza perché vuole avere l’opportunità di comprare il sottostante ad un certo prezzo, ciò che succede a scadenza è sostanzialmente questo: 1. se l’opzione è atm o otm non vi è esercizio (perché non è conveniente); l’holder dell’opzione non acquista il sottostante e perde tutto il premio pagato; 2. se l’opzione è itm l’esercizio è automatico: alla controparte (chiunque si sia messo dalla parte della vendita allo scoperto, non necessariamente la controparte originaria) viene chiesto di consegnare il sottostante, che viene caricato nel portafoglio dell’holder dell’opzione tre giorni lavorativi più tardi; il premio pagato è comunque andato perso, nonostante l’esercizio abbia avuto luogo alla scadenza. In buona sostanza, il valore a scadenza di una opzione call regolata con consegna fisica è sempre zero; il risultato, quindi, è che non c’è alcun profitto sull’opzione: l’holder trasforma la sua posizione in una nuova sul sottostante, dopodichè dipende tutto da come si comporta il prezzo di quest’ultimo. La prima conseguenza dell’esercizio è che l’holder deve pagare l’intero controvalore del sottostante, perdendo così il vantaggio della leva. Ma soprattutto, il premio è andato e l’unica cosa che gli resta in mano è un profitto teorico sul sottostante… 14

Quando il sottostante è una merce Quando il settlement prevede la consegna fisica del sottostante a scadenza e il bene sottostante è una merce, le cose si fanno ancora più complicate. In linea di principio gli intermediari cercano sempre di fare in modo che i propri clienti non si trovino a scadenza con contratti in the money aperti, proprio per evitare le complicazioni derivanti dall’esercizio automatico e dalla consegna fisica delle merci. Per prevenire il problema di solito vengono inviate ai clienti molteplici mail per ricordare della scadenza imminente. Nelle rare situazioni in cui l’opzione viene portata a scadenza gli intermediari cercano modi di chiuderle fuori mercato con controparti disposte a prestare questo servizio (con costi, di solito, elevati, che vengono poi addebitati ai clienti, ovviamente). Tutto ciò perché nel caso in cui si arrivi a scadenza su una opzione call sul petrolio, per fare un esempio, che si trova in the money, si diventa proprietari di un certo ammontare di barili di petrolio, che si trovano stoccati da qualche parte in un magazzino. La consegna non è prevista nel contratto ed è una spesa che va sostenuta a parte se la si richiede. A quel punto l’unico modo di liberarsi del petrolio – se non si desiderava averlo – consiste nel mettere in opera una nuova posizione in opzioni che comporti la consegna fisica del sottostante a scadenza, sperando che si trovi in the money alla scadenza stessa! 15

Cos’è una opzione put L’acquirente, o holder, di una opzione put paga un prezzo (premio) per acquistare il diritto di vendere una certa quantità di un certo bene sottostante ad una o entro una data specifica e ad un certo prezzo, definito dal contratto. Se la guardiamo dal punto di vista di chi la detiene fino a scadenza, una opzione put è tipicamente un contratto assicurativo, che può essere usato, ad esempio, per proteggere un investimento azionario dal rischio di una forte caduta del prezzo, dando all’holder il diritto di liberarsi delle azioni ad un prezzo maggiore di quello corrente di mercato, anche dopo un crollo. Supponiamo, ad esempio, di voler comprare le azioni della società Xyz a 10€ ciascuna, e di voler fissare un massimo rischio potenziale di 1€ per azione. Comprando una opzione put strike 9€ compriamo il diritto di vendere le nostre azioni (alla controparte) a 9€ ciascuna ad una o entro una certa data futura. Così facendo ci copriamo dal rischio di una forte caduta dei prezzi: se, ad un certo punto, il prezzo dell’azione crolla a 5€, noi abbiamo il diritto di venderla a 9€, limitando così la perdita a 1€ per azione (più il prezzo pagato per l’opzione, ovviamente). Chiamatelo stop loss implicito! Tutto ciò vale per l’holder della put; e se l’holder paga un prezzo per avere quel diritto, il writer incassa il prezzo e assume un obbligo nei confronti dell’holder. 16

Valore a scadenza di una put regolata per contanti, e relativa moneyness Dal momento che una put offre un vantaggio all’holder solo se il prezzo spot scende al di sotto dello strike, allora per qualsiasi prezzo spot a scadenza pari o superiore allo strike l’opzione vale zero. Per qualsiasi prezzo spot inferiore allo strike, invece, l’opzione put ha un valore positivo, proporzionale allo scarto tra lo strike e lo spot: 1 euro sotto lo strike comporta un valore di 1 euro per l’opzione put. Il grafico del valore di una opzione put regolata per contanti a scadenza (non importa se long o short) è quindi quello sottostante. Quando il prezzo spot è maggiore dello strike l’opzione put è out of the money; diviene near the money quando lo spot scende in prossimità dello strike, at the money quando spot e strike coincidono; infine diviene in the money quando lo spot è al di sotto dello strike. Il valore di una put ha un limite superiore naturale dato dal valore dello strike, dal momento che il prezzo spot non può scendere sotto lo zero. profit/loss valore opzione put atm otm itm prezzo spot strike 17

Payoff a scadenza di una long put regolata per contanti Considerando il grafico del valore a scadenza di una put regolata per contanti ora siamo in grado di tracciarne il payoff monetario: Se l’opzione scade otm o atm, cioè il prezzo spot è superiore o al limite pari allo strike, l’opzione scade senza alcun valore, quindi tutto il premio è perso. Nel momento in cui lo spot scende al di sotto dello strike l’opzione diventa in the money e l’holder comincia a recuperare almeno in parte il premio pagato; il punto di pareggio si trova al livello pari a strike - premio. Per qualsiasi prezzo spot minore del punto di pareggio si ha finalmente un profitto. Massima perdita prefissata, profitto potenziale molto elevato (ma fino a un massimo naturale). profit/loss payoff LONG put atm otm itm strike prezzo spot - premio 18

Il profilo del venditore allo scoperto Il writer dell’opzione incassa il premio pagato dall’holder, ma assume un obbligo: quello di pagare l’holder dell’opzione se lo spot a scadenza è inferiore allo strike. Se non consideriamo soltanto ciò che accade a scadenza, se al calare del sottostante si accompagna un aumento di valore della put (non è scontato che ciò si verifichi), questa variazione di valore viene accreditata giornalmente al compratore e addebitata al venditore, per effetto del meccanismo del marking to market, lo stesso che si applica ai futures. Se l’opzione scade otm o atm il writer mantiene incassato l’intero premio pagato dall’holder. Per qualsiasi prezzo spot a scadenza compreso tra strike e strike - premio il writer mantiene incassata solo una parte del premio pagato dall’holder. Per qualsiasi prezzo spot inferiore a strike - premio il writer perde denaro, in proporzione alla discesa. La perdita potenziale non è illimitata, ma può essere significativa. Massimo profitto potenziale, rischio potenziale illimitato. Viene di nuovo da chiedersi se l’holder non sia furbo, e il writer stupido. strike price spot price profit/loss premium Short put option 19

Payoff a scadenza di una put su azioni regolata con consegna fisica Quando il settlement prevede la consegna fisica del sottostante a scadenza le cose cambiano radicalmente. Assumendo che l’holder di una put su azioni tenga la posizione aperta fino alla scadenza perché vuole avere l’opportunità di vendere il sottostante ad un certo prezzo, ciò che succede a scadenza è sostanzialmente questo: 1. se l’opzione è atm o otm non vi è esercizio (perché non è conveniente); l’holder dell’opzione non vende il sottostante e perde tutto il premio pagato; 2. se l’opzione è itm l’esercizio è automatico: alla controparte (chiunque si sia messo dalla parte della vendita allo scoperto, non necessariamente chi ci ha venduto l’opzione all’inizio) viene imposto di comprare il sottostante, che viene caricato nel suo portafoglio tre giorni lavorativi più tardi; il premio pagato è comunque andato perso, nonostante l’esercizio abbia avuto luogo alla scadenza. In buona sostanza, il valore a scadenza di una opzione put regolata con consegna fisica è sempre zero; il risultato, quindi è che non c’è alcun profitto sull’opzione: l’holder si libera di un titolo che si è fortemente deprezzato limitando la propria perdita. La prima conseguenza dell’esercizio è che l’holder della put si trova flat sia sull’opzione, ormai scaduta, che sul titolo. 20

Quando il sottostante è una merce Quando il settlement prevede la consegna fisica del sottostante a scadenza, il bene sottostante è una merce, e l’opzione è una put le cose si fanno molto complicate. In simili situazioni l’intervento dell’intermediario è di norma molto pressante, per evitare a tutti i costi di trovarsi in simili situazioni. Se ci si trova con una opzione put su merci in the money alla scadenza il problema è che si è tenuti a consegnare la merce, merce che di solito l’holder della put non possiede, dal momento che oltretutto le merci sottostanti i contratti devono possedere specifiche caratteristiche fisiche… In questi casi la chiusura dei contratti fuori mercato, mediante l’intervento di intermediari terzi, diviene imprescindibile e questo tende a provocare costi di varia natura, e non di lieve entità. 21

Riassumendo: diritti e doveri per gli holder e i writer di opzioni che prevedono la consegna fisica a scadenza: long short call diritto di acquistare, quindi di farsi consegnare obbligo di vendere, quindi di consegnare put diritto di vendere, quindi di consegnare obbligo di comprare, quindi di farsi consegnare 22

Le dinamiche dei prezzi delle opzioni Praticamente tutti i concetti visti finora si applicano alla scadenza dei contratti. Ora ci occuperemo di capire cosa succede quando ci si muove durante la vita utile delle opzioni, dunque in un qualsiasi giorno compreso tra la data corrente e la scadenza. Nelle prossime slide cominceremo a parlare di premio, valore intrinseco, valore temporale, e le variabili che incidono su di essi. Parleremo anche di reattività (o reattività) e di leva. Parleremo del delta di una opzione, come misura della reattività del suo prezzo ai movimenti del sottostante, e di reattività di una opzione.

Prezzo, dimensione contrattuale e premio Il prezzo di una qualsiasi opzione quotata sul mercato italiano dei derivati può essere in punti (è il caso delle opzioni su indici) o in euro e frazioni di euro (opzioni su azioni). Per quanto riguarda le opzioni su azioni, il prezzo che appare nel book è per azione; per le opzioni su azioni sono previsti lotti minimi, rintracciabili sul sito di Borsa Italiana alla sezione “specifiche contrattuali”. Essi possono essere di 100 azioni, 500, 1000, 2500 e così via, generalmente in funzione del prezzo unitario delle azioni. La presenza di un lotto minimo definito dalla Borsa implica che con una opzione l’holder controlla un numero specifico di azioni del titolo sottostante, ossia può esercitare un diritto di acquisto o vendita su tale ammontare di azioni. Il prezzo unitario moltiplicato per il lotto minimo determina il costo totale – premio – dell’opzione. La dimensione contrattuale è pari alla dimensione che la posizione avrebbe se fosse convertita in una posizione sul sottostante, mediante esercizio; essa è quindi pari allo strike moltiplicato per il lotto. 24

Strike, reattività e leva Genericamente parlando, la leva di uno strumento finanziario è data dal rapporto tra il profitto ottenibile a fronte di un certo movimento di prezzo del sottostante e il denaro necessario per ottenere quel gain, confrontato con lo stesso rapporto nel caso in cui l’investimento venisse effettuato senza alcuna leva, comprando cioè direttamente il sottostante. Se, ad esempio, lavoriamo con i futures: Se compriamo 1000 azioni di un titolo a 10€ l’una senza leva spendiamo 10000€. Se il prezzo sale a 11€ guadagniamo 1000€, il 10% sull’investimento. Lo stesso investimento fatto con uno stock futures di lotto 1000 azioni, che richiede il 10% di margine, comporta un profitto del 100% sul denaro investito. Stesso movimento di prezzo dell’azione, profitto 10 volte maggiore. Nel mondo delle opzioni: Dato lo stesso trade di prima e lo stesso profitto del 10% sul sottostante, se usiamo una call strike 10€, con lotto sempre 1000 azioni, che a fronte di un costo iniziale di 1€ sale a 1.6€ a fronte dello stesso movimento del sottostante, allora guadagniamo 600€ a fronte dei 1000 investiti, per un profitto del 60%, sei volte maggiore di quello sul sottostante (in %). Ora una domanda sorge spontanea: perché il prezzo del futures segue il sottostante con rapporto 1:1 e il prezzo dell’opzione no? 25

Strike, reattività e leva Il punto è che non tutte le opzioni hanno la stessa reattività al variare del prezzo spot. Questo fatto si riflette anche nella loro leva. Generalmente parlando, le opzioni in the money hanno una maggiore reattività rispetto alle at the money e alle out of the money; ma allo stesso tempo hanno una minore leva. E viceversa. Per dimostrare tutto ciò dobbiamo guardare una tipica catena di opzioni, ossia la matrice che mostra tutte le opzioni quotate per uno specifico sottostante, divisa in tabelle, una per ogni scadenza. Queste tabelle sono simmetriche: nella colonna centrale sono riportati gli strike, sulla sinistra le call, sulla destra le put (vedi prossima slide). Dal momento che qui è tutto in relazione agli strike e al fatto che essi crescono dall’alto in basso, la lettura della moneyness è al contrario rispetto a quanto fatto sui grafici dei payoff: le call che si trovano nella parte alta della tabella (a fondo azzurro nell’immagine alla prossima slide, caratterizzate dagli strike inferiori) sono in the money, quelle nella parte bassa (strike superiori, a fondo bianco) sono out of the money. La soglia tra esse è lo strike più vicino al prezzo corrente del sottostante, quello della call at the money (o near the money). Sul lato delle opzioni put la lettura è al contrario: quelle in alto sono out of the money, quelle in basso sono in the money. 26

Strike, reattività e leva La chain seguente mostra le opzioni sull’indice FTSE Mib catturata ad una certa data; la scadenza è a circa due mesi di distanza; il prezzo del sottostante è 17680 punti circa: 27

Strike, reattività e leva Ora, per capire i concetti di leva e reattività vediamo alcuni esempi, supponendo che il prezzo del sottostante si muova di 500 punti verso l’alto, la distanza tra due strike consecutivi, un movimento del 2.83% rispetto al valore iniziale. Se tutte le altre condizioni di mercato rimangono le medesime, cosa succede al prezzo delle opzioni che appaiono in tabella? Cambiano tutti, ovviamente: tutti i prezzi si spostano verso il basso di una posizione, quindi ogni opzione assume il prezzo di quella immediatamente superiore. Infatti, la prima call out of the money diventa at the money, quella at the money diventa in the money. Tutte le altre out of the money diventano un po’ meno out of the money, tutte le in the money diventano un po’ di più in the money. Si guardi al prezzo lettera delle call (ask, quarta colonna da sinistra), quello che dovremmo colpire se fossimo compratori: la call 18000, che in principio viene venduta a 795 punti, ora quota 1050 punti ask. Il sottostante si apprezza del 2.83% rispetto al valore iniziale; l’opzione sale del 32% sul valore iniziale (255 punti su 795); la leva è quindi 11.3 (data da 32%/2.83%). Allo stesso tempo, il movimento di prezzo dell’opzione (la sua reattività), è solo la metà di quello del sottostante: infatti l’opzione ha catturato solo il 51% (255 punti su 500) del movimento del prezzo spot. 28

Strike, reattività e leva Ora si guardi alla call 17000, in the money all’inizio, più in the money alla fine: il suo prezzo si muove da 1370 a 1735 punti, 365 punti in più, a fronte dello stesso movimento del sottostante, 500 punti. Il gain è quindi del 26.6%, e la leva è 9.4 (data da 26.6% / 2.83%, il rapporto tra i due profitti, quello dell’opzione e quello del sottostante. La reattività è però maggiore di quella della call 18000, dal momento che l’opzione ha catturato il 73% della variazione di prezzo del sottostante (data da 365 punti / 500 punti). Infine si guardi alla call 19000, out of the money all’inizio, ancora out of the money alla fine: il suo prezzo si muove da 422 a 585 punti, 163 in più. Il profitto è quindi pari al 38.6%, e la leva è 13.6 (38.6% / 2.83%), mentre la reattività è il 32.6% (163 punti / 500 punti). Concludendo, le opzioni out of the money hanno una leva maggiore delle at the money, ma una reattività minore; le at the money hanno una leva maggiore delle in the money, ma una reattività minore. Qual è dunque la scelta migliore? In linea generale non c’è una risposta, poiché tutto dipende dalle aspettative di movimento del sottostante e dal tipo di strategia che si intende adottare. Le aspettative devono essere basate sulle probabilità degli eventi (vedi oltre). In linea generale, poi, le opzioni in the money sono da preferirsi per il trading direzionale, dal momento che replicano in misura maggiore delle altre il movimento del sottostante se le cose vanno bene, e perdono in modo meno che proporzionale rispetto al sottostante se le cose vanno male. A grandi linee è meglio essere compratori di opzioni in the money e venditori di opzioni out of the money, ma il discorso è più complesso e articolato e generalizzare è difficile e rischioso. 29

Valore intrinseco Dall’osservazione della option chain ora una domanda molto importante potrebbe nascere: come fa il mercato a stabilire il prezzo di ogni opzione quotata? La risposta non è immediata, perché dipende da molti parametri. Innanzitutto diciamo che il premio di una opzione è sempre dato dalla somma di due elementi: il valore intrinseco e il valore temporale. Il primo (lo indichiamo con VI qui sotto) è dato da una semplice formula matematica: VI di una call = MAX(0 , spot - strike) VI di una put = MAX(0 , strike - spot) Il valore intrinseco è in un certo senso il vero valore dell’opzione, positivo soltanto quando lo strike è stato raggiunto e superato (verso l’alto per le call, verso il basso per le put). In accordo con la formula esso non può mai scendere sotto lo zero; quindi una opzione non può mai assumere valore intrinseco negativo (è una caratteristica fissata dal contratto). Esempio: se lo spot è 20€, tutte le call con strike pari o superiore a 20€ (la atm e tutte le otm) hanno valore intrinseco nullo, la call 19€ ha un VI di 1€, la call 18€ ha un VI di 2€, e così via. Una nota importante: il valore intrinseco non dipende della scadenza; ciò significa che la call 18€, per esempio, ha VI pari a 2€ a prescindere da quanto lontana sia la sua scadenza. 30

Valore temporale Il valore del tempo (VT) è la componente che si aggiunge al VI per determinare il premio totale di una opzione. In linea generale il VT rappresenta quanto gli investitori siano disposti a pagare a fronte dell’aspettativa che il prezzo spot si muova in una specifica direzione entro una certa data futura, e in misura sufficiente da raggiungere e superare un determinato prezzo obiettivo. Si tratta quindi del prezzo dell’aspettativa che il VI dell’opzione possa essere positivo alla scadenza. Il tempo è quindi una variabile chiave per le opzioni: maggiore è il tempo a disposizione, maggiore è la probabilità che il prezzo del sottostante si muova anche in misura considerevole rispetto al valore di partenza. Al passare del tempo, quindi, il VT si riduce, dal momento che la probabilità che il sottostante si muova in una specifica direzione e di una certa entità si riduce progressivamente. Esempio: se una azione quota 20€ e la call strike 19€ e scadenza a sei mesi vale 1.25€, allora 1€è il valore intrinseco, mentre la differenza, 0.25€ è il valore temporale. Se la scadenza non è a sei mesi, ma maggiore, diciamo dodici mesi, allora il valore intrinseco è il medesimo, ma il valore temporale è maggiore, diciamo 0.40€. Il VT dipende dall’andamento di diverse variabili; ce ne occuperemo tra poco. 31

Valore intrinseco VS valore temporale L’andamento del valore temporale e del valore intrinseco non è ovviamente costante nel tempo, poiché tutto dipende da come si muove il prezzo spot rispetto allo strike. Tutte le opzioni out of the money non hanno valore intrinseco e il loro prezzo è fatto di solo valore temporale, ma nel momento in cui il prezzo spot sale sopra lo strike il premio diventa una combinazione dei due valori. Ma le cose sono più complicate di quanto non sembrino: se il superamento dello strike da parte dello spot avviene troppo tardi, può darsi che l’apprezzamento in termini di valore intrinseco sia minore del deprezzamento del valore temporale, causato dal passaggio del tempo: può darsi che l’opzione perda valore anche se il sottostante va nella direzione corretta! Il valore intrinseco può essere nullo molto tempo prima della scadenza, mentre il valore temporale può essere nullo soltanto alla scadenza. Per questo motivo opzioni anche molto out of the money hanno prezzi molto bassi ma non nulli: non hanno valore intrinseco e la loro probabilità di diventare in the money è molto bassa, ma non è nulla, quindi il loro prezzo non è nullo. A scadenza invece il valore del tempo è nullo, quindi rimane tutto e solo valore intrinseco. Esempio: un titolo quota 20€ e la call strike 21€ che scade fra tre mesi vale 0,3€; è tutto valore temporale, perché il valore intrinseco è nullo. Se lo spot a scadenza vale 22€, la call vale 1€ ed è tutto e solo valore intrinseco, perché a scadenza il valore del tempo è zero. Se lo spot a scadenza vale 20.5€ la call vale zero, perché sono nulle entrambe le componenti del premio. 32

Valore a scadenza e valore at now Nel mondo delle opzioni nulla è certo, a parte il loro valore a scadenza dato un certo prezzo spot: il valore finale infatti è dato dal solo valore intrinseco, quindi è solo un problema di distanza tra spot e strike. Il problema serio con le opzioni nasce dalla gestione di ciò che accade prima della scadenza, poiché le dinamiche nei prezzi delle opzioni possono essere a volte molto complicate da capire. Il primo concetto con cui è bene prendere confidenza per capire come funzionino queste dinamiche è la curva at now. Quella che segue è l’immagine della curva at now di una call strike 10 confrontata con la linea del valore della stessa opzione alla scadenza: Il problema di fondo è che la forma della curva at now non è costante, poiché dipende da come si muovono gli altri parametri che incidono sul prezzo dell’opzione. L’unica certezza è che la curva at now a scadenza coincide con la curva a scadenza. 10 spot profit/loss valore at now valore a scadenza La pendenza della curva at now è il delta dell’opzione, che quindi è pari alla derivata prima del prezzo dell’opzione stessa rispetto al prezzo spot. In effetti si tratta di una derivata prima parziale della curva del prezzo, essendo quest’ultimo funzione di cinque variabili (sei, se si parla di opzioni su azioni e vi sono dividendi di cui tenere conto), delle quali il prezzo è solo una. 33

Variabili che incidono sul premio di una opzione in un qualsiasi momento precedente la scadenza Come abbiamo visto, il premio di una opzione a scadenza è dato dal solo valore intrinseco, mentre in qualsiasi altro momento è dato dalla somma di due componenti: una è semplicemente matematica, mentre l’altra include la valorizzazione di una aspettativa. In altre parole, il prezzo di una opzione in qualsiasi momento prima della scadenza dipende sia dall’andamento attuale del sottostante che da quello atteso futuro. Sono cinque i fattori quantificabili che agiscono sul premio (sei se si parla di opzioni su azioni e vi sono dividendi in pagamento entro la scadenza delle opzioni): prezzo spot, strike, volatilità, vita residua, tasso di interesse privo di rischio. Vi sono inoltre fattori non quantificabili – non in modo univoco o diretto almeno – come le aspettative in merito al futuro andamento del sottostante e della sua volatilità. Ora vedremo gli effetti delle singole variabili quantificabili quando si ipotizza che tutte le altre variabili rimangano ferme; questi effetti possono misurati come la variazione del prezzo di una opzione al variare del valore del parametro considerato. 34

I fattori quantificabili e i loro effetti sui premi Attenzione: tutto ciò che segue si intende valido soltanto sulla base di una specifica ipotesi, cioè che sia possibile isolare l’effetto di una variabile sul premio di una opzione, mantenendo fermi tutti gli altri parametri prezzo spot: al crescere del prezzo del sottostante, in linea generale tutte le call si apprezzano (anche se ora sappiamo bene che non tutte si apprezzano allo stesso modo); al contrario, i prezzi delle put calano; strike: al crescere dello strike cala la probabilità per una call di riuscire a raggiungerlo in tempo, quindi cala anche il suo prezzo; viceversa, maggiore è lo strike più le put sono in the money, quindi maggiore è il loro prezzo. Il discorso è ovviamente invertito quando lo strike si riduce. In linea generale, più lo strike è lontano (verso l’alto per le call, verso il basso per le put), minore è il prezzo delle opzioni; vita residua: il tempo è una delle due variabili che più incidono sulle probabilità degli eventi; si prenda ad esempio un titolo che quota 10€: la probabilità che il prezzo salga a 15€ in un giorno è molto bassa, ma è meno bassa se possiamo attendere una settimana, ancora meno se possiamo attendere un anno e diventa significativamente maggiore di zero se di fronte a noi c’è un anno di tempo. Tutto ciò per dire che maggiore è il tempo a disposizione, maggiore è la probabilità delle code di una distribuzione dei rendimenti, e questo fa aumentare i prezzi di tutte le opzioni, sia call che put; viceversa, man mano che ci si avvicina alla scadenza i prezzi calano inesorabilmente perché le probabilità di raggiungere lo strike calano drasticamente; 35

I fattori quantificabili e i loro effetti sui premi volatilità: la volatilità è un indice di rischio, dal momento che un suo incremento porta ad uno schiacciamento della parte centrale della distribuzione dei rendimenti e ad un innalzamento delle code; ciò implica una maggiore probabilità di eventi generalmente considerati estremi e dunque a probabilità molto prossima a zero. In linea generale, la crescita della volatilità rende più probabili tutti gli eventi, facendo così innalzare i premi di tutte le opzioni, sia call che put, su tutti gli strike. Una complicazione in questo ambito è data dal fatto che la volatilità che agisce sui premi delle opzioni non è quella misurabile su dati pregressi (la cosiddetta volatilità storica) bensì quella attesa sui dati futuri (non misurabile per definizione, ma soltanto stimabile). Tasso di interesse privo di rischio: in accordo con la teoria economica, se il tasso di interesse privo di rischio sale si determina una maggior propensione al risparmio di liquidità per beneficiare di buoni rendimenti a rischio quasi zero; ciò comporta che se un investitore intende investire sul rialzo atteso di un titolo, invece di acquistare direttamente il titolo, pagandone l’intero controvalore, preferirà acquistare opzioni call per risparmiare liquidità che potrà essere investita al tasso privo di rischio. Di conseguenza la domanda di opzioni call sarà più alta, e con essa il loro prezzo. Per aprire posizioni short, invece, comprare put non risulterà conveniente: sarà invece conveniente vendere allo scoperto il titolo, incassare il denaro e investirlo al tasso privo di rischio. Ciò comporterà una contrazione della domanda di put e quindi dei rispettivi prezzi. Se, al contrario, il tasso privo di rischio cala, i prezzi delle opzioni call calano e quelli delle put crescono. 36

Dividendi azionari Quando si ha a che fare con opzioni su azioni può capitare di dover fare i conti con il pagamento di dividendi tra la data corrente e la data di scadenza delle opzioni. In simili casi valgono le considerazioni già effettuate quando si è valutato l’impatto dei dividendi sui prezzi degli stock futures: devono incorporare in qualche modo l’aspettativa di discesa del prezzo del titolo a causa del pagamento del dividendo. Questo per almeno due ragioni: la prima è che il possessore di una opzione call non ha diritto a vedersi pagato il dividendo; la seconda è che se il gap nel prezzo del sottostante al giorno dello stacco del dividendo si tramutasse in un movimento negativo dei prezzi delle call e positivo per le put, tutti si libererebbero delle posizioni in call il giorno prima e correrebbero tutti a comprare put. Il dividendo procurerebbe infatti un profitto certo a chi detiene opzioni put. Tutto ciò ovviamente non può accadere e in effetti quando si sa che un titolo staccherà un dividendo entro la scadenza dell’opzione, allora tutte le opzioni scontano il dividendo all’interno dei loro prezzi: le call valgono di meno, le put valgono di più. Se il dividendo non è noto, il mercato lo stima mediante la serie dei dividendi pregressi e di considerazioni in merito al tasso di crescita atteso dei dividendi stessi. 37

Vista d’insieme sui fattori quantificabili e i loro effetti 38

Cassa di compensazione e garanzia e margini Come abbiamo visto, le opzioni possono essere comprate e vendute allo scoperto, ma i profili di rischio delle due attività sono estremamente diversi. Il compratore paga un premio e sa che ovunque vada il sottostante alla peggio perderà quella cifra; il venditore incassa il premio e sa che quello sarà il suo massimo profitto possibile, mentre il suo rischio sarà sempre imprevedibile. Solo una delle due controparti, dunque, è esposta a un rischio non definito a priori. Il margine di garanzia è una misura di rischio statistico che si applica a posizioni a leva che presentano un rischio di insolvenza; questa situazione nel mondo delle opzioni si manifesta soltanto dal lato del venditore allo scoperto, che quindi è l’unico tenuto a versare il margine iniziale. Il meccanismo di regolamento è in tutto e per tutto analogo a quello che regola i derivati: i profitti giornalieri vengono immediatamente accreditati, le perdite vanno immediatamente saldate. Vi sono quindi margini di variazione come nel trading sui futures. 39

Altri impieghi delle opzioni Strategie più comuni in opzioni Strategie speculative acquisto semplice di call o put vendita allo scoperto di call o put “naked” straddle e strangle, long e short strip e strap, long e short spread verticali, orizzontali e diagonali ratio spread e backspread butterfly (singole e multiple) condor spread, e iron condor covered call writing, cash secured put Strategie di copertura dei rischi copertura statica di un portafoglio protezione dal default a basso costo copertura rischio di prezzo copertura rischio di cambio di valuta copertura rischio di tasso di interesse Altri impieghi delle opzioni Opzioni, titoli, futures e altri strumenti possono essere combinati per costruire prodotti strutturati, con e senza protezione del capitale, con e senza bonus aggiuntivi. I certificati sono bene o male tutti il risultato di specifiche combinazioni di azioni, indici azionari e strumenti derivati 40

Sei ingredienti per qualsiasi ricetta Si riprendano i payoff a scadenza delle posizioni long e short su strumenti lineari (azioni e futures) e i payoff delle quattro posizioni di base in opzioni: Profit / loss Profit / loss long azione o futures short azione o futures Spot price Spot price Combinando questi sei payoff a coppie, terne, e così via, si può generare una gran varietà di payoff personalizzati. Combinando opzioni con diversi strike e scadenze si possono teoricamente generare infinite diverse combinazioni.

Esercizi da esame su opzioni per fini di copertura dei rischi 1. Si consideri un allevatore di bestiame, che ha bisogno di acquistare periodicamente mangime per i propri animali; a quale rischio è esposto? Come può ridurlo con le opzioni? 2. Sul fronte opposto rispetto all’allevatore si trova il produttore del mangime; qual è il suo rischio? Come lo può gestire con le opzioni? 3. Supponete di essere un manager di una azienda europea che compra materie prime dagli USA e le paga in dollari americani, vende I propri prodotti in Europa e incassa Euro. A quale tipo di rischio è esposta l’azienda? Si disegni una linea del rischio in relazione al cambio Euro contro US$, ipotizzando che al tempo zero il valore del cambio sia 1.35 (per 1 Euro si ottengono 1.35 US$). Immaginate di dover fare un acquisto entro I prossimi tre mesi e che I vostri analisti finanziari si attendano un rafforzamento del dollaro nei confronti dell’euro in questo periodo. Utilizzate la giusta opzione at the money per coprire il vostro rischio e disegnatela sul grafico del rischio aziendale. Disegnate anche il grafico della posizione globale risultante. Cosa succede se a scadenza il cambio è 1.50? E se è 1.20? 4. Considerate una azienda che estrae oro in Sud Africa e lo vende sui mercati internazionali. La gestione interna dell’azienda (materiali, personale, debiti bancari) è in Rand sudafricani, mentre l’oro venduto viene pagato in Dollari americani, che vanno subito convertiti in Rand per la gestione interna. Quante e quali sorgenti di rischio vi sono? Disegnate le linee del rischio (una per ogni sorgente) e ipotizzate una strategia di copertura mediante opzioni. 5. Un produttore di dolciumi ha bisogno di grandi quantità di zucchero per I suoi impianti. Disegnate la linea del rischio e pensate una strategia di copertura mediante opzioni at the money, ipotizzando che il prezzo iniziale dello zucchero sia 50$ per tonnellata e che il costo dell’opzione sia di 2$. Quindi fate lo stesso dal punto di vista del produttore dello zucchero, a parità di tutti gli altri dati.

Esercizi da esame su opzioni per fini di copertura dei rischi 6. Una famosa azienda svedese produttrice di mobili acquista il legname dal Canada e lo paga in dollari canadesi (CAD); i prodotti finali vengono venduti in Europa e pagati in Euro (EUR). La gestione interna dell’azienda è in corone svedesi (SWC). Quante sorgenti di rischio vedete? Disegnate tutte le linee del rischio e costruite le strategie di copertura appropriate per ciascuna sorgente, spiegando le vostre scelte. Non dimenticatevi di specificare chiaramente sugli assi dei grafici le variabili. PER DUBBI E/O DOMANDE SU SLIDE E/O ESERCIZI POTETE CONTATTARMI VIA MAIL (domenico.dallolio2@unibo.it) o SKYPE (prof_ddo) Buon lavoro a tutti Domenico Dall’Olio