CLASSE IV^Z L. Scientifico A. Pacinotti 26 Gennaio 2015
“ Tacere è proibito, parlare è impossibile. Io ho sempre avuto paura di perdere la memoria. La memoria è vulnerabile, lo so. La memoria si sbriciola, va in polvere. Ci sono cose che ho dimenticato? Ci sono visi che non sono più nei miei occhi? Ci sono gesti che non ricordo più? Allora, che fare? Come si può dire tutto quello che va detto?” Citazione: E lie Wiesel dal dialogo con Jorge Semprùn.
Giornata in cui si ricordano le vittime dell’Olocausto Il 27 Gennaio 1945 le truppe Sovietiche dell’Armata Rossa aprirono i cancelli di Auschwitz FINE DEL GENOCIDIO EBRAICO
Prima dell’arrivo dell’Armata Russa i nazisti si ritirarono portando con se, in una marcia della morte, tutti i prigionieri sani Il numero dei superstiti del campo di Auschwitz fu estremamente limitato
di Concentramento Avevano lo scopo di sottoporre i deportati a lavori forzati di Passaggio Dedicati allo smistamento e al passaggio dei deportati di Sterminio Finalizzati alla gassificazione dei deportati
In Germania Emanate nel 1935 Note come “Leggi di Norimberga” In Italia Emanate nel 1938 Note come “Leggi Razziali Fasciste”
EBREI DISABILI MALATI DI MENTE ZINGARI OMOSESSUALI
Il Podestà rende noto che nel disposto dell’art.9 del R. Decreto –Legge 17 novembre 1938 – XVII, N. 1928, recante provvedimenti per la difesa della razza italiana. L’appartenenza alla razza ebraica deve essere denunciata e annotata nei registri dello Stato Civile e della popolazione.
Agli effetti di legge è di razza ebrea: a)Colui che è nato da genitori entrambi ebrei anche se appartiene a religione diversa da quella ebraica; b)Colui che è nato da genitori di cui uno è ebreo e l’altro di nazionalità straniera; c)Colui che è nato da madre ebraica qualora sia ignoto il padre; d)Colui che, pur essendo nato da genitori di razza italiana, di cui uno solo di razza ebraica, appartenga alla religione ebraica o comunque sia iscritto ad una comunità israelita, ovvero che abbia fatto in qualsiasi altro modo manifestazioni di ebraismo.
Invita pertanto tutti gli appartenenti alla razza ebraica, residenti nel comune, a farne denuncia a questo Ufficio di Stato Civile, entro il termine di novanta giorni dalla data di entrata in vigore del precitato Decreto, e cioè entro 90 giorni a partire dal 4 dicembre Coloro che non adempiono a tale obbligo entro il termine prescritto o forniscono dati inesatti od incompleti, sono puniti con l’arresto fino ad un mese e con la ammenda fino a lire tremila. 20 Dicembre 1938 – XVII Il Podestà
Lo scopo di queste leggi era la preservazione della “razza italiana” Andarono a colpire in primo luogo la scuola, l’ambito dedicato all’istruzione e alla formazione dell’uomo.
o Vennero espulsi gli ebrei dagli impieghi e dai luoghi pubblici; o Gli insegnanti ebrei vennero licenziati; o I bambini ebrei vennero allontanati dalle scuole statali; chi di loro voleva continuare gli studi doveva iscriversi a scuole riservate alla razza ebraica.
Furono deportati assieme alle loro famiglie ed internati nei campi I più piccoli, inadatti ai lavori dei campi, vennero uccisi subito dopo il loro arrivo I più grandi furono risparmiati poiché dotati di forza sufficiente per sopportare le fatiche Le testimonianze raccolte appartengono ad alcuni bambini sopravvissuti …
Nata a La Spezia il 18 dicembre 1934, all’età di 10 anni, il 3 febbraio del 1944, i Carabinieri, su ordine del Prefetto Franz Turchi, arrestarono tutta la sua famiglia inviandola al Campo di concentramento di Fossoli di Carpi. In seguito vennero mandati al Campo di sterminio di Auschwitz dove la piccola Adriana fu uccisa con la madre nella camera a gas il 26 febbraio Il padre venne fucilato nel Campo di Flossenburg il 28 ottobre In suo ricordo è stata intitolata una scuola Primaria in provincia di La Spezia.
Nato a Roma il 12 novembre 1928 è uno dei sopravvissuti al campo di concentramento di Auschwitz. Nel 1944, all’età di 16 anni, dopo un breve soggiorno nel campo di Fossoli (Emilia Romagna), fu deportato in Germania. Nel campo strinse amicizia con un altro deportato italiano, Sami Modiano, proveniente da Rodi. Nel Gennaio 1945, vennero liberati, ma il ritorno alla normalità fu per entrambi lungo e difficile. Da allora vive a Roma dove ha svolto l’attività di dirigente d’azienda. Negli ultimi decenni si è dedicato alla testimonianza dell’esperienza vissuta, incontrando in particolar modo i ragazzi nelle scuole.
“ A casa si aspettavano tutto. […] Mi stavano facendo un torto e io lo sentivo. Mia madre ripeteva sempre che lo studio è importante, che per riuscire nella vita bisogna prima riuscire nello studio, e pensavo che non avrei più potuto frequentare la scuola, che mi stavano togliendo la possibilità di riuscire nella vita.” “ Ci misero in 64 in un vagone. Fu un viaggio allucinante, tutti piangevano, i lamenti dei bambini si sentivano da fuori, ma nelle stazioni nessuno poteva intervenire, sarebbe bastato uno sguardo di pietà. Le SS sorvegliavano il convoglio. Viaggiavamo nei nostri escrementi: Fossoli, Monaco di Baviera, Birkenau-Auschwitz. “
“ Arrivammo dentro il campo di concentramento, dalle fessure vedevamo le SS con i bastoni e i cani. Scendemmo, ci picchiarono, ci divisero. Formammo due file, andai alla ricerca dei miei fratellini, di mia madre, noi non capivamo, lei sì: mi benedì alla maniera ebraica, mi abbracciò e disse: >. Non l’ho più rivista. Mio padre, intanto, andava verso la camera a gas con mio nonno. Si girava, mi guardava, salutava, alzava il braccio. Noi arrivammo alla ‘sauna’, ci spogliarono, ci tagliarono anche i capelli e ci diedero un numero di matricola. >, chiesi ad un altro sventurato. E lui rispose: >
Nata a Torino il 12 marzo 1922, arrestata con il marito, Guido Foà, e il figlioletto, Massimo Foà, di nove mesi nelle Carceri Nuove di Torino dove riuscì mettere in salvo il figlio. Trasferita in seguito con il marito e il suocero a Bolzano e quindi trasferiti ad Auschwitz il 24 ottobre Pochi giorni dopo trasferita a Bergen Belsen, sucessivamente a Braunschweig ed infine a Ravensbruck dove venne liberata dai sovietici. Nel dopoguerra visse a Torino dove si risposò ed ebbe due figli dal secondo marito. Morì nel 1984.
“ […] Il poco latte che avevo se n’era andato, poi la situazione disagiata: andavo al freddo a lavare i pannolini per cui latte non ne avevo e gli davo quello che trovavo, una volta era latte di capra, una volta era latte di mucca… E al bambino venne in bocca il funghetto, sa la lingua tutta bianca, una cosa che succede ai bambini, basta saper come si cura, ma io non lo sapevo e non avevo il coraggio di chiamare il medico perché avevo paura che ci denunciasse, perché il terrore era sempre che qualcuno, sapendo chi eravamo ci denunciasse. “
Nata a Milano in una famiglia ebraica, visse insieme a suo padre e a i suoi nonni paterni. La madre era morta quando lei non aveva ancora compiuto un anno. La consapevolezza di essere ebrea giunge a Liliana attraverso il dramma delle leggi razziali fasciste, in seguito alle quali viene espulsa dalla scuola. Fuggì in Svizzera dopo le persecuzioni con il padre e i cugini, ma furono respinti dalle autorità svizzere. Venne arrestata a Selvetta di Viggiù in Provincia di Varese all’età di 13 anni. Fu trasferita a Como e alla fine a Milano. Il 30 gennaio 1944 venne deportata dal Binario 21 della stazione di Milano Centrale al campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau, che raggiunse sette giorni dopo. Venne subito separata dal padre, che non rivedrà mai più, morto ad Auschwitz il 27 aprile Anche i suoi nonni paterni furono deportati e uccisi al loro arrivo ad Auschwitz. Fu impiegata nel lavoro forzato nella fabbrica di munizioni. Alla fine di gennaio del 1945 affrontò la marcia della morte verso laGermania dopo l'evacuazione del campo. Venne liberata il primo maggio 1945 al campo di Malchow, Liliana è tra i soli 25 sopravvissuti.
“[…] I rapporti per me furono difficilissimi: io mi rinchiusi in quei mesi sempre di più in un silenzio doloroso. Dapprima il silenzio in cui mi aveva costretto la separazione da tutti coloro che avevo amato, poi il silenzio perché non capivo le lingue che si parlavano, poi il silenzio perché avevo paura di attaccarmi a qualcuno che mi sarebbe stato di nuovo strappato. Ma era anche il silenzio spaventoso che sentivamo intorno a noi, il silenzio del mondo che non si dava pensiero di quello che ci stava succedendo. Era forse anche il silenzio di Dio che in quel momento, ad Auschwitz, si è distratto.” “[…] Noi eravamo ormai dei fantasmi e non ce l'avremmo più fatta a fare una marcia, ma quasi tutte ci alzammo da quei giacigli, anche quelle in punto di morte. E però, nel giro di pochissime ore fummo testimoni della storia che cambiava: i vincitori diventavano vinti e i nostri aguzzini buttavano le divise nei fossi sul lato della strada, buttavano le armi, scioglievano i cani. I civili scappavano dalle case trascinando dietro tutti i loro valori. E noi, attonite, ci guardavamo attorno e ci chiedevamo che cosa stava succedendo. Vedevamo i soldati tedeschi mettersi in borghese, li guardavamo e li immaginavamo tornare alle loro case: affettuosi padri, solerti maestri, coscienziosi impiegati di banca.Poi, nel giro di pochissimo tempo, arrivarono prima i camion dei soldati americani che ci buttavano tavolette di cioccolato, frutta secca, sigarette.”
Neonato di Veroli fu il deportato italiano più giovane, perché aveva soltanto un giorno di vita. Sua madre, MarcellaVeroli, di ventitre anni, sposata con Cesare di Veroli era prossima al parto e aveva avvertito le doglie già la sera prima. Arrestata e rinchiusa con gli altri prigionieri, i tedeschi convocarono un medico italiano che appena visitò la paziente affermò che il parto si presentava difficile e bisognava ricoverare la giovane. Il permesso venne negato, nella notte fra il 16 e il 17 Marcella su un giaciglio di un cortile venne alla luce un bimbo. Venne subito considerato “nemico del Reich” e si trovo immediatamente in stato di arresto. Marcella aveva altri due figli, Giuditta e Pacifico, di cinque e sei anni che morirono con lei e il piccolo Neonato pochi giorni dopo ad Auschwitz.
Son morto che ero bambino son morto con altri cento passato per il camino ed ora sono nel vento. Ad Auschwitz c’era la neve e il fumo saliva lento nel freddo giorno d’inverno e adesso sono nel vento. Ad Auschwitz tante persone ma un solo grande silenzio è strano non ho imparato a sorridere qui nel vento. Io chiedo come può un uomo uccidere un suo fratello eppure siamo a milioni in polvere qui nel vento. Ma ancora tuona il cannone ancora non è contenta di sangue la belva umana e ancora ci porta il vento. Io chiedo quando sarà che l’uomo potrà imparare a vivere senza ammazzare e il vento mai si poserà. Ancora tuona il cannone ancora non è contento saremo sempre a milioni in polvere qui nel vento. Francesco Guccini
LA 4^Z … … VI RINGRAZIA!!!