1. PIANI GENERALI E PIANI DI SETTORE Prof. Luigi Piemontese UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI NAPOLI “FEDERICO II” DiARC - DIPARTIMENTO DI ARCHITETTURA TECNICA DELLA PIANIFICAZIONE TERRITORIALE ED URBANISTICA LABORATORIO DI URBANISTICA A
Il quadro legislativo antecedente la legge urbanistica del 1942 La legge n del 1865 prevedeva la redazione del: – piano regolatore edilizio teso alla salubrità dell’edificato e alle necessarie comunicazioni previsto per i comuni con oltre abitanti per parti specifiche dell’abitato, – piano di ampliamento esteso alle zone esterne all’aggregato urbano che poteva essere compilato da qualsiasi comune. Seguirono: Le leggi speciali per determinate città con interventi finanziari dello stato e agevolazioni finanziarie per i fabbricati costruiti o ricostruiti nell’ambito del piano (legge n del 1885 per il risanamento di Napoli, legge n. 141 del 1908 per il piano di Torino, ecc.) La legge 29 giugno 1939, n. 1497, di tutela del paesaggio che introduceva i piani paesistici.
La legge 17 agosto 1942 n La legge 17 agosto 1942, n. 1150, “Legge urbanistica” prevedeva tre livelli di pianificazione: 1.I piani territoriali di coordinamento, con funzione di programmazione ed indirizzo della pianificazione, rimasti di fatto sulla carta salvo qualche caso in Sicilia; 2.I piani regolatori generali intercomunali (predisposti solo in pochi casi), i piani regolatori generali comunali ed i programmi di fabbricazione per i comuni privi di piano regolatore; 3.I piani regolatori particolareggiati diretti a specificare ed attuare le previsioni del piano regolatore generale. Per i piani regolatori generali il comma 2 dell’art. 5 prevede che: Nella formazione dei detti piani devono stabilirsi le direttive da seguire nel territorio considerato, in rapporto principalmente a: a)le zone da riservare a speciali destinazioni ed a quelle soggette a speciali vincoli o limitazioni di legge; b)le località da scegliere come sedi di nuovi nuclei edilizi od impianti di particolare natura ed importanza; c)la rete delle principali linee di comunicazione stradali, ferroviarie, elettriche, navigabili esistenti e in programma.
Il dopoguerra e i piani di settore La mancanza di abitazioni, dovuta alle distruzioni belliche e all’inurbamento, comportò l’emanazione del D.L. 1 marzo 1945, n.145, più volte modificato ed ampliato fino alla legge 27 ottobre 1951, n che lo ha sostituito. Con questo decreto venivano istituiti i “Piani di Ricostruzione”, con cui si portò avanti la gran parte della ricostruzione del dopoguerra, facendo solo in parte riferimento alla legge urbanistica. a soli 3 anni di distanza dalla sua approvazione. Accanto al problema dell’abitare veniva posto il problema del lavoro per cui si ebbe, negli anni successivi l’emanazione delle seguenti leggi: nel 1957, la legge n. 634, con la quale veniva istituito il Piano delle Aree di Sviluppo Industriale (Piano ASI). nel 1962, la legge n. 167, con la quale veniva istituito il Piano di Zona per l’Edilizia Economica e Popolare (P.E.E.P.). nel 1971, la legge sulla casa n. 865, con la quale, al titolo I, si affrontava il tema della programmazione e del coordinamento dell’edilizia residenziale pubblica mentre, con l’art. 27 del Titolo III, si istituiva il Piano per gli Insediamenti Produttivi (P.I.P.).
La legge ponte e gli standard urbanistici Alla fine degli anni ‘60, allo scopo di sollecitare la formazione e l’approvazione degli strumenti urbanistici, venne varata: la legge n. 765 del 1967, denominata legge ponte; e, al fine di precisare meglio i contenuti del Piano Regolatore Generale: la circolare del Ministero dei Lavori Pubblici n. 425 del 1967, che introduce le dimensioni minime e massime dei servizi, una prima indicazione di standard urbanistici ed i raggi di influenza degli stessi; il D.M. n. 1444/68 che introduce le zone territoriali omogenee e gli standard urbanistici.
L’attuazione dell’ordinamento regionale, i comprensori e il ruolo delle province Alla fine degli anni ’60, venne approvata, con il governo Moro, la legge elettorale per la costituzione dei consigli delle regioni a statuto ordinario, la cui istituzione, rinviata al 1969, venne in concreto attuata solo nel Tutte le Regioni, nei loro Statuti, si impegnarono ad adottare il metodo della programmazione e ad articolare il loro territorio in Comprensori, nei quali ricondurre ad unità organismi sovracomunali già delimitati (comprensori turistici, socio- sanitari, scolastici e via elencando). Inoltre, per rispondere alla necessità di aggregare i Comuni della montagna, furono istituite, con la legge n del 1972, le Comunità montane, con compiti di programmazione socio-economica, di pianificazione urbanistica e di sostegno ai Comuni. Nel contempo le Province venivano completamente emarginate e gradualmente spogliate di funzioni, mezzi e personale, in attesa di una soppressione che molti auspicavano e che altri ancora davano per sicura ed inevitabile.
I piani di settore Il fallimento della pianificazione territoriale a livello comprensoriale e l’evidenza sempre maggiore dei fenomeni di degrado del patrimonio ambientale e culturale portarono, a partire dalla metà degli anni ‘80, all’approvazione di leggi di tutela che prevedono specifici piani di settore: la legge n. 431/1985, per la tutela delle zone di particolare interesse ambientale, che rilanciava la pianificazione del paesaggio, passata, con il D.P.R. n.8/1972, alla competenza delle Regioni e delle Province autonome; la legge n. 183/1989, sulla difesa del suolo, che ha introdotto i piani di bacino per la difesa dalle acque, la conservazione e la valorizzazione del suolo, la salvaguardia della qualità delle acque superficiali e sotterranee ed il loro disinquinamento, la compatibilità ambientale dei sistemi produttivi e la salvaguardia dell'ambiente naturale. la legge n.394/1991, Legge quadro sulle aree protette, che ha introdotto una classificazione delle aree naturali protette, ha fornito un quadro unitario normativo ed organizzativo ai parchi nazionali e criteri unitari per quelli regionali e ha introdotto i piani delle aree naturali protette, ai fini della tutela e della promozione dei valori naturali, paesistici e culturali presenti nell'area.
I piani di area vasta Dopo un lunghissimo dibattito politico e culturale sulla necessità di una sostanziale riforma delle Autonomie locali, entrava in vigore la legge n. 142/1990, “Ordinamento delle autonomie locali”, che individuava due livelli di pianificazione di area vasta: quello regionale, e riprendendo l'esperienza inglese, quello provinciale, attribuendo alla Provincia, e solo ad essa, il compito di predisporre i piani urbanistici territoriali, in attuazione delle leggi regionali e degli indirizzi stabiliti dalle Regioni. La legge introduceva, per la prima volta, il concetto di città metropolitana e sembrava voler superare la pianificazione settoriale attraverso le funzioni attribuite alle Province.
Funzioni attribuite alle Province L’art. 14 della legge n. 142/1990 attribuiva infatti alla provincia le seguenti funzioni: a)difesa del suolo, tutela e valorizzazione dell'ambiente e prevenzione delle calamità; b)tutela e valorizzazione delle risorse idriche ed energetiche; c)valorizzazione dei beni culturali; d)viabilità e trasporti; e)protezione della flora e della fauna, parchi e riserve naturali; f)caccia e pesca nelle acque interne; g)organizzazione dello smaltimento dei rifiuti a livello provinciale, rilevamento, disciplina e controllo degli scarichi delle acque e delle emissioni atmosferiche e sonore; h)servizi sanitari, di igiene e profilassi pubblica, attribuiti dalla legislazione statale e regionale; i)compiti connessi alla istruzione secondaria di secondo grado ed artistica ed alla formazione professionale, compresa l'edilizia scolastica, attribuiti dalla legislazione statale e regionale; j)raccolta ed elaborazione dati, assistenza tecnico-amministrativa agli enti locali.
Il D.Lgs. N. 267/2000 Il D.Lvo n.267/2000, che ha abrogato la legge n.142/1990, ha di fatto riconfermato il ruolo della Provincia, precisando: al punto 3 dell’art. 3, che essa, quale “ente locale intermedio tra comune e regione, rappresenta la propria comunità, ne cura gli interessi, ne promuove e ne coordina lo sviluppo”, all’art.5, che è la regione ad indicare gli obiettivi generali della programmazione economico-sociale e territoriale, alla cui definizione concorrono i Comuni e le Province, all’art. 22, comma 1, senza risolvere la problematica relativa alla perimetrazione delle aree metropolitane, che “Sono considerate aree metropolitane le zone comprendenti i comuni di Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Roma, Bari, Napoli e gli altri comuni i cui insediamenti abbiano con essi rapporti di stretta integrazione territoriale e in ordine alle attività economiche, ai servizi essenziali alla vita sociale, nonché alle relazioni culturali e alle caratteristiche territoriali”.
I piani di settore di livello comunale I problemi esistenti alla scala comunale hanno, inoltre, portato ad un approccio settoriale anche la pianificazione a scala comunale con l’introduzione di: Il Piano Commerciale, introdotto con la legge n. 426/1971, oggi denominato, nella nostra regione, SIAD a seguito della L.R. n.1/2000; Il Piano di Zonizzazione Acustica, di cui al D.P.C.M. del 1 marzo 1991 che impone ai Comuni di suddividere il proprio territorio in classi acustiche in funzione della destinazione d'uso delle varie aree (residenziali, industriali, ecc.) stabilendo poi, per ciascuna classe, i limiti delle emissioni sonore tollerabili; Il Piano Energetico Comunale, previsto dall’art. 5, comma 5, della Legge n. 10/1991, per i Comuni con oltre abitanti; Il Piano della Protezione Civile sulla base della Legge n. 225/1992; Il Piano Urbano del Traffico, obbligatorio per i Comuni con oltre abitanti, di cui all’art. 36 del D.Lgs. n. 285/1992; Il Piano della Sosta; ecc.
Riforma del Titolo V della Costituzione Con la riforma del Titolo V della Costituzione Italiana avvenuta con la Legge Costituzionale 3/2001, veniva data piena attuazione all’art. 5 della Costituzione, che riconosce le autonomie locali quali enti esponenziali preesistenti alla formazione della Repubblica. Alle Regioni è stata riconosciuta l’autonomia legislativa articolata su 3 livelli: esclusiva o piena (le Regioni sono equiparate allo Stato nella facoltà di legiferare); concorrente o ripartita (le Regioni legiferano con leggi vincolate al rispetto dei principi fondamentali, dettati in singole materie, dalle leggi dello Stato); di attuazione delle leggi dello Stato (le Regioni legiferano nel rispetto sia dei principi sia delle disposizioni di dettaglio contenute nelle leggi statali, adattandole alle esigenze locali).
La L.R. n. 16/2004 e s.m.i. La pianificazione in Campania è disciplinata dalla Legge Regionale 22 dicembre 2004 n. 16 fin’ora integrata e modificata dalle seguenti L.R.: 11 agosto 2005 n gennaio 2007 n gennaio 2008 n dicembre 2009 n gennaio 2011 n. 1 e dal Regolamento di Attuazione 4 agosto 2011 n. 5
La L.R. n. 16/2004 Introduce: Il Piano Territoriale Regionale PTR– artt Il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale PTCP – artt e agli artt : Il Piano Urbanistico Comunale PUC, I Piani Urbanistici Attuativi PUA, Il Regolamento Urbanistico Edilizio Comunale RUEC.
Il PTCP, ai sensi dei commi 7 e 9 dell’art. 18, può assumere valore e portata di: piano paesaggistico ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n.42, articolo 143, nonché, ai sensi del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, articolo 57, piano di tutela nei settori della protezione della natura, dell’ambiente, delle acque, della difesa del suolo e della tutela delle bellezze naturali; piano di bacino di cui alla legge 18 maggio 1989, n. 183, e alla legge regionale 7 febbraio 1994, n. 8, piano territoriale del parco di cui alla legge 6 dicembre 1991, n. 394, e alla legge regionale 1 settembre 1993, n. 33, piano regolatore delle aree e dei consorzi industriali di cui alla legge regionale 13 agosto 1998, n. 16. Ai fini di quanto sopra la provincia promuove le intese con le amministrazioni statali competenti o con altre autorità od organi preposti alla tutela degli interessi coinvolti ai sensi della normativa statale o regionale vigente. La L.R. n. 16/
La L.R. n. 16/2004 Il piano urbanistico comunale PUC disciplina la tutela ambientale, le trasformazioni urbanistiche ed edilizie dell’intero territorio comunale e, in coerenza con le disposizioni del PTR e del PTCP: a)individua gli obiettivi da perseguire nel governo del territorio comunale e gli indirizzi per l’attuazione degli stessi; b)definisce gli elementi del territorio urbano ed extraurbano raccordando la previsione di interventi di trasformazione con le esigenze di salvaguardia delle risorse naturali, paesaggistico-ambientali, agro-silvo- pastorali e storico-culturali disponibili, nonché i criteri per la valutazione degli effetti ambientali degli interventi stessi; c)determina i fabbisogni insediativi e le priorità relative alle opere di urbanizzazione; d)stabilisce la suddivisione del territorio comunale in zone omogenee, individuando le aree non suscettibili di trasformazione;
La L.R. n. 16/2004 e)indica le trasformazioni fisiche e funzionali ammissibili nelle singole zone, garantendo la tutela e la valorizzazione dei centri storici nonché lo sviluppo sostenibile del territorio comunale; f)promuove l’architettura contemporanea e la qualità dell’edilizia pubblica e privata, prevalentemente attraverso il ricorso a concorsi di progettazione; g)disciplina i sistemi di mobilità di beni e persone; h)tutela e valorizza il paesaggio agrario attraverso la classificazione dei terreni agricoli, anche vietando l’utilizzazione ai fini edilizi delle aree agricole particolarmente produttive fatti salvi gli interventi realizzati dai coltivatori diretti o dagli imprenditori agricoli; i)assicura la piena compatibilità delle previsioni in esso contenute rispetto all’assetto geologico e geomorfologico del territorio comunale, così come risultante da apposite indagini di settore preliminari alla redazione del piano.
La direttiva 2001/42/CE La direttiva 2001/42/CE (direttiva VAS), emanata il 27 giugno 2001 e concernente la valutazione degli impatti di determinati piani e programmi sull’ambiente, ha seguito, di oltre quindici anni, la prima direttiva sulla Valutazione d’Impatto Ambientale. La finalità della direttiva 2001/42/CE è la verifica della rispondenza del piano o programma con gli obiettivi dello sviluppo sostenibile attraverso: la valutazione del grado di integrazione dei principi di sostenibilità al suo interno; la verifica del complessivo impatto ambientale, ovvero della diretta incidenza sulla qualità dell’ambiente.
I D.Lgs. 152/2006 E 4/2008 In Italia la VAS è stata introdotta dal D.Lgs. n. 152 del 3 aprile 2006, recante “Norme in materia ambientale” ed è entrata in vigore solo il 31 luglio 2007; Il D.Lgs. n. 152 del 3 aprile 2006 è stato poi modificato da: – il D.Lgs. n. 4 del 16 gennaio 2008 (Ulteriori disposizioni correttive ed integrative del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale) ; – il D.Lgs. n. 128 del 29 giugno 2010 (Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, a norma dell’articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69).
Province o unioni di comuni? Il Consiglio dei ministri, nella riunione dell’8 settembre 2011, ha approvato un disegno di legge costituzionale che disciplina il procedimento di soppressione della provincia quale ente locale statale ed il mantenimento delle aree metropolitane; l’obiettivo è quello di una riduzione dei costi complessivi degli organi politici e amministrativi, oltre che una semplificazione dell’organizzazione; il provvedimento stabilisce che spetterà alle leggi regionali istituire forme associative fra i Comuni per l’esercizio delle funzioni di governo di area vasta, nonché definirne gli organi, le funzioni e la legislazione elettorale;
LE PROVINCE E LA SPENDING REWIEV Il D.L. 95/2012, convertito nella legge 135/2012, decreto legge ha avviato la revisione della spesa pubblica (Spending Rewiev) al fine di eliminare sprechi e inefficienze, garantire il controllo dei conti pubblici, liberare risorse da utilizzare per interventi di sviluppo, ridare efficienza al settore pubblico allo scopo di concentrare l’azione su chi ne ha bisogno. Fra le misure previste (art. 17) vi è il riordino delle Province. Il Consiglio dei ministri del 20 luglio 2012 ha individuato i seguenti criteri: almeno abitanti e almeno kmq. Quanto sopra doveva portare il numero delle province dalle attuali 107 a un numero compreso fra 40 e 60 in funzione degli accorpamenti oltre a 10 città metropolitane. Oggi non è più certo che si proceda alla soppressione delle Province.
IL PIANO PROCESSO