Letteratura del Settecento

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Letteratura del Settecento Giacomo Leopardi Il pensiero in versi 29 giugno 1798 A Recanati nasce Giacomo Leopardi, primo- genito maschio del conte Monaldo e di Adelai- de dei marchesi Antici 1803 Il conte accetta di porre il proprio patrimonio sotto amministrazione controllata, per estinguere i debiti Monaldo Leopardi (1776-1847) Lo stemma della famiglia Leopardi reca il cartiglio: «In hoc signo [vinces]», “con questa insegna [vincerai]” Adelaide Antici (1778-1857) Il motto (secondo la leggenda, apparso in cielo prima della battaglia di Ponte Milvio) e la croce sorretta dal leopardo indicano la salda fede cristiana del casato Recanati, tra Macerata e Ancona, appartiene allo Stato pontificio 1808 Le Marche sono inglobate nell’Impero napoleonico • Appassionato di erudizione, Monaldo si profonde ad ampliare la biblioteca di palazzo Studi di filologia Letteratura del Settecento Illuministi francesi Testi classici

Il carcere familiare Giacomo Leopardi Donna rigorosa e cattolicissima, dal 1803 fu l’amministratrice del patrimonio familiare, riuscendo in un trentennio – con un regime di moderata austerità – a saldare tutti i debiti e ripristinare il benessere familiare. Verso i figli mancò tuttavia di slanci affettivi. Nel 1819 fu lei a pagare la pubblicazione di due canzoni del figlio vendendo alcuni gioielli Conservatore, reazionario, legato alle forme più esteriori della cultura, ma apparentemente disposto a informarsi anche sul pensiero “avverso”, benché ormai invecchiato di mezzo secolo: l’Illuminismo francese Mio Signor Padre… Per quanto Ella possa aver cattiva opinione di quei pochi talenti che il cielo mi ha conceduti, Ella non potrà negar fede intieramente a quanti uomini stimabili e famosi mi hanno conosciuto, ed hanno portato di me quel giudizio ch'Ella sa, e ch'io non debbo ripetere. […] Era cosa mirabile come ognuno che avesse avuto anche momentanea cognizione di me, immancabilmente si maravigliasse ch'io vivessi tuttavia in questa città, e com'Ella sola fra tutti, fosse di contraria opinione, e persistesse in quella irremovibilmente. [...] Io so che la felicità dell'uomo consiste nell'esser contento, e però più facilmente potrò esser felice mendicando, che in mezzo a quanti agi corporali possa godere in questo luogo. Odio la vile prudenza che ci agghiaccia e lega e rende incapaci d'ogni grande azione, riducendoci come animali che attendono tranquillamente alla conservazione di questa infelice vita senz'altro pensiero.  (G. Leopardi, luglio 1819) Io ho conosciuto intimamente una madre di famiglia che non era punto superstiziosa, ma saldissima ed esattissima nella credenza cristiana, e negli esercizi della religione. Questa non solamente non compiangeva quei genitori che perdevano i loro figli bambini, ma gl'invidiava intimamente e sinceramente, perché questi eran volati al paradiso senza pericoli, e avevan liberato i genitori dall'incomodo di mantenerli. Trovandosi più volte in pericolo di perdere i suoi figli nella stessa età, non pregava Dio che li facesse morire, perché la religione non lo permette, ma gioiva cordialmente; e vedendo piangere o affliggersi il marito, si rannicchiava in se stessa, e provava un vero e sensibile dispetto. (G. Leopardi, Zibaldone, 353-54) • Ancora otto anni dopo la morte di Giacomo, la sorella Paolina scrive: Considerava la bellezza come una vera disgrazia, e vedendo i suoi figli brutti o deformi, ne ringraziava Dio, non per eroismo, ma di tutta voglia. Non procurava in nessun modo di aiutarli a nascondere i loro difetti, anzi pretendeva che in vista di essi, rinunziassero intieramente alla vita nella loro prima gioventù […]. Sentiva i cattivi successi de' suoi figli in questo o simili particolari, con vera consolazione, e si tratteneva di preferenza con loro sopra ciò che aveva sentito in loro disfavore. Tutto questo per liberarli dai pericoli dell'anima, e nello stesso modo si regolava in tutto quello che spetta all'educazione de' figli, al produrli nel mondo, al collocarli […]. (G. Leopardi, Zibaldone, 353-54) • Unica consolazione affettiva di Giacomo sono i fratelli Carlo e Paolina Carlo Leopardi (1799-1878) Di Giacomo poi, della gloria nostra, abbiam dovuto tacere più che mai tutto quello che di lui veniva fatto di sapere, come di quello che non combinava punto col pensiero di papà e colle sue idee. Pertanto, non abbiamo fatto mai parola con lui delle nuove edizioni delle sue opere, e quando le abbiamo comprate le abbiamo tenute nascoste e le teniamo ancora, acciocché per cagion nostra non si rinnovi più acerbo il dolore. (P. Leopardi, lettera a M. Brighenti del 1845) Paolina Leopardi (1800-69) Mentre sono numerose le lettere scritte da Giacomo al padre, sono pochissime quelle inviate alla madre. Da quanto si deduce in una missiva del gennaio 1823, egli aveva il divieto di scriverle, non sappiamo per quali ragioni. Adelaide Antici fu tuttavia molto importante per il mantenimento economico del poeta Fin da giovanissimo dimostra un’attitudine straordinaria per gli studi e un’intelligenza prodigiosa. Le prime rivalità con il padre sorgono intorno ai diciotto anni di Giacomo, quando le sue idee incominciano a divergere da quelle paterne

La formazione Giacomo Leopardi 1804-12 La prima formazione di Giacomo è affidata a due precettori ecclesiastici Carlo Leopardi 1809 Iniziano i «sette anni di studio matto e disperatissimo» 1815 Dopo vari studi eruditi, scrive il Saggio sopra gli errori popolari degli antichi [Lo vedevo] in ginocchio davanti al tavolino per poter scrivere fino all’ultimo momento col lume che si spegneva La biblioteca di Palazzo Leopardi 1816 Conversione dall’erudizione al bello l’Antiquaria [è] messa da tutti in cima del sapere umano, e considerata costantemente e universalmente come l’unico vero studio dell’uomo. (G. Leopardi, lettera del 16 dicembre 1822) 1817 Leopardi inizia a corrispondere con Pietro Giordani 1817 Avvia la stesura dello Zibaldone (fino al 1832) 1818 Discorso di un italiano intorno alla poesia romantica Pietro Giordani (1774-1848), intellettuale di idee liberali, è redattore della «Biblioteca italiana», dove nel 1816 pubblica la lettera di Madame de Staël all’origine della disputa tra classici e romantici 1819 Aggravarsi della malattia agli occhi 1819 Tentativo di fuga da casa. Conversione dal bello al vero 1819-23 Leopardi completa il ciclo delle dieci canzoni e scrive i primi idilli 1822-23 Viaggio a Roma dagli zii Antici. Leopardi ne resta deluso

L’emancipazione Giacomo Leopardi 1825 Trasferimento a Milano e impiego redazionale presso l’editore Stella Incontra il poeta classicista Vincenzo Monti S’invaghisce della contessa Teresa Carniani Malvezzi Pubblica alcune Operette morali Dirige la collana delle opere di Cicerone 1827 Lascia nuovamente Recanati per Bologna e poi per Firenze Partecipa a un ricevimento in onore di Manzoni Si lega al gruppo di intellettuali dell’«Antologia» L’anno successivo legge I promessi sposi 1827 In novembre si trasferisce a Pisa: è la rinascita poetica 1830 Sfumata la vittoria a un concorso dell’Accademia della Crusca, riceve dagli amici un assegno mensile e lascia definitivamente Recanati per Firenze L'aspetto di Pisa mi piace assai più di quel di Firenze: questo lung'Arno è uno spettacolo così bello, così ampio, così magnifico, così gaio, così ridente che innamora: non ho veduto niente di simile né a Firenze né a Milano né a Roma: e veramente non so se in tutta l'Europa si trovino molte vedute di questa sorta. Vi si passeggia poi nell'inverno con gran piacere, perché v'è quasi sempre un'aria di primavera: sicché in certe ore del giorno quella contrada è piena di mondo, piena di carrozze e di pedoni: vi si sentono parlare dieci o venti lingue, vi brilla un sole bellissimo tra le dorature dei caffè, delle botteghe piene di galanterie, e nelle invetriate di palazzi e delle case, tutte di bella architettura. Nel resto poi, Pisa è un misto di città grande e di città piccola, di cittadino e di villereccio, un misto così romantico che non ho mai veduto altrettanto. A tutte le altre bellezze si aggiunge la bella lingua. (G. Leopardi, lettera a Paolina del 12 novembre 1827) Antonio Ranieri (1806-88) Incontra il filologo Louis De Sinner S’innamora di Fanny Targioni Tozzetti Stringe amicizia con Antonio Ranieri 1831 Segue Ranieri a Roma; l’anno dopo rientra a Firenze 1833 Insieme a Ranieri, si trasferisce a Napoli Un mio amico, anzi compagno della mia vita, Antonio Ranieri, giovane che, se vive, e se gli uomini non vengono a capo di rendere inutili i doni ch’egli ha dalla natura, presto sarà significato abbastanza dal solo nome (G. Leopardi, Pensieri, IV) Appronta una nuova edizione dei Canti Incontra il purista Basilio Puoti e il suo allievo Francesco De Sanctis Progetta un’edizione parigina delle sue opere 1837 Muore il 14 giugno Controverse le opinioni dei critici su Ranieri: biasimato per avere pubblicato un impietoso libro di memorie su Leopardi, apprezzato per l’infaticabile impegno a sostenere l’amico in vita e a salvare la sua memoria dopo la morte 1839 I suoi resti sono traslati nella “Tomba di Virgilio”

Poesia satirica ed eroicomica Giacomo Leopardi L’opera Storia del genere umano Dialogo di Ercole e di Atlante Dialogo della Moda e della Morte Proposta di premi fatta dall’Accademia dei Sillografi Dialogo di un Folletto e di uno Gnomo [Dialogo di un lettore di umanità e di Sallustio] Dialogo di Malambruno e di Farfarello Dialogo della Natura e di un’Anima Dialogo della Terra e della Luna La scommessa di Prometeo Dialogo di un Fisico e di un Metafisico Dialogo di Torquato Tasso e del suo Genio familiare Dialogo della Natura e di un Islandese Il Parini, ovvero della gloria Dialogo di Federico Ruysch e delle sue mummie Detti memorabili di Filippo Ottonieri Dialogo di Cristoforo Colombo e di Pietro Gutierrez Elogio degli uccelli Cantico del gallo silvestre Frammento apocrifo di Stratone di Lampsaco Dialogo di Timandro e di Eleandro Il Copernico, dialogo Dialogo di Plotino e di Porfirio Dialogo di un venditore d’almanacchi e di un passeggere Dialogo di Tristano e di un amico All’Italia Sopra il monumento di Dante Ad Angelo Mai Nelle nozze della sorella Paolina A un vincitore nel pallone Bruto minore Alla Primavera Inno ai Patriarchi Ultimo canto di Saffo Il primo amore Il passero solitario L’infinito La sera del dì di festa Alla luna Il sogno La vita solitaria Consalvo Alla sua donna Al conte Carlo Pepoli Il risorgimento A Silvia Le ricordanze Canto notturno […] La quiete dopo la tempesta IL sabato del villaggio Il pensiero dominante Amore e morte A se stesso Aspasia Sopra un basso rilievo […] Sopra il ritratto di una bella donna Palinodia al marchese Gino Capponi Il tramonto della luna La ginestra Imitazione Scherzo Odi, Melisso Io qui vagando Spento il diurno raggio Dal greco di Simonide Dello stesso Prosa Poesia Crestomazia italiana (1826-27) Versi puerili (stesura: 1809-12) Operette morali (1827, 1834, 1845) Canti (1831, 1835, 1845) Pensieri (1845) I nuovi credenti (stesura: prob. 1836) Poesia satirica ed eroicomica Zibaldone (1898-1900) Paralipomeni alla Batracomiomachia (stesura: 1831-35) Epistolario (1998)

Pessimismo individuale Giacomo Leopardi La periodizzazione Pessimismo storico (1822 ca. – 1828 ca.) Pessimismo cosmico (1828 ca. – 1836 ca.) Periodo “eroico” (1836 ca. – 1837) Pessimismo individuale (fino al 1822 ca.) 1805 1810 1815 1820 1825 1830 1835 Periodo dell’erudizione (fino al 1816) Dall’erudizione al bello (1816-19) Dal bello al vero (1819-32) Ciclo di Aspasia (1832-36) Ultimo Leopardi (1836-37)

Le illusioni Giacomo Leopardi L’ispirazione è illuministica: esaltare la ragione e denunciare l’“ingenuità” degli antichi 1815 Leopardi scrive il Saggio sopra gli errori popolari degli antichi Ma Leopardi dimostra già interesse per le «illusioni» degli antichi, veicolo di consolazione Poesia intesa come ricerca di gloria e virtù Tim Parish, L’albero della vita, 2008 1816 Conversione “letteraria” Ma l’epoca presente non si cura di gloria; la virtù degli antichi è andata perduta 1818 Discorso di un italiano intorno alla poesia romantica • La poesia è imitazione della natura Nascono da qui le canzoni civili del 1818 • Il suo fine è il diletto a volere che l’immaginazione faccia presentemente in noi quegli effetti che facea negli antichi, e fece un tempo in noi stessi, bisogna sottrarla dall’oppressione dell’intelletto, bisogna sferrarla e scarcerarla, bisogna rompere quei recinti; questo può fare solo il poeta, questo deve […]. (G. Leopardi, Discorso di un italiano intorno alla poesia romantica) All’Italia Sopra il monumento di Dante che si prepara in Firenze • Non esiste diletto senza illusione • Gli antichi potevano illudersi grazie alla loro ingenuità 1819 Conversione “filosofica” • I moderni sono disillusi, a causa della ragione Distacco dal cristianesimo Ricerca dell’«arido vero» Stesura degli idilli

Gli idilli Giacomo Leopardi idillio piccoli idilli grandi idilli Dal greco eidýllion, “bozzetto”. Componimenti in endecasillabi sciolti che, partendo da uno spunto concreto (un evento, un paesaggio, una situazione…), sviluppano riflessioni incentrate sull’io quadretto georgico o pastorale Tutti e tre questi significati sono in qualche modo inglobati nell’accezio- ne leopardiana attraverso le categorie poetiche di vago e indefinito idillio ideale (spesso perduto) di vita serena episodio amoroso sognante piccoli idilli grandi idilli Un oggetto qualunque, per esempio un luogo, un sito, una campagna, per bella che sia, se non desta alcuna rimembranza, non è poetica punto a vederla. La medesima, ed anche un sito, un oggetto qualunque, affatto impoetico in sé, sarà poetichissimo a rimembrarlo. La rimembranza è essenziale e principale nel sentimento poetico, non per altro, se non perché il presente, qual ch’egli sia, non può esser poetico; e il poetico, in uno o in altro modo, si trova sempre consistere nel lontano, nell’indefinito, nel vago. (G. Leopardi, Zibaldone, dicembre 1828) 1819 Odi, Melisso L’infinito Alla luna 1820 La sera del dì di festa 1821 Il sogno La vita solitaria 1828 Il risorgimento A Silvia 1829 Il passero solitario Le ricordanze La quiete dopo la tempesta Il sabato del villaggio 1830 Canto notturno di un pastore er- rante dell’Asia Frederick Leighton, Idillio, 1880

Il senso dell’esistenza Giacomo Leopardi I temi • Gli antichi sono superiori ai moderni perché sono ingenui • L’ingenuità permette le illusioni • Bisogna recuperare le illusioni • Ciò è impossibile • Le illusioni dei moderni sono ef- fimere, frustranti • Bisogna tendere all’«arido vero» Il senso dell’esistenza • L’uomo è nato alla morte • Il tempo «passa e quasi orma non lascia» • Ciò è la prova della spietatezza della natura • Negazione delle «magnifiche sorti e progressive» Teoria delle illusioni Il tempo e la storia • La natura è benigna • Il perduto stato natu- rale era felice • La modernità ha comportato l’infelicità • È la razionalità il mo- tivo del dolore umano • La natura è matrigna Rapporto uomo-natura Teoria del piacere Vago e indefinito • La poesia è diletto • Il diletto è illusorio • Il poetico scaturisce dalla vaghezza • L’indefinito libera l’immaginazione • Il fine dei viventi è il piacere • Il piacere non è mai sufficiente • Il solo piacere possibile è l’aspettativa, l’illusione, il ricordo • «Piacer figlio di affanno»

Le forme Giacomo Leopardi • La rivoluzione poetica di Leopardi non è solo filosofica, ma anche stilistica canzone libera poesia dell’interiorità verso una lingua moderna Or poserai per sempre, stanco mio cor. Perì l'inganno estremo, ch'eterno io mi credei. Perì. Ben sento, in noi di cari inganni, non che la speme, il desiderio è spento. Posa per sempre. Assai palpitasti. Non val cosa nessuna i moti tuoi, né di sospiri è degna la terra. Amaro e noia la vita, altro mai nulla; e fango è il mondo. T'acqueta omai. Dispera l'ultima volta. Al gener nostro il fato non donò che il morire. Omai disprezza te, la natura, il brutto poter che, ascoso, a comun danno impera, e l'infinita vanità del tutto. (G. Leopardi, A se stesso) Poesia di endecasillabi e settenari sciolti o variamente rimati. Nel tempo la frantumazione ritmica aumenta fino alle estreme conseguenze di A se stesso • Scavo nell’interiorità • Soggettività del punto di vista • Universalità del messaggio • Lo spunto della riflessione parte da un’esperienza che può essere condivisa da tutti • Graduale distacco dai moduli classicistici • Semplificazione della sintassi • Predilezione per un lessico vago, non tecnicistico • Riduzione delle voci dotte e auliche • Sviluppo del discorso attraver- so immagini esemplificative O patria mia, vedo le mura e gli archi E le colonne e i simulacri e l'erme Torri degli avi nostri, Ma la gloria non vedo, Non vedo il lauro e il ferro ond'eran carchi I nostri padri antichi. Or fatta inerme, Nuda la fronte e nudo il petto mostri. Oimè quante ferite, Che lividor, che sangue! oh qual ti veggio, Formosissima donna! (All’Italia, vv. 1-7) Che fai tu, luna, in ciel? dimmi, che fai, Silenziosa luna? Sorgi la sera, e vai, Contemplando i deserti; indi ti posi. Ancor non sei tu paga Di riandare i sempiterni calli? Ancor non prendi a schivo, ancor sei vaga Di mirar queste valli? Somiglia alla tua vita La vita del pastore. (Canto notturno di un pastore errande dell’Asia, vv. 1-7) Con A Silvia (1828) la canzone libera leopardiana raggiunge il suo pieno sviluppo, rinunciando anche all’alternanza di settenari ed endecasillabi Nasce da qui la poesia moderna: il poeta parla di sé, ma coglie verità universali, che il lettore riconosce come intimamente proprie individualità soggettività universalità oggettività Passero solitario in volo

Un pensiero in divenire Giacomo Leopardi Un pensiero in divenire Nella carriera poetica il mio spirito ha percorso lo stesso stadio che lo spirito umano in generale. Da principio il mio forte era la fantasia, e i miei versi erano pieni d'immagini, e delle mie letture poetiche io cercava sempre di profittare riguardo alla immaginazione. Io era bensì sensibilissimo anche agli affetti, ma esprimerli in poesia non sapeva. Non aveva ancora meditato intorno alle cose, e della filosofia non avea che un barlume […]. Sono stato sempre sventurato, ma le mie sventure d'allora erano piene di vita, e mi disperavano perché mi pareva (non veramente alla ragione, ma ad una saldissima immaginazione) che m'impedissero la felicità, della quale gli altri credea che godessero. In somma il mio stato era allora in tutto e per tutto come quello degli antichi. […] La mutazione totale in me, e il passaggio dallo stato antico al moderno, seguì si può dire dentro un anno, cioè nel 1819 dove privato dell'uso della vista, e della continua distrazione della lettura, cominciai a sentire la mia infelicità in un modo assai più tenebroso, cominciai ad abbandonar la speranza, a riflettere profondamente sopra le cose […], a divenir filosofo di professione (di poeta ch'io era), a sentire l'infelicità certa del mondo, in luogo di conoscerla, e questo anche per uno stato di languore corporale, che tanto più mi allontanava dagli antichi e mi avvicinava ai moderni. Allora l'immaginazione in me fu sommamente infiacchita, e quantunque la facoltà dell'invenzione allora appunto crescesse in me grandemente, anzi quasi cominciasse, verteva però principalmente, o sopra affari di prosa, o sopra poesie sentimentali. E s'io mi metteva a far versi, le immagini mi venivano a sommo stento, anzi la fantasia era quasi disseccata […]; bensì quei versi traboccavano di sentimento. (G. Leopardi, Zibaldone, 1 luglio 1820) Pessimismo storico Pessimismo cosmico Natura benigna Natura matrigna Inasprimento del pessimismo leopardiano Piacere figlio del rischio Piacer figlio d’affanno Culto delle illusioni Ricerca dell’arido vero • Inaspettatamente, però, la carriera poetica di Leopardi si chiude con un colpo di coda: Dialogo di Plotino e di Porfirio (1827) Paralipomeni alla Ba- tracomiomachia (1831) Palinodia al marchese Gino Capponi (1835) La ginestra, o il fiore del deserto (1836) Forse in qual forma, in quale stato che sia, dentro covile o cuna, è funesto a chi nasce il dì natale. (Canto notturno…) Fase polemica ed eroica

Il libro «più caro dei miei occhi» Giacomo Leopardi Il libro «più caro dei miei occhi» È quasi un ossimoro: «operette» indica la piccola dimensione dei testi, ma soprattutto il loro spirito giocoso; «morali» indica invece il contenuto “alto”, di carattere filosofico-esistenziale 1827 Esce la prima edizione delle Operette morali 1834 La seconda edizione aggiunge solo due testi conclusivi, polemici nei confronti delle critiche suscitate dalla prima edizione Dialogo di un venditore di almanacchi e di un passeggere Dialogo di Tristano e di un amico Dialoghi satirici alla maniera di Luciano, ma tolti i personaggi e il ridicolo dai costumi presenti e moderni, e non tanto tra i morti [...], quanto tra personaggi che si fingano vivi, ed anche volendo, fra animali [...]; insomma piccole commedie, o Scene di Commedie [...]: le quali potrebbero servirmi per provar di dare all'Italia un saggio del suo vero linguaggio comico che tuttavia bisogna assolutamente creare [...]. E questi dialoghi supplirebbero in certo modo a tutto quello che manca nella Comica Italiana, giacché ella non è povera d'intreccio d'invenzione di condotta ec., e in tutte quelle parti ella sta bene; ma le manca affatto il particolare cioè lo stile e le bellezze parziali della satira fina e del sale e del ridicolo attico e veramente e plautino e lucianesco [...]. (G. Leopardi, Disegni letterari, 1819) 1845 Esce postuma l’edizione “definitiva” approntata da Ranieri: esclude un testo e ne ag- giunge altri quattro, tra cui il Dialogo di Plotino e di Porfirio Temi Specifiche Stile Modelli • satira menippea: Dialoghi dei morti di Luciano di Samosata (II sec. d.C.) • dialoghi o testi narrativi a carattere satirico • personaggi fantastici o storici o (raramente) tratti dal quotidiano • metodo argomentativo-deduttivo spesso basato sul paradosso • il piacere, le illusioni, rapporto uomo-natura, confronto antichi-moderni • Linguaggio medio con punte di maggiore densità teorico-sintattica • Frequente ricorso all’ironia