Il dibattito professionale Se da un punto di vista teorico le classi dirigenti avevano ben chiaro che la crescita culturale non poteva che essere un problema.

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Il dibattito professionale Se da un punto di vista teorico le classi dirigenti avevano ben chiaro che la crescita culturale non poteva che essere un problema di rilevanza nazionale le risposte però non furono certamente adeguate, non solo sul piano strettamente politico, ma anche su quello dell’elaborazione teorica, anche se i bibliotecari dimostrarono una generica consapevolezza dei mutamenti necessari ad un ammodernamento delle biblioteche (il che chiama in causa anche la riflessione professionale).

Il dibattito professionale Chi erano i bibliotecari che gestivano le biblioteche all'indomani dell'Unità? E’ il tema affrontato da un dei saggi proposti in bibliografia, quello di Simonetta Buttò.

Il dibattito professionale Il Ministero della pubblica istruzione si presenta come un’amministrazione formata in gran parte da tecnici (insegnanti, docenti universitari, letterati, ispettori) che non solo costituivano la base della struttura burocratica, ma occupavano anche posti di maggiore responsabilità, fino ai vertici dell’amministrazione stessa. La storia e l’evoluzione della professione bibliotecaria si intreccino con il processo di ristrutturazione degli apparati amministrativi della nuova Italia, ma è necessario tenere presenti anche le caratteristiche specifiche della storia professionale dei funzionari di biblioteca al confronto con le carriere degli altri funzionari ministeriali.

Il dibattito professionale La prima generazione di bibliotecari all’indomani dell’Unità era un insieme confuso e poco organico: personaggi ereditati dal vecchio regime, patrioti, laici ed ecclesiastici, professori, giornalisti, scrittori, che avevano contribuito in vari modi alle lotte risorgimentali ed erano stati ricompensati con un incarico in biblioteca

Il dibattito professionale Nonostante la mancanza di documentazione per tracciare le linee evolutive del primo periodo, sembra di poter affermare che la proclamazione del Regno d’Italia non abbia comportato rivolgimenti o epurazioni rispetto a prima, ma che si sia trattato di un processo senza forti scosse, all’interno del quale il ricambio generazionale avvenne gradatamente nel tempo.

Il dibattito professionale Un primo elemento è il reintegro di personale che aveva dovuto lasciare il posto per motivi politici (fuga, esilio, etc.), ma furono mantenuti al loro posto anche personaggi che erano stati fedeli ai vecchi regimi e che non avevano mostrato particolari simpatie per le novità. Un secondo elemento è l’assegnazione dei posti vacanti in prima istanza a reduci delle guerre di indipendenza, mutilati, ex garibaldini (caso emblematico Torello Sacconi).

Il dibattito professionale Non erano comunque solo patrioti o ex combattenti: nella grande maggioranza si trattava di persone dotate di una discreta cultura di base e non pochi di essi svilupparono nel corso del servizio interessi biblioteconomici e capacità gestionali tali da consentire loro un certo progresso nella carriera delle biblioteche.

Il dibattito professionale Altra caratteristica è l’inizio di un processo di laicizzazione della professione. Nel 1860, ma fino agli anni Settanta continuano ad essere chiamati in servizio sacerdoti, abati (tradizionalmente la figura del bibliotecario aveva coinciso con quella del religioso erudito). Ancora alla metà degli anni Ottanta, stando agli scarni dati del “Bollettino ufficiale” del Ministero, era in servizio una ventina di sacerdoti, fra cui almeno sette direttori.

Il dibattito professionale Il processo di laicizzazione era comunque iniziato e fu accelerato dall’immissione della nuova generazione, almeno nelle biblioteche governative, per cui alla fine del secolo l’unico religioso in servizio era rimasto Vito Fornari, che dirigeva la Nazionale di Napoli. Decisamente diversa appare la situazione nelle biblioteche comunali dove molto più numerosi erano gli ecclesiastici incaricati della direzione, sia a titolo onorifico, sia come impiego fisso e retribuito, sia infine abbinato con l’insegnamento presso il liceo o il seminario.

Il dibattito professionale Laici o sacerdoti che fossero, i bibliotecari di questa prima generazione postunitaria avevano come principale caratteristica in comune una formazione di tipo essenzialmente erudito, e non certo tecnica e biblioteconomica.

Il dibattito professionale Conclusasi la prima fase di stabilizzazione della struttura amministrativa con la copertura a chiamata diretta dei posti disponibili,si manifestò l’esigenza di individuare un’insieme normativo stabile che delineasse un percorso chiaro per accedere e progredire nella carriera, alle nuove generazioni che intendevano iniziare questa professione. Già con il decreto Bargoni si stabilì il principio del concorso per esami e titoli per l’ammissione alla carriera, lasciando in vigore le chiamate dirette “per chiara fama” soltanto per i direttori e nel 1871 furono approvati i decreti relativi ai programmi per i concorsi.

Il dibattito professionale In realtà l’accesso per concorso rimase ancora per anni esclusivamente teorico, perché parallelamente continuava a funzionare il sistema della chiamata diretta, del comando e del volontariato. L’istituto del volontariato era una sorta di praticantato al quale si accedeva mediante un esame selettivo finalizzato a scegliere e a formare sul campo (senza stipendio, ma con la possibilità di gratifiche occasionali), giovani da immettere in ruolo via via che si verificassero posti vacanti. Questo periodo di apprendistato poteva essere lungo anche due o tre anni.

Il dibattito professionale Dato che a livello universitario non esistevano insegnamenti idonei alla formazione dei nuovi bibliotecari sia il decreto Bargoni che il Regolamento Bonghi avevano stabilito l’istituzione di un corso tecnico di due anni, da organizzarsi presso le nazionali, rimasto però sulla carta. Con il regolamento Coppino fu istituito il sistema dell’alunnato, da svolgersi alternativamente presso le biblioteche nazionali di Roma e di Firenze e al quale si accedeva con il possesso della licenza liceale, mediante un esame scritto che selezionava gli aspiranti in base alla loro cultura generale. Il periodo di alunnato si concludeva con l’esame di abilitazione su materie tecniche e biblioteconomiche.

Il dibattito professionale Con il regolamento Coppino si pongono le basi per dare uniformità al settore delle biblioteche (almeno di quelle governative) sia dal punto di vista della gestione tecnica e amministrativa, sia da quello del personale (ruolo unico, uniformità stipendiale, progressione in carriera, etc.). Con l’alunnato che si teneva presso le due nazionali centrali si assicurava anche una base di conoscenze comuni, garanzia di procedure tecniche uniformi e normalizzate.

Il dibattito professionale Prende avvio il quindicennio definito “primavera fortunata”, ma con il nuovo secolo le cose cambiano. Seguirà un quindicennio di chiusura nei confronti del mondo della cultura, e di quella umanistica in particolare, in cui prevarrà la contrapposizione fra il lavoro del tecnico intellettuale, come il bibliotecario, percepito come un erudito immerso in studi di alto valore scientifico, ma incapace di un vero contatto con la realtà e quello del tecnico amministrativo che aveva la gestione amministrativa degli istituti

Il dibattito professionale Il progressivo movimento di riforma amministrativa conferisce alla pubblica amministrazione centrale, e quindi ai ministeri, un carattere sempre più accentuato in senso burocratico: il funzionario dello Stato diventa sinonimo di funzionario amministrativo, di formazione giuridica, mentre il funzionario tecnico, progressivamente emarginato, è concepito come una sorta di appendice, che è necessaria, ma la cui autonomia decisionale deve essere minima.

Il dibattito professionale Con la legge Rava del 1907 (n. 733), viene abolito il ruolo degli economi che aveva affiancato fino ad ora i bibliotecari nella gestione amministrativa delle biblioteche. I bibliotecari che dirigevano istituti vengono investiti di responsabilità amministrative, economiche e contabili, alla pari di tanti altri funzionari dell’amministrazione pubblica. (Commissione d’inchiesta , rimozione dall’incarico di prestigiosi direttori).

Il dibattito professionale Un primo giudizio sul dibattito biblioteconomico italiano nella seconda metà dell’Ottocento non può che sottolinearne le carenze e le lacune, nonché la decisa inclinazione verso versanti disciplinari che niente hanno a che fare con la biblioteconomia, soprattutto se paragonato a quanto si va verificando contemporaneamente in altri paesi, ma al tempo stesso non è possibile parlare di una totale assenza di elaborazione teorica.

Il dibattito professionale Se andiamo ad analizzare la produzione professionale di questo periodo (argomento del saggio di Giovanna Granata, proposto in bibliografia) possiamo intanto notare che questa produzione non ha le caratteristiche tipiche della trattatistica scientifica, ma che è legata piuttosto ad episodi e temi contingenti (polemiche, proposte di legge, regolamenti, etc.). (poche le monografie, del tutto assente la manualistica, sostituita con traduzioni di manuali classici tedeschi)

Il dibattito professionale Al tempo stesso emergono comunque temi tipici e centrali della disciplina, nonché la consapevolezza, più o meno lucida e matura, dei nuovi compiti che le biblioteche dovevano assumersi, incalzate dalle trasformazioni sociali, politiche ed economiche in atto.

Il dibattito professionale Figura centrale di questo dibattito, anche se spesso rimasta inascoltata è sicuramente Desiderio Chilovi. Gran parte dei suoi interventi ruotano intorno ad un obiettivo di fondo: individuare le soluzioni più corrette perché le biblioteche italiane recuperino una funzione attiva in rapporto al progresso civile e alla diffusione del sapere.

Il dibattito professionale Questo tema emerge anche nei dibattiti e nelle polemiche registrate in questo periodo, anche se spesso non con la stessa consapevolezza, lucidità e maturità che emerge dagli interventi del bibliotecario trentino.

Il dibattito professionale Un altro tema ricorrente è il parallelismo fra biblioteca e scuola, viste come cooperanti attorno agli stessi fini. Per certi aspetti questo parallelismo esiste: la biblioteca è infatti un’istituzione pienamente collocata all’interno del più complesso sistema dell’istruzione; essa integra e completa quelli che sono i compiti della scuola in tutte le sue articolazioni.

Il dibattito professionale Meno convincenti sono le modalità con cui questo parallelismo viene affrontato nel dibattito generale e le proposte che ne conseguono che derivano direttamente dal modello della differenziazione scolastica, interpretato in modo molto meccanico e semplicistico. La specializzazione di tipo disciplinare e la gradualità di tipo gerarchico che caratterizzavano il sistema scolastico dovevano in qualche modo riflettersi nell’organizzazione bibliotecaria, ovvero a ciascun grado di istruzione la sua biblioteca (biblioteche speciali per le esigenze dello studio più elevato e biblioteche scolastiche e popolari per le esigenze degli studenti del ginnasio e delle classi meno abbienti.

Il dibattito professionale Su un altro versante una parte degli esponenti del mondo professionale si concentra su un altro parallelismo, quello fra biblioteca e museo. E’ indubbio che su questa posizione pesa la tradizione erudita delle biblioteche italiane più importanti, accettata però acriticamente e senza la necessaria contestualizzazione storica e la propensione di molti bibliotecari verso un approccio bibliofilico.

Il dibattito professionale E’ comunque anche vero che all’interno di questo motivo insistono questioni importanti che ancora oggi interessano molte biblioteche: la coesistenza all’interno di uno stesso istituto di raccolte storiche e di collezioni correnti; il rapporto non sempre facile fra conservazione e uso. Ma le ipotesi di soluzione che emergono sono di nuovo propense a rigide demarcazioni, finendo per esasperare invece di risolvere lo scontro tra i vari modelli di riferimento.

Il dibattito professionale Un altro filo rosso che è possibile rintracciare nei dibattiti dell’epoca è quello relativo alla professione che tocca i temi della formazione, del reclutamento, degli stipendi dei bibliotecari nel tentativo di rivendicare alla professione un maggiore riconoscimento sociale e una più definita identità, discussioni sollecitate anche dalle incongruenze dei vari provvedimenti e dalle promesse mancate dell’amministrazione.

Il dibattito professionale Su questo terreno si guarda molto anche all’estero: nel 1876 era nata l’associazione dei bibliotecari americani, seguita immediatamente dal quella del Regno Unito. Gli auspici che molti fanno che sorga qualcosa di analogo anche in Italia troveranno realizzazione solo alla fine del secolo. Nel 1896 nasce la Società bibliografica italiana che però poco aveva a che vedere con quelle ricordate, visto l’accentuato carattere bibliofilico ed erudito

Il dibattito professionale L’avvertita necessità di intervenire sull’assetto delle biblioteche italiane, per farle diventare più efficaci, porta a toccare temi più strettamente biblioteconomici, come la catalogazione, l’organizzazione delle raccolte, etc. Se sulla necessità di dotare le biblioteche di buoni cataloghi la comunità professionale si trova d’accordo, le posizioni si differenziano quando si analizza la natura, le caratteristiche e le funzioni del catalogo, in particolare dei cataloghi semantici.

Il dibattito professionale Gli ultimi anni del secolo vedono infatti una vivace polemica fra i sostenitori del catalogo alfabetico per soggetti e quelli che invece, guardando anche alle proposte internazionali, propendevano per il catalogo classificato, in particolare con la proposta della classificazione Decimale Dewey fatta dall’Istituto internazionale di bibliografia di Bruxelles.