Gli atteggiamenti della persona malata La malattia è una situazione di sfida per la persona; la malattia mette in crisi le convinzioni più profonde; con la malattia è tutta la persona che viene sconvolta. Quando poi la prognosi è a probabile esito infausto, è la consistenza stessa dell'essere umano che viene ad essere minacciata.
Chi soffre è facilmente soggetto a sentimenti di timore, di dipendenza e di scoraggiamento. A causa della malattia e della sofferenza sono messe a dura prova non solo la sua fiducia nella vita, ma anche la sua stessa fede in Dio e nel suo amore di Padre. La persona deve prendere così atto di una nuova realtà di vita, con una presa di coscienza che può essere improvvisa e traumatica se la malattia si presenta immediatamente in tutta la sua gravità, come nel caso di un infortunio grave, un intervento chirurgico demolitore, una amputazione; oppure può essere una consapevolezza acquisita nel tempo come nel caso di una malattia cronica, ove si deve constatare il peggioramento progressivo delle proprie condizioni fisiche.
Essere malato comporta infatti la sospensione delle normali attività, la paura della malattia e del suo esito, ma anche preoccupazioni per la vita familiare, per il danno economico, per l'estraniazione dalla vita sociale. Sullo sfondo la prospettiva della morte. Espressioni di questo travaglio interiore sono i possibili significati che il malato può dare, almeno in una prima fase, alla sua malattia: - Sfida La disabilità o la malattia è percepita come una situazione di vita che richiede obiettivi da affrontare con ogni mezzo disponibile.
- Nemico La disabilità o la malattia è percepita come una intrusione di forze ostili sia esterne che interne. Possono prevalere la necessità di combattere queste forze o un sentimento di impotenza, nonché la tentazione di arrendersi. - Punizione La disabilità o la malattia è percepita come giusta o ingiusta, e questo può condizionare gli atteggiamenti di riconciliazione. - Debolezza La disabilità o la malattia è percepita come un fallimento. Un segno di perdita di controllo di sé, con un giudizio negativo della propria situazione, da cui può scaturire anche un sentimento di vergogna.
- Sollievo La disabilità o la malattia è percepita come un momento di pausa da impegni e responsabilità proprie dello stato di benessere, o da crisi interpersonali o da problemi economici. - Perdita irreparabile La disabilità o la malattia è percepita come una perdita distruttiva che nulla può alleviare. Per alcune persone, anche una lieve perdita funzionale può costituire una perdita irreparabile. - Valore La sofferenza della malattia o della disabilità è percepita come avente un valore intrinseco. La malattia può essere vissuta come una occasione di crescita della persona.
Di fronte a questi «significati» la persona malata mette in atto dei «meccanismi di difesa» che determinano conseguenti atteggiamenti. La conoscenza di tali atteggiamenti permetterà allora di leggere le realtà emotive sottostanti e favorire così la comprensione, non dimenticando che esiste anche un vantaggio secondario della malattia, cioè quell'uso strategico che una persona può fare della sua condizione di malato, per acquistarsi simpatia, sostegno psicologico, vantaggi economici o trattamenti speciali, grazie appunto all'etichetta di malato.
In tutti i casi, questa presa di coscienza costa dolore, un dolore che non è soltanto fisico o soltanto psichico, è un dolore più complesso e più profondo; è il dolore di una persona che ad un certo momento della sua vita deve sospendere ogni prospettiva sul futuro ed affrontare una realtà di sofferenza. Essere malato comporta infatti la sospensione delle normali attività, la paura della malattia e del suo esito, ma anche preoccupazioni per la vita familiare, per il danno economico, per l'estraniazione dalla vita sociale. Sullo sfondo la prospettiva della morte.
Vediamo allora quali possono essere gli atteggiamenti più comuni che si possono adottare di fronte all' evento malattia: - negazione (Non è nulla, passerà!): si rifiuta di ammettere «l'ingresso» nella malattia, pur convivendo con l'angoscia del dubbio che, al progressivo decadere delle condizioni di salute, si fa sempre più pressante; - acting-out (A nessuno importa nulla di me!) l'angoscia della malattia si proietta sulle persone, sull' ambiente circostante, su Dio. La persona appare difficile e ingrata; - splitting (Ho fiducia solo in quel medico!): si accreditano di positività alcune persone, di negatività altre e questo fa sì che una realtà confusa, che genera ansia, diventi chiara, distinta, rassicurante;
- proiezione (Mi sento debole, ma sono i farmaci che mi buttano giù!): si tende ad attribuire ad altre cause esterne il peggioramento della malattia; - regressione (Non posso pensare ad altro, ho bisogno di curarmi!): si accentra l'attenzione sul proprio «status» di malato; si torna «bambini» riproponendo le richieste tipiche delle crisi di sicurezza dell'infanzia; - compiacimento (Sono malato, la convalescenza è lunga!): si oscilla fra il desiderio di guarire e il rincrescimento di perdere i «vantaggi» dello «status» di malato; - remissività (Me l'ha ordinato il medico, devo assolutamente...): si tende a diventare eccessivamente remissivi e compiacenti: emerge un atteggiamento legalistico in risposta all'insicurezza;
- razionalizzazione (La mia famiglia non mi viene mai a trovare, ma gliel'ho detto io, l'ospedale è troppo lontano): si cerca di adattare la realtà ai propri desideri; - depressione (Sono finito!) La consapevolezza della persona malata di perdere la salute, con le conseguenti perdite fisiche e sociali, fa sì che si manifesti un certo «appiattimento delle emozioni» con una forma di disinteresse e indifferenza verso il mondo esterno. Questi atteggiamenti sono destinati ad attenuarsi, fino a scomparire, con l'evoluzione favorevole della malattia e con la guarigione; ma possono altresì accentuarsi, e con essi le reazioni psicologiche sottostanti, quando la malattia è grave ed il malato sente di avvicinarsi alla morte.
Questo cammino verso la morte evolve progressivamente attraverso una sequenza di stati emozionali in una alternativa di paura e speranze, quali: - negazione: il malato nega la sua situazione, ha paura di morire e di soffrire, ma spera di essere curato e di non dover soffrire. Negando la sua situazione, il malato è anche solo in questa lotta e l’isolamento comporta anche la paura di essere rifiutato e abbandonato nella sua sofferenza; - collera: il malato impreca contro il suo destino, pensa che nessuno ha sofferto come lui e quindi nessuno può capirlo. Si sente colpevole però della sua stessa protesta. Spera che sarà possibile un qualche controllo sulla sua situazione e che sarà riconosciuta la sua «lotta»;
- trattativa: il malato tratta con Dio, con i medici, con i familiari per avere «più tempo di vita» e meno sofferenze. Teme però che tutto questo non sia possibile e quindi non potrà realizzare tutto quello che aveva progettato. Spera che gli venga concesso altro tempo da vivere e di essere giudicato da Dio con misericordia; - depressione: il malato sperimenta l'angoscia preparatoria alla morte e la depressione. Il malato ha paura della separazione, della distruzione del corpo, della perdita del suo ruolo e delle sue relazioni, della sua identità e della stessa perdita della vita. Spera di non essere completamente abbandonato prima della morte e che la separazione dai suoi congiunti e la perdita delle «cose» a lui familiari saranno tollerabili; - accettazione: il malato accetta di morire e si prepara all'evento. Teme che il suo abbandonarsi possa essere percepito come un arrendersi, teme che la sua famiglia non sia ancora pronta ad accettare la sua scomparsa.
Spera di essere riunito con la sua famiglia nell'eternità e, nel contempo, che la sua famiglia sia capace di vivere senza di lui; - disperazione: il malato rifiuta di dover morire, non riesce ad elaborare un significato per la sua situazione ed è insostenibile il pensiero della famiglia da lasciare. Ha perso ogni speranza. Queste fasi emotive, naturalmente, non sono così sequenziali e chiaramente definite; la realtà umana è sempre più complessa di una esemplificazione didattica. Esse esprimono però quelle tappe - non tutte obbligatorie e non così conseguenti - di un cammino consapevole verso l'evento morte. La risposta assistenziale dovrà quindi essere coerente con i bisogni espressi, che in via generale possiamo così riassumere:
FABBISOGNI FISIOLOGICI: - Trovare sollievo al dolore fisico - Conservare la propria energia - Non soffrire SICUREZZA: - Poter verbalizzare le proprie paure - Dare fiducia a coloro che assistono - Avere la sensazione che si dice la verità - Sentirsi sicuri AMORE, APPARTENENZA A UN GRUPPO: - Parlare, essere ascoltati e capiti - Amare ed essere amati STIMA DI SÉ: -Conservare la propria dignità, malgrado la propria debolezza - Conservare la propria autonomia - Conservare la propria identità personale -Fine della seconda puntata