Autonomia dei nomarchi

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Transcript della presentazione:

Autonomia dei nomarchi L’Antico Egitto Persiani Romani 3000a.C . 2000a.C. 1000a.C PERIODO PREDINASTICO ANTICO REGNO MEDIO REGNO NUOVO REGNO Assiri VIII sec. Alessandro Magno 1200 a.C. Arrivo dei popoli del mare I periodo intermedio Autonomia dei nomarchi II periodo intermedio Arrivo degli Hyksos

LA CONDIZIONE DEGLI SCHIAVI Tutte le civiltà del mondo antico utilizzarono, in diverse misure, il lavoro di uomini e donne ridotti allo stato di schiavi: con questo termine si indicano tuttavia condizioni di vita che potevano essere anche molto diverse. In generale si può dire che uno schiavo era un uomo (o una donna) considerato di proprietà di un altro, che poteva venderlo, comprarlo, punirlo ecc. Diventavano schiavi gli stranieri sconfitti, i prigionieri di guerra; poi si poteva essere ridotti in schiavitù per debiti oppure come punizione per un crimine commesso. A volte un uomo finito in povertà poteva vendere un figlio o una figlia semplicemente per ricavarne del denaro. Per quanto riguarda gli Egizi, si è ritenuto a lungo che avessero utilizzato grandi quantità di schiavi, soprattutto per la costruzione di templi e piramidi. Oggi sappiamo che non fu così.L’immagine dell’Egitto come paese schiavista deriva dai primi viaggiatori greci che visitarono il paese. In Grecia c’era una distinzione molto netta tra schiavi e liberi ed essi la applicarono automaticamente anche a quel che vedevano in Egitto. C’erano fra loro anche prigionieri di guerra e condannati ai lavori forzati, ma la maggior parte erano artigiani per i quali il faraone era un buon datore di lavoro. In generale si può dire che in Egitto non si riscontra una divisione così netta e un uso così sistematico degli schiavi come si incontreranno più tardi in Grecia e nell’Impero romano.

Le piramidi Le tombe dei primissimi faraoni erano delle camere sotterranee: al di sopra si costruiva una specie di piattaforma rettangolare in mattoni; di fronte vi era un altare per le offerte al defunto. Questa costruzione fu la cosiddetta mastaba che in arabo vuol dire “panca”. Poco per volta la mastaba crebbe di dimensioni. Sopra la prima piattaforma se ne costruirono altre più piccole. Il faraone Zoser ebbe così una piramide formata da sei giganteschi gradoni. L’impresa era stupefacente: l’architetto che ne fece il progetto venne considerato un dio presso le generazioni successive. Sopra la mastaba di Ny-ankh-Khnum e Knum-hotep a Saqqara. Sotto la piramide “a gradoni”, simile alla ziggurat mesopotamica, di Zoser (2700 a.C.) a Saqqara, di fronte a Menfi.

Le piramidi Poiché la città dei vivi era sulla riva sinistra del fiume e la città dei morti su quella destra, il defunto arrivava su una barca, che rappresentava la barca divina su cui Ra, il sole, viaggiava di notte lungo un fiume sotterraneo per tornare a sorgere al mattino. Tutto intorno s’innalzava un lungo muro. L’accesso alle camere interne, dove si trovava il defunto, era murato e protetto da spaventose maledizioni contro i ladri: ciononostante il loro contenuto è stato sempre saccheggiato. Accanto alle grandi piramidi di El-Giza sorge la Sfinge: una figura di leone accovacciato con la testa umana: è lunga 73 m e alta 20.

Valle dei Re, Egitto La valle dei Re, la necropoli in cui furono sepolti i faraoni del Nuovo Regno, si trova sulla riva occidentale del fiume Nilo, di fronte a Luxor. In primo piano sulla destra si può vedere l’ingresso della tomba di Tutankhamon, faraone della XVIII dinastia. La tomba, che conteneva quasi intatto il ricchissimo corredo funerario del sovrano fu scoperta nel 1922 dall’archeologo inglese Howard Carter.

Le pratiche funerarie Un amuleto “scarabeo-cuore” avrebbe evitato che il cuore del peccatore fornissse un’avversa testimonianza nel giorno del giudizio. Giudizio dell’anima di uno scriba ed un sacerdote di Amon e Thot. La scena e le relative iscrizioni appartengono al Libro dei Morti di quest’uomo, posto nella tomba. Il cuore del defunto (piatto di destra) viene pesato da Anubis contro il simbolo della virtù Maat (piuma di struzzo – piatto di sinistra). Thot dalla testa di ibis ne registra l’esito sulla sua tavolozza. Il defunto proclama le sue virtù a braccia alzate.

Il pantheon egizio Gli Egizi avevano una religione politeista. Il culto poteva essere officiato quasi ovunque e i templi possedevano appezzamenti terrieri e potevano riscuotere tasse per far fronte alle necessità. Le divinità più importanti erano: Ra, il dio Sole Horo, il dio falco, figlio di Ra; era la divinità del sole ed era simbolo di rinascita e di rigenerazione; viveva nella persona del faraone. Secondo un’altra tradizione era figlio di Iside e Osiride Anubi apriva la strada ai morti, era quindi la guida dell’aldilà e presiedeva alla mummificazione. Aveva l’aspetto di uno sciacallo nero con un corpo da uomo. Osiride, il signore di tutte le cose. Ucciso dal fratello Seth, Osiride fu riportato in vita dalla sua sposa Iside, divenendo così il signore del regno dei morti Maat, la Giustizia Gli scrittori della Grecia classica non riuscivano a spiegarsi la forma grossolana e spesso, per loro, repellente degli dei egizi. Molte divinità avevano infatti la forma di animali e non necessariamente dei più nobili del mondo animale. Perché mai, si chiedeva Erodoto, i membri di tanto antica e saggia civiltà adoravano divinità-babbuino, divinità-pesce ecc.? Oggi è chiaro che le immagini animali e composite degli dei erano dei semplici codici, mentre le vere personalità delle divinità erano complesse, sofisticate, umane e spesso anche sovrumane.

La scrittura La scrittura egizia è composta da segni che riproducono per lo più oggetti, persone, animali, piante. I Greci chiamarono questi segni geroglifici («scrittura sacra incisa»: il termine deriva dal fatto che la si poteva trovare quasi esclusivamente nei templi, nelle tombe). Alcuni di questi geroglifici sono ideogrammi: un solo segno richiama un’intera parola. Ma la maggior parte è costituita da segni fonetici: essi rappresentano un suono, cioè una singola lettera o un gruppo di lettere che vengono combinate insieme per formare le varie parole. La scrittura geroglifica era tuttavia poco praticata, tanto che ben presto venne usata solo quando si voleva ottenere un risultato artistico. Per gli usi comuni i segni vennero semplificati; mantenendo il medesimo principio generale si ottenne una scrittura più rapida: i Greci la chiamarono ieratica, cioè sacerdotale, da hierós, “divino, sacro”. Successivamente venne elaborato un terzo sistema di scrittura che i Greci chiamarono demotico, da démos, “popolo”. LA FABBRICAZIONE

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La direzione in cui vanno letti i geroglifici è indicata dall’orien- tamento delle figure umane